ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  29,  primo
 comma, lettera d), ultima parte, in relazione alla lettera c), ultima
 parte, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni
 di  immobili  urbani), promosso con ordinanza emessa il 7 novembre-20
 dicembre 1996 dal tribunale  di  Pordenone  nel  procedimento  civile
 vertente  tra  "Ai  Provinciali"  di  Ferlizza  e  Bressani  s.n.c. e
 l'"Immobiliare Fantinel" di Fantinel Luciano  C. s.a.s., iscritta  al
 n.  386  del  registro  ordinanze  1997  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 27,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  28  gennaio  1998  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   1.  - Nel corso di un giudizio promosso per ottenere il rilascio di
 un  immobile  adibito  ad  attivita'  commerciale,  il  tribunale  di
 Pordenone,  con  ordinanza  emessa il 7 novembre-20 dicembre 1996, ha
 sollevato, in riferimento agli  artt.  3  e  24  della  Costituzione,
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 29, primo comma,
 lettera d), ultima parte, in relazione alla lettera c), ultima parte,
 della  legge  27  luglio  1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di
 immobili urbani), nella parte in cui  prevede  che  gli  effetti  del
 provvedimento  di  rilascio,  in  caso  di  rifiuto  del  locatore di
 rinnovare il contratto di locazione alla prima scadenza per procedere
 alla  ristrutturazione   dell'immobile,   si   risolvono   se   prima
 dell'esecuzione  del  provvedimento  stesso  siano  scaduti i termini
 della concessione prescritta per l'esecuzione dei lavori,  anche  nel
 caso   in  cui  la  scadenza  sia  dipesa  dal  fatto  esclusivo  del
 conduttore.
   Il tribunale di Pordenone era investito del  giudizio  in  sede  di
 rinvio,  avendo  la  Corte di cassazione annullato la sentenza con la
 quale il tribunale di Udine, accertato che i lavori non avevano avuto
 inizio entro un anno dal rilascio della concessione  edilizia,  aveva
 tuttavia  ritenuto  che  sussistesse  egualmente  il  possesso di una
 valida concessione, richiesto per il rilascio dell'immobile, giacche'
 la responsabilita' del mancato inizio dei lavori era da  imputare  al
 comportamento   del   conduttore  che,  nonostante  la  scadenza  del
 contratto, non aveva rilasciato  l'immobile,  impedendo  l'esecuzione
 delle opere.
   La   Corte   di   cassazione  ha  stabilito,  vincolando  a  questa
 interpretazione il giudice rimettente, che  per  la  decadenza  della
 concessione  edilizia,  prevista  dall'art.  4 della legge 28 gennaio
 1977, n. 10,  i  fatti  estranei  alla  volonta'  del  concessionario
 possono essere rilevanti solo per il mancato completamento dei lavori
 e  non  per  l'omesso inizio degli stessi; sicche' decorso l'anno dal
 rilascio della  concessione  non  si  puo'  ritenere  sussistente  il
 requisito  dell'esistenza  di  una  efficace concessione edilizia. La
 licenza o concessione amministrativa deve  esistere  al  momento  del
 rilascio,  che presuppone un provvedimento autorizzatorio efficace e,
 trattandosi di  una  condizione  dell'azione,  il  venir  meno  degli
 effetti   della   concessione  prima  della  decisione  impedisce  la
 pronuncia di rilascio e non solo gli effetti di questa.
   Il tribunale di Pordenone - dopo  avere  dichiarato  manifestamente
 infondata  un'eccezione di illegittimita' costituzionale proposta dal
 locatore in riferimento all'art. 4 della legge n. 10 del 1977,  nella
 parte  in  cui questa disposizione non prevede che il termine annuale
 possa essere  prorogato  quando  fatti  estranei  alla  volonta'  del
 concessionario  abbiano  impedito  l'inizio dei lavori - ha sollevato
 d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 29 della
 legge n. 392  del  1978,  ritenendo  che  non  le  norme  in  materia
 urbanistica,  bensi'  quelle  che  disciplinano  le locazioni possano
 essere in contrasto con la Costituzione. La risoluzione degli effetti
 del provvedimento di rilascio, prevista per la scadenza  del  termine
 di  inizio  dei  lavori, violerebbe il principio di eguaglianza ed il
 diritto del locatore di agire in giudizio a tutela dei propri diritti
 (artt. 3 e 24 Cost.), quando la scadenza della prescritta  licenza  o
 concessione sia dipesa esclusivamente dal fatto del conduttore.
