ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  del  combinato  disposto
 degli artt. 1, commi 1 e 2, e 2, comma 7, del d.lgs. 27 gennaio 1992,
 n.  80  (Attuazione della direttiva 80/19987/CEE in materia di tutela
 di lavoratori  subordinati  in  caso  di  insolvenza  del  datore  di
 lavoro), promosso con ordinanza emessa l'11 aprile 1996 dal Tribunale
 di  Verbania  sui ricorsi riuniti proposti da Rocco Pangallo ed altri
 contro l'Inps iscritta al n.  1344  del  registro  ordinanze  1996  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica n. 2, prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti gli atti  di  costituzione  di  Rocco  Pangallo  ed  altri  e
 dell'Inps,  nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
 dei Ministri;
   Udito nell'udienza  pubblica  del  29  settembre  1998  il  giudice
 relatore Piero Alberto Capotosti;
   Uditi  l'avv.to  Antonio Todaro per l'Inps e l'Avvocato dello Stato
 Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Il Tribunale di Verbania, con ordinanza dell'11  aprile  1996,
 previa   riunione  di  tre  giudizi  di  appello  aventi  ad  oggetto
 altrettante sentenze di rigetto di domande di lavoratori  subordinati
 dirette   ad  ottenere  la  condanna  dell'Istituto  nazionale  della
 previdenza sociale  (Inps),  quale  gestore  del  Fondo  di  garanzia
 istituito  con  il  d.lgs.  27  gennaio 1992, n. 80 (Attuazione della
 direttiva 80/19987/CEE in materia di tutela di lavoratori subordinati
 in caso di insolvenza del datore di lavoro), al pagamento dei crediti
 di lavoro maturati nei tre mesi precedenti la data  del  pignoramento
 negativo  eseguito  in  danno del loro datore di lavoro, ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale "del combinato  disposto  di
 cui  agli  articoli 1, commi 1 e 2, e 2 comma 7 del d.lgs. 27 gennaio
 1992, n. 80" nella parte in cui non prevede l'intervento del Fondo di
 garanzia a favore dei lavoratori subordinati, per i crediti di lavoro
 che abbiano maturato prima dell'entrata in vigore  di  detto  decreto
 legislativo  nei  confronti  di datori di lavoro non assoggettabili a
 procedure concorsuali,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  38  della
 Costituzione.
   1.1.  -    Il  giudice  a  quo  premette  che l'identificazione dei
 lavoratori subordinati che godono della garanzia stabilita  dall'art.
 2,  comma  7,  del  d.lgs.  n.  80  del 1992 ha carattere preliminare
 rispetto ad ogni altra questione. Secondo il Tribunale  di  Verbania,
 la  lettera  della norma ed il rinvio all'art. 1, comma 1, dimostrano
 che possono beneficiarne soltanto coloro i quali espletano  attivita'
 alle  dipendenze  di  datori di lavoro non assoggettabili a procedure
 concorsuali. Dunque, prosegue il giudice di merito, la  questione  di
 costituzionalita'   e'   rilevante,   poiche'  dal  suo  accoglimento
 deriverebbe l'affermazione del diritto  degli  appellanti,  salva  la
 successiva  verifica  concernente  l'avvenuto esperimento dell'azione
 entro il termine pure stabilito dalla norma.
