LA CORTE DI ASSISE
   Ha emesso la seguente ordinanza sull'istanza di revoca della misura
 cautelare  della  custodia  in  carcere  irrogata con ordinanza della
 Corte di assise di Caltanissetta il  27  maggio  1998,  avanzata  dal
 difensore di Gibilras Filippo in data 30 luglio 1998;
   Esaminati gli atti del procedimento cautelare;
                             O s s e r v a
   1. - Premessa in fatto.
   Con sentenza del 22 maggio 1998 la Corte di assise di Caltanissetta
 ha  condannato  Gibilras Filippo alla pena dell'ergastolo per i reati
 di cui  agli  artt.  575  e  56-575  codice  penale,  nonche'  per  i
 reati-satelliti  di  detenzione  e  porto  illegale  di  armi,  tutti
 commessi avvalendosi  delle  condizioni  previste  dall'art.  416-bis
 dello stesso codice.
   In  relazione  ai  delitti  per  i  quali  e'  stata pronunciata la
 condanna del 22 maggio 1998 il Gibilras era in stato di liberta'  (ma
 detenuto per diversa causa).
   In  seguito a richiesta del competente ufficio del p.m. la Corte di
 assise di Caltanissetta sottoponeva il  Gibilras, con  ordinanza  del
 27 maggio 1998, alla misura della custodia cautelare in carcere per i
 delitti  per  cui  era stato condannato con la sentenza del 22 maggio
 1998,  motivando  la  decisione  con  l'applicazione   dei   principi
 normativi  espressi  dagli  artt.  275, comma 3, e 274, lett. b) e c)
 c.p.p.
   Con istanza depositata in data 30  luglio  1998,  il  difensore  di
 Gibilras  Filippo  chiedeva  la  "revoca  della  misura  irrogata con
 ordinanza in data 27 luglio 1998 in quanto e' divenuta inefficace per
 essere spirato il termine di cinque giorni entro il quale  l'imputato
 avrebbe  dovuto essere sottoposto all'interrogatorio di garanzia alla
 luce della sentenza della Corte costituzionale n. 77 del  24  marzo-3
 aprile 1997".
   In linea subordinata, il difensore invita questa Corte a solllevare
 "eccezione di incostituzionalita', per violazione degli artt. 3, 13 e
 24,  secondo comma della Costituzione, degli artt. 294, comma 1 e 302
 c.p.p., nella parte in cui in essi non e'  previsto  che  i  giudici,
 sotto  pena  di  inefficacia della misura cautelare della custodia in
 carcere adottata, debbano procedere  immediatamente  o  comunque  nel
 termine    previsto    dalla    legge    in    analoghi    frangenti,
 all'interrogatorio  della  persona  colpita  da  quella  ordinanza  a
 seguito di dibattimento.
   2. - Informazione dell'istanza principale.
   La  richiesta avanzata in via principale in realta' non costituisce
 una  istanza  di  revoca   dell'ordinanza   custodiale,   bensi'   di
 accertamento  della caducazione del provvedimento restrittivo, che si
 sarebbe gia' verificata per  l'inosservanza dell'asserito obbligo  di
 procedere  all'interrogatorio  del  Gibilras  nel  termine  di cinque
 giorni.   L'istante, in altre parole,  presuppone  che  l'ordinamento
 positivo  vigente consenta una soluzione in tal senso, traendo spunto
 dalla sentenza n. 77/1997 della Corte costituzionale.
   Osserva questa  Corte  che  dalla  normativa  in  vigore  non  puo'
 ricavarsi  il suddetto obbligo di interrogatorio da parte del giudice
 dibattimentale  nei  confronti  della  persona  sottoposta  a  misura
 cautelare ne' durante ne' dopo il processo.
   L'originaria  previsione  del  combinato  disposto degli artt. 294,
 comma 1 e 302  c.p.p.,  collocava  l'adempimento  di  garanzia  e  la
 relativa   sanzione   esclusivamente   nella   fase   delle  indagini
 preliminari, la quale, nello schema sistematico adottato  dal  codice
 di rito del 1989, ha termine con la richiesta di rinvio a giudizio da
 parte del pubblico ministero.
   L'intervento  della Corte costituzionale con la sentenza n. 77/1997
 non ha pero' avuto l'effetto  di  rimuovere  del  tutto  ogni  limite
 temporale o di fase.
   La   citata   pronuncia,  invero,  ha  dichiarato  l'illegittimita'
 costituzionale "dell'art. 294,  comma  1,  nella  parte  in  cui  non
 prevede l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare
 ...    fino   alla   trasmissione   degli   atti   al   giudice   del
 dibattimento...", sicche', trascorso il momento di trasmissione degli
 atti,  l'interrogatorio  non  puo'  assolutamente   considerarsi   un
 adempimento previsto dal diritto vigente.
