IL PRETORE Pronunziando fuori udienza nella causa promossa da Franco Cavallini con gli avv.ti Maria Teresa Ubaldini e Maurizio Cinelli, contro la Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri ed architetti, con l'avv. Umberto D'Amico, e l'Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali, con gli avv.ti Costantino Tonelli Conti e Oreste Casadio, iscritta sotto il n. 501 del r.g.l. dell'anno 1996 della pretura di Bologna; Sciogliendo la riserva; O s s e r v a Richiami allo svolgimento del processo. Con ricorso depositato il 25 gennaio 1996, Franco Cavallini esponeva che, alla data del 25 febbraio 1994, poteva far valere contributi obbligatori presso l'Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali (qui di seguito anche: Inpdai) per complessive a 8292 giornate lavorative (di cui 5988 giornate trasferite dall'Inps all'Inpdai per avvenuta ricongiunzione), pari a oltre ventisei anni, e poteva inoltre far valere, presso la Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri ed architetti (da ora in poi anche, semplicemente: Cassa), contributi obbligatori per complessive 3870 giornate lavorative. Egli poteva dunque far valere, complessivamente, 12.162 contributi giornalieri, pari a oltre trentotto anni di contribuzione; al tempo stesso, tuttavia, egli non aveva maturato presso alcuna delle due gestioni, presa singolarmente, il requisito minimo assicurativo per poter ottenere una pensione. In seguito a una sua istanza esplorativa di ricongiunzione, del 25 febbraio 1994, l'Inpdai aveva poi reso noto, con lettera del 6 aprile 1995, che gli oneri di ricongiunzione sarebbero ammontati a 436.676.712 lire (al netto della somma di 34.387.159 lire che, in applicazione della disciplina legale della ricongiunzione, sarebbe affluita all'Inpdai dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri ed architetti). Poiche', nella stessa lettera, l'Inpdai aveva anche comunicato che il decorso del termine di sessanta giorni senza che l'attore avesse provveduto al pagamento ovvero avesse proposto istanza di rateazione avrebbe automaticamente dato luogo alla rinuncia alla facolta' di ricongiunzione il ricorrente medesimo aveva provveduto a richiedere, nel termine predetto, la rateazione (con il che l'onere complessivo della ricongiunzione era divenuto, per effetto dell'addebito deli interessi, pari a 487.536.863 lire) e aveva inoltre provveduto a pagare la prima delle sessanta rate (ciascuna di 7.617.763 lire) previste nel piano di rateazione approntato dall'Inpdai, pur formulando, contestualmente, espressa riserva circa la legittimita' delle pretese dell'Inpdai e con avvertimento che il pagamento avveniva solo per uno scopo cautelativo. Tali rate - osservava il ricorrente - avrebbero per lui comportato una spesa annua di 91.413.156 lire, la quale non sarebbe stata certamente compensata dalla pensione di anzianita' (che, infatti, secondo i calcoli dello stesso ente, sarebbe ammontata, al lordo delle ritenute di legge, a circa sessantotto milioni di lire l'anno, pari a circa quaranta milioni di lire al netto delle trattenute fiscali: dunque, per cinque anni, il ricorrente, allo stato della vigente disciplina, non solo avrebbe dovuto spendere tutta la sua pensione per pagare all'Inpdai le rate delle quali si tratta, ma, inoltre, avrebbe dovuto aggiungere altri cinquanta milioni circa per ognuno degli anni di durata della rateazione; come se tutto cio' non bastasse egli, infine, nemmeno avrebbe potuto, nello stesso periodo, prestare attivita' lavorativa, essendo la medesima incompatibile con il pensionamento di anzianita'. Ne' - specificava ancora l'attore - la situazione sarebbe migliorata nell'ipotesi in cui egli avesse deciso di astenersi dal richiedere la pensione di anzianita' continuando a percepire il suo intero reddito professionale, pari a circa 100 milioni di lire l'anno: tale reddito, tenuto anche conto degli oneri dell'mposizione fiscale e della cosiddetta tassa della salute si sarebbe infatti rivelato comunque insufficiente ad affrontare l'onere rateale in parola. Tutto cio' - si doleva ancora l'attore - per ottenere un incremento pensionistico annuo lordo di L. 24.837.150 (mentre l'onere di riscatto di L. 487.536.863 non sarebbe stato fiscalmente detraibile se non nel limite di due milioni e mezzo l'anno, essendo considerato alla stregua di una assicurazione volontaria). Dunque - argomentava ancora il ricorrente - l'operazione si sarebbe rivelata per lui rovinosa e insostenibile, tanto piu' che, nel