Ricorso per conflitto di attribuzioni ex art. 39,  legge  11  marzo
 1953,   n.  87  della  regione  Veneto,  in  persona  del  Presidente
 pro-tempore  della  Giunta  regionale,  on.  dott.  Giancarlo  Galan,
 autorizzato  dalla  Giunta  regionale del Veneto con deliberazione n.
 5205  del  29  dicembre  1998  che  si  allega  in  copia  (all.   1)
 rappresentata e difesa dagli avv.ti Alfredo Bianchini e Luigi Manzi e
 con  domicilio  eletto  presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via
 Confalonieri n. 5, come da mandato a margine;
   Contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del suo
 Presidente pro-tempore, avverso il decreto del  Ministro  dei  lavori
 pubblici   8   ottobre  1998  (recante  disposizioni  in  materia  di
 Promozione  di  Programmi  innovativi  in  ambito  urbano  denominati
 "Programmi  di  riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del
 territorio") ed i relativi allegati (Bando,  Allegato  "A",  Allegato
 "B")  pubblicati  nel Supplemento ordinario alla "Gazzetta Ufficiale"
 n. 278 del 27 novembre 1998 - Serie generale per la  declaratoria  di
 illegittima  invasione della sfera di attribuzioni regionali da parte
 dei suddetti atti statali e per il conseguente loro annullamento.
   La legge n. 59 del 15 marzo 1997 riserva, come noto, allo Stato una
 serie di funzioni e compiti in una  serie  di  materie  espressamente
 indicate nell'art. 1 dalla lettera a alla lettera r-bis, mentre nelle
 restanti  materie  i  relativi compiti e funzioni sono attributi alle
 regioni e agli enti locali  con  la  precisazione  (art.  2)  che  la
 disciplina  legislativa  delle funzioni e dei compiti cosi' conferiti
 alle regioni spetta  alle  medesime  quando  sia  riconducibile  alle
 materie  di  cui  all'art. 117, primo comma della Costituzione; nelle
 residue materie alle regioni spetta invece il potere di emanare norme
 attuative ai sensi dell'art. 117, secondo comma della Costituzione.
   Lo stesso art. 1 ed ancora i successivi artt. 2 e 3 mantengono allo
 Stato anche una  serie  di  funzioni  e  compiti  nelle  materie  pur
 conferite  alle  regioni: in particolare (art. 1, quarto comma, lett.
 c), vengono conservati allo Stato i compiti di rilievo nazionale  del
 sistema  di protezione civile, per la difesa del suolo, per la tutela
 dell'ambiente e della salute.
   Orbene, il decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998, emanato in
 attuazione della legge n. 59/1997, nel disciplinare in particolare le
 linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale, dichiara il
 mantenimento allo Stato delle funzioni relative (art. 54, lett.    e)
 "alla  promozione  di  programmi  innovativi  in  ambito  urbano  che
 implichino   un   intervento   coordinato   da   parte   di   diverse
 amministrazioni  dello Stato". E cio' nel quadro dei compiti relativi
 (art. 52 dello stesso decreto 112 in relazione al gia' citato art. 1,
 comma 4, lett.   c) "alla identificazione  delle  linee  fondamentali
 dell'assetto  del  territorio  nazionale  con  riferimento  ai valori
 naturali ed ambientali, alla difesa del suolo ed  alla  articolazione
 territoriale  delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza
 Statale, nonche' al sistema delle citta' e delle aree  metropolitane,
 anche  ai  fini  dello sviluppo del Mezzogiorno e delle aree depresse
 del Paese".
   Sta di fatto che il Ministero dei lavori  pubblici  con  decreto  8
 ottobre  1998,  pubblicato in Gazzetta Ufficiale 27 novembre 1998, ha
 approvato una disciplina di "promozione di  programmi  innovativi  in
 ambito  urbano  denominati "programmi di riqualificazione urbana e di
 sviluppo sostenibile del territorio"  richiamando  i  gia'  ricordati
 artt.  52 e 54 del decreto 31 marzo 1998 n. 112 nonche' l'art. 98 del
 medesimo decreto legislativo, che  tra  le  funzioni  mantenute  allo
 Stato  individua  la  pianificazione pluriennale della viabilita', la
 programmazione, progettazione, realizzazione e  gestione  della  rete
 stradale  ed  autostradale  e  la determinazione dei criteri relativi
 alla fissazione dei canoni delle licenze e delle concessioni.
