IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 436/1998, proposto dalla signora Adriana Stella Esposito, rappresentata e difesa dall'avv. Michele Salazar ed elettivamente domiciliata in Reggio Calabria presso lo studio di questi, via Re Ruggero n. 9; Contro la regione Calabria, in persona del Presidente pro-tempore rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, domiciliataria; il Consiglio della regione Calabria, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Capria ed elettivamente domiciliato in Reggio Calabria presso lo studio di questi, via S. Caterina n. 18; Per l'annullamento della deliberazione dell'Ufficio di presidenza del consiglio della regione Calabria n. 95 del 10 marzo 1998, con la quale la ricorrente e' stata dichiarata "non idonea" nella selezione riservata a favore del personale di cui all'art. 27, comma 4, della legge reg. cal. n. 8/1996, per la copertura di n. 7 posti di operatore profilo professionale tecnico III q.f. del personale del Consiglio regionale, nonche' di ogni altro atto connesso, collegato, presupposto, precedente e conseguenziale, ivi incusa la nota del Consiglio regionale della Calabria (a firma dei dirigenti generali Giuseppe Cannizzaro, Raffaele Barillaro e Pietro Scali) n. 256/97 d.i.p. del 23 dicembre 1997 e, ove occorra, il bando di concorso (art. 1) di cui al decreto del presidente del Consiglio regionale n. 262 dell'11 aprile 1997 e tutti gli atti della procedura: Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della regione Calabria e del Consiglio regionale; Vista l'ordinanza di questo tribunale n. 230 del 6 maggio 1998, con la quale vengono disposte: a) la sospensione del giudizio sulla domanda di sospensione cautelare dell'esecuzione dei provvedimenti impugnati; e b) la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con separata ordinanza; Visti gli atti tutti della causa; Relatore il consigliere Giuseppe Caruso; Uditi, nella camera di consiglio 6 maggio 1998, l'avv. Salazar, l'avv. Infantino in sostituzione dell'avv. Capria e l'avvocato dello Stato Quattrone; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Con atto notificato il 14 aprile 1998 e depositato il 24 aprile 1998 la signora Esposito impugna la deliberazione dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio della regione Calabria n. 95 del 10 marzo 1998, con la quale ella e' stata dichiarata "non idonea" nella selezione riservata a favore del personale di cui all'art. 27, comma 4, della legge reg. cal. n. 8/1996, per la copertura di n. 7 posti di operatore profilo professionale tecnico III q.f. del personale del Consiglio regionale. Impugna altresi' ogni altro atto connesso, collegato, presupposto, precedente e conseguenziale, ivi inclusa la nota del Consiglio regionale della Calabria n. 256/97 - d.i.p. del 23 dicembre 1997 e, ove occorra, il bando di concorso (art. 1) di cui al decreto del presidente del Consiglio regionale n. 262 dell'11 aprile 1997 (in B.U. regione Calabria, p. I e II, n. 46 del 29 aprile 1997) e tutti gli atti della procedura. La ricorrente fa presente di aver partecipato, insieme ad altri 4 aspiranti, alla selezione in parola e di aver superato la prova pratica prevista dall'art. 9 del bando, collocandosi al 2 posto della graduatoria finale. Cio' malgrado e' stata dichiarata non idonea "in quanto non in possesso del requisito del periodo lavorativo non inferiore a 24 mesi alla data del 31 maggio 1993 (1050 ore anziche' 3744 ore)". Deduce i seguenti motivi: I. - Violazione dell'art. 27 della legge reg. cal. n. 8/1996. Eccesso di potere per erroneita' e difetto dei presuposti. Ai sensi della disposizione in epigrafe requisito di ammissione alla selezione in questione e' di avere "comunque compiuto un periodo lavorativo non inferiore a 24 mesi alla data del 31 maggio 1993 presso il Consiglio regionale" e di prestare ivi tuttora la propria attivita' in posizione equivalente. La ricorrente ha prestato servizio presso il Consiglio - quale socia della cooperativa "AGAVE", che provvedeva, in forza di apposita convenzione al