ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 65 del d.P.R.
 29 settembre 1973,  n.  602  (Disposizioni  sulla  riscossione  delle
 imposte sul reddito), promosso con ordinanza emessa il 17 maggio 1997
 dal  pretore  di  Bologna  nel procedimento civile vertente tra Mario
 Attanasio e la Cassa di Risparmio di Bologna S.p.a., iscritta  al  n.
 607 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 25  febbraio  1998  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ordinanza  emessa  il  17  maggio  1997 nel corso di un
 giudizio di opposizione promosso dal terzo che pretendeva di avere la
 proprieta' di beni mobili pignorati, presso la casa di abitazione del
 contribuente, dall'esattore che procedeva ad  espropriazione  forzata
 per  la  riscossione  di  imposte  non pagate, il pretore di Bologna,
 quale giudice dell'esecuzione,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli
 artt.   3   e   24  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 65 del d.P.R.   29 settembre  1973,  n.  602
 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito).
   La  disposizione  denunciata,  nell'indicare  i  beni  pignorabili,
 prevede che l'ufficiale esattoriale debba astenersi dal  pignoramento
 quando  sia  dimostrato che i beni appartengono a persone diverse dal
 debitore.  La stessa disposizione stabilisce che  tale  dimostrazione
 puo' essere offerta soltanto mediante l'esibizione di atti pubblici o
 scritture  private  autenticate,  di  data  anteriore all'anno cui si
 riferisce il tributo iscritto a ruolo, ovvero di sentenze passate  in
 giudicato,  pronunciate su domande proposte anteriormente allo stesso
 anno.
   Il pretore di  Bologna  ritiene,  in  conformita'  all'orientamento
 della  giurisprudenza  di  legittimita',  che l'art. 65 del d.P.R. n.
 602  del  1973  non  solo  stabilisca  un  limite   per   l'attivita'
 dell'ufficiale esattoriale che procede all'espropriazione forzata, ma
 costituisca anche una deroga ai limiti di prova previsti per il terzo
 opponente  dalla  disciplina  comune  (art.  621  cod.  proc.  civ.),
 escludendo in ogni caso, appunto, la prova testimoniale, mentre viene
 ammessa solo quella documentale specificamente indicata.
   Ad avviso del giudice rimettente, questa diversita'  di  disciplina
 determinerebbe  un'ingiustificata disparita' di trattamento. Difatti,
 sia nell'esecuzione forzata comune  che  in  quella  esattoriale,  il
 terzo   e',   per  definizione,  estraneo  all'esecuzione.  Nei  suoi
 confronti l'esattore, come qualsiasi altro creditore, non e' titolare
 di alcuna azione  esecutiva,  essendo  la  partecipazione  del  terzo
 opponente  al  procedimento  esecutivo determinata da una illegittima
 apprensione di beni di cui egli e' titolare. Posta  la  identita'  di
 situazioni  del  terzo  rispetto  alla  procedura  esecutiva,  non si
 giustificherebbero i piu' rigorosi limiti alla prova in  ordine  alla
 proprieta'  del  bene,  previsti per l'esecuzione esattoriale; limiti
 che violerebbero anche la garanzia, per il terzo, di poter  agire  in
 giudizio a tutela dei propri diritti.
   Il pretore di Bologna richiama la giurisprudenza costituzionale che
 riconosce come preminente l'esigenza di realizzare il credito fiscale
 con  speditezza, procedendosi, mediante la riscossione coattiva delle
 imposte dirette, all'espropriazione di beni che, per il luogo in  cui
 si  trovano,  si  presume  siano  del  debitore. Sono stati, difatti,
 ammessi ragionevoli limiti alla prova per i  terzi  che,  opponendosi
 all'esecuzione  esattoriale, affermino di essere proprietari dei beni
 pignorati; ma e' stata tuttavia esclusa l'espropriazione di beni che,
 con  certezza  e  senza  il  rischio  di  fraudolente  elusioni,  non
 appartengono al contribuente (sentenza n. 358 del 1994).