   Ad avviso del Tribunale, "l'attuale  esclusione  dell'intervento  a
 favore dei soggetti dipendenti da datori di lavoro non assoggettabili
 a   procedure  concorsuali  realizza  un'evidente  ed  ingiustificata
 disparita' di trattamento previdenziale rispetto ai lavoratori i  cui
 crediti  siano  maturati  successivamente  all'entrata  in vigore del
 d.lgs. n.  80 del 1992, i quali, a differenza dei primi,  beneficiano
 dell'istituto  sia  nelle  ipotesi di cui all'art. 1, comma 1, sia di
 quelle di cui al comma 2". La disparita' di trattamento, si  sostiene
 nell'ordinanza,   non   e'  giustificata  dalla  circostanza  che  la
 direttiva 80/19987/CEE prevede la garanzia  soltanto  in  favore  dei
 lavoratori   dipendenti   da   datori   assoggettabili   a  procedure
 concorsuali,  in  quanto  il   legislatore   nazionale,   una   volta
 determinatosi,   nell'esercizio   della   sua   discrezionalita',  ad
 estendere la tutela anche a favore di  quelli  dipendenti  da  datori
 soggetti soltanto ad esecuzione individuale, avrebbe dovuto ampliarla
 in   modo  coerente  e  omogeneo,  senza  "introdurre  ingiustificate
 distinzioni basate sulla data di maturazione del credito".  Pertanto,
 conclude  il  giudice  a  quo  "la disciplina enucleata dal combinato
 disposto di cui all'art. 1 commi 1 e 2 e all'art.  2,  comma  7"  del
 d.lgs.  n.  80 del 1992 realizza una disparita' di trattamento la cui
 irragionevolezza, a fronte  di  situazioni  omogenee,  conforta,  pur
 nell'estrema   frammentarieta'   che  contraddistingue  l'ordinamento
 previdenziale,  il  giudizio  di  non  manifesta  infondatezza  della
 questione.
   2.  -  Nel giudizio innanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del Consiglio dei Ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
 infondata.
   La  direttiva  80/19987/CEE,  premette  la difesa erariale, mira al
 ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri  in  materia  di
 tutela  dei  lavoratori  subordinati  dipendenti  da datori di lavoro
 assoggettabili a procedure concorsuali, e riconosce agli Stati membri
 la facolta' di introdurre disposizioni piu' favorevoli. La  Corte  di
 giustizia   della  comunita'  europea  ha  accertato  l'inadempimento
 dell'Italia all'obbligo di conformarsi alla direttiva nel termine  da
 essa  fissato  (Corte  di  giustizia,  2 febbraio 1989, C-22/1987) e,
 successivamente,  ha  affermato  l'obbligo  degli  Stati  membri   di
 risarcire  i  danni derivati ai singoli dal mancato recepimento delle
 disposizioni comunitarie (Corte di giustizia, 19 novembre 1991, C-6 e
 9/1990).  Il  d.lgs.  n.  80  del  1992,  prosegue   l'interveniente,
 nell'attuare la direttiva, ha esteso la tutela anche ai dipendenti di
 datori  di  lavoro  non soggetti a procedure concorsuali, ma soltanto
 per il futuro e, allo scopo di adempiere gli obblighi  sanciti  dalla
 Corte di giustizia, ha attribuito ai lavoratori dipendenti da imprese
 assoggettabili  a  procedure  concorsuali  un'indennita' per il danno
 eventualmente subito per il ritardo nel recepimento della direttiva.
   Pertanto, osserva ancora l'Avvocatura dello Stato, poiche' la Corte
 di giustizia ha ritenuto che la limitazione della tutela non lede  il
 principio  della  parita' di trattamento in ambito comunitario (Corte
 di giustizia, 9  novembre  1995,  C-479-93)  e  la  diversa  data  di
 maturazione  dei  crediti  costituisce elemento sufficiente a rendere
 disomogenee le situazioni poste  in  comparazione,  non  sussiste  la
 denunziata    disparita'    di    trattamento.    Infine,    conclude
 l'interveniente, neppure e' irragionevole che il decreto  legislativo
 abbia  ampliato  il livello minimo di tutela previsto dalla direttiva
 CEE e, con norma transitoria, abbia attribuito soltanto ai lavoratori
 che hanno subito un danno dalla sua mancata attuazione il diritto  ad
 ottenere  le  garanzie di cui avrebbero goduto nel caso di tempestivo
 recepimento delle norme comunitarie.
   3. - Nel giudizio innanzi  alla  Corte  si  e'  costituito  l'Inps,
 convenuto   nel   giudizio   principale,   il   quale   ha   eccepito
 l'inammissibilita' e comunque l'infondatezza della questione.