servizio di fotocopiatura degli atti - dal febbraio 1990 al maggio 1993 (sia pure con assenza per maternita' dal 1 settembre 1991 al 13 aprile 1992) e sarebbe pertanto in possesso del prescritto requisito. La decisione dell'amministrazione di procedere alla verifica di quest'ultimo "sulla base del numero di ore previste all'epoca (e sino al 31 maggio 1993 dai contratti collettivi nazionali per il personale regionale", richiedendo in sostanza un numero minimo di ore almeno pari a 3744 (36 ore settimanali x 104 settimane), sarebbe in contrasto con il disposto di legge, che prende in considerazione soltanto il periodo temporale (24 mesi), senza parlare di orario di servizio. II. - Eccesso di potere per illogicita' e contraddittorieta'. Dopo aver accertato lo svolgimento da parte della ricorrente del servizio presso il Consiglio richiesto per l'ammissione alla selezione, tanto da riconoscerle il punteggio supplementare previsto dal bando per il periodo di servizio eccedente il minimo di 24 mesi, la Commissione di concorso avrebbe cambiato avviso in modo illogico e contraddittorio. III. - Violazione dei principi generali in materia di concorsi pubblici. Eccesso di potere per manifesta erroneita' e contraddittorieta'. Il "ripensamento" della Commissione, che aveva gia' provveduto alla compilazione della graduatoria (verbale n. 2 del 26 novembre 1997) avrebbe avuto origine dalla nota dei dirigenti del Consiglio regionale n. 256 - d.i.p. del 23 dicembre 1997. Cio' comporterebbe la violazione delle regole del procedimento concorsuale, nel quale sarebbe stato inserito un elemento non previsto e non su iniziativa della commissione ma del dirigente del settore gestione del personale. In ogni caso detta nota sarebbe arbitraria ed erronea, oltre che palesemente contraddittoria. La ricorrente conclude per l'accoglimento del gravame, formulando domanda di sospensione cautelare dell'esecuzione dei provvedimenti impugnati. Si sono costituiti in giudizio sia la regione Calabria che il Consiglio regionale della Calabria ed hanno sostenuto, con articolate controdeduzioni la piena legittimita' dei provvedimenti impugnati, chiedendo la reiezione del ricorso e della domanda cautelare. Nella camera di consiglio del 6 maggio 1998 e' stata trattata la domanda cautelare proposta dalla ricorrente; D i r i t t o Questo tribunale si e' espresso, in sede di decisione della domanda cautelare, come segue: (ordinanza n. 230 del 6 maggio 1998); Considerato che, ai fini della ponderazione del fumus boni iuris non appare al collegio manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 27 della legge reg. cal. n. 8/1996, con riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione; "Ritenuto pertanto che il giudizio cautelare non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale come sopra sollevata" ... "cosi' dispone: 1) sospende il giudizio cautelare; 2) dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con separata ordinanza". Cio' posto il collegio osserva quanto segue: Secondo l'art. 27, comma 4, della legge reg. cal. n. 8/1996 "successivamente alla rideterminazione della pianta organica, conseguente alla rilevazione dei carichi di lavoro, l'Ufficio di Presidenza provvedera' a ricoprire i posti vacanti, nel rispetto della normativa vigente in materia di assunzioni, con riserva a favore del personale che abbia comunque compiuto un periodo lavorativo non inferiore a 24 mesi alla data del 31 maggio 1993 presso il Consiglio regionale e tuttora ne presti la propria attivita' in posizione equivalente alla II qualifica funzionale, n. 2 unita', in posizione equivalente alla III qualifica funzionale, n. 11 unita', in posizione equivalente alla IV qualifica funzionale, n. 13 unita'. L'ammissione ai concorsi di tale personale e' subordinata al possesso dei requisiti giuridici per l'accesso al posto cui si concorre, escluso il limite d'eta'. L'inquadramento in ruolo degli idonei decorrera' dal mese successivo a quello di approvazione delle graduatorie". Tale disposizione prevede una riserva a favore del personale