ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 1, comma 4,
 lettera a) del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Attuazione
 della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre
 1993,  n.  537,  in  materia  di trasformazione in persone giuridiche
 private di  enti  gestori  di  forme  obbligatorie  di  previdenza  e
 assistenza),  promosso  con  ordinanza  emessa il 9 dicembre 1996 dal
 Tribunale amministrativo regionale del  Lazio  sul  ricorso  proposto
 dall'Ordine  provinciale dei medici chirurghi e odontoiatri di Milano
 contro il Ministero del lavoro e della previdenza sociale  ed  altro,
 pervenuta alla Corte costituzionale il 9 ottobre 1997, iscritta al n.
 764 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti  gli  atti di costituzione dell'Ordine provinciale dei medici
 chirurghi e odontoiatri di Milano e dell'ENPAM;
   Udito nell'udienza pubblica del 13 ottobre 1998 il giudice relatore
 Cesare Mirabelli;
   Uditi gli avvocati Enrico Pennasilico per l'Ordine provinciale  dei
 medici  chirurghi  e  odontoiatri di Milano e Stefano Mastino del Rio
 per l'ENPAM.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un giudizio promosso dall'Ordine provinciale  dei
 medici   chirurghi   e  degli  odontoiatri  di  Milano  per  ottenere
 l'annullamento  del  decreto  del  Ministero  del  lavoro   e   della
 previdenza  sociale di approvazione dello statuto dell'Ente nazionale
 di  previdenza   ed   assistenza   medici   (ENPAM),   il   Tribunale
 amministrativo  regionale  del  Lazio,  con  ordinanza  emessa  il  9
 dicembre  1996  e  pervenuta  alla  Corte costituzionale il 9 ottobre
 1997,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  76  e  77  della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art.  1,
 comma 4, lettera a) del decreto legislativo 30 giugno 1994, n.   509,
 nella  parte  in cui, disponendo che lo statuto degli enti gestori di
 forme obbligatorie di previdenza e assistenza trasformati in  persone
 giuridiche private sia ispirato a criteri di trasparenza nei rapporti
 con  gli  iscritti e composizione degli organi collegiali, stabilisce
 che restano fermi i vigenti  criteri  di  composizione  degli  organi
 stessi,   cosi'  come  previsti  dagli  attuali  ordinamenti.  Questa
 disposizione violerebbe gli artt. 76 e 77 della Costituzione, perche'
 in contrasto con i criteri della delega conferita al Governo, che  ha
 emanato  la  disposizione legislativa denunciata. Difatti la legge di
 delegazione non stabiliva  alcuna  limitazione  per  la  composizione
 degli  organi collegiali, ma prevedeva per gli enti privatizzati, che
 assumono  forma  di  associazione  o  di  fondazione,  "garanzie   di
 autonomia  gestionale,  organizzativa,  amministrativa  e  contabile"
 (art. 1, comma 33, della legge 24 dicembre 1993, n. 537).
   Lo statuto, deliberato  dall'ENPAM  ed  approvato  con  il  decreto
 sottoposto  al  giudizio del Tribunale amministrativo rimettente, non
 ha mantenuto gli organi previsti dal precedente  ordinamento,  ma  ha
 introdotto  un  nuovo  organo  consultivo (il Consiglio nazionale dei
 presidenti degli ordini dei medici) ed ha modificato la  composizione
 dell'organo   deliberativo   (il   Consiglio  generale,  composto  da
 consiglieri nominati per ciascuna Regione dai Presidenti degli ordini
 provinciali,  da  consiglieri  eletti  dal  Consiglio  nazionale  dei
 presidenti  degli ordini e da consiglieri eletti dagli iscritti), che
 sostituisce il  precedente  Consiglio  nazionale,  formato  dai  soli
 presidenti degli ordini provinciali.
   Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ricorda che l'ENPAM
 ha  prospettato una interpretazione della disposizione denunciata che
 darebbe ad essa un significato  conforme  al  criterio  di  autonomia
 organizzativa  dell'ente,  stabilito  dalla  delega  legislativa,  ma
 ritiene  di  non  poter  seguire  questa  interpretazione,   giacche'
 l'obbligo  di  salvaguardare  i  criteri di composizione degli organi
 collegiali  previsti  dai  precedenti  ordinamenti  escluderebbe   il
 mutamento attuato con il nuovo statuto dell'ente.
