Ricorso per conflitto di attribuzioni ex art. 39, legge 11 marzo 1953, n. 87 della regione Veneto, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale, on. dott. Giancarlo Galan, autorizzato dalla Giunta regionale del Veneto con deliberazione n. 5205 del 29 dicembre 1998 che si allega in copia (all. 1) rappresentata e difesa dagli avv.ti Alfredo Bianchini e Luigi Manzi e con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri n. 5, come da mandato a margine; Contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del suo Presidente pro-tempore, avverso il decreto del Ministro dei lavori pubblici 8 ottobre 1998 (recante disposizioni in materia di Promozione di Programmi innovativi in ambito urbano denominati "Programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio") ed i relativi allegati (Bando, Allegato "A", Allegato "B") pubblicati nel Supplemento ordinario alla "Gazzetta Ufficiale" n. 278 del 27 novembre 1998 - Serie generale per la declaratoria di illegittima invasione della sfera di attribuzioni regionali da parte dei suddetti atti statali e per il conseguente loro annullamento. La legge n. 59 del 15 marzo 1997 riserva, come noto, allo Stato una serie di funzioni e compiti in una serie di materie espressamente indicate nell'art. 1 dalla lettera a alla lettera r-bis, mentre nelle restanti materie i relativi compiti e funzioni sono attributi alle regioni e agli enti locali con la precisazione (art. 2) che la disciplina legislativa delle funzioni e dei compiti cosi' conferiti alle regioni spetta alle medesime quando sia riconducibile alle materie di cui all'art. 117, primo comma della Costituzione; nelle residue materie alle regioni spetta invece il potere di emanare norme attuative ai sensi dell'art. 117, secondo comma della Costituzione. Lo stesso art. 1 ed ancora i successivi artt. 2 e 3 mantengono allo Stato anche una serie di funzioni e compiti nelle materie pur conferite alle regioni: in particolare (art. 1, quarto comma, lett. c), vengono conservati allo Stato i compiti di rilievo nazionale del sistema di protezione civile, per la difesa del suolo, per la tutela dell'ambiente e della salute. Orbene, il decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998, emanato in attuazione della legge n. 59/1997, nel disciplinare in particolare le linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale, dichiara il mantenimento allo Stato delle funzioni relative (art. 54, lett. e) "alla promozione di programmi innovativi in ambito urbano che implichino un intervento coordinato da parte di diverse amministrazioni dello Stato". E cio' nel quadro dei compiti relativi (art. 52 dello stesso decreto 112 in relazione al gia' citato art. 1, comma 4, lett. c) "alla identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali ed ambientali, alla difesa del suolo ed alla articolazione territoriale delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza Statale, nonche' al sistema delle citta' e delle aree metropolitane, anche ai fini dello sviluppo del Mezzogiorno e delle aree depresse del Paese". Sta di fatto che il Ministero dei lavori pubblici con decreto 8 ottobre 1998, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 27 novembre 1998, ha approvato una disciplina di "promozione di programmi innovativi in ambito urbano denominati "programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio" richiamando i gia' ricordati artt. 52 e 54 del decreto 31 marzo 1998 n. 112 nonche' l'art. 98 del medesimo decreto legislativo, che tra le funzioni mantenute allo Stato individua la pianificazione pluriennale della viabilita', la programmazione, progettazione, realizzazione e gestione della rete stradale ed autostradale e la determinazione dei criteri relativi alla fissazione dei canoni delle licenze e delle concessioni. Su tale decreto sembra si sia verificata anche una sofferta intesa con la Conferenza unificata (con voto peraltro contrario della regione Veneto) e comunque tale decreto e' stato approvato unitamente ad un bando e a due allegati concernenti le modalita' di presentazione dei programmi di intervento. Orbene, il decreto del Ministro dei lavori pubblici, che pretende di dare attuazione all'art. 54 del decreto legislativo n. 112 (nel quadro dei compiti relativi alle funzioni riservate allo Stato - art. 