IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1853/1997 r.g.r. proposto da Del Corso Donatella, rappresentata e difesa dagli avvocati M. Guelfi, L. Blessent, presso la prima elettivamente domiciliata in Genova, via XX Settembre, 36/14, ricorrente; Contro il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica, in persona del Ministro in carica, e l'Universita' degli studi di Parma, in persona del rettore in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria in Genova, resistenti, per l'annullamento del provvedimento pubblicato in data 18 settembre 1997 adottato dall'Universita' degli studi di Parma, facolta' di medicina e chirurgia, e relativo alla prova di ammissione svolta in data 12 settembre 1997, con il quale la ricorrente non e' stata ammessa a frequentare il primo anno del corso di laurea in odontoiatria e protesi dentaria, nonche' per l'annullamento degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del procedimento, e per ogni ulteriore e conseguenziale statuizione. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 12 febbraio 1998 la relazione del consigliere Roberta Vigotti e uditi, altresi', l'avv. Rabino, su delega, per la ricorrente e l'avv. Signorile per le amministrazioni resistenti; Ritenuto e considerato quanto segue; Esposizione del fatto Con ricorso notificato il 22 ottobre 1997 Del Corso Donatella impugnava, chiedendone l'annullamento, i provvedimenti in epigrafe indicati, esponendo di non aver potuto iscriversi al corso di laurea in odontoiatria e protesi dentaria dell'Universita' di Parma, non essendosi collocata in posizione utile nella relativa graduatoria per l'anno accademico 1997-98; Questi i motivi del ricorso: 1) illegittimita' dei provvedimenti impugnati per incostituzionalita' dell'art. 9, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, cosi' come modificato dall'art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127, in quanto contrastante con gli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione; 2) violazione di legge con riferimento agli artt. 3, 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241; agli artt. 1 e seguenti del decreto del Ministro dell'Universita' e della ricerca scientifica 21 luglio 1997, n. 245 (regolamento recante norme in materia di accessi all'istruzione universitaria e di connesse attivita' di orientamento; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti, illogicita' difetto contro insufficienza di istruttoria e di motivazione (dedotta anche come violazione di legge, con riferimento agli artt. 3, 4 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241), disparita' di trattamento ingiustizia grave e manifesta, perplessita', sviamento; 3) violazione di legge con riferimento agli artt. 100 e 102 t.u.l.s. 27 luglio 1934, n. 1265; eccesso di potere per travisamento dei fatti, erronea valutazione dei presupposti, illogicita' disparita' di trattamento, ingiustizia grave e manifesta; La ricorrente concludeva per l'annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti impugnati, contrastata dalle amministrazioni intimate, costituitesi in causa; Con ordinanza in data 6 novembre 1997 l'istanza cautelare veniva accolta; Chiamato all'udienza odierna, il ricorso passava in decisione; Motivi della decisione La ricorrente, che ha conseguito il diploma di maturita' e che intende iscriversi alla facolta' di odontoiatria dell'Universita' di Parma, impugna i provvedimenti che per l'anno accademico 1997-1998 hanno limitato le iscrizioni al predetto corso di laurea e tra questi, in particolare, il decreto del Ministro dell'Universita' e della ricerca scientifica n. 245 del 21 luglio 1997 che prevede la possibilita' di limitare, con atti ministenali e per determinati corsi, il numero delle nuove iscrizioni. Per il corso di laurea in discorso tale facolta' e' stata esercitata con d.m. in data 31 luglio 1997. Formano oggetto del ricorso anche agli atti dell'Univerista' di Parma che hanno dato applicazione al suddetto principio della limitazione delle iscrizioni, e ne hanno tratto le conseguenze (sfavorevoli per i ricorrenti), ma il Collegio ritiene di rimandarne l'esame all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale che ritiene di dover sollevare. L'annullamento degli atti dell'Universita' di Parma non si ripercuoterebbe infatti sui provvedimenti ministeriali sopra richiamati con i quali, in sede centrale, si e' stabilita' la limitazione contestata, provvedimenti che resterebbero validi ed efficaci, talche' con l'annullamento degli atti dell'Universita' ove pronunciato, si assicurerebbe al ricorrente un grado minore di tutela. I provvedimenti impugnati (quelli ministeriali, prima ed oltre che quelli dell'Universita') trovano il proprio presupposto normativo nell'art. 9 comma 4 della legge n. 341 del 1990, come modificato dall'art. 17 comma 116 della legge n. 327 del 