frattempo (il 1 settembre 1995) egli era stato licenziato; tuttavia, ove egli avesse rinunciato alla ricongiunzione, avrebbe, con cio' stesso, perduto definitivamente, secondo l'attuale normativa, la quota di pensione corrisondente ai dodici anni di assicurazione presso la Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri ed architetti e la pensione di anzianita' dell'Inpdai, pur avendo versato aliquote contributive piene e calcolate per coprire anche tale prestazione pensionistica (solo nel 2003, egli avrebbe potuto conseguire la pensione di vecchiaia dell'Inpdai). Svolte articolate argomentazioni giuridiche circa vari profili d'illegittimita' costituzionale della vigente disciplina previdenziale nella parte in cui essa impedisce l'attuazione del principio della totalizzazione (operazione consistente nell'addizionare virtualmente periodi assicurativi maturati presso gestioni previdenziali diverse al solo fine di stabilire se, complessivamente, esistano i requisiti assicurativi minimi per conseguire il diritto alla pensione: se, all'esito dell'operazione predetta, si accerta che tali requisiti esistano la pensione viene calcolata e pagata proporzionalmente - pro rata - da ciascuna delle gestioni previdenziali interessate) e nella parte in cui la medesima disciplina prevede, per i casi come quello del ricorrente, un onere di ricongiunzione eccessivo per l'assicurato, tale da vanificare ogni possibilita' pratica di reale soddisfazione del diritto pensionistico, l'ing. Cavallini prendeva conclusioni (alternative) coerenti con le premesse supra richiamate. Costituitesi in giudizio entrambe le parti convenute contrastavano la domanda in ogni sua articolazione, chiedendone il rigetto. Concesso alle parti un primo termine per note circa le questioni di legittimita' costituzionale prospettate dall'attore il pretore, all'udienza del 6 novembre 1996, formulava, nei confronti della difesa attorea, una serie di richieste di chiarimento (ai sensi degli artt. 175, primo comma, e 183, terzo comma, c.p.c.); in ordine a tali richieste la difesa del ricorrente chiedeva e otteneva (senza opposizione delle altre parti) termine per depositare note scritte. Nella memoria di chiarimento successivamente depositata la difesa del ricorrente dichiarava fra l'altro: di volere "insistere, in via principale, per la ricongiunzione ad un costo razionale ed equo (dunque, previo sindacato incidentale di costituzionalita' delle norme che disciplinano gli oneri economici nell'operazione), giuste le ragioni esposte nella precedente memoria autorizzata"; di non volere insistere, "in questo giudizo, sulla domanda di ripetizione delle rate di ricongiunzione contributiva gia' pagate", con "riserva di agire in separata sede secondo l'esito del presente procedimento". Formulati vari altri chiarimenti e svolte ulteriori argomentazioni l'attore cosi', infine, precisava le sue conclusioni: "Voglia codesto pretore, ogni contraria istanza reietta, 1) in via principale, accertare e dichiarare, previa consulenza tecnica, che l'onere di ricongiunzione preteso dall'Inpdai e' eccessivo e tale onere determinare sulla base del criterio della riserva matematica al cinquanta per cento, analogamente a quanto il terzo comma dell'art. 2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, dispone per gli altri lavoratori autonomi, nonche' accertare e dichiarare che la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti e' obbligata a trasferire all'Inpdai la riserva matematica nella stessa misura del cinquanta per cento, corrispondente alla posizione previdenziale del ricorrente, ovvero, in subordine, le somme versate a titolo di contributi, maggiorate da rivalutazione moneteria ed interessi legali dalla data del pagamento alla data del trasferimento; tanto previa sospensione del presente procedimento con remissione degli atti alla Corte costituzionale per la dichiarazione di illegittimita', in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 38 e 53 della Costituzione, dell'art. 2 e dell'art. 4 della legge 5 marzo 1990, n. 45: l'art. 2, nella parte in cui, ai fini del diritto e della misura di un'unica pensione, dispone modalita' di ricongiunzione dei periodi di contribuzione esistenti presso le diverse gestioni previdenziali in base a criteri difformi da quelli introdotti dal terzo comma dell'art. 2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, per gli altri lavoratori autonomi ed inoltre impone criteri disomogenei, stabilendo che, a fronte della