   2.  -  Si e' costituito in giudizio l'Ordine provinciale dei medici
 chirurghi e degli odontoiatri di Milano, chiedendo che  la  questione
 di legittimita' costituzionale sia dichiarata infondata.
   La disposizione legislativa denunciata non sarebbe in contrasto con
 i   principi   ed  i  criteri  direttivi  contenuti  nella  legge  di
 delegazione (art. 1, comma 33, della  legge  n.  537  del  1993).  Il
 criterio  dell'autonomia  gestionale, organizzativa e contabile delle
 associazioni o fondazioni sarebbe stato espressamente recepito  dalla
 norma  che  disciplina  la  gestione degli enti privatizzati (art. 2,
 comma 1, del decreto legislativo n. 509 del 1994); mentre  l'esigenza
 di tenere fermi i criteri di composizione degli organi collegiali per
 un   verso   risponderebbe   al   mantenimento   delle   funzioni   e
 dell'attivita' di natura pubblicistica degli enti  gestori  di  forme
 obbligatorie   di  assistenza  e  previdenza,  per  altro  verso  non
 inciderebbe sull'autonomia prevista dalla delega legislativa.
   3.  -  Si  e'  costituito  in  giudizio  anche  l'Ente nazionale di
 previdenza ed assistenza medici,  chiedendo  che  sia  dichiarata  la
 illegittimita' costituzionale della disposizione denunciata.
   L'ENPAM  e'  compreso  tra gli enti di diritto pubblico, gestori di
 forme obbligatorie di previdenza e assistenza,  trasformati  in  enti
 con  personalita'  giuridica  di  diritto privato (art. 1 del decreto
 legislativo  n.  509  del  1994),  avendo  assunto  la  forma   della
 fondazione.    L'ente  sostiene  che l'obbligo di mantenere ferma, in
 sede di trasformazione, la composizione degli organi  collegiali  non
 sarebbe previsto dalla legge di delegazione, che anzi stabiliva tra i
 principi  e  criteri  direttivi  della  delega  quello dell'autonomia
 organizzativa.  Tale  autonomia  comprenderebbe  i  rapporti  interni
 all'ente  e  riguarderebbe  anche  i criteri di composizione dei suoi
 organi collegiali.  Imporre,  invece,  il  mantenimento  dei  vigenti
 criteri   di   composizione  di  tali  organi  non  solo  sarebbe  in
 contraddizione   con   l'autonomia   organizzativa   dell'ente,    ma
 impedirebbe  che  questa  si  possa  anche successivamente esplicare,
 escludendo  la  modifica  degli  organi  che  risultassero  non  piu'
 adeguati   per   perseguire   gli   obiettivi   dell'ente  nella  sua
 configurazione di organismo privato.
   L'ENPAM ritiene che, se pure mancasse la indicazione di  criteri  e
 principi  direttivi per la disciplina della composizione degli organi
 collegiali, non si potrebbe ritenere  che  sia  stata  conferita  una
 delega  in  bianco  su questo punto, giacche' la trasformazione degli
 enti gestori della previdenza in enti privati implica  che  a  questi
 sia  consentito  di  determinare la propria organizzazione per meglio
 soddisfare l'interesse degli iscritti.
   4. - In prossimita' dell'udienza l'ENPAM ha depositato una  memoria
 per  ribadire  e  precisare  le  argomentazioni  svolte  nell'atto di
 costituzione,   sottolineando   che   i   dubbi    di    legittimita'
 costituzionale   verrebbero   meno   se  la  norma  denunciata  fosse
 interpretata nel senso che il vigente criterio di composizione  degli
 organi  collegiali  sia  riferito  alla  conservazione  degli  organi
 preesistenti, ma non ai loro poteri e competenze.
                         Considerato in diritto
   1. -  La questione di legittimita'  costituzionale  investe  l'art.
 1,  comma  4,  lettera a) del decreto legislativo  30 giugno 1994, n.
