IL PRETORE
   Letti  gli  atti  del processo penale iscritto al numero 12599/1998
 r.g. dib. pendente presso questo ufficio nei  confronti  di  Musumeci
 Orazio nato a Catania il 6 novembre 1967;
                             O s s e r v a
   L'imputato  e'  stato  rinviato a giudizio dal g.i.p. presso questo
 ufficio a seguito di rituale  e  tempestiva  opposizione  avverso  un
 decreto penale di condanna.
   Il suo difensore, prima dell'apertura del dibattimento, ha eccepito
 la nullita' del decreto che ha disposto il giudizio perche' lo stesso
 non   e'   stato   preceduto  dall'invito  a  comparire  per  rendere
 l'interrogatorio.
   Il p.m. di udienza ha chiesto, in primo  luogo,  il  rigetto  della
 eccezione,  deducendo  che  altrimenti  si  avrebbe un'indebita e non
 prevista  regressione  del  processo  nella   fase   delle   indagini
 preliminari  e,  in  subordine, che gli atti venissero trasmessi alla
 Corte costituzionale, al fine di eliminare la possibile disparita' di
 trattamento tra persone sottoposte ad indagini preliminari.
   Cio' premesso, il giudicante rileva che la legge 16 luglio 1997, n.
 234, ha introdotto un'ipotesi di nullita' del decreto di citazione  a
 giudizio  davanti  al  pretore,  se lo stesso non sia stato preceduto
 dall'invito  a  comparire  per  rendere  l'interrogatorio  ai   sensi
 dell'art.  375 c.p.p.
   Si  tratta  di  una  nullita'  testualmente  riferita  (per  quanto
 riguarda il giudizio pretorile) al solo decreto di citazione previsto
 dall'art.  555 c.p.p., mentre nulla e' stato stabilito  espressamente
 per il decreto che dispone il giudizio emesso dal g.i.p. a seguito di
 opposizione a decreto penale di condanna.
   Puo'  pertanto  verificarsi  che  due persone, imputate in distinti
 processi di un reato della stessa  specie,  ricevano  un  trattamento
 distinto,  secondo  che  il  p.m. scelga, in maniera discrezionale ed
 insindacabile in sede giurisdizionale, di esercitare l'azione  penale
 seguendo una delle due modalita'.
   Nel primo caso la persona sottoposta ad indagini preliminari potra'
 infatti  prospettare  all'organo  inquirente  le  proprie  ragioni ed
 addurre elementi a discolpa prima dell'esercizio dell'azione  penale,
 con  la  possibilita' che il p.m. ravvisandone gli estremi, chieda al
 g.i.p.   la emissione di un decreto  di  archiviazione;  nel  secondo
 caso, invece, l'indagato potra' trovarsi, senza essere stato posto in
 grado  di  difendersi preventivamente, di fronte ad un decreto penale
 gia' emesso e non potra' piu' ottenere l'archiviazione della  propria
 posizione,  ne'  avra' alcun meccanismo processuale per "costringere"
 il p.m.  ad assumerne l'interrogatorio prima del giudizio.
   L'imputato, in questa seconda ipotesi,  se  vorra'  prospettare  le
 proprie ragioni difensive dovra' necessariamente proporre opposizione
 avverso  il  decreto  penale  e  chiedere  al  g.i.p. l'emissione del
 decreto che dispone il giudizio.
   In altri termini, due situazioni potenzialmente  identiche  vengono
 trattate    in    maniera   difforme,   senza   alcuna   apprezzabile
 giustificazione logica e giuridica e dunque in maniera irragionevole.
   Se l'imputato puo' difendersi  in  entrambe  le  situazioni,  nella
 seconda  ipotesi  le  condizioni per l'esercizio di tale diritto sono
 piu' gravose e la stessa pubblica amministrazione, lato sensu intesa,
 subisce un pregiudizio, nella misura in cui e necessario celebrare un
 pubblico dibattimento (con i costi ed i tempi che cio' comporta)  per
 definire  situazioni  processuali  che  avrebbero, in ipotesi, potuto
 trovare una definizione  anticipata  con  una  richiesta  (e  con  un
 decreto) di archiviazione.
   Non  puo' dunque ritenersi manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 459 e seguenti c.p.p.,  nella
 parte  in  cui  non  prevedono  che  il  p.m., prima di richiedere la
 emissione di un decreto penale di condanna, debba contestare il fatto
 alla persona sottoposta ad  indagini  preliminari  con  un  invito  a
 comparire  per  rendere  l'interrogatorio; i parametri di riferimento
 costituzionale vanno ravvisati, per quanto gia' detto, negli artt.  3
 e 97 della Carta.
   La questione e rilevante nel processo in corso, posto  che  la  sua
 soluzione  comporta  differenti valutazioni in ordine alla ritualita'
 dell'esercizio dell'azione penale.