ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 236, comma 2,
 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di  attuazione,
 di  coordinamento  e  transitorie  del  codice  di procedura penale),
 30-bis quarto comma, e 30-ter, comma 7, della legge 26  luglio  1975,
 n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle
 misure privative e limitative della liberta'), promosso con ordinanza
 emessa   il   27   maggio  1998  dal  Tribunale  di  sorveglianza  di
 Caltanissetta sull'istanza proposta da  Salvatore  David  La  Franca,
 iscritta  al  n.   601 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  37,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1998;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  27  gennaio  1999  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
   Ritenuto   che  il  Tribunale  di  sorveglianza  di  Caltanissetta,
 chiamato a decidere sul reclamo proposto da un detenuto in espiazione
 di pena contro il rigetto  di  un'istanza  di  permesso  premio,  con
 ordinanza  emessa il 27 maggio 1998 ha sollevato, in riferimento agli
 artt.  3, 24, secondo comma, e 27, terzo comma,  della  Costituzione,
 questione  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 236, comma 2,
 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di  attuazione,
 di  coordinamento  e  transitorie  del  codice  di procedura penale),
 30-bis, quarto comma, e 30-ter, comma 7, della legge 26 luglio  1975,
 n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle
 misure privative e limitative della liberta');
     che  l'art.  236  delle  norme  di  coordinamento  del  codice di
 procedura  penale  prevede  che  nelle  materie  di  competenza   del
 tribunale  di  sorveglianza  continuano ad osservarsi le disposizioni
 processuali della legge n. 354 del 1975,  le  quali  disciplinano  il
 procedimento  di  reclamo  al tribunale di sorveglianza (art. 30-bis,
 quarto comma,  da  applicare  ai  permessi  premio  per  il  richiamo
 espresso  dell'art.  30-ter,  comma  7),  stabilendo  che  il giudice
 competente provvede, assunte, se  del  caso,  sommarie  informazioni,
 entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo;
     che  queste  disposizioni  -  denunciate  nella  parte in cui non
 consentirebbero di applicare gli  artt.  666  e  678  del  codice  di
 procedura  penale,  i  quali,  per  il  procedimento  di  esecuzione,
 prevedono che sia dato avviso all'interessato  ed  al  suo  difensore
 dell'udienza  in  camera di consiglio, con un termine per comparire -
 violerebbero: a) l'art.   3 della Costituzione,  per  l'irragionevole
 disparita'  di  trattamento  del  detenuto che ha proposto reclamo in
 materia di permessi premio o che e' parte negli altri procedimenti di
 sorveglianza, per i quali varrebbero,  invece,  le  garanzie  proprie
 della  giurisdizione, assicurate, appunto, dagli artt. 666 e 678 cod.
 proc. pen; b) l'art. 24, secondo comma, della  Costituzione,  perche'
 il  procedimento  di  decisione del reclamo non consentirebbe di dare
 comunicazione dell'udienza all'interessato ed al suo difensore, cosi'
 ledendo  il  diritto  alla  difesa  ed  il  contraddittorio,  in   un
 procedimento  al  quale  dovrebbe  sempre  partecipare, ad avviso del
 giudice rimettente, il solo pubblico ministero; c) l'art.  27,  terzo
 comma,  della Costituzione, in quanto la mancanza di garanzie proprie
 della  giurisdizione  nel  procedimento  di  decisione  del   reclamo
 violerebbe il principio della funzione rieducativa della pena;
     che  il  giudice  rimettente  ricorda  che  e'  stata  dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale degli artt. 236, comma 2, del decreto
 legislativo n. 271 del 1989, 14-ter, primo, secondo e terzo comma,  e
 30-bis  della  legge  n.  354  del  1975,  nella  parte  in  cui  non
 consentivano l'applicazione degli artt.  666  e  678  del  codice  di
 procedura  penale  nel procedimento di reclamo avverso il decreto del
 magistrato di sorveglianza che esclude dal computo  della  detenzione
 il periodo trascorso in permesso premio (sentenza n. 53 del 1993); lo
 stesso   giudice   ritiene  che  analoghe  ragioni  debbano  portare,
 attraverso una  pronuncia  di  incostituzionalita',  all'applicazione
 della medesima disciplina anche al procedimento di reclamo in materia
 di permessi premio;
     che  nel giudizio dinanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del Consiglio dei Ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
 inammissibile o, comunque, infondata.
   Considerato che, nel procedimento  per  la  decisione  sul  reclamo
 proposto  dal  detenuto  contro  il  rigetto dell'istanza di permesso
 premio, il  Tribunale  di  sorveglianza  di  Caltanissetta,  fissando
 l'udienza  in  camera  di  consiglio,  ha  disposto che ne fosse dato
 avviso, oltre che al procuratore generale, anche  all'interessato  ed
 al  suo  difensore, facendo cosi' applicazione di regole, desunte dal
 sistema, che assicurano, in una delle forme possibili, il diritto  di
 difesa  ed  il  contraddittorio,  garantiti anche nel procedimento di
 reclamo in materia di permessi premio, come del resto ha  di  recente
 ritenuto  la  Corte  di  cassazione,  affermando  che in tale materia
 trovano applicazione le norme relative al procedimento in  camera  di
 consiglio (artt. 666 e 678 cod. proc.  pen.);
     che,  pertanto,  la questione di legittimita' costituzionale deve
 essere  dichiarata  manifestamente   inammissibile,   essendo   stata
 prospettata  sulla  base di un'interpretazione delle norme denunciate
 diversa da quella seguita dal giudice rimettente e gia' applicata nel
 procedimento principale (cfr. ordinanze n. 337 del 1994 e n. 237  del
 1996).
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.