IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2177/97 r.g.r.
 proposto da Corchia Matteo e  Aprile  Dori,  rappresentati  e  difesi
 dagli  avv.ti  G. Acquarone, G. Mendogni e M. Ziveri, presso il primo
 elettivamente domiciliati in Genova, via Corsica n. 21/20;
   Contro l'Universita' degli studi di Parma, in persona  del  rettore
 in carica, il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica,
 in   persona   del   Ministro   in  carica;  rappresentati  e  difesi
 dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria in Genova, resistenti;
   Per l'annullamento del provvedimento con il quale i ricorrenti  non
 sono  stati ammessi al corso di laurea in medicina e chirurgia; della
 graduatoria risultante dalla selezione effettuata  per  l'accesso  al
 corso di laurea in medicina e chirurgia, esposta il 16 settembre 1997
 del verbale del 15 settembre 1997 della commissione di selezione, con
 il  quale  sono  state  apportate  correzioni  alla  graduatoria; del
 verbale  dell'11  settembre  1997  relativo  allo  svolgimento  delle
 operazioni  di  selezioni; del decreto M.U.R.S.T. del 31 luglio 1997,
 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 188 del 13  agosto  1998,  che
 stabilisce   il  contingente  dei  posti  disponibili  per  le  nuove
 immatricolazioni presso l'universita' di Parma, corso  di  laurea  in
 medicina  e  chirurgia; del decreto M.U.R.S.T. del 21 luglio 1997, n.
 245, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29  luglio  1997,
 con il quale (art.  1, 4 e 5) vengono disciplinati i corsi di accesso
 limitato; del manifesto per gli studenti, recante disposizioni per le
 immatricolazioni  ai corsi di laurea e diploma dell'universita' degli
 studi di Parma per l'anno accademico  1997/98,  nella  parte  in  cui
 prevede la limitazioni del numero di nuove immatricolazioni nel corso
 di  laurea  in  medicina  e chirurgia; della deliberazione del senato
 accademico del 18 giugno  1997,  che  ha  approvato  i  provvedimenti
 relativi  alle  immatricolazioni per l'anno scolastico 1997/98; della
 deliberazione del consiglio di facolta' di medicina e chirurgia del 7
 maggio  1997,  con  la  quale  viene  deciso   che   il   numero   di
 immatricolazioni per l'anno accademico 1997-98 non sia superiore a 20
 e  viene  stabilito  testualmente che le "modalita' di ammissione" si
 sarebbe fatto riferimento a "modalita'", contenuti e tempi  come  per
 il  passato; della deliberazione del consiglio di corso di laurea del
 12 marzo 1997; per quanto occorrer possa, del decreto M.U.R.S.T.  del
 25  luglio  1996,  con  il  quale  venne  disciplinata la limitazione
 all'accesso ai corsi di laurea; dello statuto dell'universita'  degli
 studi  di Parma, nella parte in cui prevede che l'accesso al corso di
 laurea in medicina e chirurgia possa essere limitato,  e  per  quanto
 occorrer  possa  del  d.r.  4  ottobre  1993  che modifica lo statuto
 dell'Universita' di Parma, di ogni provvedimento e atto  presupposto,
 conseguente o comunque connesso, anche attualmente non conosciuto.
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio delle amministrazioni
 intimate;
   Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno  delle  rispettive
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udita  alla  pubblica  udienza  dell'11 marzo 1998 la relazione del
 consigliere Roberta Vigotti e uditi, altresi', l'avv.to M.  Barilati,
 su delega, per i ricorrenti e l'Avvocato dello Stato A. Olivo, per le
 amministrazioni resistenti;
    Ritenuto e considerato quanto segue:
                         Esposizione del fatto
   Con  ricorso notificato il 10 novembre 1997 Corchia Matteo e Aprile
 Dori impugnavano,  chiedendone  l'annullamento,  i  provvedimenti  in
 epigrafe  indicati,  esponendo  di  essersi  sottoposti alla prova di
 ammissione  al  corso  di  laurea  in  medicina  e  chirurgia  presso
 l'universita'  di  Parma,  ma di essersi collocati in posto non utile
 nella relativa graduatoria, per l'anno accademico 1997/98.
   Questi i motivi del ricorso:
      1) violazione di legge per violazione degli artt. 33 e 34  della
 Costituzione. Violazione di legge per violazione e falsa applicazione
 dell'art.  9,  comma 4, legge 14 novembre 1990, n. 341. Violazione di
 legge per violazione e falsa applicazione dell'art. 6, legge 9 maggio
 1989, n. 186;
     2) violazione di legge  per  violazione  dell'art.  3,  legge  n.