   Secondo l'Istituto, il Tribunale non ha  preliminarmente  accertato
 se  le  azioni  siano  state  promosse  entro  il  termine  stabilito
 dall'art.  2, comma 7, del d.lgs. n. 80 del  1992  e  tale  omissione
 rende  la  questione  di  costituzionalita'  meramente  ipotetica  ed
 inammissibile per difetto di rilevanza. In ogni caso, a  suo  avviso,
 le  censure  sollevate  dal  Tribunale  sono  infondate, in quanto le
 situazioni poste  in  comparazione  sono  disomogenee.  Le  procedure
 concorsuali  presuppongono  infatti,  normalmente,  il  concorso  dei
 creditori ed impediscono la prosecuzione  delle  azioni  individuali,
 che  e'  invece  possibile  nei  confronti  dei  datori di lavoro non
 assoggettati  alle  prime.  La   responsabilita'   patrimoniale   del
 debitore, senza i limiti del concorso - sostiene la parte - configura
 una  piu' intensa garanzia delle ragioni del singolo creditore e cio'
 e' sufficiente a dimostrare l'incongruita' del richiamo degli artt. 3
 e 38 della Costituzione, dato che esso si basa sulla omologazione  di
 situazioni non omogenee.
   La circostanza che il legislatore ha ritenuto di estendere anche ai
 lavoratori  dipendenti  da  datori  non  assoggettabili  a  procedure
 concorsuali la garanzia disciplinata  dal  d.lgs.  n.  80  del  1992,
 conclude  infine  l'Inps,  e'  irrilevante  nel senso prospettato dal
 Tribunale,   perche'   frutto   di   una   scelta   riservata    alla
 discrezionalita'  del  legislatore,  non  sindacabile nel giudizio di
 costituzionalita'.
   4. - Gli appellanti  nel  processo  principale  si  sono  anch'essi
 costituiti  nel  giudizio  innanzi alla Corte ed hanno chiesto che la
 questione di costituzionalita' sia dichiarata fondata.
   Le   parti   private   ripercorrono   le   argomentazioni    svolte
 nell'ordinanza  di  rimessione  e  sostengono che il legislatore, nel
 disciplinare   le   fattispecie   perfezionatesi   anteriormente   al
 recepimento  della  direttiva  Cee,  avrebbe  potuto  configurare  il
 risarcimento del danno derivato dalla sua mancata attuazione come una
 fattispecie autonoma ovvero regolamentarla  con  modalita'  identiche
 alla prestazione a regime.  Realizzata questa seconda soluzione e', a
 loro avviso, irragionevole che la garanzia non sia stata estesa anche
 ai crediti maturati anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n.
 80 del 1992 e vantati dai lavoratori subordinati dipendenti da datori
 non assoggettabili a procedure concorsuali.
   Dunque,  concludono  le  parti, il legislatore italiano, poiche' ha
 tutelato con identiche modalita' i  crediti  di  tutti  i  lavoratori
 subordinati  sin  dalla  legge  29  maggio  1982,  n. 297, non poteva
 successivamente distinguere le due categorie e prevedere la  garanzia
 per  quelli maturati anteriormente alla data di entrata in vigore del
 d.lgs. n. 80 del 1992 soltanto in favore dei lavoratori dipendenti da
 datori di lavoro assoggettabili a procedure concorsuali.
   5. -  All'udienza  pubblica  la  difesa  erariale  e  l'Inps  hanno
 insistito  per  la  dichiarazione  di infondatezza della questione di
 costituzionalita'.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale,   sollevata
 dall'ordinanza  in  epigrafe  in  riferimento agli artt. 3 e 38 della
 Costituzione, concerne il "combinato disposto di cui  agli  artt.  1,
 commi  1  e  2,  e  2,  comma  7,  del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80"
 (Attuazione della direttiva 80/19987/CEE  in  materia  di  tutela  di
 lavoratori  subordinati  in caso di insolvenza del datore di lavoro),
 "nella parte in cui non prevedono l'intervento del Fondo di  Garanzia
 a  favore  dei lavoratori che abbiano maturato crediti di lavoro, nel
 periodo anteriore  all'entrata  in  vigore  del  d.lgs.  citato,  nei
 confronti   di  datori  di  lavoro  non  assoggettabili  a  procedure
 concorsuali".