52 - per la disciplina delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale), in realta' invade la sfera di attribuzioni, sia legislative che amministrative, delle regioni, vuoi perche' incide sulla materia loro riservata (urbanistica) dall'art. 117 della Costituzione; vuoi perche' incide sulle funzioni in materia di urbanistica e difesa del suolo e assetto del territorio gia' trasferite alle regioni dagli artt. 79, 80 e seguenti del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (e successive modificazioni: in particolare, d.P.R. 18 aprile 1994, n. 383), sia perche' riconduce alla materia mantenuta allo Stato dei programmi innovativi (in quanto inseriti nei compiti essenziali per l'assetto del territorio nazionale), funzioni ed attivita' che in realta' non si identificano con quei compiti di rilievo nazionale che erano stati definiti dall'art. 1 comma 4, lett. c della legge n. 59/1997 e dallo stesso art. 52 del decreto legislativo n. 112/1998, avendo piuttosto natura di normalissimi interventi sul territorio e come tali riconducibili sulla base della citata normativa (art. 117 della Costituzione, d.P.R. n. 616/1977, legge n. 59/1997), alla competenza vuoi legislativa, vuoi amministrativa delle regioni. L'art. 2 del decreto misteriale 8 ottobre 1998 tenta una definizione dei programmi innovativi dicendo che essi "hanno l'obiettivo di avviare una sperimentazione sulle azioni amministrative e sui moduli operativi piu' efficaci per attivare i finanziamenti per gli interventi nelle aree urbane che saranno previsti nel nuovo quadro comunitario di sostegno". Come ben si vede, il Ministero omette la definizione dei contenuti dei programmi innovativi; omette persino la definizione di principi o criteri di carattere generale che dovrebbero comunque consentire di individuare e determinare i contenuti degli stessi; sembra piuttosto, se non si e' inteso male il faticoso periodare del primo comma del citato art. 2, che tali programmi innovativi (che peraltro sono denominati "di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio") siano concepiti come un metodo (sperimentale) di azione amministrativa allo scopo di attivare finanziamenti sulle aree urbane. Sta di fatto che il bando allegato al decreto (e che secondo il decreto dovrebbe limitarsi - art. 2, comma 3 - a stabilire le modalita' di presentazione e di selezione di programmi innovativi) ne individua i possibili contenuti che non riguardano tanto o soltanto la sperimentazione sulle azioni amministrative e sui moduli operativi (come diceva l'art. 2 del decreto), bensi' interventi piuttosto concreti che riguardano, fra l'altro, strutture direzionali, strutture ricettive, strutture sanitarie, interventi di edilizia residenziale ed abitativa, opere di urbanizzazione, insediamenti produttivi, recupero di aree e di edilizia degradata. Quindi, in un quadro piuttosto confuso, ed in una sede impropria (il bando piuttosto che il decreto) si coglie pienamente il vero contenuto di questi cosi' detti programmi innovativi, che sono per lo piu' programmi edilizi di normalissimo assetto del territorio, senza nessuna peculiare connotazione che li possa far ricondurre vuoi ai compiti di rilievo nazionale dello Stato, vuoi al carattere di innovazione, vale a dire ricondurre a quei profili che avrebbero potuto giustificare il mantenimento delle relative funzioni allo Stato stesso. Si tratta quindi di una evidente invasione nella sfera di competenza regionale, sia sotto il profilo legislativo che sotto il profilo amministrativo in aperta violazione dell'art. 117 della Costituzione, degli art. 79, 80 e seguenti del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e successive modificazioni, dell'art. 1 della legge n. 59/1997, degli artt. 52, 54 e 98 del d.P.R. n. 112/1998, in relazione appunto al decreto nel suo complesso, al bando allegato ed in particolare con riferimento all'art. 2 del decreto stesso ed agli artt. 2 e 3 del bando. L'art. 54 manteneva allo Stato, come si e' detto, la funzione di promozione dei programmi innovativi in ambito urbano che implicassero un intervento coordinato da parte delle Amministrazioni dello Stato con esplicito ed evidente riferimento all'esigenza di un coordinamento interstatuale ed in ragione di cio' riservava appunto allo Stato il potere di