IL PRETORE Con d.c.g. emesso il 20 febbraio 1997, il p.m. presso la pretura circondariale di Genova disponeva la citazione a giudizio degli odierni imputati, per rispondere dei reati di cui agli artt. 81 cpv, 110 c.p. 17, in relazione agli artt. 1, 4, 5, 6, legge n. 107/1990 e 81 cpv c.p., 17, legge n. 107/1990, in relazione agli artt. 91 d.P.R. n. 1256/1971 e 31, 34 d.m. 27 gennaio 1990. Nella fase degli atti preliminari, le difese degli interessati proponevano varie questioni, attinenti alla legittimita' costituzionale della normativa in applicazione, parallelamente a quanto avvenuto in altro procedimento in analogo settore. Il p.m. si associava e il pretore decideva in merito con ordinanza del tutto analoga a quella emessa nel procedimento n. 5059/97 r.g., essendo perfettamente identiche le questioni proposte e palese la necessita' di una pronuncia nel merito. Si osservava, in particolar modo, come, a fronte di un settore di estrema rilevanza come quello in esame, non pochi problemi presentasse la normativa in applicazione, e come sulla soluzione delle varie questioni interpretative incidesse, negativamente, anche la evidente carenza di riferimenti dottrinali e giurisprudenziali. Si sottolineava, inoltre, la esistenza di altri procedimenti analoghi in oggi pendenti presso la procura circondariale di Genova, quattro dei quali gia' pervenuti alla fase del dibattimento. Sulla base di tali elementi, complessivamente considerati, apparendo particolarmente opportuna una pronuncia nel merito delle questioni proposte, il pretore decideva di accogliere la richiesta delle parti. E', dunque, nuovamente in esame il problema della legittimita' costituzionale della legge n. 107/1990 - norma di riferimento della contestazione - valuta sotto i tre diversi aspetti della determinatezza della fattispecie (art. 25, secondo comma, Cost.), del rispetto della riserva di legge (art. 25, secondo comma, Cost.), della razionalita' complessiva del sistema sanzionatorio (art. 3, primo comma, art. 27, terzo comma, art. 97, Cost.). Si osserva quanto segue: a) in punto "rilevanza". Essendo la questione in esame insorta nell'ambito di procedimento penale e, di piu', nella fase degli atti preliminari, la rilevanza non puo' che essere valutata avuto riguardo alla portata delle contestazioni, formalizzate nel capo di imputazione (per certi aspetti scarno, per quanto attiene alle modalita' di estrinsecazione della condotta, comunque sufficientemente determinato, anche in considerazione degli elementi deducibili dal pv di sequestro in atti). Agli odierni imputati e' contestato, anzitutto (capo a della rubrica) il reato previsto dagli artt. 81 cpv, 110, 17, in relazione agli artt. 1, 4, 5, 6, legge n. 107/1990, perche', nelle rispettive qualita' di responsabili e operatori di una struttura sanitaria privata, "... con piu' atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, prelevavano e distribuivano sangue umano in violazione delle norme di legge, in particolare attivando un centro autotrasfusionale presso struttura non prevista dalla legge e comunque non convenzionata con le strutture trasfusionali. In Genova, dal gennaio al giugno 1995". Ad uno solo degli imputati e' contestato, poi, (capo b della rubrica) il reato previsto dagli artt. 81 cpv c.p. 17, legge n. 107/1990 in relazione agli artt. 91 d.P.R. n. 1256/1971, 31 e 34, d.m. 27 dicembre 1990, nella sua qualita' di direttore sanitario della stessa struttura privata, "... perche', con piu' atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, non restituiva nel piu' breve tempo possibile al servizio trasfusionale le unita' di sangue e/o emocomponente non utilizzate, provenienti sia da autotrasfusioni che da donazioni di sangue omologo, provvedendo autonomamente al loro smaltimento e non documentando nelle cartelle cliniche dei pazienti... l'attivita' trasfusionale sugli stessi effettuata, ne' predisponeva un sistema di registrazione ed archiviazione dei dati inerenti alle dette unita' che consentisse di ricostruirne l'iter dal momento del prelievo fino alla sua destinazione finale, rendendo cosi' impossibile determinare la sorte delle singole sacche di sangue assegnate dal c.t. od oggetto di autoemodonazione, nonche' l'identificazione degli operatori. In Genova, dal gennaio al giugno 1995". Il fatto descritto al capo a) della rubrica, come meglio si precisera' in seguito, e' compiutamente disciplinato dalla legge n. 107/1990, laddove (art. 1 e segg.) rimette in via esclusiva, alle strutture sanitarie pubbliche, tutta l'attivita' trasfusionale (raccolta, conservazione, distribuzione del sangue o di emocomponenti - nella quale e' pacificamente ricompresa la cd "autodonazione" -), e dalla stessa legge (art. 17) sanzionato. Il fatto descritto al capo b) della rubrica (distruzione di sangue non reinfuso e omessa registrazione dei dati relativi, pertinente a poche sacche di prodotto, specificamente individuate, come si evince dalla stessa imputazione, analiticamente formulata), come meglio si precisera' in seguito, e' disciplinato sia dalla legge n. 107/1990, sia dai decreti integrativi richiamati nel capo di imputazione (d.P.R. n. 1256/1971, d.m. 27 dicembre 1990), e dalla stessa legge (art. 17) sanzionato. In questo secondo caso, viene pacificamente in rilievo una ipotesi di "norma penale in bianco", analogamente a quanto avviene in altri settori dell'ordinamento, caratterizzati da disciplina estremamente tecnica, che non puo' essere compiutamente rimessa alla fonte primaria (basti solo pensare alla materia degli alimenti). Che si tratti di norma penale in bianco, e' circostanza pacifica non soltanto per ragioni sostanziali (il contenuto tecnico della disciplina), ma anche e soprattutto per ragioni logico-formali (l'art. 17, legge n. 107/1990, infatti, sanziona non i fatti compiuti in violazione della presente legge, ma quelli commessi "in violazione delle norme di legge", utilizzando quest'ultima espressione in senso evidentemente atecnico; gli artt. 1 e segg., legge n. 107/1990 fanno espresso rinvio a successivi provvedimenti normativi; il d.m. 27 dicembre 1990 - fonte integrativa dell'imputazione di cui al capo b) - e' stato espressamente emanato per dare attuazione alla legge in esame). Non pare quindi dubitabile che le condotte descritte al capo b) della rubrica, in quanto violazione di specifici obblighi imposti dall'art. 31 del d.m. 27 dicembre 1990, rientrino nella fattispecie incriminatrice di cui all'art. 17, legge n. 107/1990, ne' che tale integrazione appaia viziata da "eccesso di potere", trovando anzi i suoi presupposti e i suoi limiti nei principi articolati e puntualmente espressi da una legge dichiaratamente emanata allo scopo di "garantire il buon uso del sangue". La questione e', dunque, rilevante, poiche' alla prova dei diversi fatti in contestazione dovrebbe necessariamente conseguire l'applicazione delle sanzioni contemplate dall'art. 17, col particolare meccanismo di cui si dira' in tema di "non manifesta infondatezza", onde il presente procedimento non potrebbe essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle questioni prospettate. b) In punto "non manifesta infondatezza".