IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro Allodoli Alessandro, nato il 3 maggio 1975 a Firenze, residente a Bagno di Ripoli (Firenze), via Cattaneo n. 14, soldato in congedo imputato del reato continuato di insubordinazione con ingiuria e vilipendio alla bandiera italiana (artt. 81 cpv. c.p., 189 comma 2, 83 c.p.m.p.) perche', soldato in servizio presso il 32 big. Trasmissioni di Padova, con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso: a) in una pubblica via di Grassina si rivolgeva, verso le ore 1.30 del 16 marzo 1997 ai carabinieri m.llo aiutante Giannatasio Giovanni, c.re Rimedio Maurizio e Genovese Mirko, che si trovavano in servizio, dicendo loro "carabinieri di merda" ed ancora "non me ne fotte un cazzo", cosi' ledendo l'onore, il prestigio e la dignita' dei predetti militari; b) nelle medesime modalita' di cui al capo a), vilipendeva la bandiera italiana, dicendo "la bandiera italiana mi fa schifo". M o t i v a z i o n e Al termine dell'udienza preliminare veniva emesso il decreto che dispone il giudizio, per il reato in rubrica, nei confronti di Allodoli Alessandro. Alla pubblica udienza di oggi, prima dell'apertura del dibattimento, l'imputato ha chiesto personalmente l'applicazione della pena nella misura di anni uno di reclusione militare, determinata partendo dalla pena base di anni tre, ridotta ad anni due per la concessione delle attenuanti generiche e ad anni uno e mesi quattro per l'attenuante di cui all'art. 102 c.p.m.p., aumentata ad anni uno e mesi sei per effetto della continuazione, ridotta ulteriormente ad anni uno per effetto della diminuente processuale prevista dall'art. 444, comma 1 c.p.p., subordinando la richiesta alla concessione della sospensione condizionale della pena. Il pubblico ministero ha espresso il consenso per l'applicazione della pena nella specie e nella misura richieste dall'imputato. Questo giudice, acquisito il fascicolo del p.m. ed esaminati l'informativa di reato e le dichiarazioni allegate ritiene che non sussistano le condizioni per l'emissione di una sentenza di proscioglimento a norma dell'art. 129 c.p.p.. Le parti, evidentemente, sono pervenute all'entita' della pena da applicare dopo avere individuato, come pena base, quella prevista per il piu' grave reato di vilipendio alla bandiera italiana, punito con la reclusione militare da tre a sette anni.. Il tribunale rileva d'ufficio la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sulla misura della pena edittale prevista dall'art. 83 c.p.m.p.; quesito la cui rilevanza, nel caso di specie, e' rappresentata dalla richiesta di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. (determinata sulla base della sanzione stabilita dall'art. 83 c.p.m.p.) e dalla riscontrata assenza dei presupposti per il pronunciamento di una sentenza ai sensi dell'art. 129 c.p.p. Questo giudice parte dalla constatazione che il vilipendio alla bandiera nazionale e' punito in modo assai diverso dall'art. 83 c.p.m.p. rispetto all'art. 292 c.p.; nel primo caso, infatti, la pena e' rappresentata dalla reclusione militare da tre a sette anni, nel secondo e' costituita dalla reclusione da uno a tre anni. In sostanza, il minimo della pena fissata dal codice penale militare di pace coincide con il massimo della pena stabilita dal codice penale comune. Si tratta, ora, di verificare se l'assai piu' severo trattamento sanzionatorio stabilito dall'art. 83 c.p.m.p., sia giustificato oppure risulti del tutto irrazionale e discriminatorio. Il reato di vilipendio previsto dall'art. 83 c.p.m.p. e' collocato tra i reati contro la fedelta' e la difesa militare e figura, in seguito ad una ulteriore distinzione, tra quelli di tradimento, i quali mutuano gli elementi del precetto dalla disciplina comune dei delitti contro la personalita' dello Stato. In proposito, le sole eccezioni sono rappresentate dall'art. 81, comma 2, ultima parte, c.p.m.p., che estende la tutela penale anche al vilipendio di una parte soltanto delle Forze armate, dall'art 84 c.p.m.p., (Intelligenze con lo straniero e offerta di servizi) che non trova corrispondenza nella disciplina del