IL PRETORE
   Letti gli atti e sciogliendo la riserva che precede;
                             O s s e r v a
   Le censure di incostituzionalita' sollevate  dal  patrocinio  della
 Banca  Antoniana  Popolare Veneta - in relazione ai commi 193, ultima
 parte, e 194, dell'art. 1, legge 23 dicembre 1996, n. 662 -  appaiono
 rilevanti  e  non  manifestamente  infondate  per  i motivi e sotto i
 profili che qui di seguito si espongono.
   A) Per violazione dell'art. 136 Cost., in quanto il predetto  comma
 194,  imponendo  ai  datori di lavoro un contributo pari al 15% delle
 somme erogate per il finanziamento della previdenza privata, si  pone
 in  contrasto  con  la sentenza della Corte costituzionale n. 421 del
 1995.  Infatti   quest'ultima,   come   e'   noto,   nel   dichiarare
 l'illegittimita'  costituzionale  del  primo  periodo del primo comma
 dell'art. 9-bis  della  legge  n.  166/1991  (per  la  parte  in  cui
 disponeva  con  efficacia retroattiva l'esenzione dalla contribuzione
 previdenziale   ordinaria   dei   finanziamenti   della    previdenza
 integrativa), ha motivato con il rilievo che tale "sanatoria" non era
 accompagnata  da  alcuna  contropartita  analoga  al  "contributo  di
 solidarieta'" (pari  al  10%)  previsto,  solo  per  il  futuro,  dal
 successivo  comma  della  stessa  disposizione. Da cio' si deduce, in
 altri termini, che, secondo la Consulta, il  contributo  da  porre  a
 carico  dei datori di lavoro, per i periodi contributivi anteriori al
 1  luglio  1991,  per  giustificare la "sanatoria" di cui si e' detto
 dovesse raggiungere, al massimo un  livello  pari  al  contributo  di
 solidarieta'  previsto per il futuro (10%), e quindi analogo a quello
 gia' ritenuto ragionevole. Sussistono pertanto forti dubbi -  essendo
 stata  fissata  al  15%  la  misura  del  nuovo contributo - circa il
 rispetto della citata sentenza costituzionale.
   B) Per violazione del principio di parita' di trattamento (art.   3
 Cost.). E' infatti del tutto irragionevole ed incongrua la disparita'
 di  trattamento  venutasi  a determinare, con la norma qui censurata,
 tra i periodi contributivi decorrenti dal  1  settembre  1985  al  30
 giugno  1991, assoggettati al contributo di solidarieta' del 15%, e i
 periodi successivi, per i quali e' previsto il  contributo  del  10%,
 pur essendo identica la ratio delle contribuzioni in  questione.
   C)  Per  violazione  degli  artt.  3,  53  e 47 Cost., in quanto il
 maggior onere contributivo qui in esame e' stato posto esclusivamente
 a  carico  dei  datori  di  lavoro  che  hanno  costituito  forme  di
 previdenza   integrativa,   e  quindi  prescindendo  dalla  capacita'
 contributiva. Da cio' deriva il contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost.,
 come pure la violazione  dell'art.  47  della  Carta,  essendo  stata
 penalizzata una forma di risparmio.
   D)  Per violazione del principio costituzionale e comunitario della
 certezza  del  diritto,  anch'esso  riconducibile  all'art.  3  della
 Costituzione secondo la sentenza della Consulta n. 185 del 1992.
   Premesso  infatti  che  il  richiamato  comma 194 ha introdotto una
 deroga eccezionale, con efficacia retroattiva,  al  regime  ordinario
 della  prescrizione dei crediti contributivi - limitatamente a quelli
 relativi al periodo dal 1 settembre 1985  al  30  giugno  1991  -  si
 osserva  che  tali crediti sono venuti di fatto a trovarsi privati di
 un qualsiasi termine di  prescrizione.  E  detta  imprescrittibilita'
 appare, da un lato, irragionevole, in quanto concernente, senza alcun
 particolare  motivo,  solo  i  crediti in parola, e, dall'altro lato,
 risulta ancora una volta in contrasto col  principio  di  parita'  di
 trattamento,  posto  che  tutti  gli  altri crediti contributivi sono
 soggetti a un qualche termine di prescrizione. Senza dimenticare  che
 la  disposizione qui impugnata, trasformando in esigibili crediti non
 piu' esigibili (per effetto della prescrizione gia' maturata in  base
 alla  norma  derogata,  vale  a dire l'art. 3, commi 9 e 10, legge n.
 335/1995),  ha  violato  la  Costituzione  anche  perche',  ai  sensi
 dell'art.  30,  legge n. 87 del 1953, non e' consentita la riapertura
 dei "rapporti esauriti".  Ed e' appena il caso di ricordare  che  non
 vi  e' in atti la minima traccia dei pretesi "atti interruttivi della
 prescrizione"  asseritamente  posti  in  essere  dall'I.N.P.S.,  come
 affermato  da  quest'ultimo nelle "note autorizzate" depositate il 28
 febbraio 1998.
   In conclusione - ed anche a  prescindere  dagli  altri  profili  di
 illegittimita'   adombrati   dalla  ricorrente  -  appare  necessario
 sottoporre al vaglio della Consulta i  dubbi  di  incostituzionalita'
 sopra  illustrati  che,  oltre a non essere manifestamente infondati,
 risultano rilevanti per la decisione della controversia, posto che la
 Banca Antoniana - subordinatamente  all'accoglimento  delle  predette
 eccezioni - ha chiesto la condanna dell'I.N.P.S. alla restituzione di
 tutte le somme versate per i titoli di cui si tratta.