IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA
   Premesso:
     che nei confronti di Della Torre Gabriele, nato l'8 gennaio  1941
 a  Milano,  residente  in  Sesto San Giovanni, via Vittorio Veneto n.
 115, e' eseguibile la pena pecuniaria  di  L.  116.000.000  di  multa
 determinata  con  provvedimento  di  cumulo della procura generale di
 Milano n. 530/92 RES del 30 maggio 1994;
     che, attesi il mancato pagamento e  l'infruttuosita'  degli  atti
 esecutivi,  la  procura  generale  di  Milano  ha  richiesto a questo
 magistrato di sorveglianza la conversione della pena pecuniaria;
     che, esperita la necessaria istruttoria ed iniziato  procedimento
 di  sorveglianza,  all'odierna  udienza, comparendo l'interessato, il
 p.m. e la difesa concludevano come in atti;
   Osserva quanto segue:
     A) sussiste la competenza di questo magistrato; la  richiesta  di
 conversione  e'  stata  formulata  dalla  procura  generale di Milano
 quando Della Torre si trovava detenuto presso la  casa  circondariale
 di Como.
   Sussistono  altresi'  le  condizioni  per  procedere alla richiesta
 conversione. Infatti il condannato non  ha  provveduto  al  pagamento
 della  pena  pecuniaria,  l'attivita'  esecutiva  esperita  nei  suoi
 confronti si e' rivelata infruttuosa e le informazioni in questa sede
 assunte attestano lo stato di obbiettiva insolvibilita' del medesimo.
   All'odierna udienza l'interessato ha eccepito l'incostituzionalita'
 della conversione delle pene pecuniarie in liberta'  controllata  per
 insolvibilita'  per contrasto con l'art. 3 della Costituzione; ha, in
 via subordinata, richiesto la conversione della  pena  pecuniaria  in
 lavoro  sostitutivo a norma del secondo comma dell'art. 102, legge n.
 689/1981.
   Il pubblico ministero ha concluso per  la  conversione  della  pena
 pecuniaria,  lasciando  libero il giudicante di scegliere la sanzione
 sostitutiva da applicare.
   E' noto che la Corte costituzionale con la  pronuncia  n.  206  del
 14-21  giugno  1996  ha  consentito,  in caso di insolvibilita' ed in
 presenza di specifica richiesta del  condannato,  la  conversione  in
 lavoro  sostitutivo  anche  delle  pene  pecuniarie  superiori  ad un
 milione, sicche' la richiesta subordinata appare  ammissibile.  Deve,
 tuttavia, ritenersi che con la ricordata pronuncia la Corte non abbia
 inteso  vincolare  il  giudicante  alla richiesta del condannato, non
 avendo la declaratoria  di  incostituzionalita'  inciso  sul  secondo
 comma   dell'art.    102  citato  nella  parte  in  cui  sancisce  la
 discrezionalita' del magistrato di sorveglianza in materia. Pertanto,
 nel  caso  in  esame,  il  giudicante  potrebbe  convertire  la  pena
 pecuniaria  in  liberta'  controllata e disattendere motivatamente la
 richiesta del  condannato  di  applicazione  del  lavoro  sostitutivo
 rilevando,  per  esempio,  la  sproporzione  esistente  tra la durata
 massima del lavoro sostitutivo prevista dall'ultimo  comma  dell'art.
 103  della  legge  24  novembre  1981,  n.  689,  pari  a giorni 60 e
 l'entita' della multa inflitta e non pagata; potrebbe, al  contrario,
 ritenere adeguato il lavoro sostitutivo e procedere di conseguenza.
   Dunque   si   appalesano   rilevanti   le  eventuali  questioni  di
 costituzionalita' aventi ad oggetto le  norme  che,  in  presenza  di
 richiesta  di  applicazione  del  lavoro  sostitutivo  da  parte  del
 condannato,  consentono  la  conversione  della  pena  pecuniaria  in
 liberta'  controllata  o  in lavoro sostitutivo, nonche' le norme che
 regolano la durata e l'esecuzione di dette sanzioni sostitutive;
     B) il meccanismo di conversione delle  pene  pecuniarie  ha  gia'
 superato  indenne  il  vaglio  di  costituzionalita'  con riferimento
 all'art.   3 della  Costituzione.  Esattamente  si  e'  rilevato  che
 lesione  al  principio  di  uguaglianza  vi  sarebbe se il condannato
 insolvibile potesse sottrarsi all'esecuzione  della  pena  pecuniaria
 inflittagli;  in  tal  modo  infatti  risulterebbe  irragionevolmente
 discriminato il condannato solvibile, effettivamente leso l'interesse
 ad una eguale possibilita' di funzionamento del  sistema  penale  nei
 confronti   di   tutti  i  destinatari  e  violato  il  principio  di
 inderogabilita' della  pena.  Si  e'  conseguentemente  ritenuto  non
 evitabile ne' la previsione di misure succedanee alla pena pecuniaria
 non   corrisposta   per   insolvibilita',   ne'  che  queste  possano
 incorporare, rispetto a quella, un margine di maggiore afflittivita'.