   Su tale decreto sembra si sia verificata anche una sofferta  intesa
 con  la  Conferenza  unificata  (con  voto  peraltro  contrario della
 regione Veneto) e comunque tale decreto e' stato approvato unitamente
 ad  un  bando  e  a  due  allegati  concernenti   le   modalita'   di
 presentazione dei programmi di intervento.
   Orbene,  il  decreto del Ministro dei lavori pubblici, che pretende
 di dare attuazione all'art. 54 del decreto legislativo  n.  112  (nel
 quadro dei compiti relativi alle funzioni riservate allo Stato - art.
 52  -  per  la  disciplina  delle linee fondamentali dell'assetto del
 territorio  nazionale),  in  realta' invade la sfera di attribuzioni,
 sia legislative  che  amministrative,  delle  regioni,  vuoi  perche'
 incide sulla materia loro riservata (urbanistica) dall'art. 117 della
 Costituzione;  vuoi  perche'  incide  sulle  funzioni  in  materia di
 urbanistica  e  difesa  del  suolo  e  assetto  del  territorio  gia'
 trasferite  alle  regioni dagli artt. 79, 80 e seguenti del d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616  (e  successive  modificazioni:  in  particolare,
 d.P.R.  18  aprile  1994, n. 383), sia perche' riconduce alla materia
 mantenuta allo Stato dei programmi innovativi (in quanto inseriti nei
 compiti essenziali per l'assetto del territorio nazionale),  funzioni
 ed  attivita'  che in realta' non si identificano con quei compiti di
 rilievo nazionale che erano stati definiti dall'art. 1 comma 4, lett.
 c della  legge  n.  59/1997  e  dallo  stesso  art.  52  del  decreto
 legislativo  n.  112/1998,  avendo  piuttosto  natura di normalissimi
 interventi sul territorio e come tali riconducibili sulla base  della
 citata  normativa  (art. 117 della Costituzione, d.P.R.  n. 616/1977,
 legge  n.  59/1997),   alla   competenza   vuoi   legislativa,   vuoi
 amministrativa delle regioni.
   L'art.   2   del  decreto  misteriale  8  ottobre  1998  tenta  una
 definizione  dei  programmi  innovativi  dicendo  che   essi   "hanno
 l'obiettivo    di    avviare   una   sperimentazione   sulle   azioni
 amministrative e sui moduli operativi piu' efficaci  per  attivare  i
 finanziamenti  per  gli  interventi  nelle  aree  urbane  che saranno
 previsti nel nuovo quadro comunitario di sostegno".
   Come ben si vede, il Ministero omette la definizione dei  contenuti
 dei programmi innovativi; omette persino la definizione di principi o
 criteri  di  carattere generale che dovrebbero comunque consentire di
 individuare e determinare i contenuti degli stessi; sembra piuttosto,
 se non si e' inteso male il faticoso periodare del  primo  comma  del
 citato  art.  2,  che  tali  programmi  innovativi (che peraltro sono
 denominati "di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile  del
 territorio")  siano concepiti come un metodo (sperimentale) di azione
 amministrativa  allo  scopo  di  attivare  finanziamenti  sulle  aree
 urbane.
   Sta  di  fatto  che  il bando allegato al decreto (e che secondo il
 decreto dovrebbe limitarsi -  art.  2,  comma  3  -  a  stabilire  le
 modalita' di presentazione e di selezione di programmi innovativi) ne
 individua  i  possibili contenuti che non riguardano tanto o soltanto
 la sperimentazione sulle azioni amministrative e sui moduli operativi
 (come diceva l'art.   2 del  decreto),  bensi'  interventi  piuttosto
 concreti   che   riguardano,   fra  l'altro,  strutture  direzionali,
 strutture ricettive,  strutture  sanitarie,  interventi  di  edilizia
 residenziale  ed  abitativa,  opere  di  urbanizzazione, insediamenti
 produttivi, recupero di aree e di edilizia degradata. Quindi,  in  un
 quadro  piuttosto  confuso,  ed  in  una  sede  impropria  (il  bando
 piuttosto che il decreto) si coglie pienamente il vero  contenuto  di
 questi  cosi'  detti  programmi  innovativi,  che  sono  per  lo piu'
 programmi edilizi  di  normalissimo  assetto  del  territorio,  senza
 nessuna  peculiare  connotazione  che li possa far ricondurre vuoi ai
 compiti di rilievo  nazionale  dello  Stato,  vuoi  al  carattere  di
 innovazione,  vale  a  dire  ricondurre  a quei profili che avrebbero
 potuto giustificare il  mantenimento  delle  relative  funzioni  allo
 Stato stesso.
