IL GIUDICE DI PACE
   Letti gli atti della causa  r.g.  n.  19266/1998  tra  sig.  Cianci
 Antonio,  rappresentato e difeso dall'avv. Mario Albanese, per delega
 in atti ingiunto-opponente e A.C.E.A.,  Azienda  comunale  energia  e
 ambiente,  in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e
 difeso  dall'avv.   Cesarea   Cramarossa,   per   delega   in   atti,
 ingiungente-opposta;
   Sciogliendo la riserva in data 23 settembre 1998;
   Rilevato che:
     l'opponente   eccepisce  in  via  pregiudiziale  l'illegittimita'
 costituzionale del r.d. 14 aprile 1910, n. 639 per la  parte  in  cui
 concede  un  regime privilegiato in favore degli enti con riguardo ai
 procedimenti di ingiunzione, e cio' in contrasto con gli artt. 3 e 24
 Cost.;
     che in tale  procedimento  non  e'  previsto  il  deposito  della
 documentazione  posta  a  fondamento  della  domanda,  e che cio' non
 consente la verifica della sua fondatezza;
     resiste l'opposta assumendo l'inanita' di tali motivi dal momento
 che, a seguito dell'opposizione, l'opposto assume la veste di  attore
 in  senso  sostanziale,  a  cui incombe l'onere della prova, e chiede
 pertanto il rigetto dell'eccezione di  illegittimita'  costituzionale
 sollevata dall'opponente.
   Va   esaminato   per   primo  il  rilievo  formulato  dalla  difesa
 dell'opposta Azienda municipalizzata A.C.E.A., in quanto  investe  la
 natura  dell'ingiunzione  di cui e' causa, e del relativo processo di
 opposizione; e' di tutta evidenza che dalla sua soluzione dipende  la
 posizione che l'opponente e l'opposto devono assumere nel processo di
 opposizione.  Sul  punto  e'  intervenuta  la  Suprema Corte che, con
 sentenza a ss.uu. n. 10189 del  29  novembre  1994,  ha  ribadito  il
 principio  che  l'ingiunzione  fiscale  prevista dal regio decreto 14
 aprile 1910, n. 639, non puo' essere equiparata all'ordinario decreto
 ingiuntivo e cumula in se' le caratteristiche  del  titolo  esecutivo
 stragiudiziale  e  del  precetto;  l'opposizione del debitore apre un
 ordinario processo di  cognizione,  nel  quale  l'ingiunto  esperisce
 un'azione  di  accertamento  negativo diretta a contestare il diritto
 all'esecuzione, con le necessarie conseguenze connesse alla sua veste
 di attore, anche in ordine all'onere  della  prova  (conf.  sent.  28
 novembre  1969  n. 3836, 22 luglio 1976, n. 2902, 19 gennaio 1979, n.
 390, e altre). Alla luce dell'orientamento della Suprema Corte, a cui
 questo giudice intende uniformarsi, i rilievi formulati  dall'opposta
 Azienda  municipalizzata  A.C.E.A.  vanno  disattesi  in  quanto,  in
 materia di ingiunzione, il r.d. 14  aprile  1910,  n.  639,  detta  a
 favore  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici  un  regime  speciale,
 privilegiato rispetto a quello previsto dal codice di rito.
   Si tratta ora di stabilire in concreto  se  la  pretesa  creditoria
 dell'Azienda  municipalizzata A.C.E.A. che deriva da un contratto (di
 natura privatistica) stipulato con  l'utente-opponente,  puo'  essere
 fatta  valere  mediante  il  ricorso  allo  speciale  procedimento di
 ingiunzione previsto dal   r.d.  14  aprile    1910,  n.  639,  senza
 incorrere nella violazione degli artt. 3 e 24, Cost.
   Sotto  tale  profilo,  ferma restando la natura pubblicistica delle
 aziende municipalizzate, occorre distinguere  la  pretesa  creditoria
 dell'A.C.E.A.   (all'epoca,   Azienda  municipalizzata)  nascente  da
 contratto, da qualsiasi altra degli enti pubblici e dello  Stato  che
 sia fondata sul debito di imposta.
   Se  in  ipotesi  di  riscossione  delle  imposte si puo', in ultima
 analisi,  giustificare  la  sofferenza  imposta  ai  soggetti   dalla
 limitazione  dei  diritti  fondamentali  sanciti  dagli  artt. 3 e 24
 Cost., in vista di un interesse primario dello  Stato  e  degli  enti
 pubblici,  non  si  puo'  equiparare  tale  situazione a quella delle
 aziende municipalizzate o di enti pubblici che svolgano  un'attivita'
 economica,  dove  le  eventuali  imposte  sono  in percentuale minima
 rispetto al quantum della prestazione, come nel caso  delle  bollette
 per  consumo  di  energia  elettrica.  La posizione di privilegio, in
 materia  di  ingiunzione,  goduta  all'epoca  dall'A.C.E.A.,  n.q. di
 Azienda  municipalizzata  non  risulta  supportata  da  un  interesse
 superiore  che  imponga  la compressione dei diritti consacrati dalle
 norme costituzionali citate.
   Appare evidente la disparita' di trattamento che  si  verifica  fra
 gli  utenti  dell'E.N.E.L., sottoposti all'ordinario procedimento per
 ingiunzione previsto dagli  artt  633  e  seguenti  c.p.c.,  rispetto
 all'opponente (utente A.C.E.A.) e a quegli utenti che, non per libera
 scelta,  sono  serviti dall'Azienda municipalizzata, e di conseguenza
 sono assoggettati a procedura che, come si e' visto, non consente gli
 stessi diritti.
   In considerazione di quanto sovra esposto, questo  giudice  ritiene
 non    manifestamente    infondata   l'eccezione   di   illegittimia'
 costituzionale della norma contenuta nell'art. 1 T.U.R.D.  14  aprile
 1910, n. 639, e precisamente: art. 1, legge 24 dicembre 1908, n. 797,
 per violazione degli artt. 3 e 24 Cost. nella parte in cui estende la
 procedura  speciale  di  riscossione ai proventi dei servizi pubblici
 esercitati dallo Stato e dagli enti pubblici,  anche  in  ipotesi  di
 pretesa creditoria derivante da contratto, come nel caso di specie;