ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 305 del  codice
 di  procedura  civile,  promosso con ordinanza emessa il 3 marzo 1998
 dal giudice istruttore del Tribunale di  Rovereto,  nel  procedimento
 civile vertente tra Setti Flavia ed altri e l'Azienda provinciale per
 i  servizi  sanitari per la Provincia di Trento ed altri, iscritta al
 n. 320 del  registro  ordinanze  1998  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  19, prima serie speciale, dell'anno
 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 ottobre 1998 il giudice
 relatore Fernanda Contri.
   Ritenuto che nel corso di un procedimento  civile  di  risarcimento
 dei  danni  da fatto illecito, il quale procedimento, a seguito della
 interruzione per morte dell'attore, era stato proseguito dagli  eredi
 di  questo  soltanto  nei  confronti  degli originari convenuti e non
 della compagnia assicuratrice, chiamata in causa dai convenuti a fini
 di garanzia, il giudice istruttore del  Tribunale  di  Rovereto,  con
 ordinanza  emessa  il  3  marzo  1998,  ha  sollevato, in riferimento
 all'art.   24   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  305  del codice di procedura civile, nella
 parte in cui fa decorrere il termine semestrale per la prosecuzione o
 per la riassunzione del processo dalla interruzione,  anziche'  dalla
 conoscenza   che   il   convenuto   abbia   avuto  della  intervenuta
 riassunzione della causa principale, "quando tale atto rappresenti il
 presupposto costitutivo della legittimazione alla riassunzione  della
 causa di garanzia";
     che,   come   precisa   in  fatto  il  rimettente,  la  compagnia
 assicuratrice, nei cui confronti era stata  autorizzata  la  notifica
 dell'atto  riassuntivo,  aveva  eccepito  l'estinzione  del  rapporto
 processuale instaurato tra i  convenuti  ed  essa  chiamata,  per  il
 decorso di un termine superiore al semestre intercorrente tra la data
 di interruzione del processo e la formulazione da parte dei convenuti
 dell'istanza  di  fissazione di una nuova udienza per la riassunzione
 nei confronti di essa chiamata in causa;
     che, ad avviso del giudice a quo l'art. 305 cod.  proc.  civ.  si
 porrebbe  in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, in quanto il
 diritto di azione del convenuto, che pretenda di essere garantito dal
 terzo chiamato in causa, non puo'  trovare  piena  realizzazione,  in
 quanto  il  medesimo, finche' non abbia conoscenza della riassunzione
 della  causa  principale  ad  opera  dell'attore,  e'   costretto   a
 riassumere   una   lite,   che  ha  funzione  meramente  cautelare  e
 preventiva, e a proporre  domanda  di  garanzia,  la  quale  potrebbe
 essere respinta per carenza di interesse ad agire;
     che quantunque il diritto sancito dall'art. 24 della Costituzione
 non  si  estenda  alla  garanzia di gratuita' dello svolgimento della
 funzione giurisdizionale, tuttavia non appare ragionevole - a  parere
 del  rimettente  -  che  la  parte,  la  quale  ritenga di difendersi
 mediante la chiamata in causa di un terzo, sia costretta a  sostenere
 e  a  rimborsare  al  terzo  le  spese  processuali  per il timore di
 decadere dalla facolta' di riassumere tempestivamente la lite;
     che, come sostiene il giudice  a  quo,  deve  escludersi  che  il
 convenuto  possa attendere la riassunzione da parte dell'attore prima
 di chiamare in causa il terzo, in quanto tale  riassunzione  potrebbe
 essere  effettuata  anche  in  prossimita' della scadenza del termine
 semestrale  e   cio'   impedirebbe   al   convenuto   di   riassumere
 tempestivamente  a  propria  volta la causa di garanzia nei confronti
 del terzo;
     che, a parere del rimettente, dovrebbe  quindi  essere  differita
 per  il  convenuto la decorrenza del termine semestrale al momento in
 cui vi sia la effettiva conoscenza del verificarsi  del  presupposto,
 rappresentato  dalla  riassunzione  della  causa  principale da parte
 dell'attore, sul quale si basa l'interesse del convenuto medesimo  ad
 agire;
     che  la  Corte costituzionale - come ricorda il rimettente - ebbe
 gia' a dichiarare, con le sentenze nn. 139 del 1967 e 159  del  1971,
 la illegittimita' costituzionale dell'art. 305 cod. proc. civ., nella
 parte  in  cui  fa  decorrere il termine per la riassunzione o per la
 prosecuzione del processo dal  verificarsi  del  fatto  interruttivo,
 anziche'  dalla data in cui le parti ne hanno avuto conoscenza e cio'
 per l'esigenza di garantire alle parti la possibilita' di fruire  per
 intero del termine semestrale prescritto dalla norma in esame;
     che  nella  fattispecie, benche' vi sia coincidenza temporale tra
 la dichiarazione in udienza dell'evento interruttivo e la  conoscenza
 che le parti ne hanno avuto, tuttavia sussiste l'esigenza di tutelare
 il  convenuto,  il  quale,  altrimenti,  si  troverebbe  costretto  a
 riassumere la causa per l'impossibilita' di conoscere tempestivamente
 se vi sia stata la  riassunzione  della  causa  principale  da  parte
 dell'attore;
     che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  dello  Stato,  il
 quale  ha  concluso  per  l'infondatezza della prospettata questione,
 osservando anzitutto  che  potrebbe  applicarsi  analogicamente  alla
 fattispecie  il  disposto  di  cui  all'art.  269  cod.  proc. civ. e
 consentirsi in tal modo al convenuto, al quale sia  stato  notificato
 l'atto  di  citazione in riassunzione, di dichiarare, con la comparsa
 depositata nei termini di cui all'art. 166 cod. proc. civ., di  voler
 riassumere la causa nei confronti del terzo chiamato;
     che,  inoltre, ad avviso dell'Avvocatura, anche se fosse esperita
 un'autonoma azione di garanzia, con conseguenti maggiori oneri per la
 parte,  la  lesione  del  principio  del  simultaneus  processus  non
 troverebbe comunque tutela nell'art. 24 della Costituzione.
