IL PRETORE
   Ha  pronunziato  in  data 10 marzo 1998 la seguente ordinanza nella
 causa  civile  iscritta  al  n.  2908/95  del  r.g.  tra  Pepe  Maria
 rappresentata e difesa dall'avv. P. Grimaldi, ricorrente e l'I.N.P.S.
 in  persona  del  legale  rappresentante  pro-tempore rappresentato e
 difeso dall'avv.  A. Fava- R. Grimaldi, resistente;
                            Fatto e diritto
   Con ricorso depositato in data 9 giugno 1995, Pepe  Maria  premesso
 di essere titolare di pensione di reversibilita', chiedeva al pretore
 adito  di  dichiarare  il  suo  diritto  ad  ottenere  la pensione di
 reversibilita in misura pari al 60%  di  quella  spettante  al  dante
 causa, in essa compresa l'integrazione al minimo, cosi' come statuito
 dalla  sentenza  n.  495/1993  del  29-31  dicembre  1993 della Corte
 costituzionale; chiedeva di condannare l'I.N.P.S al  pagamento  della
 differenza tra l'importo gia' liquidato e quello spettante in base ad
 una   corretta   applicazione   della   legge   n.   903/1965,  oltre
 rivalutazione monetaria con decorrenza dal giorno  della  maturazione
 del  diritto  da  calcolarsi  in  conformita' dall'art. 150 dis. att.
 c.p.c oltre interessi legali sulle somme rivalutate, in virtu'  della
 sentenza  della  Corte  costituzionale  n.    156/1991,  ed interessi
 anatocistici ex art. 1283 c.c dalla data di deposito del  ricorso  al
 soddisfo;  il  tutto  con  vittoria  di  spese, diritti ed onorari da
 attribuirsi al procuratore antistatario.
   Con memoria depositata nel termine di cui  all'art.  416  c.p.c  si
 costituiva   in   giudizio   l'I.N.P.S.,   in   persona   del  legale
 rappresentante   pro-tempore,   eccependo    l'inammissibilita'    ed
 improcedibilita' della domanda, per il mancato esperimento della fase
 amministrativa;  l'avvenuta  decadenza dal potere della ricorrente di
 proporre l'azione giudiziaria ex art. 4 del d.-l. 19 settembre  1992,
 n.  384,  convertito  in legge 14 novembre 1992, n. 438, e l'avvenuto
 decorso del termine prescrizionale  ex  art.  2948  c.c.  Nel  merito
 rilevava l'infondatezza della domanda per insussistenza del diritto e
 carenza  di  prova  in ordine alla circostanza che al coniuge defunto
 fosse stata liquidata una pensione diretta integrata  al  trattamento
 minimo.
   Concludeva  chiedendo  al pretore di: dichiarare l'inammissibilita'
 e/o   l'improcedibilita'   della   domanda   avversa   e,   comunque,
 l'intervenuta presrizione del diritto; nel merito rigettarla, perche'
 infondata  e  non  provata;  compensare  integralmente  le  spese del
 giudizio.
   Nelle more del giudizio veniva emanata la legge 23  dicembre  1996,
 n.  662,  che  all'art.  1,  commi  181,  182 e 183 introduceva nuove
 regole, applicabili anche ai giudizi pendenti all'entrata  in  vigore
 della  predetta  legge, per il pagamento delle somme maturate fino al
 31 dicembre 1995 in conseguenza dell'applicazione delle  sentenze  n.
 495 del 1993 e n. 240 del 1994.
   All'udienza  odierna  il  procuratore  della  ricorrente  sollevava
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 181,  182
 e 183 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in riferimento agli artt.
 3,  24, 25, 101, 102, 103 e 104 della Costituzione nei termini che si
 riportano:
     a) in primo luogo ravvisava il contrasto del comma 181, dell'art.
 1  della  legge  n. 662/1996, in riferimento agli artt. 3, 102, 103 e
 104 della Costituzione, nella parte in cui prevede che "Il  pagamento
 delle  somme,  maturate  fino  al  31  dicembre  1995, su trattamenti
 pensionistici  erogati  dagli  enti  previdenziali   interessati   in
 conseguenza    dell'applicazione    della    sentenza   della   Corte
 costituzionale  n.  495/1993  e  240/1994,  e'  effettuato   mediante
 assegnazione  agli  aventi  diritto  di titoli di Stato aventi libera
 circolazione ..."; asseriva infatti che  tale  disposizione  statuiva
 solo  in  ordine all'accertamento del diritto, comportando incertezza
 in ordine al tipo di prestazioni pensionistiche  ricomprese  in  tale
 previsione   normativa,   alla   loro   decorrenza,  con  conseguente
 violazione dell'art. 3 della Costituzione,  sotto  il  profilo  della
 ragionevolezza  e  dell'affidamento dei cittadini del principio della
 sicurezza giuridica, creando, altresi',  un  vuoto  legislativo,  con
 conseguente  contrasto  con  gli  art.  101,  102,  103  e  104 della
 Costituzione, in quanto si sottrae al giudice  ogni  possibilita'  di
 valutazione  e  di  accertamento  del rapporto sostanziale dedotto in
 giudizio, in particolare per quelle ipotesti nelle  quali  l'I.N.P.S.
 stesso  contesta  la  sussistenza  del  diritto  all'erogazione degli
 arretrati  (per  prescrizione,  decadenza   o   mancanza   di   altri
 requisiti);
     b)  sosteneva  inoltre  l'esistenza di un contrasto tra l'art. 24
 della Costituzione con il comma  181  dell'art.  1,  della  legge  n.
