ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge 4
 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento  dei
 minori),  promosso con ordinanza emessa il 9 gennaio 1997 dalla Corte
 di cassazione sul ricorso proposto da Maurizio Fella ed altra  contro
 il pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni dell'Emilia
 Romagna  ed  altro,  iscritta al n. 623 del registro ordinanze 1997 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  40,  prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Udito  nella  camera  di  consiglio  dell'11  marzo 1998 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   Con ordinanza emessa il 9 gennaio  1997  (pervenuta  il  22  agosto
 1997)  nel corso di un giudizio per l'annullamento del decreto con il
 quale il tribunale per i  minorenni  di  Bologna  aveva  respinto  la
 domanda  diretta  ad ottenere la dichiarazione di efficacia in Italia
 del provvedimento, emanato in Brasile, di adozione  di  due  fratelli
 minori,  perche'  l'eta' di uno dei coniugi adottanti non superava di
 almeno  diciotto  anni quella degli adottandi, la Corte di cassazione
 ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 30, primo e secondo comma,
 e 31 della Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.   6   della   legge  4  maggio  1983,  n.  184  (Disciplina
 dell'adozione e dell'affidamento dei minori), nella parte in cui  non
 consente  di  derogare al divario minimo di eta' di diciotto anni tra
 adottanti e adottandi, quando, pur rimanendo la  differenza  di  eta'
 compresa  in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, la
 deroga sia necessaria per evitare un danno  grave  e  non  altrimenti
 evitabile ai minori.
   La  Corte  di  cassazione  precisa,  ai  fini della rilevanza della
 questione di legittimita' costituzionale, che l'art. 6 della legge n.
 184 del 1983, comprendendo tra i requisiti generali per l'adozione il
 divario di eta' minimo e massimo che deve sussistere tra adottanti ed
 adottandi, trova  applicazione  nella  fase  della  dichiarazione  di
 efficacia  del provvedimento straniero di adozione (art. 32), quando,
 come nel caso in esame, la generica dichiarazione di idoneita'  degli
 adottanti  viene  messa a raffronto con il minore da adottare; questa
 valutazione non puo' essere compiuta  nella  fase  della  preliminare
 dichiarazione  di  idoneita'  all'adozione  internazionale (art. 30),
 nella quale non e'  stato  ancora  individuato  il  minore  al  quale
 rapportare la differenza di eta'.
   Nel   merito,  il  giudice  rimettente  ricorda  la  giurisprudenza
 costituzionale che ha portato al superamento dell'assoluta  rigidita'
 delle  prescrizioni  normative  relative  alla differenza di eta' tra
 coniugi  adottanti  e  minore  adottando.  In  base  al  criterio  di
 individuazione  della  famiglia  adottiva piu' idonea, in concreto, a
 soddisfare  le  particolari  esigenze  e  gli  interessi  del  minore
 (sentenze  n.  11  del  1981  e  n.  197 del 1986), la giurisprudenza
 costituzionale ha affermato che il divario di  eta'  legislativamente
 previsto  non  puo'  essere  cosi'  assoluto  da  non  consentire una
 ragionevole   deroga,   in   casi   rigorosamente   circoscritti   ed
 eccezionali,  quando  essa  sia  necessaria  per affermare interessi,
 particolarmente attinenti al minore ed  alla  famiglia,  che  trovano
 radicamento e protezione costituzionale e la cui esistenza e' rimessa
 al rigoroso accertamento giudiziale (sentenza n. 148 del 1992). Nella
 medesima  prospettiva  e'  stata  anche dichiarata costituzionalmente
 illegittima (sentenza n. 44 del 1990) la norma che non consentiva  al
 giudice di ridurre il divario minimo di diciotto anni tra adottante e
 adottando  previsto per l'adozione in casi particolari (art. 44 della
 legge n. 184 del  1983),  quando  sussistano  validi  motivi  per  la
 realizzazione  dell'unita'  familiare,  come nel caso di adozione del
 figlio dell'altro coniuge.
   L'assoluta  rigidita'  del  divario  massimo  di   eta',   previsto
 dall'art.    6  della  legge  n.  184  del  1983  (da applicare anche
 all'adozione internazionale per il richiamo che ne fa l'art. 30 della
 stessa  legge),  e'  stata   superata   con   la   dichiarazione   di
 illegittimita'  costituzionale di questa disposizione, nella parte in
 cui non consentiva l'adozione di uno o  piu'  fratelli  in  stato  di
 adottabilita',  quando  per uno di essi l'eta' degli adottanti supera
 di piu' di quarant'anni l'eta'  dell'adottando  e  dalla  separazione
 deriva  ai minori un danno grave per il venir meno della comunanza di
 vita  e  di  educazione  (sentenza  n.  148  del  1992).  La   stessa
 disposizione  e'  stata successivamente dichiarata costituzionalmente
 illegittima  nella  parte  in  cui  non  prevede che il giudice possa
 disporre l'adozione, valutando esclusivamente l'interesse del minore,
 quando l'eta' di uno dei coniugi adottanti superi di  oltre  quaranta
 anni  l'eta'  dell'adottando,  pur  rimanendo  la  differenza di eta'
 compresa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli,  se
 dalla  mancata  adozione  deriva  un  danno  grave  e  non altrimenti
 evitabile per il minore (sentenza n. 303 del 1996).