   Considerato  che,  a  seguito  della  interruzione  del processo, a
 ciascuna  delle  parti  e'  riconosciuta  un'autonoma   facolta'   di
 riassumere   il  giudizio,  indipendentemente  dall'iniziativa  delle
 controparti;
     che, ad eccezione delle ipotesi di litisconsorzio necessario,  la
 predetta   facolta'   si  estende  anche  alla  scelta  dei  soggetti
 processuali nei cui confronti proseguire o riassumere il giudizio, in
 forza del principio dispositivo che informa il processo civile;
     che, pertanto,  in  ipotesi  di  litisconsorzio  facoltativo,  il
 processo interrotto puo' essere legittimamente riassunto o proseguito
 anche  solo parzialmente, con riferimento cioe' ad una soltanto delle
 cause scindibili da cui esso e' composto, senza che  da  cio'  derivi
 alcuna limitazione dei diritti delle parti;
     che,  infatti,  come  gia' questa Corte ha affermato (sentenza n.
 295 del 1995),  il  simultaneus  processus  e'  un  "mero  espediente
 processuale  mirato  a  fini di economia dei giudizi e di prevenzione
 del  pericolo   di   giudicati   contraddittori,   sicche'   la   sua
 inattuabilita'  non  riguarda  il diritto di azione ne' il diritto di
 difesa, una volta che la pretesa sostanziale del soggetto interessato
 possa essere fatta valere nella competente,  pur  se  distinta,  sede
 giudiziaria con pienezza di contraddittorio e di difesa";
     che  l'onere  delle  spese  processuali, a carico della parte che
 instauri un'autonoma  causa  di  garanzia  per  l'inattuabilita'  del
 simultaneus processus, non costituisce violazione del precetto di cui
 all'art.    24  della  Costituzione,  poiche'  esso non garantisce la
 gratuita' della prestazione giudiziaria, ma, al  contrario,  "con  il
 fare  obbligo  di  assicurare  ai  non  abbienti  i mezzi per agire e
 difendersi davanti ad ogni giurisdizione, muove dal  presupposto  che
 sia  legittimo  imporre oneri patrimoniali a carico di coloro nei cui
 riguardi e' esplicata una attivita' di giustizia" (sentenza n. 30 del
 1964; tra le altre, sentenze nn. 93 del 1967, 41 del  1972,  268  del
 1984);
     che  inoltre  e'  opportuno sottolineare come la norma censurata,
 anche a seguito delle pronunce di questa Corte (sentenze nn. 139  del
 1967  e 159 del 1971) con le quali si e' modificata la decorrenza del
 termine per la riassunzione o prosecuzione del  processo  interrotto,
 sia  ontologicamente strutturata in modo da garantire la certezza dei
 rapporti processuali, la quale  certezza  verrebbe  certamente  meno,
 qualora  si introducesse, come vorrebbe il rimettente, una decorrenza
 differenziata  del  termine  per   ciascuna   delle   diverse   parti
 processuali,   soprattutto   in   ipotesi   di  pluralita'  di  cause
 scindibili;
     che, in definitiva,  nel  processo  litisconsortile  facoltativo,
 allorche'  la  riassunzione  sia  eseguita  nei  confronti  di alcune
 soltanto delle parti  e  riguardo  ad  alcuni  soltanto  dei  diversi
 rapporti   processuali   che  componevano  originariamente  un  unico
 giudizio, si produce l'effetto della separazione  in  atto  di  cause
 scindibili  -  che  gia' potevano esserlo sin dall'inizio -, le quali
 vengono appunto ad essere in quel momento scisse;
     che rispetto a queste ultime non  manchera'  in  ogni  caso  alle
 parti la dovuta tutela giurisdizionale;
     che  la  questione  prospettata  dal  giudice  a  quo deve quindi
 dichiararsi manifestamente infondata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.