 241/90.    Eccesso  di  potere  per  difetto  di  motivazione  e  per
 motivazione falsa perplessa e contraddittoria. Eccesso di potere  per
 contraddittorieta'  fra  diversi  atti.  Eccesso  di potere per falso
 supposto di fatto;
     3)  violazione  di  legge  per  violazione  dell'art.  34   della
 Costituzione  e dell'art. 1, legge n. 910/1969. Eccesso di potere per
 illogicita' manifesta e per disparita'  di  trattamento.  Ingiustizia
 manifesta e falso supposto di fatto.
   I  ricorrenti  concludevano  per l'accoglimento del ricorso, previa
 sospensione   dei   provvedimenti   impugnati,   contrastati    dalle
 amministrazioni intimate, costituitesi in causa.
   Con  ordinanza  in data 17 dicembre 1997 l'istanza cautelare veniva
 accolta.
   Chiamato all'udienza odierna, il ricorso passava in decisione.
                        Motivi della decisione
   I ricorrenti, che intendono iscriversi alla facolta' di medicina  e
 chirurgia  dell'Universita'  di Parma, impugnando i provvedimenti che
 per l'anno accademico 1997/98 hanno  limitato  il  numero  dei  posti
 disponibili   per   le   nuove  immatricolazioni  e  tra  questi,  in
 particolare, il decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca
 scientifica n. 245 del 21 luglio 1997, che prevede la possibilita' di
 limitare, con atti ministeriali e per determinati  corsi,  il  numero
 delle  nuove iscrizioni. Per la facolta' di medicina e chirurgia tale
 facolta' e' stata esercitata con d.m. in data 31 luglio 1997.
   Formano oggetto del ricorso anche gli  atti  della  Universita'  di
 Parma  che  hanno  data  applicazione  al  suddetto  principio  della
 limitazione delle  iscrizioni,  e  ne  hanno  tratto  le  conseguenze
 (sfavorevoli  per i ricorrenti), ma il collegio ritiene di rimandarne
 l'esame  all'esito   del   giudizio   incidentale   di   legittimita'
 costituzionale che ritiene di dover sollevare.
   L'annullamento   degli   atti  dell'Universita'  di  Parma  non  si
 ripercuoterebbe  infatti   sui   provvedimenti   ministeriali   sopra
 richiamati  con  i  quali,  in  sede  centrale,  si  e'  stabilita la
 limitazione contestata,  provvedimenti  che  resterebbero  validi  ed
 efficaci, talche' con l'annullamento degli atti dell'Universita', ove
 pronunciato,  si  assicurerebbe  alla  ricorrente  un grado minore di
 tutela.
   I  provvedimenti impugnati (quelli ministeriali, prima ed oltre che
 quelli  Universita')  trovano  il   proprio   presupposto   normativo
 nell'art.  9,  comma  4, della legge n. 341 del 1990, come modificato
 dall'art. 17, comma 116, della legge n, 127 del 1997, che attribuisce
 al  Ministro  dell'universita'  e   della   ricerca   scientifica   e
 tecnologica   il  potere  di  definire  i  criteri  generali  per  la
 regolamentazione dell'accesso ai corsi universitari, "anche a  quelli
 per i quali l'atto emanato dal Ministro preveda una limitazione nelle
 iscrizioni".
   In  concreto il Ministro ha esercitato il potere cosi' conferitogli
 stabilendo la limitabilita' delle iscrizioni annuali per il corso  di
 laurea in discorso (con il regolamento del 21 luglio), e determinando
 successivamente il numero dei posti disponibili per l'anno accademico
 1997/98, nella Universita' di Parma (con il d.m. del 31 luglio).
   In  tal  modo, secondo l'amministrazione, rimarrebbe soddisfatta la
 riserva di legge, che gli artt. 33 e 34  della  Costituzione  pongono
 per la limitazione del diritto allo studio.
   Il  collegio,  peraltro,  dubita  della legittimita' costituzionale
 dello stesso art. 9, comma 4, legge n. 341, come modificato dall'art.
 17, comma 116, legge n. 127 del 1997, per contrasto con il  principio
 della riserva di legge posto dai suddetti parametri costituzionali, e
 la   questione  si  presenta  come  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata.