codice penale, e dall'art. 85 c.p.m.p. (Soppressione, distruzione, falsificazione di atti, documenti o cose concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato), reato in cui, oltre al soggetto attivo, anche la condotta tipica si differenzia sensibilmente rispetto a quella descritta dall'art. 255 c.p. Al di fuori delle citate eccezioni, i reati militari di tradimento risultano soggettivamente qualificati, rispetto alla legge penale comune; quindi, il piu' severo trattamento sanzionatorio ad essi riservato rispetto ai corrispondenti reati comuni e' ascrivibile unicamente alla condizione di militare del soggetto attivo del reato. Ora, poiche' anche la norma di cui si denuncia l'illegittimita' costituzionale e' caratterizzata, rispetto a quella contenuta nell'art. 292 c.p., esclusivamente dalla qualita' militare del soggetto attivo, converra' limitare l'analisi comparativa del sistema sanzionatorio nell'ambito dei reati di tradimento soggettivamente qualificati. Per chi appartiene alle Forze armate il dovere di fedelta' e' certamente piu' intenso rispetto agli altri cittadini proprio per la natura dei suoi compiti, che consistono nella difesa della Patria e nella salvaguardia delle libere istituzioni; cosicche' appaiono conseguenti, sia l'inquadramento dei reati di tradimento tra quelli contro la fedelta' militare, sia le piu' gravi pene per essi stabilite. L'art. 54, comma l, della Costituzione, tuttavia, pone a carico di tutti i cittadini, indistintamente, il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi; mentre il comma successivo stabilisce, per i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche, "il dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge". I militari, quindi, nonostante l'art. 4 della legge n. 382 del 1978 stabilisca che "l'assoluta fedelta' alle istituzioni repubblicane e' il fondamento dei doveri del militare", non sono gli unici destinatari dei ricordati doveri. La maggiore intensita' del dovere di fedelta' cui i militari sono tenuti, ovvero la maggior gravita' dell'offesa derivante dalla particolare posizione soggettiva del militare, pertanto, possono comportare soltanto un trattamento ragionevolmente piu' afflittivo. L'esame comparativo dei reati militari di tradimento soggettivamente qualificati, previsti dagli artt. 77, 78, 79, 81, 82, 83 c.p.m.p. e dei loro corrispondenti reati comuni (oltre a quelli espressamente richiamati dagli artt. 77 e 78 c.p.m.p., gli artt. 278, 290, 291 e 292 c.p.) evidenzia che il legislatore non ha adottato un criterio unitario nell'incrementare la pena edittale dei reati militari, rispetto agli omologhi reati comuni. Nel caso dell'alto tradimento (art. 77 c.p.m.p.), salvi i casi in cui e' previsto l'ergastolo, e' stabilito l'aumento di un terzo della pena fissata per i corrispondenti reati comuni; l'istigazione all'alto tradimento (art. 78 c.p.m.p.), secondo i medesimi criteri, prevede, invece, una maggiorazione della pena da un terzo alla meta'. In entrambi i casi, comunque, l'incremento di pena risulta assai inferiore rispetto a quello riscontrabile dal confronto tra il reato sottoposto al giudizio di questo tribunale (reclusione militare da tre a sette anni) e quello di vilipendio della bandiera previsto dall'art. 292 c.p. (reclusione da uno a tre anni). Ove si consideri che, per tutti i reati militari presi in esame, la maggior pena deriva soltanto dalla qualita' di militare del soggetto attivo, non appare ragionevole un criterio che, nell'incrementare la pena, si discosti da canoni di tendenziale uniformita'. Ne' si comprende come la maggior gravita' dei reati previsti dagli artt. 77 e 78 c.p.m.p. giustifichi piu' modesti incrementi di pena, rispetto alla disciplina comune, in contrasto con il quadro sanzionatorio derivante dal raffronto tra i reati di vilipendio alla bandiera di cui agli artt.. 83 c.p.m.p. e 292 c.p. Notevoli incrementi di pena, rispetto agli analoghi reati comuni (artt. 278 e 290 c.p.), sono ravvisabili anche per i reati previsti dagli artt. 79 e 81 c.p.m.p.; nel caso dell'art. 79 c.p.m.p. (offesa all'onore e al prestigio del Presidente della