IL PRETORE
   Pronunziando fuori udienza nella causa promossa da Franco Cavallini
 con gli avv.ti Maria Teresa Ubaldini  e Maurizio Cinelli,  contro  la
 Cassa  nazionale  di  previdenza  e  assistenza  per gli ingegneri ed
 architetti,  con l'avv. Umberto D'Amico, e  l'Istituto  nazionale  di
 previdenza  per  i  dirigenti di aziende industriali, con  gli avv.ti
 Costantino Tonelli Conti e Oreste Casadio, iscritta sotto il  n.  501
 del r.g.l. dell'anno 1996 della pretura di Bologna;
   Sciogliendo la riserva;
                             O s s e r v a
   Richiami allo svolgimento del processo.
   Con  ricorso  depositato  il  25  gennaio  1996,  Franco  Cavallini
 esponeva che, alla data del  25  febbraio  1994,  poteva  far  valere
 contributi  obbligatori presso l'Istituto nazionale di previdenza per
 i dirigenti di aziende industriali (qui di seguito anche: Inpdai) per
 complessive  a  8292  giornate  lavorative  (di  cui  5988   giornate
 trasferite  dall'Inps all'Inpdai per avvenuta ricongiunzione), pari a
 oltre ventisei anni, e poteva inoltre far  valere,  presso  la  Cassa
 nazionale  di previdenza e assistenza per gli ingegneri ed architetti
 (da ora in poi anche, semplicemente: Cassa),  contributi  obbligatori
 per complessive 3870 giornate lavorative.
   Egli  poteva dunque far valere, complessivamente, 12.162 contributi
 giornalieri, pari a oltre trentotto anni di contribuzione;  al  tempo
 stesso,  tuttavia,  egli  non  aveva maturato presso alcuna delle due
 gestioni, presa singolarmente, il requisito minimo  assicurativo  per
 poter   ottenere  una  pensione.    In  seguito  a  una  sua  istanza
 esplorativa di ricongiunzione, del 25 febbraio 1994, l'Inpdai   aveva
 poi  reso  noto,  con  lettera  del  6  aprile 1995, che gli oneri di
 ricongiunzione sarebbero ammontati a 436.676.712 lire (al netto della
 somma di 34.387.159 lire che, in applicazione della disciplina legale
 della   ricongiunzione,   sarebbe  affluita  all'Inpdai  dalla  Cassa
 nazionale  di  previdenza  e  assistenza   per   gli   ingegneri   ed
 architetti).    Poiche',  nella  stessa lettera, l'Inpdai aveva anche
 comunicato che il decorso del termine di sessanta  giorni  senza  che
 l'attore  avesse  provveduto  al  pagamento  ovvero  avesse  proposto
 istanza  di  rateazione  avrebbe  automaticamente  dato  luogo   alla
 rinuncia alla facolta' di ricongiunzione il ricorrente medesimo aveva
 provveduto  a richiedere, nel termine predetto, la rateazione (con il
 che  l'onere  complessivo  della  ricongiunzione  era  divenuto,  per
 effetto  dell'addebito  deli  interessi,  pari  a 487.536.863 lire) e
 aveva inoltre provveduto  a  pagare  la  prima  delle  sessanta  rate
 (ciascuna  di  7.617.763  lire)  previste  nel  piano  di  rateazione
 approntato dall'Inpdai,  pur  formulando,  contestualmente,  espressa
 riserva  circa  la  legittimita'  delle  pretese  dell'Inpdai  e  con
 avvertimento  che  il  pagamento  avveniva   solo   per   uno   scopo
 cautelativo.  Tali rate - osservava il ricorrente - avrebbero per lui
 comportato  una  spesa annua di 91.413.156 lire, la quale non sarebbe
 stata  certamente  compensata  dalla  pensione  di  anzianita'  (che,
 infatti,  secondo  i calcoli dello stesso ente, sarebbe ammontata, al
 lordo delle ritenute di legge, a circa sessantotto  milioni  di  lire
 l'anno,  pari  a  circa  quaranta  milioni  di  lire  al  netto delle