   Proprio con riguardo alla maggiore afflittivita'  ed  al  carattere
 necessariamente  succedaneo  di  tali  misure e' stata specificamente
 denunciata  l'incostituzionalita'  della   conversione   della   pena
 pecuniaria  in  liberta'  controllata  per violazione del primo comma
 dell'art.   27 della Costituzione, rilevando  che  tale  sanzione,  a
 differenza   del   lavoro   sostitutivo,  comporta  un'ingiustificata
 limitazione della liberta' personale non funzionale alla sostituzione
 del sacrificio patrimoniale inesigibile connesso alla pena pecuniaria
 e non correlata ad  alcun  comportamento  colpevole  del  condannato.
 Ebbene  la  Corte costituzionale con la gia' ricordata pronuncia, pur
 riconoscendo l'esattezza di tale argomento, ha ancora giustificato la
 sopravvivenza   del   ruolo,   seppur   sussidiario,  della  liberta'
 controllata in ragione della  facolta'  accordata  al  condannato  di
 optare  senza  limitazioni  per  il  lavoro  sostitutivo, limitandosi
 quindi a dichiarare l'illegittimita' costituzionale del secondo comma
 dell'art. 102 della legge n. 689/1981 nella parte in cui non consente
 che il lavoro sostitutivo, a richiesta del condannato,  sia  concesso
 anche  nel caso in cui la pena pecuniaria da convertire sia superiore
 ad un milione.
   Il  profilo  di  incostituzionalita'  denunciato  sembra   tuttavia
 permanere, anche dopo tale intervento.
   Non  pare  infatti  possa  attribuirsi  rilevanza  al  consenso del
 condannato (per di piu' tacito e presunto in quanto  integrato  dalla
 mancata  richiesta  dell'applicazione del lavoro sostitutivo) laddove
 questi debba subire un'ingiustificata limitazione della sua  liberta'
 personale  non  correlata  ad  alcun  suo comportamento colpevole. La
 norma  che  prevede  tale  limitazione  resta  in  contrasto  con  il
 principio  previsto  dal primo comma dell'art. 27 della Costituzione,
 inderogabile e sottratto alla disponibilita' del singolo.
   Si ripropone dunque in questa  sede,  in  quanto  rilevante  e  non
 manifestamente  infondata,  la  questione  di incostituzionalita' del
 primo comma dell'art.  102 della legge n. 689/1981,  nella  parte  in
 cui  prevede  la  conversione  della  pena  pecuniaria ineseguita per
 insolvibilita' nella pena sostitutiva della liberta' controllata, per
 violazione dell'art. 27, primo comma, della Costituzione,  violazione
 che   permane   ad  avviso  del  giudicante  nonostante  l'intervento
 anzidetto della Corte costituzionale;
     C) permane, comunque,  l'incostituzionalita'  del  secondo  comma
 dell'art. 102 della legge n. 689/1981.
   Detta  norma  stabilisce che "nel caso in cui la pena pecuniaria da
 convertire non sia superiore ad un milione,  la  stessa  puo'  essere
 convertita,  a  richiesta  del condannato, in lavoro sostitutivo". La
 Corte costituzionale con la gia' ricordata sentenza n. 206 del  14-21
 giugno  1996  ha  dichiarato  l'illegittimita' costituzionale di tale
 norma nella parte in cui non consente che il  lavoro  sostitutivo,  a
 richiesta  del condannato, sia concesso anche nel caso in cui la pena
 pecuniaria da convertire sia superiore ad  un  milione.  E'  peraltro
 certo  che  la  pronuncia  di incostituzionalita' non ha vincolato il
 magistrato di sorveglianza alla richiesta del condannato, non  avendo
 inciso  sull'ambito  di  discrezionalita'  previsto  dalla  norma con
 l'espressione  "la  stessa  puo'  essere  convertita...   in   lavoro
 sostitutivo".
   Orbene, dubita il giudicante della costituzionalita' del menzionato
 comma  proprio  nella  parte  in  cui  prevede tale residuo ambito di
 discrezionalita'.   Infatti, seguendo il  ragionamento  della  Corte,
 appare  evidente che, se la sopravvivenza del ruolo sussidiario della
 liberta'  controllata  si  giustifica,  resistendo  alle  censure  di
 incostituzionalita',  solo  in  ragione  della  facolta' accordata al
 condannato di optare senza limitazioni  per  il  lavoro  sostitutivo,
 tale  scelta,  se effettuata, non potra' che essere vincolante per il
 giudice della conversione, palesandosi ogni residua  discrezionalita'
 del   giudicante  al  riguardo  in  contrasto  con  l'art.  27  della
 Costituzione.