 662/1996, nella parte in cui prevede che "Tale pagamento avviene ...,
 sulla  base  di  elenchi  riepilogativi  che  gli  enti provvederanno
 annualmente ad inviare al ministero del Tesoro";
     c) ravvisava, altresi', il contrasto costituzionale tra l'art.  3
 della Costituzione del comma 182 dell'art. 1, della legge n. 662/1996
 nella  parte  in   cui   quest'ultimo   dispone   che   ...."   nella
 determinazione   dell'importo   maturato  al  31  dicembre  1995  non
 concorrono gli interessi e la rivalutazione", in quanto, snaturerebbe
 la valenza giuridica dei predetti accessori,  ritenuti  pacificamente
 componenti essenziali ed integranti del credito principale;
     d)  infine  rilevava il possibile contrasto con gli artt. 24 e 25
 della  Costituzione  del  comma  183  dell'art.  1,  della  legge  n.
 662/1996,  in  quanto  prevede  che  "I giudizi pendenti alla data di
 entrata in vigore della presente legge aventi ad oggetto le questioni
 di cui ai commi 181 e  182  del  presente  articolo  sono  dichiarati
 estinti  d'ufficio  con  compensazione  delle  spese  tra le parti. I
 provvedimenti giudiziari non  ancora  passati  in  giudicato  restano
 privi  di  effetto".    Affermava  che  la  caducazione degli effetti
 sostanziali della domanda, anche sotto il profilo della  sua  valenza
 di  atto interruttivo di eventuali prescrizioni o decadenze, potrebbe
 privare il pensionato di qualsivoglia forma di tutela nel caso in cui
 l'I.N.P.S. non  provveda  ad  erogare  le  somme  in  conformita'  al
 disposto  legislativo,  vanificando, altresi', il diritto alla tutela
 giurisdizionale con riferimento  all'esercizio  di  una  azione  resa
 necessaria, a fronte del perdurante inadempimento dell'istituto della
 previdenza,  per  la  difesa  di  posizioni  soggettive  che la Corte
 costituzionale ha ritenuto direttamente garantite dalla  Costituzione
 e  che  cio' nonostante l'I.N.P.S. ha sempre rifiutato di riconoscere
 in  fase  amministrativa  e  nel  presente  giurdizio,  opponendo  un
 resistenza pervicace e non giustificata.
   Questo   pretore   ritiene   che   le   questioni  di  legittimita'
 costituzionale cosi' come sollevate dal procuratore della ricorrente,
 siano tutte rilevanti ai fini della decisione atteso che il  giudizio
 in   corso  non  potrebbe  essere  definito  indipendentemente  dalla
 risoluzione delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate,
 in  quanto  implica  l'applicazione  dell'art.  22  della  legge   n.
 903/1965, di cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale,
 con  sentenza  n.  495  del  29-31  dicembre 1993, nella parte in cui
 prevede  che  la  pensione  di  reversibilita'   sia   calcolata   in
 proporzione  alla  pensione  diretta  integrata al trattamento minimo
 gia' liquidata al pensionato o  che  l'assicurato  avrebbbe  comunque
 diritto a percepire.
   Questo pretore ritiene, altresi', che le questioni come prospettate
 non siano manifestamente infondate, per i seguenti moti:
     in  relazione  al  punto  a) la disposizione di cui al comma 181,
 riguardando  solo  l'accertamento  del  diritto,  comporterebbe,   in
 contrasto  con  l'art.  101,  102,  103  e  104  della  Costituzione,
 l'impossibilita' di ottenere una  valutazione  globale  sul  rapporto
 sostanziale dedotto in giudizio, vanificando di fatto il diritto alla
 tutela  giurisdizionale, che consente una decisione in ordine a tutte
 le  questioni  proposte  dalle  parti  (eccezioni  di   prescrizioni,
 decadenze  ecc);  e',  altresi',  in  contrasto  con  l'art.  3 della
 Costituzione,  in   quanto   nell'ambito   della   tutela   derivante
 dall'affermazione   del   principio   di   eguaglianza  vi  e'  oltre
 all'aspetto relativo alla tutela del cittadino di fronte ai privilegi
 ed agli atti discriminatori anche quello comprendente una piu'  ampia
 garanzia di fronte all'irrazionalita' dell'ordinamento;
     relazione  al  punto  b)  il comma 181, nella parte relativa alla
 predisposizione di elenchi a cura degli enti previdenziali, contrasta
 con l'art. 24 della Costituzione, in quanto l'ente  previdenziale  in
 cio' sarebbe del tutto arbitro di decidere in ordine all'esistenza ed
 all'entita'  delle  proprie obbligazioni nei confronti del ricorrente
 privato dei normali rimedi giurisdizionali;
     in relazione al punto c) risulta evidente il contrasto con l'art.
 3 della Costituzione, essendo oramai pacifico  che  il  diritto  alla
 rivalutazione  ed  agli  interessi  legali  e'  strettamente connesso
 all'inadempimento   della   p.a.   nell'erogazione   di   prestazioni
 previdenziali,  e pertanto il ricorrente, privato di tale componente,
 subirebbe un trattamento diverso;
     in relazione al punto d) vi e' contrasto con l'art. 24 e 25 della
 Costituzione, in quanto la previsione indiscriminata  dell'estinzione
 dei   giudizi  instaurati  nega  la  piena  soddisfazione  a  diritti
 preesistenti, precludendo  l'esame  delle  varie  eccezioni  avanzate
 dallo  stesso  ente  convenuto;  inoltre,  l'ente potrebbe, dopo aver
 privato  della  tutela  giurisdizionale  il  ricorrente,  opporre  le
 medesime   eccezioni,  in  quanto  all'estinzione  del  giudizio  non
 consegue  automaticamente  il  riconoscimento  anche  parziale,   del
 diritto fatto valere.