   Si   tratta  quindi  di  una  evidente  invasione  nella  sfera  di
 competenza regionale, sia sotto il profilo legislativo che  sotto  il
 profilo  amministrativo  in  aperta  violazione  dell'art.  117 della
 Costituzione, degli art. 79, 80 e seguenti del d.P.R. 24 luglio 1977,
 n. 616  e  successive  modificazioni,  dell'art.  1  della  legge  n.
 59/1997, degli artt. 52, 54 e 98 del d.P.R. n. 112/1998, in relazione
 appunto  al  decreto  nel  suo  complesso,  al  bando  allegato ed in
 particolare con riferimento all'art. 2 del  decreto  stesso  ed  agli
 artt. 2 e 3 del bando.
   L'art.  54  manteneva  allo Stato, come si e' detto, la funzione di
 promozione dei programmi innovativi in ambito urbano che implicassero
 un intervento coordinato da parte delle Amministrazioni  dello  Stato
 con   esplicito   ed   evidente   riferimento   all'esigenza   di  un
 coordinamento interstatuale ed in ragione di cio'  riservava  appunto
 allo Stato il potere di promozione.
   Sennonche'  gli  art.  4  e  5 del bando (che sconfina dagli stessi
 limiti posti dal decreto ministeriale) si apprende  che  il  soggetto
 promotore  dei  programmi  non  e' gia' lo Stato, bensi' e' il comune
 che, guarda caso, li  deve  coordinare  con  i  propri  strumenti  di
 pianificazione  e secondo un procedimento che ricorda molto da vicino
 l'adozione dei piani regolatori.
   A sua volta l'art. 5  configura  la  categoria  (non  prevista  nel
 decreto  legislativo  n.  112 e neppure nel decreto ministeriale) dei
 soggetti proponenti: quei soggetti  (e  fra  questi  le  regioni,  le
 province, le comunita' montane, lo stesso Stato ed una serie infinita
 ed   indefinita  di  amministrazioni  pubbliche  e  di  privati)  che
 dovrebbero piu' o meno disciplinatamente (o piu' o meno confusamente,
 sarebbe meglio dire in assenza  di  una  leggibile  regolamentazione)
 formulare  le  loro  proposte  "ai  comuni promotori" che in sostanza
 dovrebbero formulare i loro programmi che non sono ne' piu' ne'  meno
 che   varianti   integrative   o   modificative  dei  loro  strumenti
 urbanistici.
   Come ben si comprende, il sistema degli artt. 4 e 5  capovolge  del
 tutto  arbitrariamente  ed  illegittimamente il sistema della riserva
 allo Stato della promozione di programmi innovativi almeno  sotto  un
 duplice profilo.
   Sotto  un  primo  profilo,  perche'  il mantenimento della funzione
 circa i programmi innovativi allo Stato era ed  e'  giustificato  dal
 suo  essenziale  compito  di  determinazione delle linee fondamentali
 dell'assetto del territorio nazionale, tra  l'altro  mediante  intese
 nella  Conferenza  unificata.  Sulla  base  dei citati art. 4 e 5 del
 bando, promotore del programma non e' piu' lo Stato (in  ragione  del
 suo  fondamentale  compito da svolgersi con particolari coordinamenti
 ed intese), bensi' lo  sono  i  singoli  comuni  (|)  sulla  base  di
 proposte   che  in  sostanza  possono  essere  avanzate  da  chiunque
 (soggetti pubblici e privati), senza neppure un ordine di priorita' e
 senza  comunque  criteri  per   stabilirne,   priorita',   rilevanze,
 coordinamenti ecc.