1997, che attribuisce al Ministro dell'Universita' e della ricerca scientifica e tecnologica il potere di definire i criteri generali per la regolamentazione dell'accesso ai corsi universitari, "anche a quelli per i quali l'atto emanato dal Ministro preveda una limitazione nella iscrizioni". In concreto il Ministro ha esercitato il potere cosi' conferitogli stabilendo la limitabilita' delle iscrizioni annuali per il corso di laurea in discorso (con il regolamento del 21 luglio), e determinando successivamente il numero dei posti disponibili per l'anno accademico 1997/98, nella Universita' di Torino (con il d.m. del 31 luglio). In tal modo, secondo l'amministrazione, rimarrebbe soddisfatta la riserva di legge, che gli arrt. 33 e 34 della Costituzione pongono per la limitazione del diritto allo studio. Il collegio, peraltro, dubita della legittimita' costituzionale dello stesso art. 9, comma 4, legge n. 341 come modificato dall'art. 17, comma 116, legge n. 127 del 1997, per contrasto con il principio della riserva di legge posto dai suddetti parametri costituzionali, e la questione si presenta come rilevante e non manifestamente infondata. Quanto al primo profilo, non e' dubbio che, anche nella prospettazione dei ricorrenti, l'interesse dedotto in giudizio, che e' quello ad ottenere senza limitazioni l'accesso al corso universitario, troverebbe piena ed integrale soddisfazione solo dalla caducazione delle norme che consentono all'amministrazione di porre tali limitazioni. La non manifesta infondatezza della questione emerge dalla considerazione in base alla quale il diritto allo studio, garantito dagli artt. 33 e 34 della Costituzione, puo' soffrire limitazioni solo per effetto di norme aventi rango di legge. Ed in effetti, laddove il legislatore ha ritenuto di introdurre limitazioni all'accesso, vi ha provveduto direttamente (e cosi per quanto riguarda l'iscrizione agli istituti superiori di magistero: art. 224 r.d. n. 1592 del 1933; per l'iscrizione al primo anno degli istituti superiori di educazione fisica: art. 24, secondo comma, legge n. 88 del 1958; per l'accesso dei diplomati degli istituti tecnici a determinate facolta' per gli anni accademici dal 1961-62 al 1964-65: art. 3, legge n. 685 del 1961), ovvero mediante attribuzione del potere alla p.a. nell'ambito fissato dalla legge stessa (si veda, ad es., l'art. 38 legge n. 590 del 1982). La modificazione apportata dall'art. 17, comma 116 legge 127 del 1997 all'art. 9, comma 4, legge n. 341 del 1990 delega il Ministro a limitare l'accesso all'universita', ma non pone essa stessa limitazioni: non e' quindi dalla stessa nuova formulazione della norma che puo' ritenersi soddisfatto il principio della riserva - relativa - di legge. Ma tale principio non sembra al collegio che possa ritenersi soddisfatto neppure mediante l'operata attribuzione di potere al Ministro. E' bensi' vero che la previsione costituzionale di riserva relativa di legge non preclude al legislatore di demandare ad altre fonti sottordinate la disciplina della materia, ma cio' e' possibile solo previa determinazione di una serie di precetti idonei a indirizzare e vincolare la normazione secondaria entro confini ben delineati o, quantomeno, previa determinazione delle linee essenziali della disciplina stessa, in modo che non "residui la possibilita' di scelte del tutto libere e percio' eventualmente arbitrarie della stessa pubblica amministrazione", occorrendo, all'uopo, che "sussistano nella previsione legislativa - considerata nella complessiva disciplina della materia - razionali ed adeguati criteri" (Corte cost. 5 febbraio 1986, n. 34 e giurisprudenza ivi richiamata). La norma in discorso, peraltro, non sembra ubbidire alla condizione di cui sopra. Essa, infatti, conferisce al Ministro il potere di determinare la limitazione agli accessi all'istruzione universitaria senza individuare le linee essenziali della disciplina, ma addirittura attribuendogli, con l'ausilio di altro organo amministrativo (il C.U.N.), la stessa definizione dei "criteri generali per la regolamentazione dell'accesso ... ai corsi universitari". Sembra pertanto ipotizzabile la violazione del principio della riserva relativa di legge, ed altresi' la violazione del principio della tutela del diritto allo studio, posto dagli arrt. 33 e 34 della Costituzione, diritto che verrebbe limitato attraverso meccanismi non conformi al dettato costituzionale. Va pertanto sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, quarto comma, legge cit., per contrasto con il principio costituzionale della riserva di legge nonche' con gli arrt. 33 e 34 della Costituzione: conseguentemente va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, mentre il presente giudizio deve essere sospeso ai sensi dell'art. 23, legge n. 87 del 1953, fino alla pronuncia sulla legittimita' costituzionale della norma indicata.