 trattenute fiscali: dunque, per  cinque  anni,  il  ricorrente,  allo
 stato  della  vigente  disciplina,  non  solo avrebbe dovuto spendere
 tutta la sua pensione per pagare all'Inpdai le rate  delle  quali  si
 tratta,  ma,  inoltre,  avrebbe  dovuto  aggiungere  altri  cinquanta
 milioni circa per ognuno degli anni di durata della rateazione;  come
 se  tutto  cio'  non  bastasse  egli, infine, nemmeno avrebbe potuto,
 nello stesso  periodo,  prestare  attivita'  lavorativa,  essendo  la
 medesima  incompatibile  con  il pensionamento di anzianita'.   Ne' -
 specificava  ancora  l'attore  -  la  situazione  sarebbe  migliorata
 nell'ipotesi in cui egli avesse deciso di astenersi dal richiedere la
 pensione  di anzianita' continuando a percepire il suo intero reddito
 professionale, pari a circa 100 milioni di lire l'anno: tale reddito,
 tenuto anche  conto  degli  oneri  dell'mposizione  fiscale  e  della
 cosiddetta  tassa  della  salute si sarebbe infatti rivelato comunque
 insufficiente ad affrontare l'onere rateale in parola.  Tutto cio'  -
 si  doleva ancora l'attore - per ottenere un incremento pensionistico
 annuo lordo di L.  24.837.150  (mentre  l'onere  di  riscatto  di  L.
 487.536.863  non  sarebbe  stato  fiscalmente  detraibile  se non nel
 limite di due  milioni  e  mezzo  l'anno,  essendo  considerato  alla
 stregua  di  una  assicurazione  volontaria).    Dunque - argomentava
 ancora il ricorrente -  l'operazione  si  sarebbe  rivelata  per  lui
 rovinosa  e  insostenibile,  tanto  piu'  che,  nel  frattempo  (il 1
 settembre 1995) egli era stato licenziato; tuttavia, ove egli  avesse
 rinunciato  alla  ricongiunzione,  avrebbe,  con cio' stesso, perduto
 definitivamente, secondo l'attuale normativa, la  quota  di  pensione
 corrisondente  ai  dodici  anni  di  assicurazione  presso  la  Cassa
 nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri ed  architetti
 e  la pensione di anzianita' dell'Inpdai, pur avendo versato aliquote
 contributive piene e calcolate per  coprire  anche  tale  prestazione
 pensionistica  (solo  nel  2003,  egli  avrebbe  potuto conseguire la
 pensione di vecchiaia dell'Inpdai).  Svolte articolate argomentazioni
 giuridiche circa vari profili d'illegittimita'  costituzionale  della
 vigente  disciplina  previdenziale  nella parte in cui essa impedisce
 l'attuazione   del   principio   della   totalizzazione   (operazione
 consistente  nell'addizionare   virtualmente   periodi   assicurativi
 maturati  presso  gestioni  previdenziali  diverse  al   solo fine di
 stabilire se, complessivamente,  esistano  i  requisiti  assicurativi
 minimi  per  conseguire  il  diritto  alla    pensione: se, all'esito
 dell'operazione predetta, si accerta che tali requisiti  esistano  la
 pensione viene calcolata  e pagata proporzionalmente - pro rata  - da
 ciascuna  delle gestioni previdenziali interessate) e nella parte  in
 cui la medesima disciplina  prevede,  per  i  casi  come  quello  del
 ricorrente,  un  onere  di ricongiunzione eccessivo per l'assicurato,
 tale da vanificare ogni possibilita' pratica di  reale  soddisfazione
 del  diritto  pensionistico,  l'ing.  Cavallini  prendeva conclusioni
 (alternative)   coerenti   con   le   premesse   supra    richiamate.
 Costituitesi in giudizio entrambe le parti convenute contrastavano la
 domanda in ogni sua articolazione, chiedendone il rigetto.