   Del resto, l'interpretazione del giudice non puo' operare ulteriori
 ampliamenti  su  un  precetto  normativo  come gia' risulta delineato
 dall'intervento additivo della Corte costituzionale se  non  violando
 il principio di cui all'art. 101 Cost.
   L'istanza  di revoca (rectius: di declaratoria d'inefficacia) della
 misura cautelare va pertanto respinta.
   3. - L'istanza subordinata sotto il profilo  della  "non  manifesta
 infondatezza" della questione costituzionale.
   La questione di legittimita' costituzionale, sollevata in subordine
 dall'istante,   va  ritenuta  rilevante  nel  presente  procedimento,
 poiche', ove gli artt. 294, comma 1 e 302 c.p.p., fossero  dichiarati
 costituzionalmente  illegittimi  nel  senso proposto dal difensore di
 Gibilras, la misura irrogata a carico di quest'ultimo dovrebbe essere
 dichiarata estinta.
   Ritiene  altresi'  questa  Corte   che   la   questione   non   sia
 manifestamente  infondata  per  le  ragioni  che  verranno di seguito
 illustrate.
   Si rileva anzitutto che il limite di  estensione  dell'operativita'
 dell'art.   294   comma   1,   c.p.p.,  indicato  nel  momento  della
 trasmissione degli atti al giudice del dibattimento  e'  stato  posto
 dalla  sentenza della Corte costituzionale n. 77/1997, perche' a tale
 fase  del  procedimento  veniva  limitata  la  prospettazione   delle
 ordinanze  di  remissione da parte dei giudici di merito (cfr. par. 2
 della sentenza n. 77).  Non si rinvengono nel corpo della motivazione
 espliciti spunti argomentativi che valgano a spiegare  la  necessita'
 di  un  differente  trattamento  tra  le  persone sottoposte a misura
 cautelare dopo  la  richiesta  di  rinvio  a  giudizio  e  fino  alla
 trasmissione   degli  atti  al  giudice  del  dibattimento  e  quelle
 raggiunte da misure cautelari ordinate dal giudice  del  dibattimento
 prima  della  sua  apertura, nel corso di esso o dopo la conclusione.
 Proprio su questo diverso trattamento  si  appuntano  i  sospetti  di
 illegittimita' costituzionale.
   Il procedimento cautelare e' difatti autonomo, sebbene strumentale,
 rispetto  a  quello  di  merito;  cio' vale in qualsiasi momento esso
 abbia avvio in conseguenza dell'emissione dell'ordinanza restrittiva.
   L'ambito di cognizione di tale procedimento  (e  pertanto  l'ambito
 nel  quale  deve  pienamente  esplicarsi il diritto alla difesa della
 persona in vinculis), riguarda la  sussistenza  dei  presupposti  per
 l'irrogazione ed il mantenimento della misura.
  Orbene  l'interrogatorio  ex art. 294 c.p.p. e' proprio lo strumento
 mediante il quale "il giudice valuta se permangono le  condizioni  di
 applicabilita'  e le esigenze cautelari previste dagli artt. 273, 274
 e 275" (comma 3, art. 294 c.p.p.).  La richiamata sentenza n. 77/1997
 ha sottolineato l'infungibilita' di tale mezzo di  difesa  con  altri
 rimedi  (la  richiesta  di riesame) o con altre prese di contatto del
 detenuto con il giudice (l'interrogatorio in udienza preliminare;  lo
 ha  considerato  anzi  "il  piu'  efficace"  strumento per la persona
 sottoposta  a misura, proprio perche' "avente ad esclusivo oggetto la
 cautela disposta" e ha concluso che "il diretto collegamento  con  la
 tutela  della liberta' personale attraverso un modello procedimentale
 costruito  in  funzione  di  verifica  e  di  controllo  esclude   la
 compatibilita'  con  il  diritto  di  difesa  di  limiti al dovere di
 procedere ad interrogatorio previsto  dall'art.  294,  comma  1,  per
 motivi  collegati  unicamente  alla fase in cui la custodia cautelare
 abbia il suo inizio" (cfr. par. 10).   Siffatta  infungibilita',  nei
 termini  cosi'  radicalmente  affermati dalla Corte costituzionale, a
 parere di questa Corte rende "non manifestamente infondata" l'ipotesi
 che  identica  argomentazione  possa  valere  in  tutti  i  casi   di
 irrogazione   di   misura   cautelare,   anche  intervenute  dopo  la
 trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, in ragione delle
 irrinunciabili implicazioni di garanzia che caratterizzano l'istituto
 dell'interrogatorio cosi' come originariamente previsto dall'art. 294
 c.p.p.
