IL PRETORE Nel procedimento iscritto al n. 2132/1998 r.g. promosso da Igbinobaro Grace Igbinien, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Favini e presso quest'ultimo in Modena corso Duomo n. 20 elettivamente domiciliata, giusta procura in atti, opponente; Contro il prefetto di Modena, opposto, in punto a ricorso contro decreto di espulsione il pretore dott. Riccardo Di Pasquale, sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 25 novembre 1998, letti gli atti ed i documenti di causa; Osserva in fatto e diritto Con ricorso tardivamente depositato in data 16 novembre 1998 nella Cancelleria civile della pretura di Modena Igbinobaro Grace Igbinien ha proposto opposizione, ai sensi della legge 6 marzo 1998, n. 40, avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Modena in data 16 ottobre 1998 e comunicatole il giorno stesso. Deduce la ricorrente di non avere potuto proporre tempestiva opposizione a causa della mancata comprensione del provvedimento non tradotto in lingua inglese. E' stata disposta la comparizione delle parti: sentita la ricorrente con l'ausilio di un interprete ed assunte informazioni ex art. 738 c.p.c; per la prefettura resistente, che non si e' costituita in giudizio, e' comparsa all'udienza 10 giugno 1998 l'ispettore Bruni dell'ufficio stranieri della questura di Modena, munita pero' di "delega" del questore e quindi non conforme alla previsione degli artt. 2 e 3 del regio decreto n. 1611/1933 sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato. Va quindi preliminarmente esaminata la questione della ammissibilita' di una rimessione in termini per proporre opposizione ovvero dell'ammissibilita' comunque di una opposizione tardiva. L'art. 11 comma 8, legge n. 40/1998 (ora art. 13 del decreto legislativo n. 286/1998 testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) stabilisce che il ricorso va presentato entro il termine - perentorio - di giorni cinque dalla comunicazione del decreto di espulsione. Il giudizio di opposizione e' disciplinato dall'art. 11 della legge n. 40/1998 citato mediante richiamo agli artt. 737 e seguenti del codice di procedura civile (art. 11, comma 9 della legge n. 40/1998 ) e cioe' alle disposizioni comuni ai procedimenti civili in camera di consiglio. E' quindi certamente inapplicabile al caso di specie la norma, richiamata dal difensore della ricorrente, di cui all'art. 175 c.p.p., che disciplina le ipotesi di rimessione in termini nel giudizio penale. Peraltro nel giudizio civile esiste ora l'istituto di applicazione generale della rimessione in termini previsto dall'art. 184-bis c.p.c. (introdotto dall'art. 19, legge n. 353/1990 e poi successivamente modificato). La giurisprudenza, di recente anche della Suprema Corte, ha pero' avuto modo di precisare che la citata norma, come appare evidente dalla sua stessa collocazione (sezione dedicata alla trattazione della causa), riguarda le sole ipotesi in cui le parti costituite siano decadute dal potere di compiere determinate attivita' difensive nell'ambito della causa in corso di trattazione, ma non e' invocabile per le situazioni esterne allo svolgimento del giudizio, per le quali vige tuttora la regola della improrogabilita' dei termini perentori (art. 153 c.p.c.), che impedisce di utilizzare tale istituto anche per le decadenze relative al compimento del termine perentorio per instaurare il giudizio (cosi' Cassazione 15 ottobre 1997, n. 10094 in Foro It. 1998, I, 2659). L'art. 11 della legge n. 40/1998 non prevede l'istituto dell'opposizione tardiva. Manca nel nostro ordinamento civile una norma od un principio che consacri in generale la rilevanza del caso fortuito o della forza maggiore come causa impeditiva della decadenza per mancato rispetto di un termine perentorio per instaurare il giudizio. Ed anzi, come si e' detto, dall'art. 153 c.p.c. si deve dedurre la regola della improrogabilita dei termini perentori. Si ritiene poi che nel caso in esame neppure si possa, applicando l'art. 12 delle preleggi, fare ricorso a disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe (c.d. analogia legis) e segnatamente all'istituto dell'opposizione tardiva a decreto ingiuntivo disciplinato dall'art. 650 c.p.c., in quanto si tratta di norma carattere eccezionale, e quindi insuscettibile di applicazione analogica (art. 14 preleggi). Si deve allora affermare che al destinatario di un decreto di espulsione debba ritenersi preclusa in ogni caso la possibilita' di proporre un'opposizione tardiva. L'opposizione de quo dovrebbe quindi essere dichiarata inammissibile in quanto proposta tardivamente. Ritiene pero' questo giudicante di dovere sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11 comma 8 della legge n. 40/1998 (ora art. 13 del decreto legislativo n. 286/1998 testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) per violazione degli artt. 24, comma 2 e 113 della Costituzione. La questione appare rilevante e non manifestamente infondata. In ordine alla non manifesta infondatezza: la norma indicata appare manifestamente contraria agli artt. 24 e 113 della Costituzione, nella parte in cui non consente l'opposizione tardiva da parte del destinatario del decreto di espulsione, che non abbia potuto proporre tempestiva opposizione per fatto a lui non imputabile e segnatamente in tutte quelle ipotesi in cui questi non abbia avuto tempestiva ed effettiva conoscenza del provvedimento a causa dell'illegittimita' o della irregolarita' dello stesso ovvero dell'esistenza di ipotesi di caso fortuito o forza maggiore; la norma va censurata in relazione agli artt. 24, comma 2 e 113 della Costituzione in quanto rende eccessivamente difficoltosa la tutela dei diritti degli stranieri destinatari di un provvedimento di espulsione, non distinguendo tra le ipotesi in cui l'interessato abbia fatto decorrere inutilmente il termine per proporre opposizione, volontariamente o colpevolmente, ovvero per una causa a lui non imputabile: in tale ultima ipotesi il soggetto si viene infatti a trovare, per circostanze non dipendenti dalla sua volonta', nella materiale impossibilita' di agire in giudizio per la tutela dei suoi diritti; tutela giurisdizionale che in tali ipotesi non appare adeguatamente ed effettivamente assicurata, in considerazione anche del brevissimo termine concesso dalla norma per la presentazione del ricorso (cinque giorni). In ordine alla rilevanza: l'art. 11, comma 7, della legge n. 40/1998 prevede che il decreto di espulsione e' comunicato all'interessato unitamente all'indicazione delle modalita' di impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola; nel caso in esame il decreto di espulsione e' stato comunicato alla ricorrente solo in lingua italiana; la ricorrente, di nazionalita' nigeriana, afferma di non parlare e di non comprendere la lingua italiana, ma soltanto la lingua inglese; non si ritiene sia stata raggiunta la prova - che incombeva sull'autorita' resistente - della comprovata conoscenza da parte della ricorrente della lingua italiana; la mancata traduzione in lingua inglese del decreto di espulsione ha impedito alla destinataria una compiuta ed effettiva conoscenza dell'atto ed in particolare delle modalita' e dei termini per proporre impugnazione e le ha quindi precluso la possibilita' di proporre tempestiva opposizione, nel breve termine previsto di cinque giorni. L'accoglimento della sollevata questione di legittimita' costituzionale consentirebbe quindi, ritenuta ammissibile l'opposizione tardiva, di esaminare nel merito i motivi di opposizione avverso il decreto di espulsione: motivi che attengono alla illegittimita' del provvedimento, in quanto fondato, in via esclusiva ed automatica, sull'esistenza di una sentenza penale di patteggiamento, in mancanza di alcuna autonoma valutazione di altro genere (v. sul punto Consiglio di Stato sez. IV decisione 30 giugno-25 settembre 1998, n. 1201).