ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  60, ultimo
 comma, della legge 24 novembre 1981, n.  689  (Modifiche  al  sistema
 penale)  promossi  con  due  ordinanze  emesse  il  18 marzo 1996 dal
 pretore di Belluno,  iscritte  ai  numeri  482  e  483  del  registro
 ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1998;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 gennaio 1999 il giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
   Ritenuto che il pretore di Belluno con due  ordinanze  di  identico
 contenuto ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 60, ultimo comma,
 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al  sistema  penale),
 nella  parte  in cui esclude l'applicazione delle pene sostitutive ai
 reati previsti dalle leggi in materia urbanistica ed edilizia, quando
 per detti reati  la  pena  detentiva  non  e'  alternativa  a  quella
 pecuniaria;
     che  a parere del giudice rimettente l'esclusione di che trattasi
 non opererebbe per le  violazioni  previste  dall'art.  1-sexies  del
 decreto-legge  27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni,
 nella legge 8 agosto 1985, n. 431 (c.d. "legge Galasso")  -  peraltro
 oggetto  di contestazione in uno soltanto dei procedimenti a quibus -
 giacche', trattandosi di violazioni concernenti la tutela delle  zone
 di  particolare  interesse  ambientale,  esulerebbero  dalla  materia
 urbanistica ed edilizia  cui  la  disposizione  impugnata  ha  inteso
 invece riferirsi;
     che  alla  stregua  di tale interpretazione risulterebbe pertanto
 compromesso  il  principio  di  uguaglianza,   considerato   che   la
 violazione   delle   norme  penali  poste  a  tutela  del  paesaggio,
 espressamente  presidiato  dall'art.  9  della  Carta   fondamentale,
 sarebbe punita con sanzioni meno severe, grazie appunto al meccanismo
 della  sostituzione,  rispetto  a  quelle comminate per le violazioni
 edilizie ed urbanistiche;
     che nel giudizio non si sono costituite le parti private  ne'  ha
 spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Considerato  che le ordinanze sollevano l'identica questione e che,
 pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per  essere  definiti  con
 unica decisione;
     che  questa  Corte, chiamata a pronunciarsi sul medesimo tema, ha
 osservato che la prospettiva ermeneutica sulla quale si  e'  radicata
 la denunciata disparita' di trattamento non puo' ritenersi assurta al
 rango  di  "diritto  vivente",  e  che, non potendosi al tempo stesso
 ravvisare una assoluta identita' delle previsioni poste a  raffronto,
 quella concernente l'edilizia e l'urbanistica e quella concernente il
 paesaggio,  non  risulta  nel  complesso  vulnerata la ragionevolezza
 intrinseca del divieto denunciato, permettendo cosi' di escludere che
 la disciplina addotta come  tertium  comparationis  evidenzi  un  uso
 costituzionalmente censurabile della discrezionalita' legislativa (v.
 sentenza  n.  145 del 1997, nonche', fra le altre, l'ordinanza n. 153
 del 1998);
     che pertanto, non adducendo il giudice a quo  argomenti  nuovi  o
 diversi   da  quelli  allora  esaminati,  la  questione  deve  essere
 dichiarata manifestamente infondata;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.