   Concesso alle parti un primo termine per note circa le questioni di
 legittimita'   costituzionale  prospettate  dall'attore  il  pretore,
 all'udienza del 6  novembre  1996,  formulava,  nei  confronti  della
 difesa attorea, una serie di richieste di chiarimento (ai sensi degli
 artt.    175,  primo  comma, e 183, terzo comma, c.p.c.); in ordine a
 tali richieste la difesa del ricorrente chiedeva  e  otteneva  (senza
 opposizione delle altre parti) termine per depositare note scritte.
   Nella  memoria  di chiarimento successivamente depositata la difesa
 del ricorrente dichiarava fra l'altro:
     di volere "insistere, in via principale, per la ricongiunzione ad
 un costo razionale ed equo (dunque, previo sindacato  incidentale  di
 costituzionalita'  delle  norme  che disciplinano gli oneri economici
 nell'operazione), giuste le ragioni esposte nella precedente  memoria
 autorizzata";
     di  non  volere  insistere,  "in questo giudizo, sulla domanda di
 ripetizione delle rate di ricongiunzione contributiva  gia'  pagate",
 con  "riserva  di agire in separata sede secondo l'esito del presente
 procedimento".
   Formulati vari altri chiarimenti e svolte ulteriori  argomentazioni
 l'attore cosi', infine, precisava le sue conclusioni:
   "Voglia codesto pretore, ogni contraria istanza reietta,
     1)  in  via principale, accertare e dichiarare, previa consulenza
 tecnica,  che  l'onere  di  ricongiunzione  preteso  dall'Inpdai   e'
 eccessivo  e  tale  onere  determinare  sulla base del criterio della
 riserva matematica al cinquanta per cento, analogamente a  quanto  il
 terzo  comma dell'art.  2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, dispone
 per gli altri lavoratori autonomi, nonche' accertare e dichiarare che
 la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli  ingegneri  ed
 architetti liberi professionisti e' obbligata a trasferire all'Inpdai
 la  riserva  matematica  nella stessa misura del cinquanta per cento,
 corrispondente alla posizione previdenziale del  ricorrente,  ovvero,
 in  subordine, le somme versate a titolo di contributi, maggiorate da
 rivalutazione moneteria ed interessi legali dalla data del  pagamento
 alla  data  del  trasferimento; tanto previa sospensione del presente
 procedimento con remissione degli atti alla Corte costituzionale  per
 la  dichiarazione  di illegittimita', in riferimento agli artt. 2, 3,
 4, 38 e 53 della Costituzione, dell'art.  2 e dell'art. 4 della legge
 5 marzo 1990, n. 45:   l'art. 2, nella parte  in  cui,  ai  fini  del
 diritto  e  della  misura  di un'unica pensione, dispone modalita' di
 ricongiunzione  dei  periodi  di  contribuzione  esistenti  presso le
 diverse gestioni previdenziali in base a criteri difformi  da  quelli
 introdotti  dal terzo comma dell'art.  2 della legge 7 febbraio 1979,
 n. 29, per gli altri lavoratori autonomi ed  inoltre  impone  criteri
 disomogenei,  stabilendo  che,  a  fronte  della  riserva  matematica
 pretesa dalla gestione di destinazione, la  gestione  di  provenienza
 trasferisca,  anziche'  la  propria riserva matematica, l'importo dei
 contributi non rivalutati secondo la  reale  dinamica  monetaria  ne'
 rivalutati  a  nroma  dell'art.  429  c.p.c.  e  non  comprensivi dei
 contributi integrativi versati alla Cassa nazionale di previdenza  ed
 assistenza  per  gli  ingegneri  ed architetti liberi professionisti;
 l'art. 4, nella interpretazione secondo cui il  decorso  del  termine
 ivi  indicato determina la decadenza dal diritto alla ricongiunzione,
 anziche' la semplice decadenza dalla specifica domanda, con  facolta'
 di  ripresentarla liberamente, e comunque nella parte in cui, tra gli
 atti che evitano la decadenza,  non  include  la  domanda  giudiziale
 diretta  all'accertamento  della  legittimita' e della correttezza di
 calcolo degli oneri finanziari relativi;
     2) in subordine e  secondo  l'esito  dell'eventuale  giudizio  di
 costituzionalita'  accertare  e  dichiarare  che il dott. ing. Franco
 Cavallini ha diritto di percepire la  pensione  di  anzianita'  o  di
 vecchiaia commisurata a tutti i contributi obbligatoriamente versati,
 in    base   al   principio   della   totalizzazione   e   dichiarare
 rispettivamente tenuti l'Inpdai e la Cassa nazionale di previdenza ed
 assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti,  in
 persona  dei rispettivi legati rappresentanti, al pagamento in favore
 del ricorrente dei rispettivi pro rata di pensione, a  decorrere  dal
 primo  giorno  del mese successivo alla presentazione della domanda e
 subordinatamente al verificarsi dell'evento  protetto;  tanto  previa
 remissione   degli  atti  alla  Corte  costituzionale  perche'  venga
 dichiarata l'illegittimita' costituzionale, in riferimento agli artt.