riserva matematica pretesa dalla gestione di destinazione, la gestione di provenienza trasferisca, anziche' la propria riserva matematica, l'importo dei contributi non rivalutati secondo la reale dinamica monetaria ne' rivalutati a nroma dell'art. 429 c.p.c. e non comprensivi dei contributi integrativi versati alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti; l'art. 4, nella interpretazione secondo cui il decorso del termine ivi indicato determina la decadenza dal diritto alla ricongiunzione, anziche' la semplice decadenza dalla specifica domanda, con facolta' di ripresentarla liberamente, e comunque nella parte in cui, tra gli atti che evitano la decadenza, non include la domanda giudiziale diretta all'accertamento della legittimita' e della correttezza di calcolo degli oneri finanziari relativi; 2) in subordine e secondo l'esito dell'eventuale giudizio di costituzionalita' accertare e dichiarare che il dott. ing. Franco Cavallini ha diritto di percepire la pensione di anzianita' o di vecchiaia commisurata a tutti i contributi obbligatoriamente versati, in base al principio della totalizzazione e dichiarare rispettivamente tenuti l'Inpdai e la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti, in persona dei rispettivi legati rappresentanti, al pagamento in favore del ricorrente dei rispettivi pro rata di pensione, a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda e subordinatamente al verificarsi dell'evento protetto; tanto previa remissione degli atti alla Corte costituzionale perche' venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 38 e 53 della Costituzione, dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45, nella parte in cui prevede la rilevanza dei contributi complessivamente versati a diverse gestioni previdenziali al mero fine dell'accertamento della sussistenza del diritto a pensione e del pagamento, da parte di queste, del rendimento della contribuzione presso ciascuna di esse versata; 3) in relazioni a quanto sopra, disapplicare ogni eventuale norma di statuto o di atto regolamentare della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti che si uniformi alle suddette norme di legge senza tener conto dei principi costituzionali suindicati; 4) condannare gli enti soccombenti alle spese di lite con distrazione in favore dell'avv. Maurizio Cinelli, quale antistatario". In accoglimento della preliminare istanza attorea il pretore, con ordinanza del 27 maggio 1997, integrata poi all'udienza dell'8 ottobre 1997, disponea c.t.u. contabile al fine di accertare se i costi della ricongiunzione richiesti in concreto al ricorrente fossero o meno conformi a un equo criterio di matematica attuariale e, inoltre, per determinare le somme che la Cassa avrebbe dovuto trasferire all'Inpdai, ai fini della ricongiunzione, ove, ipoteticamente, si fosse dovuto applicare il criterio di liquidazione di esse (stabilito, in realta', per fattispecie diverse) previsto dall'art. 6, comma terzo, della legge 29 dicembre 1988, n 554, ovvero il criterio stbilito dall'art. 2 della legge 7 febbraio 1997 n. 29, ovvero, infine, il criterio del calcolo dei contributi effettivamente versati alla Cassa maggiorati di rivalutazione monetaria e di interessi legali (calcolando tali poste accessorie dal momento del versamento dei contributi stessi a quello del trasferimento). Depositata la relazione del c.t.u. concesso un ulteriore termine per note e udita la discussione il pretore si riservava di decidere in ordine alle questioni di legittimita' costituzionale sollevate all'attore. Della irrilevanza e della manifesta infondatezza di alcune delle questioni di legittimita' costituzionale indicate dall'attore nelle sue ultime conclusioni, supra riportate. 1) Deve preliminarmente darsi atto che, allo stato, occorre prescindere del tutto dalla questione di legittimita' costituzionale, pure richiamata nelle ultime conclusioni attoree dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45, nella parte in cui - tale disposizione - non prevede la rilevanza dei contributi complessivamente versati a diverse gestioni previdenziali al mero fine dell'accertamento della sussistenza del diritto a pensione e del pagamento, da parte di queste, del rendimento della contribuzione presso ciascuna di esse versata, questione prospettata dal ricorrente in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 38 e 53 della Costituzione. Va osservato infatti, in proposito, che, secondo la stessa articolazione delle tesi difensive