 509 (Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma  32,  della
 legge  24  dicembre  1993,  n.  537,  in materia di trasformazione in
 persone giuridiche private di enti gestori di forme  obbligatorie  di
 previdenza  e  assistenza),  il  quale stabilisce che restano fermi i
 vigenti criteri di composizione degli organi collegiali,  cosi'  come
 previsti dagli attuali ordinamenti, degli enti previdenziali che, non
 usufruendo   di   finanziamenti   pubblici,   sono   trasformati   in
 associazioni o  fondazioni  con  personalita'  giuridica  di  diritto
 privato.
   Il  Tribunale amministrativo regionale del Lazio ritiene che questa
 disposizione possa essere in contrasto con gli artt. 76  e  77  della
 Costituzione,   non  rispondendo  ai  principi  e  criteri  direttivi
 stabiliti dalla legge di delegazione (art. 1, comma 33,  della  legge
 24   dicembre   1993,   n.   537).   Difatti   questa,  disciplinando
 l'organizzazione  della  pubblica  amministrazione  nel  contesto  di
 interventi   correttivi   di  finanza  pubblica,  prevede  che  siano
 riordinati o soppressi gli enti pubblici di previdenza  e  assistenza
 (art.  1,  comma  32),  escludendo  dalla  operazione di fusione e di
 incorporazione  quegli  enti  che  non  usufruiscono di finanziamenti
 pubblici,  i  quali,  ferme  restando  le  finalita'   istitutive   e
 l'obbligatoria  iscrizione  e  contribuzione,  vengono  privatizzati,
 assumendo  la  forma  dell'associazione  o  della  fondazione,   "con
 garanzie  di  autonomia  gestionale,  organizzativa, amministrativa e
 contabile" (art. 1, comma 33, numero 4).
   Ad  avviso  del  giudice  rimettente,  mantenere   i   criteri   di
 composizione   degli   organi  collegiali  degli  enti  previdenziali
 privatizzati sarebbe in contrasto con il riconoscimento e la garanzia
 della loro autonomia organizzativa.
   2. - La questione di legittimita' costituzionale non e' fondata.
   2.1. - Nell'esaminare il vizio di eccesso di delega e  valutare  se
 la  norma  emanata  dal  legislatore  delegato  ecceda  i  margini di
 discrezionalita' che i principi ed i criteri  direttivi  imposti  dal
 legislatore  delegante  consentono,  occorre procedere ad una duplice
 operazione ermeneutica. Per un verso devono  essere  interpretate  le
 norme  che  determinano i principi e criteri direttivi, tenendo conto
 del complessivo contesto normativo e delle finalita' che ispirano  la
 delega  (tra  le  molte,  sentenza  n. 531 del 1995). Per altro verso
 devono essere interpretate le disposizioni che sono state emanate dal
 Governo in attuazione della delega, tenendo presente che  i  principi
 stabiliti   dal  legislatore  delegante  costituiscono  non  solo  il
 fondamento ed il limite delle norme delegate, ma  anche  un  criterio
 interpretativo delle stesse: esse vanno lette, fin tanto che cio' sia
 possibile,  nel  significato  compatibile con i principi della delega
 (da ultimo, sentenza n. 418 del 1996).
   Nell'ambito dei confini stabiliti dalla delega, e'  da  riconoscere
 al  legislatore  delegato  un  potere di scelta fra le alternative ad
 esso offerte (sentenze n. 456 e n. 198 del 1998; sentenze n. 335 e n.
 141 del 1993; sentenza n. 4 del 1992).
   2.2. - La privatizzazione  degli  enti  pubblici  di  previdenza  e
 assistenza  e'  inserita nel contesto del complessivo riordinamento o
 della soppressione di enti previdenziali, in  corrispondenza  ad  una
 direttiva piu' generale volta ad eliminare duplicazioni organizzative
 e   funzionali   nell'ambito  della  pubblica  amministrazione.  Alla
 razionalizzazione organizzativa ed alle  fusioni  ed  incorporazioni,
 che  tale  direttiva  implica,  si  sottraggono  gli  enti  che,  non
 usufruendo  di  alcun  sostegno   finanziario   pubblico,   intendono
 mantenere  la  loro  specificita'  ed  autonomia,  assumendo la forma
 dell'associazione o della fondazione.