   Secondo il giudice rimettente, invero,  la  limitazione  temporale,
 riferita  alla  data  di entrata in vigore del d.lgs. n. 80 del 1992,
 della garanzia in favore dei  lavoratori  subordinati  dipendenti  da
 datori   di   lavoro   non  assoggettabili  a  procedure  concorsuali
 costituisce un'ingiustificata disparita' di trattamento  a  danno  di
 quelli  di  essi  che vantano crediti non riconducibili alla predetta
 data.  Il  giudice  a  quo  ritiene  altresi'  irragionevole  che   i
 lavoratori  dipendenti da datori di lavoro assoggettabili a procedure
 concorsuali godano invece della stessa garanzia  anche  relativamente
 ai  crediti  da  ultimo indicati. Ne', secondo il giudice rimettente,
 tale  disparita'  di  trattamento  puo'  essere  giustificata   dalla
 considerazione  che  la  direttiva  80/19987/CEE riguarda solo quella
 categoria di lavoratori, poiche' una volta  che  la  discrezionalita'
 del  legislatore  aveva disposto quella tutela anche per i dipendenti
 da datori di  lavoro  non  assoggettabili  a  procedure  concorsuali,
 avrebbe  dovuto  estenderla  in  modo  coerente  ed  omogeneo,  senza
 introdurre ingiustificate distinzioni basate sulla data di entrata in
 vigore del citato decreto legislativo.
   2.  -  In  via  preliminare  va  esaminata l'eccezione dell'INPS di
 inammissibilita' della questione per difetto di rilevanza, in  quanto
 il  Tribunale rimettente avrebbe omesso di accertare, in limine se le
 azioni proposte dai lavoratori siano state promosse entro il  termine
 fissato dall'art.  2, comma 7, del d.lgs. n. 80 del 1992.
   L'eccezione e' infondata.
   Premesso che non e' sindacabile, nel giudizio di costituzionalita',
 l'ordine  logico  con  il  quale  il rimettente affronta le questioni
 sottoposte al suo esame (sentenze nn. 267 e 226 del 1998),  nel  caso
 di  specie  il  Tribunale,  dopo  avere affermato che la questione di
 legittimita' costituzionale sollevata "riveste carattere  preliminare
 rispetto  ad  ogni  altro  profilo di controversia", ha sostenuto, in
 modo non implausibile, che la questione stessa appare  rilevante,  in
 quanto  il  suo  eventuale  accoglimento  determinerebbe l'estensione
 della fattispecie normativa anche riguardo ai ricorrenti.
   3. - Nel merito la questione e' infondata, sotto i diversi  profili
 prospettati.
   Il   giudice   rimettente  dubita,  innanzi  tutto,  che  le  norme
 denunziate violino l'art. 3  in  collegamento  con  l'art.  38  della
 Costituzione,  in quanto la garanzia per i crediti di lavoro previsti
 nel citato art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 80 del  1992,  vantati  dai
 lavoratori   subordinati   dipendenti   da   datori   di  lavoro  non
 assoggettabili alle procedure concorsuali, opererebbe soltanto per  i
 crediti   relativi   alle   procedure   intervenute   successivamente
 all'entrata in vigore del decreto legislativo stesso.
   Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, il
 fluire  del  tempo  costituisce,  di  per  se',  idoneo  elemento  di
 differenziazione  delle  situazioni soggettive, anche nella specifica
 materia  previdenziale,  cosicche'  e'  stato   escluso   che   possa
 giudicarsi  in  se'  irragionevole, in quanto riferibile a situazioni
 non omogenee tra di loro, la previsione di una  disciplina  normativa
 diversificata  ratione  temporis  dal  momento  che  differenziazioni
 temporali agevolative nell'ambito di una stessa categoria di soggetti
 si  giustificano  con  la  necessita'   di   bilanciamento   con   le
 disponibilita'  delle  risorse  indispensabili  a  tal  fine e con le
 connesse esigenze finanziarie (ex plurimis sentenze n. 175 del  1997,
 n.  311 del 1995, nn. 385 e 378 del 1994, n. 243 del 1993, nn.  455 e
 95 del 1992).