attoree, la questione predetta appare unicamente collegata alla domanda attorea subordinata, e cioe' alla domanda volta all'attuazione, per il ricorrente, di un meccanismo di totalizzazione (o di cumulo, secondo l'espressione che e' stata preferita dal c.t.u.): essendo, l'esame della subordinata, per l'appunto subordinato al mancato accoglimento della pretesa fatta valere dall'interessato in via principale e dovendosi invece, anzitutto, valutare il fondamento della domanda proposta in via principale - operazione che impegna la presente fase processuale - e', ovviamente, irrilevante, al fine predetto - ed e', dunque irrilevante nella presente fase del giudizio - ogni questione che, come quella supra ricordata, sia afferente unicamente alla domanda subordinata. 2) Il ricorrente ha invece prospettato, quale presupposto di accoglimento della domanda che egli ha precisato essere quella proposta in via principale, le questioni di legittimita' costituzionale - in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 38 e 53 della Costituzione - degli artt. 2 e 4 della legge 5 marzo 1990, n. 45: "dell'art.2, nella parte in cui, ai fini del diritto e della misura di un'unica pensione, dispone modalita' di ricongiunzione dei periodi di contribuzione esistenti presso le diverse gestioni previdenziali in base a criteri difformi da quelli introdotti dal terzo comma dell'art. 2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, per gli altri lavoratori autonomi ed inoltre impone criteri disomogenei, stabilendo che, a fronte della riserva matematica pretesa dalla gestione di destinazione, la gestione di provenienza trasferisca, anziche' la propria riserva matematica, l'importo dei contributi non rivalutati secondo la reale dinamica monetaria ne' rivalutati a norma dell'art. 429 c.p.c. e non comprensivi dei contributi integrativi versati alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti; dell'art. 4, nella interpretazione secondo cui il decorso del termine ivi indicato determina la decadenza dal diritto alla ricongiunzione, anziche' la semplice decadenza dalla specifica domanda, con facolta' di ripresentarla liberamente, e comunque nella parte in cui, tra gli atti che evitano la decadenza, non include la domanda giudiziale diretta all'accertamento della legittimita' e della correttezza di calcolo degli oneri finanziari relativi". 3) Il pretore reputa manifestamente infondata la questione relativa all'art. 4, nella interpretazione secondo cui il decorso del termine ivi indicato determina la decadenza dal diritto alla ricongiunzione, anziche' la semplice decadenza dalla specifica domanda, con facolta' di ripresentarla liberamente, e comunque nella parte in cui, tra gli atti che evitano la decadenza, non include la domanda giudiziale diretta all'accertamento della legittimita' e della correttezza di calcolo degli oneri finanziari relativi: il pretore ritiene, infatti, che un'interpretazione adeguatrice della disposizione in esame sia sufficiente a conferire alla stessa il senso - che solo appare conforme ai principi dettati dagli artt. 3 e 38 della Costituzione - secondo il quale la decadenza comminata dalla norma riguarda unicamente il singolo procedimento e non, in generale, il diritto alla ricongiunzione. Puo', dunque, allo stato, opinarsi che il diritto allegato dall'attore non siasi estinto per effetto del meccanismo di cui all'art. 4 della legge 5 marzo 1990, n. 45 (mentre l'eventuale effetto di tale meccanismo sullo specifico procedimento innescato dall'istanza proposta, in via amministrativa, dall'attore non sembra possa comunque far venir meno l'interesse di quest'ultimo ex art. 100 c.p.c., alla pronuncia dichiarativa da lui richiesta nel presente processo, la quale consentirebbe comunque al medesimo, di esercitare in un secondo tempo - volendo - il diritto oggetto dell'accertamento giudiziale cosi' ottenuto). Della rilevanza e non manifesta infondatezza di uno dei profili della questione di legittimita' costituzionale prospettata dall'attore a proposito dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45. 