   Il  giudice rimettente ritiene che porre condizioni per l'esercizio
 dell'azione   costituisca   un'eccezione,   giustificata   solo   per
 situazioni  la  cui  tutela  trova fondamento in norme di pari valore
 costituzionale.   La condizione per l'azione  di  rilascio,  prevista
 dalla  disposizione  denunciata,  si giustifica con l'esigenza che il
 locatore non eluda le  limitazioni  alla  facolta'  di  rifiutare  il
 rinnovo  del  contratto  di  locazione alla prima scadenza; ma questa
 condizione  non puo' risolversi nella totale compressione del diritto
 di agire in giudizio, come si  verificherebbe  se  l'avverarsi  della
 condizione    dipendesse   esclusivamente   dal   comportamento   del
 conduttore. In questo caso la colpevole inerzia del locatore verrebbe
 irragionevolmente equiparata, sotto il  profilo  sanzionatorio  della
 risoluzione   degli  effetti  del  provvedimento  di  rilascio,  alla
 materiale  impossibilita'  di  eseguire  i   lavori,   impediti   dal
 comportamento imputabile al conduttore.
   2.  -  E'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale sia
 dichiarata inammissibile o non fondata nel merito.
   L'eccezione di inammissibilita'  e'  proposta  per  la  carenza  di
 motivazione   nell'ordinanza   di   rimessione   e   per  la  mancata
 indicazione, quanto alla violazione del principio di eguaglianza,  di
 un  idoneo  termine  di  comparizione.  Ad avviso dell'Avvocatura, la
 questione sarebbe comunque  infondata  giacche',  affermato  in  modo
 apodittico  che  la  condizione  dell'azione  dipenderebbe  dal  solo
 comportamento del  conduttore,  non  si  comprenderebbe  sotto  quale
 profilo  risulti  compresso  il diritto di agire in giudizio. Inoltre
 sarebbe improprio attribuire rilievo all'impossibilita' di fatto, per
 il locatore, di dare esecuzione al provvedimento  giudiziale,  mentre
 potrebbe   essere  presa  in  considerazione  solamente  un'eventuale
 impossibilita' giuridica di agire.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  investe  la
 disposizione  che,  nell'ambito  della  disciplina  della  durata del
 contratto  di  locazione  di  immobili  destinati  ad   uso   diverso
 dall'abitazione, consente il diniego della rinnovazione del contratto
 alla   prima   scadenza  quando  il  locatore  intenda  ristrutturare
 l'immobile. La stessa disposizione, prevedendo quale  condizione  per
 l'azione   di   rilascio  il  possesso  della  prescritta  licenza  o
 concessione, stabilisce che gli effetti del provvedimento di rilascio
 si risolvono se, prima della sua esecuzione, siano scaduti i  termini
 della  licenza  o  della  concessione  e  quest'ultima  non sia stata
 nuovamente disposta.
   Il tribunale di Pordenone ritiene che questa disciplina  -  dettata
 dall'art.  29,  primo  comma,  lettera d), ultima parte, in relazione
 alla lettera c), ultima parte, della legge 27  luglio  1978,  n.  392
 (Disciplina  delle  locazioni di immobili urbani) -, la' dove prevede
 che gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono anche  nel
 caso in cui la scadenza dei termini della licenza o della concessione
 sia  dipesa  dal  fatto  esclusivo  del  conduttore,  possa essere in
 contrasto con gli art. 3 e 24 della Costituzione. Difatti, dipendendo
 la  condizione  dell'azione  esclusivamente  dal  comportamento   del
 conduttore   che,   non  consegnando  l'immobile  alla  scadenza  del
 contratto, impedirebbe  l'inizio  dei  lavori,  la  norma  denunciata
 comprimerebbe  il  diritto del locatore di agire in giudizio a tutela
 del   suo   diritto.   Inoltre   sarebbe   irragionevole   equiparare
 l'impossibilita'  di  dare  esecuzione  alle  opere per l'impedimento
 cagionato dal conduttore alla colpevole inerzia del locatore.