   Deve quindi escludersi  che,  sotto  questo  aspetto,  vi  sia  una
 lesione  del  principio  di  parita'  di  trattamento  tra lavoratori
 appartenenti ad una  stessa  categoria,  poiche'  non  si  tratta  di
 situazioni omogenee.
   4.  -  L'ordinanza  di rimessione prospetta un ulteriore profilo di
 violazione  dell'art.  3  in  collegamento  con   l'art.   38   della
 Costituzione,  in  quanto  le  norme  censurate,  attribuendo ai soli
 lavoratori dipendenti da datori di lavoro, assoggettati  a  procedure
 concorsuali  intervenute  anteriormente  all'entrata  in  vigore  del
 decreto legislativo, un'indennita' per i crediti di cui al  comma  1,
 realizzerebbero  un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto
 ai  lavoratori  dipendenti  da  datori   assoggettati   soltanto   ad
 esecuzione  individuale,  giacche'  essi  non  godrebbero  di  alcuna
 garanzia per crediti dello stesso tipo.
   Anche    sotto   questo   profilo,   la   proposta   questione   di
 costituzionalita' non appare fondata. In proposito, va  premesso  che
 l'attuale  sistema  di  tutela dei crediti dei lavoratori subordinati
 dipendenti da datori di lavoro soggetti a procedure concorsuali  trae
 origine   dalla   direttiva  80/19987/CEE,  concernente  appunto  "il
 ravvicinamento" - da effettuarsi  entro  il  termine  ultimo  del  23
 ottobre  1983  -  delle legislazioni degli Stati membri relative alla
 tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di
 lavoro. La Corte di giustizia delle  comunita'  europee,  chiamata  a
 pronunciarsi  in questa vicenda, ha, dapprima, giudicato l'attuazione
 di questa direttiva, contenuta nella legge 29 maggio  1982,  n.  297,
 inidonea    all'adempimento    dell'obbligo    di    conformarsi    e
 successivamente ha statuito che lo Stato italiano era comunque tenuto
 a  risarcire  i  danni  derivanti  ai  singoli  da   questo   mancato
 adempimento  nei  termini  prefissati (Corte di giustizia, 2 febbraio
 1989 C-22/1987 e 19 novembre 1991, cause riunite C-6 e 9/1990).
   Il  decreto  legislativo  27   gennaio   1992,   n.   80,   emanato
 nell'esercizio   della   delega  conferita  al  Governo  dalla  legge
 comunitaria per il 1990, ha  infine  dato  attuazione  alla  predetta
 direttiva,  determinando  un  quadro  normativo,  che,  da  un  lato,
 estende, per il futuro, l'ambito di tutela non solo ai dipendenti  da
 datori  di lavoro assoggettabili a procedure concorsuali, ma anche ai
 dipendenti da qualsiasi datore di  lavoro  (art.  1,  rispettivamente
 commi  1  e 2); dall'altro lato, invece, riconosce ai soli lavoratori
 dipendenti da datori di lavoro soggetti a  procedure  concorsuali  il
 diritto  al pagamento dell'indennita' di cui all'art. 2, comma 7, del
 citato decreto  n.  80,  in  riferimento  alle  situazioni  venute  a
 maturazione  dopo  la  data  ultima di attuazione della direttiva, ma
 prima dell'entrata in vigore del predetto  decreto.    Questo  quadro
 normativo,  che  prevede  trattamenti  differenziati per categorie di
 soggetti e per situazioni temporali, si conforma quindi, in linea  di
 principio,  alla  direttiva  comunitaria  che  recepisce, anche se e'
 evidente che la scelta di tutelare, per il futuro, pure i crediti dei
 lavoratori dipendenti  da  datori  di  lavoro  non  assoggettabili  a
 procedura  concorsuale  non  deriva  da  vincoli  comunitari,  ma  e'
 imputabile unicamente  alla  mera  discrezionalita'  del  legislatore
 italiano.