promozione. Sennonche' gli art. 4 e 5 del bando (che sconfina dagli stessi limiti posti dal decreto ministeriale) si apprende che il soggetto promotore dei programmi non e' gia' lo Stato, bensi' e' il comune che, guarda caso, li deve coordinare con i propri strumenti di pianificazione e secondo un procedimento che ricorda molto da vicino l'adozione dei piani regolatori. A sua volta l'art. 5 configura la categoria (non prevista nel decreto legislativo n. 112 e neppure nel decreto ministeriale) dei soggetti proponenti: quei soggetti (e fra questi le regioni, le province, le comunita' montane, lo stesso Stato ed una serie infinita ed indefinita di amministrazioni pubbliche e di privati) che dovrebbero piu' o meno disciplinatamente (o piu' o meno confusamente, sarebbe meglio dire in assenza di una leggibile regolamentazione) formulare le loro proposte "ai comuni promotori" che in sostanza dovrebbero formulare i loro programmi che non sono ne' piu' ne' meno che varianti integrative o modificative dei loro strumenti urbanistici. Come ben si comprende, il sistema degli artt. 4 e 5 capovolge del tutto arbitrariamente ed illegittimamente il sistema della riserva allo Stato della promozione di programmi innovativi almeno sotto un duplice profilo. Sotto un primo profilo, perche' il mantenimento della funzione circa i programmi innovativi allo Stato era ed e' giustificato dal suo essenziale compito di determinazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale, tra l'altro mediante intese nella Conferenza unificata. Sulla base dei citati art. 4 e 5 del bando, promotore del programma non e' piu' lo Stato (in ragione del suo fondamentale compito da svolgersi con particolari coordinamenti ed intese), bensi' lo sono i singoli comuni (|) sulla base di proposte che in sostanza possono essere avanzate da chiunque (soggetti pubblici e privati), senza neppure un ordine di priorita' e senza comunque criteri per stabilirne, priorita', rilevanze, coordinamenti ecc. Sotto un secondo profilo e' da sottolineare che i compiti e le funzioni, che nel sistema della legge delega n. 59 del 1997 non appartenessero a materie riservate allo Stato, rientravano (sia sotto l'aspetto legislativo che sotto l'aspetto amministrativo) nella competenza delle regioni (ove tale competenza non fosse gia' stata stabilita, come nel caso dell'urbanistica, dall'art. 117 della stessa Costituzione). Nel sistema degli art. 4 e 5 del bando, si verifica, invece, una sorta di impropria subdelega dallo Stato ai comuni con relativa sottrazione di competenza alle regioni, che nei procedimenti per la promozione dei programmi in esame, vengono relegate al ruolo di proponenti. Cosicche' attraverso un decreto ministeriale, o, meglio, attraverso il bando ad esso allegato, avviene lo stravolgimento dei principi della delega dallo Stato alle regioni, con potenziamento irrazionale e comunque illegittimo delle funzioni dei comuni a danno delle competenze regionali. Orbene, secondo un principio piu' volte dichiarato e confermato dall'insegnamento di codesta ecc.ma Corte costituzionale, la figura del conflitto di attribuzioni non si restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del potere, ma si estende ad abbracciare ogni ipotesi in cui dall'illegittimo esercizio di un potere altrui consegue la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate ad altro soggetto. Nella specie si verifica, da un lato, un'invasione di potere nella misura in cui gli art. 4 e 5 evidenziano che le funzioni e i compiti che il Ministero ha inteso disciplinare appartengono ratione materiae alle regioni, venendo in rilievo programmi innovativi che in realta' sono strumenti riconducibili alla disciplina urbanistico-edilizia nonche' alla disciplina degli assetti territoriali ed ambientali e come tali rientranti appunto nella competenza regionale. D'altro lato e' proprio la violazione sopra evidenziata delle stesse norme contenute nella legge n. 59/1997 e del decreto legislativo n. 112/1998 (con riguardo in particolare al soggetto promotore) che concorre a determinare la menomazione della sfera di attribuzioni della regione. In altre parole, proprio l'illegittimo "trasferimento" delle funzioni promozionali dallo Stato ai comuni comporta di fatto una irrazionale sottrazione delle competenze regionali a