 2, 3, 4, 38 e 53 della Costituzione, dell'art. 2 della legge 5  marzo
 1990,  n.  45, nella parte in cui prevede la rilevanza dei contributi
 complessivamente versati a diverse  gestioni  previdenziali  al  mero
 fine dell'accertamento della sussistenza del diritto a pensione e del
 pagamento,  da  parte  di  queste, del rendimento della contribuzione
 presso ciascuna di esse versata;
     3) in relazioni a quanto sopra, disapplicare ogni eventuale norma
 di  statuto  o  di  atto  regolamentare  della  Cassa  nazionale   di
 previdenza  ed  assistenza  per  gli  ingegneri  ed architetti liberi
 professionisti che si uniformi alle suddette  norme  di  legge  senza
 tener conto dei principi costituzionali suindicati;
     4)  condannare  gli  enti  soccombenti  alle  spese  di  lite con
 distrazione   in   favore   dell'avv.   Maurizio    Cinelli,    quale
 antistatario".   In accoglimento della preliminare istanza attorea il
 pretore, con ordinanza del 27 maggio 1997, integrata poi  all'udienza
 dell'8  ottobre  1997, disponea c.t.u. contabile al fine di accertare
 se i costi della ricongiunzione richiesti in concreto  al  ricorrente
 fossero  o  meno conformi a un equo criterio di matematica attuariale
 e, inoltre, per determinare le somme  che  la  Cassa  avrebbe  dovuto
 trasferire   all'Inpdai,   ai   fini   della   ricongiunzione,   ove,
 ipoteticamente, si fosse dovuto applicare il criterio di liquidazione
 di esse (stabilito, in realta',  per  fattispecie  diverse)  previsto
 dall'art. 6, comma terzo, della legge 29 dicembre 1988, n 554, ovvero
 il  criterio stbilito dall'art.  2 della legge 7 febbraio 1997 n. 29,
 ovvero, infine, il criterio del calcolo dei contributi effettivamente
 versati  alla  Cassa  maggiorati  di  rivalutazione  monetaria  e  di
 interessi  legali  (calcolando  tali poste accessorie dal momento del
 versamento  dei  contributi  stessi  a  quello  del   trasferimento).
 Depositata  la relazione del c.t.u. concesso un ulteriore termine per
 note e udita la discussione il pretore si riservava  di  decidere  in
 ordine   alle  questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollevate
 all'attore.   Della irrilevanza e  della  manifesta  infondatezza  di
 alcune   delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale  indicate
 dall'attore nelle sue ultime conclusioni, supra riportate.
     1) Deve preliminarmente  darsi  atto  che,  allo  stato,  occorre
 prescindere del tutto dalla questione di legittimita' costituzionale,
 pure  richiamata  nelle  ultime conclusioni attoree dell'art. 2 della
 legge 5 marzo 1990, n. 45, nella parte in cui - tale  disposizione  -
 non  prevede  la  rilevanza dei contributi complessivamente versati a
 diverse gestioni previdenziali al mero fine  dell'accertamento  della
 sussistenza  del  diritto  a  pensione  e  del pagamento, da parte di
 queste, del rendimento della contribuzione presso  ciascuna  di  esse
 versata,  questione  prospettata  dal  ricorrente in riferimento agli
 artt. 2, 3, 4, 38 e 53 della Costituzione.
