ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'   costituzionale   dell'art.   3   del
 decreto-legge   24   settembre   1996,   n.  499  (Norme  in  materia
 previdenziale), promossi con ordinanze emesse il 19  marzo  1998  dal
 pretore  di Bergamo, iscritta al n. 364 del registro ordinanze 1998 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  22,  prima
 serie  speciale,  dell'anno 1998, ed il 21 aprile 1998 dal pretore di
 Bergamo, sezione distaccata di Grumello del Monte, iscritta al n. 458
 del registro ordinanze 1998 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 26, prima serie speciale,  dell'anno 1998;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 25  novembre  1998  il  giudice
 relatore Valerio Onida;
   Ritenuto  che  con  ordinanza emessa l'8 novembre 1996, pervenuta a
 questa corte il 4 marzo 1997, ed iscritta al n. 125 R.O. del 1997, il
 pretore  di  Bergamo   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale,  in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione,
 dell'art. 3 del decreto-legge 24 settembre 1996,  n.  499  (Norme  in
 materia  previdenziale),  "nella  parte  in cui non consente che alla
 regolarizzazione contributiva possano provvedere anche i soggetti che
 per qualunque motivo abbiano perso la  capacita'  patrimoniale  o  la
 rappresentanza della persona giuridica  inadempiente";
     che  identica questione, in riferimento agli stessi parametri, e'
 stata  sollevata  dal  pretore  di  Bergamo,  sezione  distaccata  di
 Grumello  del Monte, con ordinanza emessa il 2 maggio 1997, pervenuta
 a questa corte il 2 settembre 1997, ed iscritta al n.  646  R.O.  del
 1997;
     che ad avviso dei remittenti la norma impugnata, la quale ammette
 alla  regolarizzazione,  entro  il  termine  del  30  giugno 1996, le
 omissioni  contributive  relative  a  periodi  anteriori  alla  prima
 denuncia  della  posizione  contributiva, ovvero, per i soggetti gia'
 iscritti,  relative  a  periodi  fino  al  31  dicembre   1995,   non
 consentirebbe  a coloro che abbiano perso la capacita' patrimoniale o
 la rappresentanza della persona giuridica inadempiente di  sanare  le
 irregolarita'  commesse  quando  potevano  disporre  del patrimonio o
 rivestivano le  cariche  sociali,  e  pertanto  non  consentirebbe  a
 costoro di estinguere i reati connessi alle predette irregolarita';
     che  cio'  contrasterebbe,  secondo i giudici a quibus da un lato
 con  il  principio  di  personalita'  della  responsabilita'  penale,
 sancito  dall'art.  27, primo comma, della Costituzione, in quanto la
 possibilita' di essere prosciolto verrebbe a dipendere  dalla  libera
 determinazione  di  un  terzo,  come  il curatore del fallimento o il
 nuovo rappresentante della societa'; dall'altro lato con il principio
 di eguaglianza sancito dall'art.  3  della  Costituzione,  in  quanto
 determinerebbe  una disparita' di trattamento dell'imputato fallito o
 non piu' legale rappresentante della societa'  inadempiente  rispetto
 all'imputato  in  bonis  ovvero  ancora  legale  rappresentante della
 societa', disparita' che sarebbe irragionevole  perche'  collegata  a
 circostanze del tutto irrilevanti sotto il profilo penalistico;
     che questa corte, con ordinanza n. 398 del 1997, resa nei giudizi
 riuniti   promossi   dalle   predette   ordinanze,   ha  ordinato  la
 restituzione degli atti ai  giudici  remittenti  perche'  valutassero
 nuovamente  la  questione  alla  luce  della  sopravvenuta situazione
 normativa creatasi per effetto della riapertura dei  termini  per  la
 regolarizzazione   delle   omissioni   contributive,  disposta  prima
 dall'artt. 1, comma 226, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e  poi
 dall'art.  4  del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con
 modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140;
     che con due nuove identiche ordinanze, emesse rispettivamente  il
 19   marzo   e   il   21   aprile  1998,  pervenute  a  questa  Corte
 rispettivamente l'11 maggio 1998 (R.O. n. 364 del 1998) e l'8  giugno
 1998  (R.O. n.   458 del 1998), il pretore di Bergamo e il pretore di
 Bergamo, sezione distaccata di Grumello del Monte, osservato  che  la
 normativa  sopravvenuta  non  innova  in  ordine alla titolarita' del
 diritto di chiedere la regolarizzazione delle omissioni contributive,
 risultando pertanto irrilevante in relazione alla presente  questione
 di   legittimita'   costituzionale,  e  richiamata  integralmente  la
 motivazione   delle   precedenti   ordinanze,   hanno   disposto   la
 restituzione  degli  atti  a  questa Corte per l'esame della medesima