   Sotto  un  secondo  profilo  e'  da sottolineare che i compiti e le
 funzioni, che nel sistema della legge  delega  n.  59  del  1997  non
 appartenessero a materie riservate allo Stato, rientravano (sia sotto
 l'aspetto  legislativo  che  sotto  l'aspetto  amministrativo)  nella
 competenza delle regioni (ove tale competenza non  fosse  gia'  stata
 stabilita, come nel caso dell'urbanistica, dall'art. 117 della stessa
 Costituzione).   Nel sistema degli art. 4 e 5 del bando, si verifica,
 invece, una sorta di impropria subdelega dallo Stato  ai  comuni  con
 relativa sottrazione di competenza alle regioni, che nei procedimenti
 per  la  promozione dei programmi in esame, vengono relegate al ruolo
 di proponenti.   Cosicche' attraverso  un  decreto  ministeriale,  o,
 meglio,   attraverso   il   bando   ad   esso  allegato,  avviene  lo
 stravolgimento dei principi della delega dallo  Stato  alle  regioni,
 con  potenziamento  irrazionale e comunque illegittimo delle funzioni
 dei comuni a danno delle competenze regionali.
   Orbene, secondo un principio piu'  volte  dichiarato  e  confermato
 dall'insegnamento  di  codesta ecc.ma Corte costituzionale, la figura
 del conflitto di attribuzioni non si restringe alla sola  ipotesi  di
 contestazione  circa  l'appartenenza  del  potere,  ma  si estende ad
 abbracciare ogni ipotesi in  cui  dall'illegittimo  esercizio  di  un
 potere  altrui  consegue  la menomazione di una sfera di attribuzioni
 costituzionalmente assegnate ad altro soggetto.
   Nella specie si verifica, da un lato, un'invasione di potere  nella
 misura  in cui gli art. 4 e 5 evidenziano che le funzioni e i compiti
 che il Ministero ha inteso disciplinare appartengono ratione materiae
 alle regioni, venendo in rilievo programmi innovativi che in  realta'
 sono  strumenti  riconducibili  alla  disciplina urbanistico-edilizia
 nonche' alla disciplina degli assetti territoriali  ed  ambientali  e
 come tali rientranti appunto nella competenza  regionale.
   D'altro  lato  e'  proprio  la  violazione  sopra evidenziata delle
 stesse  norme  contenute  nella  legge  n.  59/1997  e  del   decreto
 legislativo  n.  112/1998  (con  riguardo  in particolare al soggetto
 promotore) che concorre a determinare la menomazione della  sfera  di
 attribuzioni  della  regione.  In altre parole, proprio l'illegittimo
 "trasferimento" delle funzioni promozionali  dallo  Stato  ai  comuni
 comporta  di  fatto  una  irrazionale  sottrazione  delle  competenze
 regionali a vantaggio dei comuni in aperta  violazione  non  soltanto
 dell'art. 117 della Costituzione e delle norme sopra citate, ma anche
 in  violazione delle gia' ricordate disposizioni contenute nel d.P.R.
 24 luglio 1977 n.  616.
   Se le censure che precedono si riferiscono ai profili soggettivi ed
 oggettivi  dei  cosi'  detti  programmi  innovativi  (promotori   dei
 programmi   e   contenuti  dei  programmi)  va  subito  aggiunto  che
 l'invasione dello Stato nelle  competenze  della  regione  si  coglie
 anche  con  riferimento  al  sistema  dei  mezzi  per realizzare tali
 programmi.
   L'art. 1 da' atto che il Ministero dei  lavori  pubblici  ha  delle
 disponibilita'  finanziarie  per realizzare i programmi in questione;
 l'art. 1 del bando ribadisce l'individuazione di tali  disponibilita'
 finanziarie;  gli  artt.  6  e  7,  8,  9  e  14  disciplinano  molto
 accuratamente le modalita' di finanziamento  dei  programmi  sia  nei
 confronti   dei   soggetti   pubblici   che   dei  soggetti  privati:
 finanziamenti che sono assoggettati,  a  tenore  delle  citate  norme
 all'esame e all'approvazione del Ministero.
   Ancora una volta l'insieme di tali disposizioni e' rivelatore di un
 invasione della sfera regionale da parte dello Stato.