   Ad avviso della Corte di cassazione,  i  medesimi  principi  devono
 trovare applicazione non solo con riguardo al divario massimo di eta'
 che  deve  sussistere  tra  adottanti  e adottandi, ma anche a quello
 minimo, giacche'  altrimenti  verrebbero  messi  in  pericolo,  senza
 alcuna   giustificazione,  preminenti  valori  costituzionali  ed  in
 particolare il diritto (tutelato dagli artt. 2, 30, primo  e  secondo
 comma,  e  31  Cost.) del minore in situazione di abbandono di essere
 inserito in una famiglia sostitutiva in concreto adeguata, purche' si
 rimanga nella differenza di eta' che  puo'  solitamente  intercorrere
 tra genitori e figli. In proposito la Corte di cassazione ricorda che
 il  legislatore  ha stabilito l'eta' minima per il riconoscimento dei
 figli naturali a sedici anni (art. 250, ultimo comma, cod. civ.),  ed
 ha  anche  previsto il caso del genitore naturale che non ha compiuto
 tale eta', disponendo che la procedura per  dichiarare  lo  stato  di
 adottabilita'   del  nato,  non  risultando  genitori  naturali,  sia
 rinviata sino al compimento, appunto, del sedicesimo  anno  da  parte
 del  genitore  infrasedicenne  che  potra'  solo allora provvedere al
 riconoscimento (art. 11, terzo comma, della legge n. 184 del 1983).
   Il giudice rimettente ritiene, ancora quanto alla  rilevanza  della
 questione,  che la famiglia dei ricorrenti, disponibile ad accogliere
 due fratelli non  in  tenera  eta',  sarebbe  particolarmente  idonea
 all'adozione  e  che si dovrebbe procedere all'accertamento, impedito
 dalla disposizione denunciata, che quella famiglia  sia  la  sola  in
 grado   di   soddisfare   il  diritto  dei  minori  ad  una  famiglia
 sostitutiva.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  investe  la
 disciplina  del  divario  di  eta'  minimo  che deve intercorrere tra
 coniugi adottanti e  minori  da  adottare.  La  Corte  di  cassazione
 ritiene  che  l'art.  6 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina
 dell'adozione e dell'affidamento dei  minori)  -  stabilendo  tra  le
 disposizioni  generali  che  disciplinano  l'adozione  dei minori, da
 applicare anche all'adozione di minori stranieri in  forza  dell'art.
 30  della  stessa  legge, che l'eta' degli adottanti deve superare di
 almeno diciotto anni l'eta' dell'adottando - sia in contrasto con gli
 artt. 2, 30, primo e secondo comma, e 31  della  Costituzione,  nella
 parte  in cui non consente di derogare a tale divario minimo di eta',
 quando, pur rimanendo la differenza di eta' compresa in quella che di
 solito intercorre tra genitori e figli, tale  deroga  sia  necessaria
 per evitare un danno grave e non altrimenti evitabile ai minori.
   2. - La questione e' fondata, nei limiti di seguito precisati.
   In rispondenza a principi che ispirano tanto la Costituzione quanto
 le   convenzioni   internazionali  che  garantiscono  i  diritti  del
 fanciullo (convenzione di New York del 20 novembre 1989, ratificata e
 resa esecutiva con la legge 27 maggio 1991, n. 176) o ne stabiliscono
 la protezione in caso di adozione (convenzione di Strasburgo  del  24
 aprile 1967, ratificata e resa esecutiva con la legge 22 maggio 1974,
 n. 357; convenzione de L'Aja del 29 maggio 1993), la legge n. 184 del
 1983,  nel  delineare  gli istituti dell'affidamento e dell'adozione,
 riafferma il diritto del minore ad essere educato  nell'ambito  della
 propria  famiglia  naturale.  Solo quando cio' non sia possibile e, a
 causa della situazione  di  abbandono,  non  si  possa  prevedere  il
 reinserimento  nella famiglia di origine, l'interesse del minore alla
 formazione della propria personalita', nel contesto  di  un  ambiente
 familiare   stabile   ed   armonioso   e  nel  rispetto  dei  diritti
 fondamentali che gli sono propri, puo'  essere  soddisfatto  mediante
 l'adozione  da  parte  di  una  famiglia  che  sostituisca  quella di
 origine. In tal caso si viene a determinare un legame  di  filiazione
 legale  tra  il  minore  e  gli adottanti, i quali, con l'accoglienza
 nella loro famiglia, assumono i doveri  e  le  potesta'  proprie  dei
 genitori.  In  questa  prospettiva  la  differenza  di  eta'  tra gli
 adottanti ed il minore, contenuta in limiti non dissimili  da  quella
 che  ordinariamente  intercorre tra genitori e figli (v. art. 8 della
 convenzione  europea  in  materia  di  adozione   di   minori),   non
 costituisce  un  elemento accidentale ed accessorio dell'idoneita' ad
 adottare da parte della famiglia di accoglienza, ma e'  piuttosto  un
 elemento  essenziale  perche'  si  possa  soddisfare  l'interesse del
 minore  ad  avere  genitori  adottivi  che  sostituiscano,   con   il
 definitivo  inserimento nel loro contesto familiare, quelli naturali.