vantaggio dei comuni in aperta violazione non soltanto dell'art. 117 della Costituzione e delle norme sopra citate, ma anche in violazione delle gia' ricordate disposizioni contenute nel d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616. Se le censure che precedono si riferiscono ai profili soggettivi ed oggettivi dei cosi' detti programmi innovativi (promotori dei programmi e contenuti dei programmi) va subito aggiunto che l'invasione dello Stato nelle competenze della regione si coglie anche con riferimento al sistema dei mezzi per realizzare tali programmi. L'art. 1 da' atto che il Ministero dei lavori pubblici ha delle disponibilita' finanziarie per realizzare i programmi in questione; l'art. 1 del bando ribadisce l'individuazione di tali disponibilita' finanziarie; gli artt. 6 e 7, 8, 9 e 14 disciplinano molto accuratamente le modalita' di finanziamento dei programmi sia nei confronti dei soggetti pubblici che dei soggetti privati: finanziamenti che sono assoggettati, a tenore delle citate norme all'esame e all'approvazione del Ministero. Ancora una volta l'insieme di tali disposizioni e' rivelatore di un invasione della sfera regionale da parte dello Stato. In primo luogo perche' - e si rinnova qui la censura - si tratta di finanziamenti gestiti dallo Stato in una materia che in realta' appartiene alla regione, attenendo al campo urbanistico, all'assetto del territorio e all'edilizia residenziale ed abitativa e non anche al particolare settore dei programmi innovativi, che costituiscono semplicemente un' etichetta per nascondere un'invasione di campo. Cosicche' in quest'ottica al Ministero si sarebbe dovuto al piu' riservare un potere di indirizzo e controllo su finanziamenti da trasferire alla regione per l'attuazione dei normali interventi sulle aree urbane, quali sono appunto i pretesi programmi innovativi. Ma vi e' un secondo aspetto, altrettanto grave, che va denunciato come sintomatico dell'invasione dello Stato nella competenza regionale. L'art. 54 manteneva allo Stato una ben precisa funzione quella di "promozione" dei programmi innovativi. Funzione che non poteva e non puo' essere interpretata estensivamente non fosse altro perche' l'art. 1 dello stesso decreto legislativo n. 112/1998 ha cura di precisare che "in nessun caso - quarto comma dell'art. 1 - le norme del presente decreto legislativo possono essere interpretate nel senso della attribuzione allo Stato, alle sue amministrazioni o a enti pubblici nazionali, di funzioni e compiti trasferiti, delegati o comunque attributi alle regioni ....". Di piu' il secondo comma dello stesso art. 1 ha a sua volta cura di precisare che il conferimento delle competenze alle regioni comprende anche le funzioni di organizzazione e le attivita' connesse e strumentali all'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti. Cio' sta a dire, dunque, che quando l'art. 54 si riferisce alla promozione di programmi innovativi si riferisce alla promozione tout court e non anche ad eventuali funzioni e compiti ulteriori che non possono non rientrare nelle normali competenze regionali, alla stregua dei principi ermeneutici contenuti nell'appena citato art. 1 del decreto n. 112/1998. Orbene, tutto il sistema di finanziamento (con i relativi poteri di approvazione del Ministero) va ben oltre la funzione di promozione, per invadere il campo di gestione amministrativa che non puo' non competere alle regioni, fermi naturalmente i poteri di indirizzo e di controllo del Ministero che non possono naturalmente pero' consistere in funzioni di amministrazione attiva quali l'approvazione e la gestione dei finanziamenti stessi. In questa ottica le disposizioni in esame violano dunque non soltanto l'art. 117 della Costituzione, non soltanto il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 ma anche gli stessi principi contenuti negli artt. 1 della legge n. 59/1997, 1, 52, 54 del decreto legislativo n. 112/1998, verificandosi cosi' un illegittimo esercizio del potere statuale che determina la menomazione della sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate alla regione. Gli artt. 10, 11, 12 e 13 configurano le procedure per la valutazione dei cosi' detti programmi innovativi ponendo i criteri (art. 10) stabilendo i procedimenti (art. 11: in particolare accordi quadro), le