ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 13, 15 e 24 del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari), promosso con ordinanza emessa l'11 dicembre 1997 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale militare di Verona nel procedimento penale a carico di Stefan Pfitscher, iscritta al n. 103 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e della Provincia autonoma di Bolzano; Udito nella camera di consiglio del 30 settembre 1998 il giudice relatore Gustavo Zagrebelsky. Ritenuto che con ordinanza dell'11 dicembre 1997 il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale militare di Verona ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 6, 10, primo comma - in relazione all'art. 6, terzo comma, della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali -, 24 e 116 della Costituzione nonche' all'art. 100 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 13, 15 e 24 del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari), nella parte in cui tali norme non prevedono la facolta', per i cittadini della provincia di Bolzano appartenenti alla minoranza linguistica tedesca, di usare la propria madrelingua nei rapporti con gli organi giurisdizionali militari; che ad avviso del rimettente le disposizioni attuative impugnate, che prevedono e regolano la parificazione tra lingua italiana e lingua tedesca nei rapporti tra i cittadini altoatesini di lingua tedesca e gli organi della giurisdizione, in quanto non includono in questi ultimi gli organi giurisdizionali militari, sarebbero lesive dei parametri costituzionali invocati: a) per ingiustificata differenziazione sia tra imputati, a seconda della giurisdizione, ordinaria o militare, dinanzi alla quale sono chiamati, sia tra le stesse giurisdizioni; b) per violazione della prescrizione statutaria della parita' linguistica davanti agli uffici giudiziari aventi "competenza regionale", tale dovendosi ritenere l'ufficio giudiziario che, come e' nella specie, pur non avendo sede nella Regione Trentino-Alto Adige, ha competenza estesa al relativo territorio; c) per violazione delle garanzie difensive prescritte dalla Costituzione e dalla richiamata convenzione, sotto il profilo della possibilita' di comprendere i termini dell'accusa e gli atti attraverso i quali il processo si svolge; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, richiamando l'atto di intervento depositato in altro giudizio costituzionale, ha concluso nel senso dell'inammissibilita' della questione; che e' altresi' intervenuta nel giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, che ha chiesto una declaratoria di accoglimento della questione sollevata. Considerato che questioni testualmente identiche e riferite ai medesimi parametri costituzionali, sollevate dallo stesso organo giudiziario rimettente, sono state dichiarate non fondate da questa Corte con la sentenza n. 213 del 1998; che nella citata sentenza si e' osservato che la protezione della minoranza linguistica tedesca si basa sul principio di territorialita' e non su quello di personalita', e si e' percio' escluso che dall'invocato art. 100 dello Statuto speciale di autonomia, e dai parametri con questo messi in relazione, si possa, e tantomeno si debba, desumere un'interpretazione tale da imporre l'applicazione della normativa attuativa di tutela linguistica anche oltre l'ambito territoriale, solo in ragione dell'appartenenza linguistica dell'imputato, cosi' come richiesto dal giudice a quo nel prospettare la questione; che nella medesima sentenza questa Corte ha altresi' escluso il contrasto delle norme impugnate con le garanzie della difesa, stante la concorrente applicabilita' della ordinaria disciplina processuale (art. 109 cod. proc. pen.) nel processo penale militare, disciplina che risulta adeguata allo scopo di tutelare le esigenze di comprensione dello svolgimento del processo; che, infine, questa Corte ha escluso la violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza, poiche' per le norme, come quelle attuative in argomento, la cui ragion d'essere e' proprio quella della specificazione e differenziazione, non puo' utilmente formularsi una richiesta nel senso dell'estensione a fattispecie e a casi nei quali non sia ravvisabile la ratio di tutela della minoranza che ne e' fondamento; che, non apportando l'odierna ordinanza di rinvio alcun argomento nuovo o diverso rispetto a quelli gia' esaminati dalla menzionata decisione, la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.