ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 71 del codice di procedura penale promossi con ordinanze emesse il 2 aprile 1998 dal Tribunale di Avellino rispettivamente iscritte ai nn. 590, 591 e 592 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1998. Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1999 il giudice relatore Giuliano Vassalli. Ritenuto che il Tribunale di Avellino, con tre ordinanze di contenuto pressoche' identico, pronunciate tutte il 2 aprile 1998 in procedimenti a carico del medesimo imputato, che, pur essendo in grado di partecipare coscientemente al processo - come accertato dalla perizia disposta ai sensi dell'art. 70 del codice di procedura penale - risultava impossibilitato a presenziare al dibattimento perche' affetto da una grave infermita' fisica, ha denunciato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 112 della Costituzione, l'illegittimita' dell'art. 71 del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevede la sospensione del procedimento penale in caso di imputato affetto da infermita' fisica di natura permanente che non ne consenta la partecipazione al dibattimento"; che il giudice a quo richiama la sentenza costituzionale n. 354 del 1996, la quale, pur non ritenendo parificabile la posizione dell'imputato che non sia in grado di partecipare coscientemente al processo a quella dell'imputato impedito a comparire al dibattimento per infermita' fisica permanente, avrebbe ravvisato forti analogie tra le due situazioni; che, in piu', secondo il Tribunale, l'impedimento fisico dell'imputato, determinando una stasi processuale sine die viene a compromettere, oltre che il principio di eguaglianza, anche l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero (pure considerando l'inevitabile prescrizione dei reati) ed il principio del buon andamento dell'amministrazione della giustizia le cui strutture vengono sottoposte ad un aggravio ingiustificato di spese e di lavoro; che in nessuno dei giudizi si e' costituita la parte privata ne' ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri. Considerato che i giudizi, concernendo una identica questione, vanno riuniti; che questa Corte con sentenza n. 354 del 1996 - tuttavia chiamata in causa dal giudice a quo - ha gia' dichiarato inammissibile la medesima questione prospettata denunciando, in riferimento agli artt. 3 e 112 della Costituzione, oltre che l'art. 71 del codice di procedura penale, anche gli artt. 486, 477 e 70 dello stesso codice, perche', fra l'altro, una dichiarazione di illegittimita' costituzionale del tipo di quella richiesta dal giudice a quo oltre a determinare "la creazione ex novo di un regime eccezionale che invaderebbe le scelte che l'ordinamento riserva alla esclusiva sfera della discrezionalita' legislativa", provocherebbe "come automatico effetto sul piano del diritto sostanziale, l'inserimento di un nuovo caso di sospensione della prescrizione del reato e, quindi, la creazione di conseguenze penali contra reum"; che la questione deve essere, dunque dichiarata manifestamente inammissibile, a nulla rilevando l'ulteriore parametro, peraltro erroneamente, evocato dal giudice a quo. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.