IL PRETORE
   Letti gli atti del processo penale iscritto al n.  12122/1998  r.g.
 dib. pendente presso questo ufficio nei confronti di Buscemi Rosolino
 Maria  Michele nato ad Alia il 30 settembre 1952 ed Infantino Valerio
 nato a Grotte il 14 ottobre 1942;
                             O s s e r v a
   Gli imputati sono stati  rinviati  a  giudizio  dal  g.i.p.  presso
 questo  ufficio a seguito di rituale e tempestiva opposizione avverso
 un decreto penale di condanna.
   Il   loro  difensore,  prima  dell'apertura  del  dibattimento,  ha
 eccepito la nullita' del decreto che ha disposto il giudizio, perche'
 lo stesso non e' stato preceduto dall'invito a comparire per  rendere
 l'interrogatorio.
   Il  p.m.  di  udienza  ha chiesto, in primo luogo, il rigetto della
 eccezione, deducendo che altrimenti  si  avrebbe  un'indebita  e  non
 prevista   regressione   del   processo  nella  fase  delle  indagini
 preliminari e, in subordine, che gli atti  venissero  trasmessi  alla
 Corte costituzionale, al fine di eliminare la possibile disparita' di
 trattamento tra persone sottoposte ad indagini preliminari.
   Cio' premesso, il giudicante rileva che la legge 16 luglio 1997, n.
 234  ha  introdotto un'ipotesi di nullita' del decreto di citazione a
 giudizio davanti al pretore, se lo stesso  non  sia  stato  preceduto
 dall'invito   a  comparire  per  rendere  l'interrogatorio  ai  sensi
 dell'art.  375 c.p.p.
   Si  tratta  di  una  nullita'  testualmente  riferita  (per  quanto
 riguarda il giudizio pretorile) al solo decreto di citazione previsto
 dall'art.   555 c.p.p., mentre nulla e' stato stabilito espressamente
 per il decreto che dispone il giudizio emesso dal g.i.p. a seguito di
 opposizione a decreto penale di condanna.
   Puo' pertanto verificarsi che due  persone,  imputate  in  distinti
 processi  di  un  reato  della stessa specie, ricevano un trattamento
 distinto, secondo che il p.m. scelga,  in  maniera  discrezionale  ed
 insindacabile  in sede giurisdizionale, di esercitare l'azione penale
 seguendo una delle due modalita'.
   Nel primo caso la persona sottoposta ad indagini preliminari potra'
 infatti prospettare  all'organo  inquirente  le  proprie  ragioni  ed
 addurre  elementi a discolpa prima dell'esercizio dell'azione penale,
 con la possibilita' che il p.m. ravvisandone gli estremi,  chieda  al
 g.i.p.    la  emissione  di  un decreto di archiviazione; nel secondo
 caso, invece, l'indagato potra' trovarsi, senza essere stato posto in
 grado di difendersi preventivamente, di fronte ad un  decreto  penale
 gia'  emesso e non potra' piu' ottenere l'archiviazione della propria
 posizione, ne' avra' alcun meccanismo processuale  per  "costringere"
 il p.m.  ad assumerne l'interrogatorio prima del giudizio.
   L'imputato,  in  questa  seconda  ipotesi, se vorra' prospettare le
 proprie ragioni difensive dovra' necessariamente proporre opposizione
 avverso il decreto  penale  e  chiedere  al  g.i.p.  l'emissione  del
 decreto che dispone il giudizio.
   Il  altri  termini, due situazioni potenzialmente identiche vengono
 trattate   in   maniera   difforme,   senza    alcuna    apprezzabile
 giustificazione logica e giuridica e dunque in maniera irragionevole.
   Se  l'imputato  puo'  difendersi  in  entrambe le situazioni, nella
 seconda ipotesi le condizioni per l'esercizio di  tale  diritto  sono
 piu' gravose e la stessa pubblica amministrazione, lato sensu intesa,
 subisce  un  pregiudizio, nella misura in cui e' necessario celebrare
 un pubblico dibattimento (con i costi ed i tempi che  cio'  comporta)
 per definire situazioni processuali che avrebbero, in ipotesi, potuto
 trovare  una  definizione  anticipata  con  una richiesta   (e con un
 decreto) di archiviazione.
   Non puo' dunque ritenersi manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli art. 459 e seguenti c.p.p., nella
 parte in cui non prevedono  che  il  p.m.,  prima  di  richiedere  la
 emissione di un decreto penale di condanna, debba contestare il fatto
 alla  persona  sottoposta  ad  indagini  preliminari  con un invito a
 comparire per rendere l'interrogatorio, i  parametri  di  riferimento
 costituzionale  vanno ravvisati, per quanto gia' detto, negli art.  3
 e 97 della Carta.
   La questione e' rilevante nel processo in corso, posto che  la  sua
 soluzione  comporta  differenti valutazioni in ordine alla ritualita'
 dell'esercizio dell'azione penale.