   I   limiti  alla  prova  posti  al  terzo  dalla  norma  denunciata
 sarebbero, ad avviso del  giudice  rimettente,  irragionevoli.  Nella
 gran  parte dei casi l'acquisto di beni mobili non viene formalizzato
 con una scrittura privata autenticata o con un atto pubblico,  mentre
 paradossalmente  proprio  la predisposizione di questi mezzi di prova
 potrebbe far sospettare della loro strumentalita'. In molti  casi  il
 terzo  opponente  non  sarebbe  in  collusione con il debitore, ma si
 limiterebbe a chiedere la tutela del proprio diritto, in  particolare
 in  situazioni  di  convivenza,  quando il terzo e' andato ad abitare
 nella casa di un congiunto o di altra persona.
   2. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale  sia
 dichiarata non fondata.
   L'Avvocatura  concorda  con  l'ordinanza di rimessione nel ritenere
 che l'art. 65 del d.P.R. n. 602 del 1973 e'  stato  interpretato  nel
 senso  che, per l'opposizione di terzo avverso l'esecuzione mobiliare
 esattoriale, la prova dell'appartenenza dei beni rinvenuti nella casa
 di abitazione  del  debitore  possa  essere  fornita  solo  con  atto
 pubblico,   scrittura  privata  autenticata  o  sentenza  passata  in
 giudicato.   Non troverebbe, quindi, applicazione  la  regola  comune
 dell'esecuzione mobiliare (art. 621 cod. proc. civ.), che consente di
 provare  con  testimoni  il  diritto di proprieta' sui beni pignorati
 nella casa  o  nell'azienda  del  debitore,  quando  l'esistenza  del
 diritto  sia  resa  verosimile  dalla  professione  o  dal  commercio
 esercitati dal terzo o dal debitore. Ad  avviso  dell'Avvocatura,  la
 disposizione   denunciata,   anche   interpretata  come  deroga  alla
 disciplina comune, non sarebbe in contrasto con la Costituzione,  sia
 perche'    la    limitazione   probatoria   sarebbe   ragionevolmente
 giustificata dalla necessita' di speditezza nella  riscossione  delle
 imposte  non  pagate,  sia  per  evitare  il  rischio  di fraudolente
 elusioni.
   L'esistenza di differenti limiti di prova nelle  diverse  procedure
 esecutive  non  violerebbe  gli  artt.  3  e  24  della Costituzione,
 giacche' il legislatore puo' discrezionalmente determinare un  regime
 differenziato   di  prove,  purche'  giustificato  e  razionale.  Nei
 procedimenti   di   esecuzione   coattiva   delle   imposte,   curati
 dall'ufficiale  esattoriale,  difficolta'  probatorie,  preclusioni e
 presunzioni  di  appartenenza   dei   beni   sarebbero   giustificate
 dall'interesse,   sottolineato  dalla  giurisprudenza  costituzionale
 (sentenze n. 444 del 1995, n. 358 del 1994 e  n.  87  del  1962),  di
 assicurare  la  tempestiva  riscossione  dei  crediti  tributari, che
 concorre a garantire il regolare svolgimento della  vita  finanziaria
 dello Stato.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  investe  la
 disciplina dell'opposizione di terzo nell'esecuzione esattoriale.
   Il  pretore  di  Bologna,  chiamato  a  giudicare,  quale   giudice
 dell'esecuzione,  sull'opposizione proposta da un terzo che affermava
 di essere  proprietario  dei  beni  mobili  pignorati  dall'ufficiale
 esattoriale  nella  casa  di  abitazione  di  un contribuente moroso,
 ritiene che  l'art.  65  del  d.P.R.    29  settembre  1973,  n.  602
 (Disposizioni  sulla  riscossione  delle  imposte  sul  reddito), che
 consente di dimostrare che i beni appartengono a persona diversa  dal
 debitore  soltanto  con atto pubblico o scrittura privata autenticata
 di data anteriore all'anno cui si riferisce  il  tributo  iscritto  a
 ruolo ovvero con sentenza passata in giudicato pronunciata su domanda
 proposta  anteriormente  allo  stesso anno, possa essere in contrasto
 con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.