che abbia "comunque" compiuto un periodo lavorativo non inferiore a 24 mesi, alla data del 31 maggio 1993, presso il Consiglio regionale; Il criterio prescelto dalla legge non prende in considerazione le "ore" di servizio prestate, in base alle quali l'amministrazione ha escuso dalla selezione riservata la ricorrente, rilevando che ella ha fornito un numero di ore lavorative (1050) inferiore a quello corrispondente a 24 mesi di servizio del personale di ruolo (36 ore settimanali per 104 settimane = 3744 ore), sicche' l'utilizzo di un criterio siffatto appare - ad un primo esame proprio della fase cautelare - arbitrario, e cio' a prescindere dal rilievo che nessun dipendente di ruolo presta 3744 ore di servizio in 24 mesi, quanto meno perche' fruisce delle ferie; In ogni caso la mancata prestazione da parte della ricorrente - socia della cooperativa affidataria del servizio di fotocopiatura per il Consiglio - delle ore di lavoro in parola e' dipesa pure dalla sua assenza per maternita', per cui anche se dovessero, in ipotesi, prendersi in considerazione, ai fini della valutazione del servizio minimo, criteri "integrativi" rispetto a quello indicato dalla legge, non potrebbe - tra questi ultimi - che farsi applicazione anche di quelli posti dalla legge a tutela delle lavoratrici-madri, con conseguente insorgere di dubbi di legittimita' sulla omessa considerazione di questi ultimi da parte dell'amministrazione; L'esclusione della ricorrente dalla selezione la espone al danno grave ed irreparabile della mancata assunzione, che non potrebbe essere integralmente ristorato dalla sentenza di merito, giacche' anche in caso di decisione favorevole ella - sulla base del noto orientamento della giurisprudenza in ipotesi di annullamento di illegittimo diniego di assunzione (cfr., per tutte, C.S., A.P., 10 dicembre 1991, n. 10) - perderebbe comunque la retribuzione fino alla conseguente esecuzione, cioe' per un periodo presumibilmente non breve. In relazione a quanto precede sembrerebbero sussistere nella fattispecie entrambi i presupposti - fumus boni iuris e periculum in mora - richiesti per l'accoglimento della domanda cautelare avanzata dalla ricorrente. Il collegio ritiene tuttavia che, ai fini della valutazione della presenza di un adeguato fumus boni iuris non possa prescindersi dal rilevare che l'art. 27, comma 4, della legge reg. cal. n. 8/1996 sembra porre una deroga del tutto arbitraria al principio costituzionale secondo il quale l'accesso agli uffici pubblici deve avvenire "in condizioni di eguaglianza" (art. 51 della Costituzione), giacche' consente l'immissione nei ruoli di soggetti che hanno "comunque" lavorato presso il Consiglio regionale, senza alcuna garanzia che tali prestazioni siano avvenute sulla base di una pubblica selezione e, addirittura, senza che gli interessati abbiano mai avuto alcun rapporto diretto con l'amministrazione regionale (la ricorrente e' socia di una cooperativa cui e' stato affidato il "servizio" di fotocopiatura per il Consiglio), con conseguente violazione anche dei principi di ragionevolezza e di buon andamento derivanti dagli artt. 3 e 97 della Costituzione (cfr., ad esempio, Corte costituzionale 10 febbraio 1993, n. 43 e 27 maggio 1993, n. 250). Il collegio ritiene pertanto non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 27, comma 4, della legge reg. cal. n. 8/1996, per contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione. Tale questione, per quanto sopra detto, e' anche rilevante ai fini della sussistenza o meno del fumus boni iuris sulla domanda cautelare, che dipende dalla sua risoluzione. In considerazione della non manifesta infondatezza e della rilevanza, come dianzi precisate, della ripetuta questione di legittimita' costituzionale dell'art. 27, comma 4, della legge reg. cal. n. 8/1996 gli atti del presente giudizio vanno trasmessi alla Corte costituzionale ed il giudizio sulla domanda cautelare avanzata dalla ricorrente va sospeso, non potendo essere definito indipendentemente da una pronuncia da parte della Corte medesima.