procedure di spesa e contabili (art. 12) ed, infine, le procedure vere e proprie di valutazione dei programmi (comitati di valutazione, punteggi di valutazione, ecc.: art. 13). In buona sostanza il Ministero ha cosi' stabilito una sorta di procedura concorsuale con tanto di commissione giudicatrice e di punteggi, oltre ad una serie di procedimenti di dettaglio che vanno dagli accordi quadro agli impegni del comune ai fini del rilascio delle concessioni edilizie, alla designazione dei funzionari delegati alla contabilita', alla individuazione delle aree ecc.. Come ben si vede, il Ministero e' andato ben oltre la sua competenza di promotore dei programmi, per diventare il soggetto che disciplina tutta la fase propriamente amministrativa e gestionale dei programmi stessi. Di piu', presiedendo (art. 13 del bando) il Comitato di valutazione e selezione dei programmi ne diventa l'organo chiave nella fase approvativa. In questo ordine di considerazioni si deduce non soltanto la violazione dei principi che si riconducono all'art. 117 della Costituzione per invasione dello Stato in una materia riservata alle regioni secondo quanto sopra evidenziato, ma si deduce ancora una volta l'illegittimo esercizio del potere come disciplinato dagli art. 1 e 54 (in relazione anche agli artt. 52 e 98) del decreto legislativo n. 112/1998 in quanto dal superamento dei confini della attivita' di promozione riservata allo Stato consegue la menomazione della sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate alla regione, anche nell'ipotesi (negata) che il decreto si muova in un legittimo campo di veri programmi innovativi. Che l'intervento del Ministero sia andato oltre i compiti e funzioni promozionali relativi all'individuazione di programmi innovativi che, non si dimentichi, in tanto sono riservati allo Stato in quanto si ricolleghino alla identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori ambientali e naturali, alla difesa del suolo ed alla articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, nonche' al sistema delle citta' e delle aeree metropolitane (anche ai fini dello sviluppo del Mezzogiorno e delle aree depresse del Paese). Che sia andato oltre questi compiti non solo risulta da cio' che il Ministero nel decreto e negli allegati qui contestati non ha minimamente identificato quelle linee fondamentali dell'assetto territoriale di cui i programmi innovativi avrebbero dovuto essere l'espressione, ma anche da cio' che ha pure trovato il modo (negli allegati "A" e "B") di redigere i modelli per la presentazione dei programmi da parte dei proponenti. La lettura di questi moduli (denominati "modello PRUSST") che si soffermano persino sul numero di telefono e sul fax del soggetto proponente, sui nomi dei progettisti, e su tutta una serie di dati che riguardano l'individuazione dell'intervento e nei quali viene richiesto di evidenziare, fra l'altro, se si tratti di interventi di edilizia scolastica, di edilizia pubblica, di edilizia abitativa, di edilizia ospedaliera, di edilizia sovvenzionata, di edilizia libera, di edilizia per il commercio, di edilizia alberghiera, di edilizia destinata al turismo, di edilizia per l'industria, artigianato ed insediamenti produttivi in genere. La lettura dunque di questi moduli persuade della fondatezza di almeno due delle censure sopra proposte e che vengono anche sotto questo aspetto qui espressamente riproposte con riferimento ai due allegati "A" e "B" nel loro complesso. Da un lato si e' resi persuasi che questi programmi, il cui carattere innovativo non si riesce a cogliere e che non e' determinato ne' determinabile, mascherano in realta' interventi in un campo urbanistico-edilizio e di assetto in genere del territorio riservato alla regione dalla Costituzione e dal complesso di leggi attuative piu' volte sopra citate. D'altro lato, e' reso evidente lo sconfinamento dello Stato in funzioni ed attivita' di amministrazione, organizzazione e gestione (addirittura di dettaglio estremo) che comunque competerebbero alla regione, ancorche' si fosse in presenza di veri programmi innovativi perche' appunto si tratterebbe di funzioni, quelle che si sono estrinsecate nell'elaborazione degli allegati, che esulano dai compiti di promozione riservati allo Stato e di competenza appunto delle regioni.