ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 65, comma 2,
 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991,  n.
 52  (Norme  regionali  in  materia  di pianificazione territoriale ed
 urbanistica)  e  successive  modificazioni,  promosso  con  ordinanza
 emessa  il 21 gennaio 1998 dal pretore di Pordenone, nel procedimento
 penale a carico di G.P.C. ed altri, iscritta al n. 213  del  registro
 ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto l'atto di intervento della regione Friuli-Venezia Giulia;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 ottobre 1998 il giudice
 relatore Piero Alberto Capotosti.
   Ritenuto che il pretore di Pordenone, nel corso di un giudizio  che
 riguardava alcuni imputati del reato di cui agli artt. 110 del codice
 penale  e  20, primo comma, lett. b) della legge 28 febbraio 1985, n.
 47, ha sollevato, con ordinanza del 21  gennaio  1998,  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 65, comma 2, della legge della
 Regione  Friuli-Venezia  Giulia  19  novembre  1991,  n.  52   (Norme
 regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica) e
 successive modificazioni, in riferimento agli artt. 3, 25 e 116 della
 Costituzione;
     che   i  fatti  contestati  agli  imputati  del  giudizio  a  quo
 concernevano  l'esecuzione  dei  lavori  relativi  ad  un  fabbricato
 residenziale,  per  il quale il comune di Pordenone aveva rilasciato,
 in  data  18   marzo   1993,   apposita   concessione   edilizia   di
 ristrutturazione ed ampliamento;
     che,  secondo  l'ordinanza  di  rimessione, il progetto assentito
 prevedeva "il mantenimento dell'edificio esistente nella sua muratura
 perimetrale", mentre invece, durante l'esecuzione delle opere, veniva
 accertato dall'Ufficio Vigilanza Edilizia  del  comune  di  Pordenone
 "l'avvenuta  demolizione di tre muri perimetrali, con il mantenimento
 di parte del muro perimetrale lato Nord"; fatto che  conseguentemente
 comportava la sospensione dei lavori e l'esercizio dell'azione penale
 nei confronti dei responsabili;
     che,  ad avviso del giudice rimettente, ai fini della risoluzione
 del giudizio pendente di fronte a lui, deve farsi richiamo al  citato
 art.  65, comma 2, nella parte in cui vengono fatti rientrare tra gli
 interventi di ristrutturazione edilizia anche  "quelli  rivolti  alla
 demolizione e ricostruzione di singoli edifici";
     che,  secondo  il  giudice a quo, la disposizione censurata viola
 l'art. 3 della Costituzione, in quanto "ricomprende nel  concetto  di
 ristrutturazione  edilizia cio' che ontologicamente ed oggettivamente
 non puo' qualificarsi con tale  termine",  nonche'  l'art.  25  della
 Costituzione,  in  quanto  rende  lecite  condotte altrove sanzionate
 penalmente e, in tal modo, viola  il  principio  della  riserva  allo
 Stato  della  potesta'  punitiva,  vulnerando  cosi' anche l'art. 116
 della Costituzione, dal momento che la  materia  penale  non  rientra
 nella competenza legislativa della Regione;
     che  e'  intervenuto  nel  giudizio  di  fronte a questa Corte il
 Presidente della Regione autonoma  FriuliVenezia  Giulia,  il  quale,
 nell'atto   di   intervento,   ha   eccepito,   in  via  preliminare,
 l'inammissibilita' della questione di legittimita'  per  irrilevanza,
 dato  che  oggetto  del  giudizio  principale e' l'accertamento della
 realizzazione di un'opera difforme rispetto  al  progetto  approvato,
 cosicche' nessun rilievo potrebbe avere la norma legislativa, in base
 alla quale il titolo concessorio era stato rilasciato;
     che,  nel  merito,  il  Presidente  della  Regione  ha  sostenuto
 l'infondatezza della questione,  giacche',  in  materia,  la  Regione
 stessa ha potesta' legislativa esclusiva, che ha esercitato, sotto il
 profilo che qui interessa, in modo razionale, consentendo appunto "la
 trasformazione  autorizzata  di  un fabbricato esistente", senza, per
 questo, violare l'art. 25 della Costituzione, poiche'  con  la  norma
 regionale  in  oggetto  non si e' interferito nel precetto penale, ma
 "si e' soltanto specificato il presupposto  sostanziale  (...)  della
 norma penale dell'art. 20 della legge n. 47 del 1985".
   Considerato  che  il  giudice  rimettente dubita della legittimita'
 costituzionale dell'art.  65,  comma  2,  della  legge  regionale  19
 novembre  1991,  n.  52,  in  quanto  l'inclusione, nell'ambito della
 ristrutturazione, di interventi demolitori  e  ricostruttivi  sarebbe
 stabilita  dalla  norma  censurata  in  contrasto con le disposizioni
 degli artt. 3, 25 e 116 della Costituzione;
     che dall'ordinanza di rimessione  risulta  "l'inosservanza  delle
 modalita'  esecutive indicate in concessione", la quale disponeva "il
 mantenimento dell'edificio esistente nella sua muratura perimetrale",
 mentre  era  stata  gia'  riscontrata  la  demolizione  di  tre  muri
 perimetrali del fabbricato in oggetto;
     che  l'accertamento  dell'eventuale illegittimita' costituzionale
 della norma denunciata non puo' avere alcun rilievo  sul  giudizio  a
 quo,  che ha ad oggetto la valutazione di condotte esecutive di opere
 assertivamente   realizzate   in   difformita'   dalla    concessione
 rilasciata, giacche' appare irrilevante "verificare ulteriormente se,
 laddove  i  lavori  fossero  in ipotesi conformi alla concessione, la
 ristrutturazione  possa  comprendere  la   completa   demolizione   e
 ricostruzione dell'edificio" (ordinanza n. 48 del 1997);
     che,  pertanto,  la  questione  di legittimita' costituzionale e'
 manifestamente inammissibile per irrilevanza.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.