   Va  osservato  infatti,  in  proposito,  che,  secondo  la   stessa
 articolazione  delle  tesi  difensive  attoree, la questione predetta
 appare unicamente collegata alla domanda attorea subordinata, e cioe'
 alla  domanda  volta  all'attuazione,  per  il  ricorrente,   di   un
 meccanismo  di totalizzazione (o di cumulo, secondo l'espressione che
 e' stata preferita dal c.t.u.):  essendo, l'esame della  subordinata,
 per l'appunto subordinato al mancato accoglimento della pretesa fatta
 valere   dall'interessato  in  via  principale  e  dovendosi  invece,
 anzitutto, valutare il  fondamento  della  domanda  proposta  in  via
 principale  -  operazione  che impegna la presente fase processuale -
 e', ovviamente,  irrilevante,  al  fine  predetto  -  ed  e',  dunque
 irrilevante  nella  presente  fase del giudizio - ogni questione che,
 come quella supra ricordata, sia afferente  unicamente  alla  domanda
 subordinata.
     2)  Il  ricorrente  ha  invece  prospettato, quale presupposto di
 accoglimento della  domanda  che  egli  ha  precisato  essere  quella
 proposta   in   via   principale,   le   questioni   di  legittimita'
 costituzionale - in riferimento agli artt. 2, 3, 4,  38  e  53  della
 Costituzione - degli artt. 2 e 4 della legge 5 marzo 1990, n. 45:
      "dell'art.2,  nella  parte  in  cui, ai fini del diritto e della
 misura di un'unica pensione, dispone modalita' di ricongiunzione  dei
 periodi   di  contribuzione  esistenti  presso  le  diverse  gestioni
 previdenziali in base a criteri difformi  da  quelli  introdotti  dal
 terzo  comma  dell'art. 2 della legge 7 febbraio 1979, n. 29, per gli
 altri lavoratori autonomi  ed  inoltre  impone  criteri  disomogenei,
 stabilendo  che,  a  fronte  della  riserva  matematica pretesa dalla
 gestione di destinazione, la  gestione  di  provenienza  trasferisca,
 anziche'  la propria riserva matematica, l'importo dei contributi non
 rivalutati secondo la reale dinamica monetaria ne' rivalutati a norma
 dell'art.  429 c.p.c. e non comprensivi  dei  contributi  integrativi
 versati  alla  Cassa  nazionale  di  previdenza ed assistenza per gli
 ingegneri ed architetti liberi professionisti;
      dell'art.  4,  nella  interpretazione secondo cui il decorso del
 termine  ivi  indicato  determina  la  decadenza  dal  diritto   alla
 ricongiunzione,   anziche'  la  semplice  decadenza  dalla  specifica
 domanda, con facolta' di ripresentarla liberamente, e comunque  nella
 parte  in  cui, tra gli atti che evitano la decadenza, non include la
 domanda giudiziale  diretta  all'accertamento  della  legittimita'  e
 della correttezza di calcolo degli oneri finanziari relativi".