Repubblica), poi, la pena edittale rappresenta, addirittura, il quintuplo nel minimo e il triplo nel massimo, della pena edittale fissata dall'art. 278 c.p. Quest'ultimo riscontro comparativo, benche' di segno analogo rispetto a quello incentrato sull'art. 83 c.p.m.p., evidenzia l'irrazionale eterogeneita' degli aumenti sanzionatori rispetto alla normativa comune, tanto da rafforzare i dubbi di legittimita' costituzionale prospettati da questo tribunale. L'estensione dell'intrapresa analisi comparativa ai criteri di gravita' stabiliti all'interno dei reati comuni presi in esame e, altrettanto, nell'ambito dei reati militari di tradimento, mostra una disarmonia che si risolve in una disparita' di trattamento. Nel codice penale comune, infatti, il vilipendio alla nazione italiana (art. 291 c.p.) e il vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato (art. 292 c.p.) sono egualmente sanzionati con la reclusione da uno a tre anni Nel codice penale militare, al contrario, il vilipendio alla nazione italiana (art. 82 comma 1 c.p.m.p.) e il vilipendio alla bandiera nazionale o ad altro emblema dello Stato (art. 83, comma 1, c.p.m.p.) sono puniti con diverse entita' di reclusione militare: da due a cinque anni, nel primo caso, da tre a sette anni, nel secondo. Le norme penali militari ora richiamate differiscono dalle analoghe fattispecie comuni soltanto per la qualita' di militare del soggetto agente; di conseguenza, detto elemento dovrebbe influire in modo uniforme sull'aumento di pena, soprattutto quando le fattispecie comuni su cui i reati militari sono stati modellati ricevono lo stesso trattamento sanzionatorio. Il tribunale, quindi, ravvisa una marcata disparita' di trattamento di situazioni che nella normativa comune ricevono lo stesso trattamento e che da essa uniformemente si discostano per la sola qualita' del soggetto attivo del reato. Ne' sembra idonea a fugare i prospettati dubbi di legittimita' costituzionale la considerazione che il militare deve tributare i massimi onori alla bandiera (art. 7, comma 3, d.P.R. 18 luglio 1986, n. 545); non vi sono dubbi, infatti, circa la necessita' di piu' severe sanzioni del vilipendio alla bandiera commesso dal militare, ma non pare ragionevole giungere fino al punto da discostarsi dalla pena prevista dall'art. 82 c.p.m.p., alterando, cosi', il rapporto di corrispondente gravita' intercorrente tra i reati di cui agli artt. 291 e 292 c.p. Le ipotesi aggravate conseguenti alla commissione del fatto in territorio estero, previste dal secondo comma degli artt. 82 e 83 c.p.m.p., e dell'art. 293 c.p., rispecchiano la stessa logica seguita per i reati non circostanziati di riferimento; il dato, tuttavia, appare irrilevante perche' conseguenza inevitabile del differenziato trattamento penale delle fattispecie di cui al primo comma degli artt. 82 e 83 c.p.m.p. L'attenuante prevista dall'art. 102 c.p.m.p., richiesta dalle parti, mitiga senz'altro il rigore della pena edittale stabilita dall'art. 83 c.p.m.p.; senza, tuttavia, attenuare i dubbi di incostituzionalita' prospettati. Tale circostanza, infatti, e' applicabile, tra gli altri, anche a quei reati militari di tradimento citati nella presente ordinanza; inoltre, ad essa corrisponde l'attenuante di cui all'art. 311 del codice penale applicabile ai delitti contro la personalita' dello Stato. Entrambe le circostanze, poi, determinano una diminuzione non eccedente un terzo della pena; cosicche' restano inalterate le proporzioni tra i diversi trattamenti sanzionatori esaminati e le conclusioni cui il tribunale e' pervenuto. Per le ragioni illustrate, il Collegio ritiene non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale della pena edittale dell'art. 83 c.p.m.p., poiche' ravvisa una violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza, derivante sia dal raffronto con l'art. 292 c.p., sia dalla comparazione tra i reati militari di tradimento soggettivamente qualificati e gli omologhi reati comuni nel loro insieme, sia dal confronto tra le pene stabilite per i reati di cui agli artt. 82, comma 1, 83, comma 1, c.p.m.p., 291 e 292 comma 1, c.p.