LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha  emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 359/1997 depositato
 il 13 marzo 1997, avverso avviso  di  accertamento  n.  4312000279  -
 Ilor,  93  contro  imposte dirette di Terni dalla Galleria Botticelli
 Antiquariato di Rippi Alberta  C. S.n.c. Rippi Alberta leg.  rapp.te,
 residente  a  Terni  in  via  Botticelli,  7, difeso da Troiani dott.
 Claudio, residente a Terni in via G. Petroni n. 28;
   Galleria Botticelli  Antiquariato  di  Rippi  Alberta    C.  S.n.c.
 Franconi  Spartaco leg. rapp.te, residente a Terni in via Botticelli,
 7, difeso da Troiani dott.  Claudio  residente  a  Terni  in  via  G.
 Petroni  n. 28, Galleria Botticelli Antiquariato di Rippi Alberta  C.
 S.n.c. Franconi  Enrico  leg.  rapp.te,  residente  a  Terni  in  via
 Botticelli,  7,  difeso da Troiani dott. Claudio residente a Terni in
 via G. Petroni n. 28, sul ricorso n. 566/1997 depositato il 3  maggio
 1997,  avverso  avviso  di accertamento n. 4311003918 - Irpef + Ilor,
 '93 contro Imposte dirette di Terni da  Rippi  Alberta,  residente  a
 Terni  in via Borsi n. 6, difeso da Troiani dott. Claudio residente a
 Terni in via G.  Petroni n. 28, sul ricorso n. 567/1997 depositato il
 3 maggio 1997, avverso avviso di accertamento n. 4311003919 - Irpef +
 Ilor, 93 contro  Imposte  dirette  di  Terni  da  Franconi  Spartaco,
 residente  a Terni in Colli di Valenza n. 29, difeso da Troiani dott.
 Claudio residente a Terni in via G. Petroni n.  28,  sul  ricorso  n.
 568/1997  depositato il 3 maggio 1997, avverso avviso di accertamento
 n. 4311003920 - Irpef + Ilor, '93 contro Imposte dirette di Terni  da
 Franconi  Enrico,  residente  a  Terni  in  via Borsi n. 6, difeso da
 Troiani dott. Claudio, residente a Terni in via G. Petroni n. 28;
                 La commissione tributaria provinciale
   Ha emesso la seguente ordinanza, nella vertenza fiscale  instaurata
 a  seguito  di  ricorso  proposto  da:  "Galleria Botticelli di Rippi
 Alberta
  C. S.n.c." in  persona  dei  legali  rappresentanti  Rippi  Alberta,
 Franconi  Spartaco  e  Franconi  Enrico  per  il  reddito  d'impresa,
 nonche', in proprio, dai sigg. Rippi  Alberta,  Franconi  Spartaco  e
 Franconi  Enrico  per  quanto  riguarda il reddito di partecipazione,
 tutti assistiti dal dott. Claudio Troiani, commercialista, con studio
 in Terni, via Petroni n. 28.
                               F a t t o
   La "Galleria Botticelli di Rippi Alberta  C. s.n.c." in persone dei
 legali rappresentanti Rippi Alberta,  Franconi  Spartaco  e  Franconi
 Enrico, con atto depositato il 13 marzo 1997 ricorre avverso l'avviso
 di  accertamento n. 4312000279 dell'Ufficio imposte dirette di Terni,
 relativo all'Ilor per l'anno  d'imposta  1993,  col  quale  e'  stato
 determinato  il  reddito  d'impresa  in L. 56.160.000, sulla base del
 contributo diretto lavorativo imputabile  ai  tre  soci,  secondo  il
 calcolo effettuato a norma del d.P.C.M. 18 dicembre 1992, e ne chiede
 l'annullamento perche'  illegittimo.
   Con  successivi  e  distinti atti depositati in data 3 maggio 1997,
 Rippi Alberta, Franconi Spartaco e Franconi Enrico impugnano ciascuno
 i  rispettivi  avvisi  di  accertamento  relativi   al   reddito   di
 partecipazione,  eccependo  che  essi  costituiscono una duplicazione
 dell'accertamento  notificato  alla  societa'  e  per   cio'   stesso
 illegittimi,  per  cui,  anche  per  gli stessi motivi addotti per la
 societa', ne chiedono l'annullamento.
   Con decreto presidenziale 18  settembre  1997  i  ricorsi  venivano
 riuniti per evidenti ragioni di connessione oggettiva.
   Nelle   more  l'Ufficio,  avvalendosi  del  potere  di  autotutela,
 ritenuti fondati i motivi prospettati dai  ricorrenti,  ha  annullato
 l'atto,  segnalandolo  a questa commissione ai sensi degli artt. 23 e
 27 del d.lgs. n. 546/1992  e succ. mod..
   All'udienza del 5 febbraio 1998 il rappresentante  dei  ricorrenti,
 pur  prestando adesione alla decisione di autoannullamento dell'atto,
 ha chiesto  che  l'Amministrazione  sia  condannata  alle  spese;  in
 subordine  insiste nella eccezione di incostituzionalita' della norma
 di cui all'art. 46 del d.lgs. n. 546/1992 sollevata  con  la  memoria
 difensiva  per  evidente  disparita'  di  trattamento delle parti nel
 processo, con riferimento all'art. 44 del  d.lgs.  citato,  il  quale
 impone al ricorrente che rinuncia al ricorso il pagamento delle spese
 processuali.  La Commissione si e' riservata di decidere.