   In proposito va osservato che,  come  ha  rilevato  la  difesa  del
 Gibilras,  il dibattimento non investe tutti i profili attinenti alle
 condizioni di applicabilita' della misura cautelare, instaurandosi in
 esso il contraddittorio in ordine  alla  configurabilita'  dei  reati
 contestati  e  alla sussistenza di fonti di prova idonee a dimostrare
 l'assunto  accusatorio,  profili  che  non  esauriscono  l'ambito  di
 cognizione tipico del procedimento cautelare.
   Ne  resta fuori uno degli aspetti piu tipici, le esigenze cautelari
 appunto,  che  nessuna  delle  parti  puo'  introdurre  nel  giudizio
 esulando dal thema decidendum.
   Cio' vale anche quando l'ordinanza cautelare sia stata emessa, come
 nel  caso  di  specie,  dopo la pronuncia della sentenza di condanna;
 l'ordinanza quindi, pur riconducendo il requisito  dei  gravi  indizi
 all'apprezzamento  probatorio  raggiunto  nel  pieno  contraddittorio
 delle parti, di per  se'  lascia  indenne  dal  contraddittorio  ogni
 questione attinente alla sussistenza delle esigenze cautelari.
   Giova  aggiungere  che,  dopo  l'emissione della misura, l'imputato
 condannato puo' assumere tutte le inziative riconosciute alle persone
 sottoposte a restrizione della liberta'  nella  fase  delle  indagini
 preliminari   (richiesta   di  riesame,  istanza  di  revoca  e/o  di
 sostituzione della misura, conseguenti appelli, etc.),  ma  non  puo'
 avvalersi della garanzia dell'interrogatorio davanti al giudice entro
 i cinque giorni dall'esecuzione del provvedimento custodiale.
   Altrettanto decisamente la Corte costituzionale nella sentenza piu'
 volte  citata ha escluso che alcuna delle richiamate iniziative possa
 surrogare l'interrogatorio ex art. 294  c.p.p.,  neanche  l'audizione
 prevista  all'udienza  camerale  ex art. 309 c.p.p.  Sull'art. 294 la
 Corte delle leggi ha dunque operato con una pronuncia  interpretativa
 di   accoglimento  della  questione  d'illegittimita'  sollevata  dai
 giudici ordinari remittenti.  Contestualmente la Corte costituzionale
 e'   intervenuta   anche   sull'art.      302   c.p.p.    dichiarando
 l'illegittimita'  costituzionale  di  esso "limitatamente alle parole
 ''disposta nel corso delle indagini preliminari''", "...    cosi'  da
 adattare  il dettato di questa disposizione alla nuova configurazione
 normativa dell'art. 294", come si legge nel par. 12 della sentenza n.
 77/1997.  La portata testuale attuale dell'art. 302 ha dunque assunto
 il seguente  tenore.  "La  custodia  cautelare  perde  immediatamente
 efficacia  se  il  giudice  non  procede  all'interrogatorio entro il
 termine  previsto dall'art. 294".  In assenza dell'inciso abrogato il
 rinvio all'art. 294 assume rilievo solo per individuare il termine di
 compimento dell'atto e non piu' per qualificarlo un atto  della  fase
 preliminare  (sia  pure "dilatata" in base a parametri interpretativi
 come quelli imposti dalla sentenza n. 77), sicche' si e'  determinata
 una   "decontestualizzazione"     dell'adempimento  di  garanzia  che
 potrebbe non essere ancorata al limite del  momento  di  trasmissione
 degli  atti  al  giudice  del  dibattimento,  ma  superarlo  con  una
 interpretazione delle norme in questione che segua percorso analogo a
 quello della sentenza n. 77/1997.
   Il complesso delle  considerazioni  esposte,  a  parere  di  questa
 Corte,   giustifica  il  sospetto  di  illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  294 e dell'art. 302, c.p.p. che lo richiama, per contrasto
 con gli artt. 3, primo comma e 24, secondo comma Cost.,  nella  parte
 in  cui  non  prevede  che,  anche dopo la trasmissione degli atti al
 giudice del dibattimento, il giudice proceda all'interrogatorio della
 persona in stato di custodia cautelare in  carcere  immediatamente  e
 comunque  non  oltre  cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della
 custodia, pena l'estinzione della misura stessa.