     3)  Il  pretore  reputa  manifestamente  infondata  la  questione
 relativa all'art. 4, nella interpretazione secondo cui il decorso del
 termine  ivi  indicato  determina  la  decadenza  dal  diritto   alla
 ricongiunzione,   anziche'  la  semplice  decadenza  dalla  specifica
 domanda, con facolta' di ripresentarla liberamente, e comunque  nella
 parte  in  cui, tra gli atti che evitano la decadenza, non include la
 domanda giudiziale  diretta  all'accertamento  della  legittimita'  e
 della  correttezza  di  calcolo  degli  oneri finanziari relativi: il
 pretore ritiene, infatti, che  un'interpretazione  adeguatrice  della
 disposizione  in  esame  sia  sufficiente  a conferire alla stessa il
 senso - che solo appare conforme ai principi dettati dagli artt. 3  e
 38 della Costituzione - secondo il quale la decadenza comminata dalla
 norma riguarda unicamente il singolo procedimento e non, in generale,
 il  diritto  alla ricongiunzione.  Puo', dunque, allo stato, opinarsi
 che il diritto allegato dall'attore non siasi estinto per effetto del
 meccanismo di cui all'art. 4 della legge 5 marzo 1990, n. 45  (mentre
 l'eventuale  effetto  di tale meccanismo sullo specifico procedimento
 innescato dall'istanza proposta, in via  amministrativa,  dall'attore
 non  sembra possa comunque far venir meno l'interesse di quest'ultimo
 ex art. 100 c.p.c., alla pronuncia dichiarativa da lui richiesta  nel
 presente  processo,  la  quale consentirebbe comunque al medesimo, di
 esercitare in un  secondo  tempo  -  volendo  -  il  diritto  oggetto
 dell'accertamento  giudiziale cosi' ottenuto).  Della rilevanza e non
 manifesta  infondatezza  di  uno  dei  profili  della  questione   di
 legittimita'   costituzionale  prospettata  dall'attore  a  proposito
 dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45.
     1) Il ricorrente prospetta anche, in riferimento agli artt. 2, 3,
 4,  38  e  53  della  Costituzione,  la  questione  di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2  della  legge 5 marzo 1990, n. 45, nella
 parte in cui, ai fini del diritto e della misura di un'unica pensione
 - tale norma - dispone modalita' di  ricongiunzione  dei  periodi  di
 contribuzione  esistenti  presso le diverse gestioni previdenziali in
 base  a  criteri  difformi  da  quelli  introdotti  dal  terzo  comma
 dell'art.  2  della  legge  7  febbraio  1979,  n.  29, per gli altri
 lavoratori autonomi ed inoltre impone criteri disomogenei, stabilendo
 che, a fronte della riserva  matematica  pretesa  dalla  gestione  di
 destinazione,  la  gestione  di  provenienza trasferisca, anziche' la
 propria riserva matematica, l'importo dei contributi  non  rivalutati
 secondo  la reale dinamica monetaria ne' rivalutati a norma dell'art.
 429 c.p.c. e non comprensivi dei contributi integrativi versati  alla
 Cassa  nazionale  di  previdenza  ed  assistenza per gli ingegneri ed
 architetti  liberi  professionisti.    Come  si  vede  la  questione,
 prospettata  come  unica,  si  articola, quanto meno, in due distinte
 serie di critiche mosse alla disciplina denunciata: da  un  canto  vi
 sono  le censure fondate sulla diversita' di tale disciplina rispetto
 a quella, dettata dall'art. 2 della legge 7  febbraio  1979,  n.  29,
 mentre, dall'altro canto, vengono sollevate doglianze che vanno anche
 oltre,   fondandosi   su  di  un  autonomo  e  assoluto  giudizio  di
 irragionevolezza delle norme denunciate.
     2)  Le doglianze attoree sembrano poi, in qualche modo, investire
 l'intera disciplina positiva della  ricorgiunzione,  sia  per  quanto
 riguarda la determinazione del quantum (minuendo) dal quale sottrarre
 la  somma  che la gestione a qua e' tenuta a trasferire alla gestione
 ad quem (e della differenza ottenuta dalla  ricordata  operazione  di
 sottrazione  s'invoca  poi  il  dimezzamento,  conformemente a quanto
 disposto dall'art. 2 della legge 7 febbraio 1979.  n.  29),  sia  per
 quanto   riguarda   la   determinazione   del   quantum  della  somma
 (sottraendo) che la gestione  a  qua  e'  tenuta  a  trasferire  alla
 gestione ad quem.
   Seppure  le critiche attoree fossero interamente fondate rimarrebbe
 pur sempre il fatto che  ne'  il  giudice  remittente  ne'  la  Corte
 costituzionale  hanno  il  potere  di formulare una nuova disciplina,
 ispirata,  come  vorrebbe  l'attore,  a  principi  di  equita'  e  di
 ragionevolezza  (e,  del  resto, una riforma ispirata a tali principi
 sembrava preannunciata dal legislatore con l'art. 1, comma 39,  della
 legge 8 agosto 1995, n. 335).