1) Il ricorrente prospetta anche, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 38 e 53 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45, nella parte in cui, ai fini del diritto e della misura di un'unica pensione - tale norma - dispone modalita' di ricongiunzione dei periodi di contribuzione esistenti presso le diverse gestioni previdenziali in base a criteri difformi da quelli introdotti dal terzo comma dell'art. 2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, per gli altri lavoratori autonomi ed inoltre impone criteri disomogenei, stabilendo che, a fronte della riserva matematica pretesa dalla gestione di destinazione, la gestione di provenienza trasferisca, anziche' la propria riserva matematica, l'importo dei contributi non rivalutati secondo la reale dinamica monetaria ne' rivalutati a norma dell'art. 429 c.p.c. e non comprensivi dei contributi integrativi versati alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti. Come si vede la questione, prospettata come unica, si articola, quanto meno, in due distinte serie di critiche mosse alla disciplina denunciata: da un canto vi sono le censure fondate sulla diversita' di tale disciplina rispetto a quella, dettata dall'art. 2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, mentre, dall'altro canto, vengono sollevate doglianze che vanno anche oltre, fondandosi su di un autonomo e assoluto giudizio di irragionevolezza delle norme denunciate. 2) Le doglianze attoree sembrano poi, in qualche modo, investire l'intera disciplina positiva della ricorgiunzione, sia per quanto riguarda la determinazione del quantum (minuendo) dal quale sottrarre la somma che la gestione a qua e' tenuta a trasferire alla gestione ad quem (e della differenza ottenuta dalla ricordata operazione di sottrazione s'invoca poi il dimezzamento, conformemente a quanto disposto dall'art. 2 della legge 7 febbraio 1979. n. 29), sia per quanto riguarda la determinazione del quantum della somma (sottraendo) che la gestione a qua e' tenuta a trasferire alla gestione ad quem. Seppure le critiche attoree fossero interamente fondate rimarrebbe pur sempre il fatto che ne' il giudice remittente ne' la Corte costituzionale hanno il potere di formulare una nuova disciplina, ispirata, come vorrebbe l'attore, a principi di equita' e di ragionevolezza (e, del resto, una riforma ispirata a tali principi sembrava preannunciata dal legislatore con l'art. 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335). 3) Occorre, dunque, partire dall'esistente e, in particolare, dalla disciplina dettata dall'art. 2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, disciplina che la stessa difesa attorea addita quale tertium comparationis ai fini della denuncia d'illegittimita' costituzionale, e art. 3 della Costituzione, dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45. E' vero che, come gia si e' rammentato, i difensori dell'attore nemmeno lesinano critiche al criterio di determinazione del sottraendo stabilito in contormita' all'art. 2 della legge 7 febbraio 1979. n. 29 (da loro visto come eccessivamente favorevole agli enti gestori delle assicurazioni sociali, rispetto a quello che avrebbe potuto essere un equo e neutrale criterio di matematca attuariale); tuttavia il pretore osserva che, in se' e per se', nemmeno il dimezzamento della differenza sembrerebbe rispondere a tale criterio: poiche', pero', questa volta lo scostamento dall'equita' e' stabilito in favore degli assicurati (e dunque in danno degli enti assicuratori), pare si possa concludere nel senso che le due irrazionalita', congiunte, danno luogo a un sistema non privo, complessivamente, di una sua particolare logica. Del resto, spostando il punto di vista da quello del rapporto fra l'assicurato, da una parte, e gli enti coinvolti, dall'altra parte, al rapporto esistente fra gli stessi enti coinvolti, puo' colpire l'apparente ingiustizia di un sistema che, in qualche modo, favorisce la gestione a qua, consentendole un conteggio della somma da trasferire ad essa complessivamente favorevole, a fronte del trattamento deteriore riservato alla gestione ad quem, costretta a praticare, nei confronti dell'assicurato, lo sconto del 50% rispetto al costo effettivo della copertura assicurativa; tuttavia l'ingiustizia del caso singolo non appare piu' tale se si ha, invece, riguardo al fenomeno collettivo delle ricognizioni, posto che sembra potersi presumere che, nell'attuazione della norma di legge in questione, ciascuna gestione possa in qualche modo compensare il trattamento deteriore riservatole quando essa assume la qualita' di gestione ad quem col trattamento di favore che essa spetta quando essa trovisi a rivestire la qualita' di gestione a qua. In breve il pretore reputa manifestamente infondati i profili d'illegittimita' costituzionale che il ricorrente ha inteso prospettare nell'intento di ottenere, per i liberi professionisti destinatari della disposizione denunciata, di cui all'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45, una disciplina di risulta ancora piu' favorevole di quella dettata, per i lavoratori autonomi iscritti o stati iscritti alle gestioni speciali per i lavoratori autonomi gestite dall'I.N.P.S. dalla legge 7 febbraio 1979, n. 29. 