   In primo luogo perche' - e si rinnova qui la censura - si tratta di
 finanziamenti  gestiti  dallo  Stato  in  una  materia che in realta'
 appartiene alla regione, attenendo al campo urbanistico,  all'assetto
 del  territorio  e all'edilizia residenziale ed abitativa e non anche
 al  particolare  settore  dei programmi innovativi, che costituiscono
 semplicemente un' etichetta per nascondere un'invasione di campo.
   Cosicche' in quest'ottica al Ministero si sarebbe  dovuto  al  piu'
 riservare  un  potere  di  indirizzo  e controllo su finanziamenti da
 trasferire alla regione per l'attuazione dei normali interventi sulle
 aree urbane, quali sono appunto i pretesi programmi innovativi.
   Ma vi e' un secondo aspetto, altrettanto grave, che  va  denunciato
 come   sintomatico   dell'invasione   dello  Stato  nella  competenza
 regionale.
   L'art. 54 manteneva allo Stato una ben precisa funzione  quella  di
 "promozione"  dei programmi innovativi. Funzione che non poteva e non
 puo' essere  interpretata  estensivamente  non  fosse  altro  perche'
 l'art.  1  dello  stesso  decreto  legislativo n. 112/1998 ha cura di
 precisare che "in nessun caso - quarto comma dell'art. 1 -  le  norme
 del  presente  decreto  legislativo  possono  essere interpretate nel
 senso della attribuzione allo Stato, alle  sue  amministrazioni  o  a
 enti pubblici nazionali, di funzioni e compiti trasferiti, delegati o
 comunque attributi alle regioni ....". Di piu' il secondo comma dello
 stesso  art.  1  ha a sua volta cura di precisare che il conferimento
 delle  competenze  alle  regioni  comprende  anche  le  funzioni   di
 organizzazione  e  le  attivita' connesse e strumentali all'esercizio
 delle funzioni e dei compiti conferiti.
   Cio' sta a dire, dunque, che quando l'art.  54  si  riferisce  alla
 promozione  di programmi innovativi si riferisce alla promozione tout
 court e non anche ad eventuali funzioni e compiti ulteriori  che  non
 possono  non  rientrare  nelle  normali  competenze  regionali,  alla
 stregua dei principi ermeneutici contenuti nell'appena citato art.  1
 del decreto n. 112/1998.
   Orbene, tutto il sistema di finanziamento (con i relativi poteri di
 approvazione  del  Ministero) va ben oltre la funzione di promozione,
 per invadere il campo di gestione amministrativa  che  non  puo'  non
 competere alle regioni, fermi naturalmente i poteri di indirizzo e di
 controllo del Ministero che non possono naturalmente pero' consistere
 in  funzioni  di  amministrazione  attiva  quali  l'approvazione e la
 gestione dei finanziamenti stessi.
   In questa ottica  le  disposizioni  in  esame  violano  dunque  non
 soltanto  l'art.  117  della  Costituzione, non soltanto il d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616 ma anche  gli  stessi  principi  contenuti  negli
 artt.  1 della legge n. 59/1997, 1, 52, 54 del decreto legislativo n.
 112/1998, verificandosi cosi' un  illegittimo  esercizio  del  potere
 statuale  che  determina  la  menomazione della sfera di attribuzioni
 costituzionalmente assegnate alla regione.
   Gli artt.  10,  11,  12  e  13  configurano  le  procedure  per  la
 valutazione  dei  cosi'  detti programmi innovativi ponendo i criteri
 (art. 10) stabilendo i procedimenti (art. 11: in particolare  accordi
 quadro),  le  procedure di spesa e contabili (art. 12) ed, infine, le
 procedure vere e proprie di valutazione dei  programmi  (comitati  di
 valutazione, punteggi di valutazione, ecc.: art. 13).
   In  buona  sostanza  il  Ministero  ha cosi' stabilito una sorta di
 procedura concorsuale con tanto  di  commissione  giudicatrice  e  di
 punteggi,  oltre  ad una serie di procedimenti di dettaglio che vanno
 dagli accordi quadro agli impegni del comune  ai  fini  del  rilascio
 delle concessioni edilizie, alla designazione dei funzionari delegati
 alla  contabilita',  alla individuazione delle aree ecc.. Come ben si
 vede, il Ministero e' andato ben oltre la sua competenza di promotore
 dei programmi, per diventare il soggetto che disciplina tutta la fase
 propriamente amministrativa e gestionale dei programmi  stessi.    Di
 piu',  presiedendo  (art.  13 del bando) il Comitato di valutazione e
 selezione  dei  programmi  ne  diventa  l'organo  chiave  nella  fase
 approvativa.