   Aderendo all'interpretazione della giurisprudenza di  legittimita',
 il giudice rimettente ritiene che la norma denunciata non si limiti a
 disciplinare  gli atti che compie l'ufficiale esattoriale, disponendo
 che egli non possa procedere al pignoramento o  che  debba  desistere
 dal  procedimento  di  riscossione  coattiva quando gli siano esibiti
 documenti che, senza necessita' di altre valutazioni,  dimostrino  la
 proprieta'  dei beni, ma stabilisca un limite alla prova destinato ad
 operare anche nel giudizio di opposizione promosso dal terzo.  Questa
 interpretazione  della  disposizione  denunciata,  pur  non   essendo
 l'unica  possibile,  giacche'  il  giudice  potrebbe esprimere quella
 valutazione  delle  prove  sottratta  all'ufficiale  esattoriale,  e'
 tuttavia   plausibile   e   ad  essa  si  riferisce  la  verifica  di
 legittimita' costituzionale.
   Il pretore di Bologna, considerata identica la posizione del  terzo
 rispetto  ad  ogni procedimento di esecuzione forzata, ritiene che la
 disciplina della  prova  nell'esecuzione  forzata  esattoriale,  piu'
 restrittiva  rispetto al regime dell'esecuzione comune (art. 621 cod.
 proc. civ.), determini, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione,
 una ingiustificata disparita' di trattamento. Inoltre, consentire  al
 terzo  opponente  solo  la  prova  documentale  (con  atto  pubblico,
 scrittura privata autenticata o sentenza passata  in  giudicato)  per
 dimostrare  la  proprieta'  di  beni  mobili  il  cui acquisto non e'
 solitamente formalizzato  con  una  scrittura,  limiterebbe  in  modo
 irragionevole,  in  contrasto anche con l'art. 24 della Costituzione,
 la garanzia per il terzo di agire  in  giudizio  per  la  tutela  dei
 propri diritti.
   2. - La questione di legittimita' costituzionale non e' fondata.
   La disciplina speciale della riscossione coattiva delle imposte non
 pagate,  mediante  l'espropriazione  forzata  alla  quale provvede lo
 stesso esattore, risponde all'esigenza di  pronta  realizzazione  del
 credito  fiscale,  attuata  con una procedura improntata a criteri di
 semplicita'  e  di  speditezza,  che  possono  comportare  non   solo
 presunzioni  in  ordine all'appartenenza dei beni e preclusioni nelle
 opposizioni (sentenze n. 415 del 1996, n. 444 del 1995 e n.  358  del
 1994), ma anche limiti probatori.
   La  disciplina  dell'ammissibilita'  e  del  regime  delle prove e'
 rimessa,   sempre   nei    limiti    della    ragionevolezza,    alla
 discrezionalita'  del legislatore (sentenze n. 560 e n. 251 del 1989,
 n. 94 del 1973 e n. 128 del 1972; ordinanze n. 307 del 1995 e n.  233
 del 1986), il quale puo', per determinati rapporti, ammettere solo la
 prova   documentale   ed   escludere   quella  testimoniale,  ponendo
 limitazioni che non incidono sul diritto di azione,  ma  disciplinano
 il  regime  delle  prove  quando  l'azione sia esercitata o esprimono
 profili della disciplina sostanziale.
   Ammessa la presunzione di appartenenza  al  contribuente  dei  beni
 mobili  pignorati  nella  sua  casa  di abitazione, non e' di per se'
 arbitrario, ne' manifestamente irrazionale, porre limiti  alla  prova
 contraria. Ne' una disciplina di tali limiti, diversa e differenziata
 rispetto  a  quella  prevista per la comune esecuzione forzata, e' di
 per se' irragionevole o lesiva del principio di eguaglianza,  potendo
 trovare  giustificazione  nelle specifiche finalita' del procedimento
 di esecuzione  esattoriale  e  nella  diversita'  di  condizione  del
 credito   fiscale   e  di  posizione  dei  soggetti  coinvolti  nella
 riscossione coattiva delle imposte. Inoltre richiedere una prova piu'
 onerosa, quale e' quella documentale,  che  dia  inequivoca  certezza
 della  proprieta'  dei beni in base a un titolo di acquisto anteriore
 al verificarsi del presupposto al  quale  e'  collegato  il  rapporto
 obbligatorio tributario, non comporta una preclusione dell'azione del
 terzo,  diretta  a dimostrare in giudizio il proprio diritto sui beni
 pignorati.