     3)  Occorre,  dunque,  partire  dall'esistente e, in particolare,
 dalla disciplina dettata dall'art. 2 della legge 7 febbraio 1979,  n.
 29,  disciplina  che  la  stessa  difesa attorea addita quale tertium
 comparationis ai fini della denuncia d'illegittimita' costituzionale,
 e art. 3 della Costituzione, dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n.
 45.  E' vero che, come gia si e' rammentato, i difensori  dell'attore
 nemmeno   lesinano   critiche   al  criterio  di  determinazione  del
 sottraendo stabilito in contormita' all'art. 2 della legge 7 febbraio
 1979.  n. 29 (da loro visto come eccessivamente favorevole agli  enti
 gestori  delle  assicurazioni  sociali, rispetto a quello che avrebbe
 potuto essere un equo e neutrale criterio di  matematca  attuariale);
 tuttavia  il  pretore  osserva  che,  in  se'  e  per se', nemmeno il
 dimezzamento della differenza sembrerebbe rispondere a tale criterio:
 poiche', pero', questa volta lo scostamento dall'equita' e' stabilito
 in  favore  degli  assicurati  (e  dunque   in   danno   degli   enti
 assicuratori),  pare  si  possa  concludere  nel  senso  che  le  due
 irrazionalita', congiunte,  danno  luogo  a  un  sistema  non  privo,
 complessivamente,   di  una  sua  particolare  logica.    Del  resto,
 spostando il punto di vista da quello del rapporto fra  l'assicurato,
 da  una  parte,  e  gli enti coinvolti, dall'altra parte, al rapporto
 esistente fra gli stessi enti  coinvolti,  puo'  colpire  l'apparente
 ingiustizia di un sistema che, in qualche modo, favorisce la gestione
 a  qua,  consentendole un conteggio della somma da trasferire ad essa
 complessivamente  favorevole,  a  fronte  del  trattamento  deteriore
 riservato alla gestione ad quem, costretta a praticare, nei confronti
 dell'assicurato,  lo sconto del 50% rispetto al costo effettivo della
 copertura assicurativa; tuttavia l'ingiustizia del caso  singolo  non
 appare  piu'  tale  se si ha, invece, riguardo al fenomeno collettivo
 delle  ricognizioni,  posto  che  sembra   potersi   presumere   che,
 nell'attuazione  della norma di legge in questione, ciascuna gestione
 possa in qualche modo compensare il trattamento deteriore riservatole
 quando essa assume la qualita' di gestione ad quem col trattamento di
 favore che essa spetta quando essa trovisi a rivestire la qualita' di
 gestione a qua.  In breve il pretore reputa manifestamente  infondati
 i profili d'illegittimita' costituzionale che il ricorrente ha inteso
 prospettare  nell'intento  di  ottenere,  per i liberi professionisti
 destinatari  della  disposizione  denunciata, di cui all'art. 2 della
 legge 5 marzo 1990, n. 45, una  disciplina  di  risulta  ancora  piu'
 favorevole  di  quella  dettata, per i lavoratori autonomi iscritti o
 stati iscritti alle  gestioni  speciali  per  i  lavoratori  autonomi
 gestite dall'I.N.P.S. dalla legge 7 febbraio 1979, n. 29.
    4)  Rimane,  ora,  da  esaminare  se  ricorrano  i  requisisti  di
 rilevanza e di non manifesta infondatezza, in riferimento agli  artt.
 3  e  38  cpv. della Costituzione (posto che il richiamo della difesa
 attorea anche agli artt. 2, 4 e 53 della Costituzione sembra  doversi
 intendere  riferito  unicamente ai profili disattesi), in ordine alla
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2  della  legge  5
 marzo  1990,  n.  45, nella parte in cui, ai fini del diritto e della
 misura di un'unica pensione, tale disposizione prevede  modalita'  di
 ricongiunzione  dei  periodi  di  contribuzione  esistenti  presso le
 diverse gestioni previdenziali difformi da quelle  stabilite,  per  i
 lavoratori  autonomi iscritti o stati iscritti alle gestioni speciali
 per i  lavoratori  autonomi  gestite  dall'I.N.P.S.,  dalla  legge  7
 febbraio  1979,  n.  29  (in  tali termini - piu' generali rispetto a
 quelli proposti dalla difesa attorea - il pretore ritiene preferibile
 prospettare la questione alla Corte costituzionale).