4) Rimane, ora, da esaminare se ricorrano i requisisti di rilevanza e di non manifesta infondatezza, in riferimento agli artt. 3 e 38 cpv. della Costituzione (posto che il richiamo della difesa attorea anche agli artt. 2, 4 e 53 della Costituzione sembra doversi intendere riferito unicamente ai profili disattesi), in ordine alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45, nella parte in cui, ai fini del diritto e della misura di un'unica pensione, tale disposizione prevede modalita' di ricongiunzione dei periodi di contribuzione esistenti presso le diverse gestioni previdenziali difformi da quelle stabilite, per i lavoratori autonomi iscritti o stati iscritti alle gestioni speciali per i lavoratori autonomi gestite dall'I.N.P.S., dalla legge 7 febbraio 1979, n. 29 (in tali termini - piu' generali rispetto a quelli proposti dalla difesa attorea - il pretore ritiene preferibile prospettare la questione alla Corte costituzionale). 5) La questione predetta appare al pretore certamente rilevante nel presente giudizio considerato che l'attore chiede tra l'altro, in via principale, proprio che il quantum dell'onere di ricongiunzione spettante all'Inpdai, gravante sull'attore medesimo, sia determinato analogamente a quanto il terzo comma dell'art. 2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, dispone per gli altri lavoratori autonomi: e' evidente che, mentre, al momento, osta all'accoglimento di tale domanda, la formulazione dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45, tale accoglimento sara' invece possibile ove la Corte costituzionale ritenga fondata la questione in discorso. 6) La stessa questione e' anche, a parere del pretore, non manifestamente infondata: basti dire, in riferimento alla ipotizzata violazione dell'art. 3 della Costituzione, che gli ingegneri e gli architetti - cosi' come gli altri liberi professionisti destinatari della disciplina denunciata - sono lavoratori autonomi al pari dei lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali gestite dall'I.N.P.S. e che, neanche in seguito all'indagine peritale che e' stata eseguita nel presente processo, sono emerse possibili motivazioni, fosse pure di carattere contabile, idonee a giustificare la differenza di trattamento legislativo tra fattispecie che, per i fini che qui interessano, appaiono del tutto assimilabili. Quanto al profilo di contrasto con l'art. 38 cpv. della Costituzione sembra sufficiente considerare la concreta storia del ricorrente che, ripresa dal ricorso e non contestata dalle altre parti, si e' riassunta nella parte iniziale della presente ordinanza: egli e', in sostanza, un lavoratore che poteva far valere, al momento della proposizione della domanda giudiziale, un'anzianita' contributiva complessiva di 38 anni; se tale anzianita' contributiva fosse stata maturata interamente presso l'Inpdai essa gli avrebbe consentito il pensionamento di anzianita'; impedire, in concreto, a un lavoratore di valersi della ricongiunzione (fissandone un prezzo di fatto per lui insostenibile) sembra equivalente a impedire al medesimo l'accesso a un mezzo che gia' il legislatore ha, in generale, stabilito come adeguato alle esigenze di vita di lavoratori versanti in situazioni del tutto assimilabili a quelle di chi abbia necessita', per accedere allo stesso mezzo, di una ricongiunzione contributiva. 7) Deve, in definitiva, riconoscersi che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45, nella parte in cui, ai fini del diritto e della misura di un'unica pensione, tale disposizione prevede modalita' di ricongiunzione dei periodi di contribuzione esistenti presso le diverse gestioni previdenziali in base a criteri difformi da quelle stabilite, per i lavoratori autonomi iscritti o stati iscritti alle gestioni speciali per i lavoratori autonomi iscritti o stati iscritti alle gestioni speciali per i lavoratori autonomi gestite dall'I.N.P.S., dalla legge 7 febbraio 1979, n. 29, non e', in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, manifestamente infondata. 8) Va ordinata pertanto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; il presente giudizio va sospeso.