   Quanto  al  primo  profilo,  non  e'  dubbio   che,   anche   nella
 prospettazione della ricorrente, l'interesse dedotto in giudizio, che
 e'   quello   ad   ottenere  senza  limitazioni  l'accesso  al  corso
 universitario, troverebbe piena ed integrale soddisfazione solo dalla
 caducazione delle norme che consentono all'amministrazione  di  porre
 tali limitazioni.
   La   non   manifesta  infondatezza  della  questione  emerge  dalla
 considerazione in base alla quale il diritto allo  studio,  garantito
 dagli  artt.    33 e 34 della Costituzione, puo' soffrire limitazioni
 solo per effetto di norme aventi rango di legge.
   Ed in effetti, laddove il legislatore  ha  ritenuto  di  introdurre
 limitazioni  all'accesso,  vi ha provveduto direttamente (e cosi' per
 quanto riguarda l'iscrizione agli istituti  superiori  di  Magistero:
 art. 224, r.d. n. 1592 del 1933; per l'iscrizione al primo anno degli
 istituti  superiori  di  educazione  fisica:  art. 24, secondo comma,
 legge n. 88 del 1958; per  l'accesso  dei  diplomati  degli  istituti
 tecnici a determinate facolta' per gli anni accademici dal 1961/62 al
 1964/65: art. 3, legge n. 685 del 1961), ovvero mediante attribuzione
 del  relativo potere alla p.a. nell'ambito fissato dalla legge stessa
 (si veda, ad es., l'art. 38, legge n. 590 del 1982).
   La modificazione apportata dall'art. 17, comma 116,  legge  n.  127
 del  1997,  all'art.  9,  comma  4,  legge n. 341 del 1990, delega il
 Ministro a limitare  l'accesso  all'Universita',  ma  non  pone  essa
 stessa  limitazioni:    non e' quindi dalla stessa nuova formulazione
 della norma che puo' ritenersi soddisfatto il principio della riserva
 - relativa - di legge.
   Ma tale principio  non  sembra  al  collegio  che  possa  ritenersi
 soddisfatto  neppure  mediante  l'operata  attribuzione  di potere al
 Ministro. E' bensi' vero che la previsione costituzionale di  riserva
 relativa  di  legge non preclude al legislatore di demandare ad altre
 fonti sottordinate la disciplina della materia, ma cio' e'  possibile
 solo  previa  determinazione  di  una  serie  di  precetti  idonei  a
 indirizzare  e  vincolare  la normazione secondaria entro confini ben
 delineati o, quantomeno, previa determinazione delle linee essenziali
 della disciplina stessa, in modo che non "residui la possibilita'  di
 scelte  del  tutto  libere  e  percio' eventualmente arbitrarie della
 stessa  pubblica   amministrazione",   occorrendo,   all'uopo,   che,
 "sussistano   nella   previsione   legislativa  -  considerata  nella
 complessiva disciplina della materia - razionali ed adeguati criteri"
 (Corte costituzionale 5 febbraio 1986, n.  34  e  giurisprudenza  ivi
 richiamata).
   La norma in discorso, peraltro, non sembra ubbidire alla condizione
 di  cui  sopra.  Essa,  infatti,  conferisce al Ministro il potere di
 determinare la limitazione agli accessi all'istruzione  universitaria
 senza   individuare   le   linee   essenziali  della  disciplina,  ma
 addirittura   attribuendogli,   con   l'ausilio   di   altro   organo
 amministrativo  (il  C.U.N.),  la  stessa  definizione  dei  "criteri
 generali   per   la   regolamentazione   dell'accesso...   ai   corsi
 universitari".
   Sembra  pertanto  ipotizzabile  la  violazione  del principio della
 riserva relativa di legge, ed altresi' la  violazione  del  principio
 della tutela del diritto allo studio, posto dagli artt. 33 e 34 della
 Costituzione, diritto che verrebbe limitato attraverso meccanismi non
 conformi al dettato costituzionale.
   Va  pertanto  sollevata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 9, comma 4, legge cit.,  per  contrasto  con  il  principio
 costituzionale  della  riserva di legge nonche' con gli artt. 33 e 34
 della Costituzione:  conseguentemente  va  disposta  la  trasmissione
 degli  atti  alla  Corte  costituzionale, mentre il presente giudizio
 deve essere sospeso ai sensi dell'art. 23, legge n. 87 del 1953, fino
 alla  pronuncia  sulla  legittimita'   costituzionale   della   norma
 indicata.