   Era  invece doveroso, per lo stesso legislatore italiano, prevedere
 il  soddisfacimento  degli  obblighi  risarcitori  conseguenti   alla
 tardiva  attuazione  della  direttiva  in oggetto, proprio perche' la
 Corte di giustizia aveva statuito che "e' nell'ambito delle norme del
 diritto nazionale relative  alla  responsabilita'  che  lo  Stato  e'
 tenuto   a   riparare  le  conseguenze  del  danno  provocato"  dalle
 violazioni   del   diritto   comunitario,   quali,    tra    l'altro,
 l'inadempimento  accertato  da  una  sentenza (Corte di giustizia, 19
 novembre 1991, C-6 e 9/1990).  In questa ottica, pertanto,  e'  stata
 formulata  la norma dell'art.  2, comma 7, del decreto in oggetto, la
 quale e' coerentemente limitata a quei  soli  lavoratori  dipendenti,
 che  la direttiva voleva garantire e nei confronti dei quali soltanto
 era percio' configurabile  la  responsabilita'  dello  Stato  per  la
 tardiva attuazione della direttiva stessa.
   In   questo   senso   e'   appunto   l'orientamento   della   Corte
 costituzionale, che ha in particolare statuito che il lavoratore,  il
 quale  agisce  per  il pagamento dell'indennita' prevista dal comma 7
 dell'art. 2, non fa valere un credito di lavoro,  bensi'  un  diritto
 risarcitorio,   diversamente   da   quanto   disposto  dal  comma  1.
 Coerentemente,  secondo  la  Corte,  l'intervento  dell'Inps,   quale
 gestore  del  Fondo  di  garanzia,  si  articola  secondo  "due forme
 distinte, corrispondenti al diverso titolo e alla diversa natura  dei
 diritti  del  lavoratore"  previsti  appunto  dai  due  commi  citati
 (sentenza n. 512 del 1993). Il rinvio che il comma 7 dell'art.  2  fa
 ai  commi  1,  2 e 4 non e' pertanto indice di omogeneita' tra le due
 situazioni, dato che  mediante  l'azione  prevista  dal  comma  7  il
 lavoratore fa valere un danno, la cui causa petendi non e' costituita
 dal  rapporto  di  lavoro,  bensi'  dalla  mancata  attuazione  della
 direttiva (sentenza n. 285 del 1993).
   Gli stessi principi, del resto, sono stati affermati e  piu'  volte
 ribaditi  anche  dalla  Corte di cassazione, la quale, in conformita'
 alle pronunce  della  Corte  costituzionale,  ha  osservato  che  non
 sussiste  identita'  di  natura  tra  le diverse prestazioni previste
 dall'art.  2 del decreto, giacche' quella disciplinata dal comma 7 ha
 natura non previdenziale, ma risarcitoria  -  anzi  piu'  esattamente
 indennitaria  -  del  danno  derivante dalla tardiva attuazione della
 direttiva comunitaria.
   La diversita' di natura e di contenuto tra le predette  prestazioni
 e  la  circostanza  che  soltanto  nei  confronti  della categoria di
 lavoratori contemplati dall'art. 2, comma 7, del decreto  legislativo
 n.  80  del 1992 sussiste la responsabilita' dello Stato italiano per
 il ritardo nel recepimento della direttiva e, di conseguenza, ad essi
 soli puo'  essere  riconosciuto  il  relativo  diritto  risarcitorio,
 dimostrano  dunque  che  si  tratta  di  una situazione assolutamente
 peculiare, la cui disciplina non e' irragionevole che  sia  limitata,
 per  la  ratio  che la ispira, a quella sola categoria di lavoratori,
 senza estensioni ulteriori. Non si puo' pertanto procedere ad  alcuna
 forma di comparazione per difetto di omogeneita' con altre situazioni
 previste  dalle  stesse  norme denunciate, e quindi si deve escludere
 che la loro differente  disciplina  si  ponga  in  contrasto  con  il
 principio di eguaglianza.
   5. - I profili di censura contenuti nell'ordinanza di rimessione in
 riferimento  all'art. 38 della Costituzione non hanno una motivazione
 autonoma, ma comune con quelli relativi  alla  censura  dell'art.  3,
 cosicche'  l'infondatezza  della  questione in ordine al principio di
 eguaglianza comporta anche l'insussistenza della lesione, cosi'  come
 prospettata, dell'art. 38.