     5) La questione predetta appare al pretore  certamente  rilevante
 nel presente giudizio considerato che l'attore chiede tra l'altro, in
 via  principale,  proprio che il quantum dell'onere di ricongiunzione
 spettante all'Inpdai, gravante sull'attore medesimo, sia  determinato
 analogamente  a  quanto  il  terzo  comma  dell'art.  2 della legge 7
 febbraio 1979, n. 29, dispone per gli altri lavoratori  autonomi:  e'
 evidente  che,  mentre,  al  momento,  osta  all'accoglimento di tale
 domanda, la formulazione dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45,
 tale accoglimento sara' invece possibile ove la Corte  costituzionale
 ritenga fondata la questione in discorso.
     6)  La  stessa  questione  e'  anche,  a  parere del pretore, non
 manifestamente infondata: basti dire, in riferimento alla  ipotizzata
 violazione  dell'art.  3  della Costituzione, che gli ingegneri e gli
 architetti - cosi' come gli altri liberi  professionisti  destinatari
 della  disciplina  denunciata  - sono lavoratori autonomi al pari dei
 lavoratori  autonomi  iscritti   alle   gestioni   speciali   gestite
 dall'I.N.P.S.  e che, neanche in seguito all'indagine peritale che e'
 stata  eseguita  nel  presente  processo,   sono   emerse   possibili
 motivazioni, fosse pure di carattere contabile, idonee a giustificare
 la  differenza  di trattamento legislativo tra fattispecie che, per i
 fini che qui interessano, appaiono del tutto assimilabili.  Quanto al
 profilo di contrasto con l'art. 38  cpv.  della  Costituzione  sembra
 sufficiente  considerare  la  concreta  storia  del  ricorrente  che,
 ripresa dal ricorso  e  non  contestata  dalle  altre  parti,  si  e'
 riassunta  nella parte iniziale della presente ordinanza: egli e', in
 sostanza, un lavoratore che  poteva  far  valere,  al  momento  della
 proposizione  della  domanda  giudiziale,  un'anzianita' contributiva
 complessiva di 38 anni; se tale anzianita' contributiva  fosse  stata
 maturata  interamente  presso l'Inpdai essa gli avrebbe consentito il
 pensionamento di anzianita'; impedire, in concreto, a  un  lavoratore
 di  valersi  della  ricongiunzione (fissandone un prezzo di fatto per
 lui  insostenibile)  sembra  equivalente  a  impedire   al   medesimo
 l'accesso  a  un  mezzo  che  gia'  il  legislatore  ha, in generale,
 stabilito come adeguato alle esigenze di vita di lavoratori  versanti
 in   situazioni   del  tutto  assimilabili  a  quelle  di  chi  abbia
 necessita', per accedere allo stesso  mezzo,  di  una  ricongiunzione
 contributiva.
     7)   Deve,  in  definitiva,  riconoscersi  che  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990,  n.
 45,  nella  parte  in  cui,  ai  fini  del  diritto e della misura di
 un'unica   pensione,   tale   disposizione   prevede   modalita'   di
 ricongiunzione  dei  periodi  di  contribuzione  esistenti  presso le
 diverse gestioni previdenziali in base a criteri difformi  da  quelle
 stabilite,  per  i lavoratori autonomi iscritti o stati iscritti alle
 gestioni speciali per i lavoratori autonomi iscritti o stati iscritti
 alle  gestioni   speciali   per   i   lavoratori   autonomi   gestite
 dall'I.N.P.S.,  dalla  legge  7  febbraio  1979,  n.  29,  non e', in
 riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, manifestamente
  infondata.
     8) Va ordinata pertanto la trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale; il presente giudizio va sospeso.