 Cio' vale per il divario massimo di eta', ma anche, anzi con maggiore
 evidenza, per  quello  minimo  richiesto  perche'  tra  adottanti  ed
 adottato  si  costituisca  un  rapporto  tra  genitori  e figlio, con
 caratteristiche non dissimili da quelle del rapporto naturale.
   Il legislatore, facendo  uso  della  discrezionalita'  che  gli  e'
 propria,  ha  determinato tale divario di eta', fissandolo nel minimo
 in diciotto e nel massimo in quaranta anni. Questa regola,  stabilita
 in   rispondenza   alle   finalita'   che  caratterizzano  l'adozione
 legittimante, non e' stata posta in discussione  allorche'  e'  stata
 dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'assoluta rigidita'
 della previsione del divario  di  eta',  che  non  consentiva  alcuna
 eccezione,  anche  quando  l'inserimento in quella specifica famiglia
 adottiva - e non soltanto il generico interesse del minore a  trovare
 una famiglia di accoglienza, che puo' essere diversamente soddisfatto
 -  fosse  il  solo che consentisse di salvaguardare interessi, sempre
 attinenti al minore, i quali trovano radicamento e  protezione  nella
 Costituzione.
   In   continuita'   con   gli  orientamenti  gia'  espressi  per  il
 superamento  dell'assoluta  rigidita'  delle  prescrizioni  normative
 relative  alla  differenza di eta' tra coniugi adottanti ed adottando
 (sentenze nn.   183  del  1988,  44  del  1990,  148  del  1992),  la
 giurisprudenza   costituzionale  ha  affermato  che  va  riconosciuta
 l'eccezionale necessita' di consentire, nell'esclusivo interesse  del
 minore,  di discostarsi in modo ragionevolmente contenuto dal divario
 di eta' rigidamente prefissato  dal  legislatore,  quando  da  quella
 mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per
 il minore (sentenza n. 303 del 1996).
   Le  valutazioni gia' espresse dalla Corte per il divario massimo di
 eta', tra coniugi adottanti e minore  adottando,  trovano  simmetrica
 applicazione  per quello minimo, rigidamente fissato in diciotto anni
 dall'art. 6 della legge n. 184 del 1983. L'analoga  norma,  enunciata
 dall'art.  44 della stessa legge con riferimento all'adozione in casi
 particolari,  che  peraltro  ha  effetti  in  parte  diversi rispetto
 all'adozione legittimante, e' stata dichiarata in  contrasto  con  la
 Costituzione,  nella  parte in cui non consente al giudice di ridurre
 il divario di eta' di diciotto anni, quando sussistano validi  motivi
 per la realizzazione dell'unita' familiare (sentenza n. 44 del 1990).
   Anche  per l'adozione legittimante si deve affermare che il divario
 minimo di eta' tra adottanti  e  adottati,  cosi'  come  gia'  quello
 massimo,   possa   essere  eccezionalmente  superato,  nell'esclusivo
 interesse del minore, quando dalla mancata adozione  gli  deriverebbe
 un  danno  grave  e  non  altrimenti  evitabile.  L'accertamento,  da
 compiersi con il massimo rigore, di tale situazione e  dell'interesse
 del  minore  e'  rimesso,  in concreto, al giudice, cui compete anche
 ponderare il maggior rilievo che presenta il superamento del  divario
 di  eta',  stabilito  come  regola,  quando  esso,riguardando  quello
 minimo, viene ad incidere sulla maturita' richiesta per  assumere  le
 funzioni  di  genitore. In questa prospettiva non mancano, del resto,
 nell'ordinamento  parametri  di  giudizio,  desumibili  anche   dalla
 disciplina   comune   relativa   all'eta'  necessaria  per  contrarre
 matrimonio e per il riconoscimento dei figli naturali.