                             D i r i t t o
   Nella  fattispecie  in  esame,  poiche'  l'atto  impugnato  risulta
 annullato come da comunicazione  dell'Ufficio,  la  Commissione  deve
 dichiarare   cessata   la  materia  del  contendere  con  conseguente
 estinzione del giudizio. Non puo' pronunciarsi, pero', in ordine alla
 richiesta di condanna alle spese, perche' vi osta la disposizione del
 comma 3 dell'art. 46 del d.lgs n.  546/1992,  secondo  la  quale  "le
 spese del giudizio estinto a norma del comma 1 restano a carico della
 parte che le ha anticipate, salvo diverse disposizioni di legge".
   E'  ritenuta  rilevante  nel  presente  giudizio la soluzione della
 questione di legittimita' costituzionale della  norma  sollevata,  in
 via  subordinata,  dalla  parte  sotto  alcuni  profili, in quanto il
 Collegio giudicante solo a seguito  della  eliminazione  della  norma
 ostativa  potra'  riprendere  il  suo  potere dovere, proprio di ogni
 organo giurisdizionale, di decidere sulle spese di causa.
   Va anche osservato che nel nuovo processo  tributario  e'  prevista
 una  differenziazione  tre  le  posizioni  delle  parti che non trova
 giustificazione logica e/o razionale.
   Infatti, mentre l'ufficio ha la facolta' di avvalersi dei  principi
 dell'autotutela, con la conseguenza di poter impedire la prosecuzione
 del  giudizio,  senza  incorrere nella eventuale condanna alle spese,
 analoga facolta' non e' riconosciuta al contribuente che a seguito di
 un errore o di un mutamento giurisprudenziale non puo' esercitare  un
 potere  analogo all'autotutela, ma puo' solo avvalersi della rinuncia
 agli atti del giudizio, con la conseguenza del rimborso  delle  spese
 di causa all'altra parte.
   Gia'  sotto  questo profilo la Commissione rileva una disparita' di
 trattamento che annulla di fatto la parita' processuale tra le parti,
 che costituisce uno dei cardini fondamentali del  nostro  ordinamento
 giuridico  e  processuale,  e  che  viola l'art. 3 della Costituzione
 senza una giustificazione logica e razionale.
   Ma la violazione dell'art. 3 della Costituzione  si  puo'  ricavare
 anche considerando che, mentre dinanzi a tutte le altre giurisdizioni
 (civile,  amministrativa,  contabile),  nel  caso  in cui la pubblica
 amministrazione eserciti la cosiddetta autotutela l'organo giudicante
 deve dichiarare  cessata  la  materia  del  contendere  e  condannare
 eventualmente   la   pubblica   amministrazione   per  la  cosiddetta
 soccombenza virtuale,  nel  nuovo  processo  tributario  la  pubblica
 amministrazione puo' esercitare la cosiddetta autotutela e conseguire
 la  declaratoria  di  cessazione  della  materia del contendere senza
 poter essere condannata eventualmente alle spese per  la  soccombenza
 virtuale.
   Si  verifica cosi' una disparita' di trattamento, che trova origine
 e fondamento nell'art. 46 del d.lgs. n. 546/1992 citato.
   Ma tale articolo,  nel  senso  sopra  riportato,  appare  anche  in
 contrasto  con l'art. 24 della Costituzione, in quanto con esso viene
 ad essere menomato, limitato e scoraggiato l'esercizio del dittto  di
 difesa  dei  ricorrenti,  diversi  dalla  pubblica amministrazione, i
 quali, pur avendo sostanzialmente  ragione,  possono  indursi  a  non
 ricorrere,  sapendo poi che la pubblica amministrazione, riconoscendo
 i propri errori, fa cessare il contenzioso, lasciando  a  carico  dei
 ricorrenti  l'onere delle spese per il professionista incaricato gia'
 sostenute.
   Appare evidente la irrazionalita', oltre che  l'ingiustizia,  della
 scelta  normativa,  contenute  nell'art.  46  citato, per la quale la
 parte contribuente, che ha sostanzialmente ragione ed  ha  esercitato
 legittimamente il suo diritto di difesa, deve sopportare le spese per
 la  sua  assistenza tecnica (peraltro obbligatoria sopra i 5.000.000)
 con liberazione dell'altra parte, pubblica amministrazione,  che  con
 il  suo  errore  l'ha  costretta  a  proporre  ricorso e ad avvalersi
 dell'assistenza tecnica. Tutto quanto sopra vale, ovviamente,  per  i
 giudizi il cui oggetto superi la soglia minima di L. 5.000.000 ((art.
 12, n. 5), del d.lgs. n. 546/1992).
   Concludendo, la Commissione ritiene che il comma 3 dell'art. 46 del
 d.lgs. n. 546/1992 viene a colludere, per i motivi sopra esposti, con
 il  principio  di eguaglianza, nonche' di quello conseguenziale della
 ragionevolezza, e sia in contrasto sia con il comma 1 che il comma  2
 dell'art.  3 della Costituzione, sia con l'art. 24 della Costituzione
 medesima.