 questione di legittimita' costituzionale;
     che nel giudizio relativo all'ordinanza iscritta al  n.  364  del
 1998  e'  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 chiedendo che la questione sia dichiarata  inammissibile  e  comunque
 non  fondata,  "occorrendo attraverso una pronuncia interpretativa di
 rigetto";
     che, secondo l'Avvocatura, il giudice a quo non avrebbe  motivato
 in ordine alla interpretazione di una norma sostanzialmente neutra in
 relazione  alla questione di legittimita' costituzionale prospettata,
 la cui effettiva rilevanza avrebbe  potuto  essere  ricostruita  alla
 luce  della  pur  limitata  capacita'  riconosciuta  al fallito e del
 principio generale secondo il quale il creditore non  puo'  di  norma
 rifiutare  il pagamento del terzo; mentre dalla ordinanza non sarebbe
 dato di sapere se l'eventuale limite alla esperibilita'  del  condono
 dipenda  dalla  norma  denunciata ovvero, come appare piu' plausibile
 alla difesa del Presidente  del  Consiglio,  dai  limiti  propri  del
 sistema giuridico, cui l'art. 4 del decreto legge n. 79 del 1997 (che
 ha  riaperto  i  termini  della  regolarizzazione  contributiva, gia'
 prevista dalla disposizione impugnata) sarebbe estraneo;
     che     comunque,    secondo    l'Avvocatura,    rientra    nella
 discrezionalita' del legislatore introdurre nel sistema giuridico una
 norma speciale che deroghi, in funzione di ragionevoli obiettivi,  ai
 suddetti limiti generali del sistema giuridico;
   Considerato  che i due giudizi, aventi il medesimo oggetto, possono
 essere riuniti per essere decisi con unica pronunzia;
     che la questione sollevata si riferisce al  presunto  impedimento
 ad effettuare la regolarizzazione contributiva, che sussisterebbe per
 l'imputato  il  quale,  per  "qualunque  motivo",  abbia  perduto  la
 capacita' patrimoniale, ovvero - ipotesi ben distinta - abbia perduto
 la  rappresentanza  legale  della  societa'  tenuta   ai   versamenti
 contributivi omessi;
     che,  peraltro,  ancorche'  nell'ordinanza  n. 125 R.O. del 1997,
 richiamata nell'ordinanza n. 364  R.O.  del  1998,  si  riferisca  la
 dichiarazione  del  difensore  dell'imputato  secondo  cui questi non
 avrebbe  potuto  effettuare  il  versamento  prescritto   in   quanto
 dichiarato fallito, e nell'ordinanza n. 646 R.O. del 1997, richiamata
 nell'ordinanza  n. 458 R.O. del 1998, nulla si dica circa i caratteri
 della  fattispecie,  risulta  dagli  atti  che  in  entrambi  i  casi
 l'imputato  non  e'  piu'  legale  rappresentante  della  societa' di
 capitali inadempiente all'obbligo contributivo,  ed  e'  quest'ultima
 che   e'   stata   dichiarata   fallita   in  un  momento  successivo
 all'omissione contributiva contestata;
     che  la  questione  di  legittimita'   costituzionale   sollevata
 riguarda dunque, piu' propriamente, il presunto impedimento normativo
 che   sussisterebbe   alla  regolarizzazione  contributiva  da  parte
 dell'imputato il quale  non  sia  piu'  rappresentante  legale  della
 societa' inadempiente, successivamente fallita;
     che  peraltro  i  remittenti omettono di indicare l'iter logico e
 argomentativo in  base  al  quale  essi  giungono  a  concludere  per
 l'esistenza di tale impedimento;
     che  la norma denunciata, contenuta nell'art. 3 del decreto-legge
 n. 499 del 1996, non convertito in legge, ma i cui effetti sono stati
 fatti salvi dall'art. 1, comma 6, della legge 28  novembre  1996,  n.
 608,  e  riproposta, con nuovi termini, dall'art. 4 del decreto-legge
 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla  legge  28
 maggio  1997,  n.  140,  si  limita a prevedere modalita', termini ed
 effetti della regolarizzazione, e non enuncia ne' contiene affatto il
 principio che i remittenti vorrebbero trarne, secondo cui non sarebbe
 consentito  all'imputato  del  reato  di  omissione  contributiva  di
 effettuare  la  regolarizzazione da detta norma prevista, con effetto
 estintivo  del  reato,  quando  egli  si  trovi  a  non  essere  piu'
 rappresentante  legale  della  societa'  inadempiente, in particolare
 quando detta societa' sia successivamente fallita;
     che, pertanto, essendo la norma denunciata del tutto estranea  al
 problema  cui  ha  riguardo la censura mossa dai giudici a quibus ne'
 essendo dato di  ricavare  dalle  ordinanze  l'indicazione  di  altri
 disposti  legislativi  ai  quali  la  censura  medesima, proposta con
 esclusivo  riferimento  a  detta  norma,  possa  piu'   correttamente
 riferirsi,   la   questione  deve  essere  dichiarata  manifestamente
 inammissibile;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;