   In  questo  ordine  di  considerazioni  si  deduce  non soltanto la
 violazione  dei  principi  che  si  riconducono  all'art.  117  della
 Costituzione  per invasione dello Stato in una materia riservata alle
 regioni secondo quanto sopra evidenziato, ma  si  deduce  ancora  una
 volta l'illegittimo esercizio del potere come disciplinato dagli art.
 1  e  54  (in  relazione  anche  agli  artt.  52  e  98)  del decreto
 legislativo n. 112/1998 in quanto dal superamento dei  confini  della
 attivita'  di promozione riservata allo Stato consegue la menomazione
 della  sfera  di  attribuzioni  costituzionalmente   assegnate   alla
 regione,  anche  nell'ipotesi  (negata) che il decreto si muova in un
 legittimo campo di veri programmi innovativi.
   Che l'intervento  del  Ministero  sia  andato  oltre  i  compiti  e
 funzioni   promozionali   relativi  all'individuazione  di  programmi
 innovativi che, non si dimentichi, in tanto sono riservati allo Stato
 in  quanto  si  ricolleghino   alla   identificazione   delle   linee
 fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai
 valori   ambientali  e  naturali,  alla  difesa  del  suolo  ed  alla
 articolazione territoriale delle reti  infrastrutturali,  nonche'  al
 sistema delle citta' e delle aeree metropolitane (anche ai fini dello
 sviluppo  del  Mezzogiorno  e delle aree depresse del Paese). Che sia
 andato oltre questi compiti non solo risulta da cio' che il Ministero
 nel decreto e  negli  allegati  qui  contestati  non  ha  minimamente
 identificato  quelle  linee fondamentali dell'assetto territoriale di
 cui i programmi innovativi avrebbero dovuto essere l'espressione,  ma
 anche  da cio' che ha pure trovato il modo (negli allegati "A" e "B")
 di redigere i modelli per la presentazione dei programmi da parte dei
 proponenti.
   La lettura di questi moduli (denominati "modello  PRUSST")  che  si
 soffermano  persino  sul  numero  di  telefono e sul fax del soggetto
 proponente, sui nomi dei progettisti, e su tutta una  serie  di  dati
 che  riguardano  l'individuazione  dell'intervento  e nei quali viene
 richiesto di evidenziare, fra l'altro, se si tratti di interventi  di
 edilizia  scolastica, di edilizia pubblica, di edilizia abitativa, di
 edilizia ospedaliera, di edilizia sovvenzionata, di edilizia  libera,
 di  edilizia  per  il commercio, di edilizia alberghiera, di edilizia
 destinata al turismo, di edilizia  per  l'industria,  artigianato  ed
 insediamenti produttivi in genere. La lettura dunque di questi moduli
 persuade  della fondatezza di almeno due delle censure sopra proposte
 e che vengono anche sotto questo aspetto qui espressamente riproposte
 con riferimento ai due allegati "A" e "B" nel loro complesso.
   Da un lato si  e'  resi  persuasi  che  questi  programmi,  il  cui
 carattere   innovativo  non  si  riesce  a  cogliere  e  che  non  e'
 determinato ne' determinabile, mascherano in realta' interventi in un
 campo urbanistico-edilizio e di  assetto  in  genere  del  territorio
 riservato  alla  regione  dalla Costituzione e dal complesso di leggi
 attuative piu' volte sopra citate.
   D'altro  lato,  e'  reso  evidente  lo sconfinamento dello Stato in
 funzioni ed attivita' di amministrazione, organizzazione  e  gestione
 (addirittura  di  dettaglio estremo) che comunque competerebbero alla
 regione, ancorche' si fosse in presenza di veri programmi  innovativi
 perche'  appunto  si  tratterebbe  di  funzioni,  quelle  che si sono
 estrinsecate  nell'elaborazione  degli  allegati,  che  esulano   dai
 compiti  di  promozione  riservati allo Stato e di competenza appunto
 delle regioni.