LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello r.g. Appelli 727/1998 depositato il 18 febbraio 1998 avverso la sentenza n. 243/01/96 emesso dalla commissione tributaria provinciale di Rieti da: imposte dirette di Rieti controparti Falilo' Giuseppe, residente a Poggio Bustone (Rieti), in via di Villa Bravi. Difeso da: rag. Sampalmieri Saturno c/o, confederaz. nazionale dell'artigianato, residente a Rieti (RI) in via Salaria, 12; atti impugnati: Cart. pagamento - IRPEF + Ilor; F a t t o Con ricorso del 23 maggio 1995 il sig. Falilo' Giuseppe impugnava davanti alla Commissione tributaria di I grado di Rieti la cartella di esattoriale n. 5400011 dell'importo di L. 7.498.850 relativa a sanzioni ed interessi per tardiva presentazione della dichiarazione dei redditi per l'anno 1988, eccependo che tale liquidazione era avvenuta oltre i termini di legge e cioe' oltre il 31 dicembre dell'anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione ed inoltre oltre il maggior termine quinquennale di presentazione della dichiarazione dei redditi. Con decisione n. 243/01/96 la commissione tributaria provinciale di Rieti, Sezione I accoglieva il ricorso. Avverso la predetta decisione ha proposto appello l'Ufficio. Nel suo atto di appello l'Ufficio, tra l'altro, sostiene che la decisione di I grado, che ha affermato il principio secondo il quale il Centro di Servizio deve entro il 31 dicembre dell'anno successivo alla presentazione della dichiarazione procedere alle rettifiche ed alla conseguente iscrizione a ruolo delle maggiori imposte liquidate, e' errata. A parere dell'Ufficio infatti la liquidazione dell'imposta (da effettuarsi entro il 31 dicembre dell'anno successivo) e' cosa diversa dall'iscrizione a ruolo, che invece deve essere effettuata entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione; chiede pertanto la riforma della impugnata decisione. D i r i t t o La Commissione osserva che la questione essenziale della fattispecie in esame e' data dalla natura del termine di cui all'art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973 in relazione al consolidato orientamento giurisprudenziale che attribuisce a tale termine la natura di termine decadenziale e perentorio ed alla sopravvenuta norma di cui all'art. 28 della Legge 27 dicembre 1997 n. 449, titolato "Norma interpretativa", che stabilisce che il primo comma dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973 "deve essere interpretato nel senso che il termine in esso indicato, avendo carattere ordinatorio, non e' stabilito a pena di decadenza". La Corte di Cassazione, confermando un orientamento gia' emerso in molte decisioni dei giudici di merito, con una prima sentenza, la n. 7088, I Sezione, del 9 maggio 1997/29 luglio 1997, aveva affermato il principio che il termine stabilito dal primo comma dell'art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 - a norma del quale la liquidazione dell'imposta risultante dalla dichiarazione deve essere effettuata entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quelo di presentazione - e' da intendersi stabilito a pena di decadenza e deve essere riferito alla iscrizione a ruolo delle maggiori imposte, atto conclusivo della fase di accertamento dell'imposta, la cui iscrizione a ruolo non puo' essere effettuata entro il termine piu' lungo di cui all'art. 17 comma i del d.P.R. n. 602/1973. Con la seconda sentenza, la n. 12442, I Sezione, del 24 settembre 1997/9 dicembre 1997, la Suprema Corte ha confermato che il termine stabilito dal primo comma dell'art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e' di decadenza, chiarendo altresi' che quello fissato dall'art. 17 comma i del d.P.R. n. 602/1973 riguarda la riscossione delle imposte nell'ammontare risultante dalla dichiarazione del contribuente, senza che la stessa sia in alcun modo modificata, mentre il primo concerne l'iscrizione a ruolo delle maggiori imposte liquidate a seguito del controllo formale della dichiarazione. In presenza di tale ineccepibile e, percio', assolutamente condivisibile orientamento giurisprudenziale, suscita notevoli perplessita', sotto il profilo della sua conformita' ai principi costituzionali, la sopravvenienza di una norma interpretativa come l'art. 28, che attribuisce carattere ordinatorio al termine dell'art. 36-bis ed afferma che non e' stabilito a pena di decadenza, perche' appare, in primo luogo, chiaramente in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art 3 della Costituzione, posto che i contribuenti sarebbero discriminati tra coloro che hanno gia' ottenuto una decisione passata in giudicato e conforme alla giurisprudenza consolidata e quindi a questi favorevole e quelli che invece, per motivi indipendenti dalla loro volonta' e magari per imposte relative ad anni ancora piu' remoti, che invece rientrerebbero nella previsione dell'art. 28. Si pone, in altri termini e ed anche sotto altro profilo, il problema della retroattivita' della norma interpretativa che puo' essere giustificata solo in presenza di precedenti, obiettive difficolta' interpretative ed esegetiche di una norma, mentre nella specie una giurisprudenza consolidata ed autorevole aveva univocamente interpretato l'art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600. In tale contesto la norma interpretativa sopravvenuta appare altresi chiaramente in contrasto con il principio della imparzialita' dell'attivita' della Pubblica Amministrazione nonche' con quello che impone e presuppone un rapporto paritario tra le parti nel rapporto tributario. Sussistono pertanto sufficienti motivi per ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28 della legge n. 449 del 1997. La Commissione tributaria regionale di Roma, Sezione n. 47;