ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 204,  comma  1,
 del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
 strada), promosso con ordinanza emessa il 20 febbraio 1998  dal  vice
 pretore  onorario  di Verona, sezione distaccata di Caprino Veronese,
 nel procedimento civile vertente tra Marcolini Luigi e la  prefettura
 di  Verona,  iscritta  al  n.  278  del  registro  ordinanze  1998  e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  17,  prima
 serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 30 settembre  1998  il  giudice
 relatore Fernando Santosuosso.
   Ritenuto  che  nel corso di un giudizio promosso da Luigi Marcolini
 contro la prefettura di Verona, il vice pretore onorario  di  Verona,
 sezione  distaccata  di  Caprino  Veronese, ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale  dell'art.  204,  comma  1,  del  decreto
 legislativo  30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo codice della strada),
 "nella parte in cui dispone  che  il  prefetto,  se  ritiene  fondato
 l'accertamento,  emette  entro  60  giorni  ordinanza motivata con la
 quale ingiunge il pagamento di una somma determinata nel  limite  non
 inferiore  al doppio del minimo edittale per ogni singola violazione,
 limitatamente  all'inciso  ''ingiunge  il  pagamento  di  una   somma
 determinata  nel  limite  non inferiore al doppio del minimo edittale
 per ogni singola violazione''";
     che, secondo il giudice a quo il giudizio  principale  "non  puo'
 essere  definito  indipendentemente dalla risoluzione della questione
 di legittimita' costituzionale";
     che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale e' intervenuto
 il Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura   generale  dello  Stato,  che  ha  concluso  per  la
 manifesta infondatezza della questione, essendo gia' stata decisa  in
 passato nel senso dell'infondatezza e della manifesta infondatezza.
   Considerato che il giudice a quo non adduce alcuna motivazione, ne'
 qualsivoglia   elemento  di  valutazione  circa  la  rilevanza  della
 sollevata questione e  si  limita  ad  affermare  apoditticamente  di
 ritenerla  non  manifestamente  infondata,  non  indicando  neppure i
 parametri costituzionali di riferimento;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.