   2. - La questione e' fondata, nei limiti di seguito precisati.
   La  disciplina  legislativa  delle  locazioni  di  immobili urbani,
 nell'imporre, per quelli  adibiti  ad  uso  diverso  dall'abitazione,
 oltre alla durata minima del contratto anche la sua rinnovazione alla
 prima  scadenza,  consente  tuttavia  al  locatore  di  rifiutare  la
 rinnovazione  quando  intenda  legittimamente  eseguire   opere   (di
 demolizione   e   ricostruzione,  di  ristrutturazione,  di  completo
 restauro)  che  non   consentono   la   permanenza   del   conduttore
 nell'immobile locato.
   In  questo  caso il sacrificio del conduttore non puo' dipendere da
 una astratta intenzione del locatore di procedere  all'esecuzione  di
 lavori,  ma  puo'  essere  ragionevolmente  determinato  solo  da una
 intenzione che effettivamente si realizza e  che  anzi,  per  potersi
 realizzare, richiede la libera disponibilita' dell'immobile.
   Tutto cio' implica che il rilascio ha per necessario presupposto la
 prescritta  licenza  o  concessione  e  richiede, perche' possa avere
 effetto la relativa pronuncia, che esista un  efficace  provvedimento
 amministrativo   che   renda   legittima   l'esecuzione  dei  lavori.
 Altrimenti il sacrificio del diritto del conduttore  al  rinnovo  del
 contratto,  che  cede di fronte al diritto del locatore di eseguire i
 lavori, rimarrebbe privo di giustificazione.
   La disposizione denunciata persegue questa finalita' di  simmetrica
 garanzia,  tanto per il locatore quanto per il conduttore, collegando
 la  liberazione  dell'immobile  alle  ragioni  che  la  giustificano,
 mediante  un  meccanismo  che ha riguardo tanto al momento precedente
 quanto a quello successivo al provvedimento di rilascio.
   L'esistenza  della  licenza  o  concessione,  necessaria   per   la
 legittima  esecuzione dei lavori, e' configurata sia come presupposto
 della pronuncia che come condizione per la  sua  esecuzione.  Secondo
 l'interpretazione  della disposizione denunciata, data dalla Corte di
 cassazione ed alla quale il giudice rimettente, in quanto giudice  di
 rinvio,  e'  tenuto ad attenersi, il provvedimento amministrativo che
 legittima e condiziona la liberazione dell'immobile,  non  solo  deve
 preesistere  alla  pronuncia  di  rilascio,  perche' il giudice possa
 valutarne il contenuto e la portata,  ma  deve  permanere  nella  sua
 efficacia sino alla decisione.
   In  tal  modo  l'esperibilita'  dell'azione  viene  rimessa  ad  un
 elemento del tutto casuale ed incerto,  che  potrebbe  sussistere  al
 momento  della  domanda,  ma  venir  meno  dopo che l'azione e' stata
 esercitata, dipendendo solo dalla durata del processo e  dal  momento
 nel  quale la pronuncia e' emanata. Ma cosi' viene sacrificato, al di
 la' di quanto  sia  indispensabile  perche'  operi  efficacemente  il
 meccanismo di garanzia della posizione del conduttore, il diritto del
 locatore  di  agire  in  giudizio  per  ottenere  il provvedimento di
 rilascio dell'immobile;  provvedimento  che,  d'altra  parte,  rimane
 sempre  condizionato,  nella  sua  esecuzione,  dall'esistenza di una
 valida licenza o concessione che legittimi l'esecuzione  dei  lavori.
 Cio'  che costituisce, appunto, la ragionevole ed efficace tutela del
 conduttore, pur consentendo al locatore di  rinnovare  la  licenza  o
 concessione  che  legittima  l'esecuzione  delle opere ed il rilascio
 dell'immobile.