   La  privatizzazione,  prevista  dal   legislatore   delegante,   e'
 caratterizzata  da elementi sia di continuita' che di innovazione. La
 giurisprudenza costituzionale (sentenza n.  248  del  1997)  ha  gia'
 riconosciuto  che  la  trasformazione  lascia  immutato  il carattere
 pubblicistico   dell'attivita'   istituzionale   di   previdenza   ed
 assistenza,  secondo  le  finalita' istitutive di ciascun ente, cosi'
 giustificando    l'obbligatorieta'    dell'iscrizione     e     della
 contribuzione.  Si modificano, invece, gli strumenti di gestione e la
 qualificazione dell'ente, che si trasforma ed assume la  personalita'
 di diritto privato.
   Il  legislatore  delegante  non  ha  posto alcuno specifico vincolo
 quanto alle regole di composizione degli organi collegiali degli enti
 in  questa  fase  di  transizione  e   trasformazione,   sicche'   il
 legislatore  delegato  e' rimasto libero di determinare la disciplina
 che   ritenga   meglio   rispondente  alla  finalita'  di  assicurare
 continuita' nell'organizzazione e nel funzionamento degli enti; tanto
 piu' che, nel silenzio del legislatore delegante, i  criteri  possono
 essere  desunti  dalla  disciplina  preesistente,  se  essa  non  sia
 incompatibile con la struttura dell'associazione o della  fondazione.
   La    garanzia    dell'autonomia     gestionale,     organizzativa,
 amministrativa  e  contabile degli enti privatizzati, che costituisce
 un principio direttivo della delega, non attiene tanto alla struttura
 dell'ente quanto piuttosto all'esercizio delle sue funzioni.  In  tal
 senso il legislatore delegato ha recepito la formulazione della norma
 delegante  inserendo  tale garanzia nella disposizione che disciplina
 la gestione degli enti privatizzati (art. 2 del  decreto  legislativo
 n.  509  del  1994). Ma anche se, considerando isolatamente i singoli
 segmenti  della  formula  normativa  adottata  dal  legislatore,   si
 intendesse l'autonomia organizzativa come elemento del tutto distinto
 dalla  organizzazione  della  gestione  amministrativa  e  contabile,
 riferita quindi alla struttura dell'ente  ed  alla  composizione  dei
 suoi   organi,   essa   non  implicherebbe  un'assoluta  liberta'  di
 configurare le strutture dell'ente  e  non  escluderebbe  l'eventuale
 indicazione   di  limiti  entro  i  quali  l'autonomia  debba  essere
 esercitata.
   2.3. - Interpretando la disposizione legislativa  delegata,  e'  da
 rilevare  che  essa  mantiene  fermi  i "criteri" della disciplina in
 precedenza vigenti  per  la  composizione  degli  organi  collegiali;
 criteri  che  vengono cosi' assunti come base e principio della nuova
 disciplina statutaria di tali organi. Il dovere di dettare regole che
 rispettino i medesimi criteri non implica  il  divieto  di  qualsiasi
 mutamento di disciplina ne' impone di cristallizzare in modo assoluto
 gli   organi  collegiali,  potendo  essere  apportate  dallo  statuto
 modifiche  alla  loro  composizione  che  si  ispirino  ai  "criteri"
 preesistenti, rimanendo nell'ambito da essi circoscritto.
   Inoltre  questa  disciplina  riguarda  lo  statuto  che deve essere
 adottato  dai  competenti  organi  degli  enti  contestualmente  alla
 deliberazione   di   trasformazione   dell'ente   in  associazione  o
 fondazione. Non tocca quindi successive vicende della vita dell'ente,
 il cui statuto puo' essere nel tempo  modificato,  come  e'  previsto
 dallo  stesso  decreto  legislativo n. 509 del 1994 (art. 3, comma 2,
 lettera a).
   3. - Resta del tutto estraneo alla valutazione  della  legittimita'
 costituzionale  della  norma  denunciata   l'esame dell'articolazione
 degli  organi  collegiali  quale   e'   determinata   dallo   statuto
 dell'ENPAM,  rimanendo  affidato all'apprezzamento del giudice comune
 il  giudizio  sulla  rispondenza  della  disciplina   statutaria   ai
 "criteri",   e   quindi   ai  principi,  previsti  dagli  ordinamenti
 preesistenti.