   Deve  dunque  giudicarsi,  oltreche'  rilevante, non manifestamente
 infondata la questione di  legittimita'  costituzionale  del  secondo
 comma  dell'art.  102  della  legge  24  novembre  1981,  n. 689, per
 violazione del primo comma dell'art.  27  della  Costituzione,  nella
 parte  in  cui consente al giudice che dispone la conversione di pena
 pecuniaria ineseguita per insolvibilita'  di  applicare  la  liberta'
 controllata,   disattendendo   la   richiesta   del   condannato   di
 applicazione della sanzione del lavoro sostitutivo;
     D)  la  sostituzione  della  pena  pecuniaria  ineseguibile   per
 insolvibilita' in lavoro sostitutivo e' certamente compatibile con il
 principio  previsto  dal primo comma dell'art. 27 della Costituzione.
 Infatti tale sanzione comporta un sacrificio della liberta' personale
 molto modesto  e  comunque  strettamente  finalizzato  all'esecuzione
 della prestazione lavorativa sostitutiva di quella in danaro inerente
 la pena pecuniaria.
   V'e'  tuttavia  da  chiedersi  se  le modalita' previste per la sua
 esecuzione salvaguardino l'inderogabilita' della pena.
   Il secondo comma dell'art. 103 della legge n.  689/1981  stabilisce
 che  "la  durata complessiva del lavoro sostitutivo non puo' superare
 in ogni caso i sessanta giorni". Orbene, se da un lato e'  pienamente
 legittima  la  previsione di limiti massimi in materia di conversione
 di pene pecuniarie (sentenza della Corte costituzionale n. 152 del  1
 aprile  1992), dall'altro lato e' evidente l'inadeguatezza del limite
 anzidetto stabilito quando la conversione in lavoro  sostitutivo  era
 prevista  esclusivamente  per  pene  non  superiori  al milione. Tale
 limite, in seguito all'estensione dell'ambito di  applicabilita'  del
 lavoro   sostitutivo,  e'  divenuto  a  tal  punto  irragionevole  da
 pressoche' vanificare il principio  dell'inderogabilita'  della  pena
 con riguardo alle pene pecuniarie di elevato ammontare.
   Il primo comma dell'art. 105 della legge n. 689/1981 stabilisce che
 "Il  lavoro  sostitutivo  consiste nella prestazione di una attivita'
 non retribuita, a favore della collettivita', da svolgere  presso  lo
 Stato,   le   regioni,   le   province,   i  comuni  o  presso  enti,
 organizzazioni o corpi di assistenza, di  istruzione,  di  protezione
 civile  e  di  tutela  dell'ambiente  naturale  o  di  incremento del
 patrimonio forestale, previa stipulazione, ove occorra,  di  speciali
 convenzioni  da  parte  del Ministero di grazia e giustizia, che puo'
 delegare il magistrato di  sorveglianza.  Tale  attivita'  si  svolge
 nell'ambito della provincia in cui il condannato ha la residenza...."
 Ancora   si   deve  constatare  il  contrasto  con  il  principio  di
 inderogabilita' della pena laddove l'applicabilita' ed  eseguibilita'
 di  una sanzione penale (la pena pecuniaria e la sanzione sostitutiva
 originante dalla sua conversione) risultano condizionate ad una  fase
 "contrattuale"  con  enti  che  invero potrebbero non condividere gli
 schemi proposti dal Ministero (lettere circolari del 29 marzo 1985  e
 del  18  giugno  1998), offrire una disponibilita' inferiore a quella
 necessaria e persino opporre una  comprovata  impossibilita'.    Tale
 attivita' "contrattuale", delegata con le ricordate lettere circolari
 al  magistrato  di sorveglianza incontra, poi, ostacoli aggiuntivi in
 quanto estesa ad ambiti territoriali molto vasti non  necessariamente
 coincidenti  con  la  giurisdizione  del  magistrato  di sorveglianza
 procedente (nel caso in esame, per esempio, il  luogo  di  espiazione
 della sanzione sostitutiva dovrebbe essere Sesto San Giovanni, citta'
 della provincia di Milano posta al di fuori degli ambiti territoriali
 di   competenza   del   magistrato   di   sorveglianza   di  Varese).
 L'inderogabilita'   sarebbe  salvaguardata  solo  da  una  norma  che
 garantisse, quantificasse  e  regolamentasse  in  via  preventiva  la
 disponibilita'   degli  enti  anzidetti  a  ricevere  le  prestazioni
 indicate dal primo comma dell'art. 105.
   Dunque,  se  ogni  irragionevole  violazione   del   principio   di
 inderogabilita'  della  pena  si  pone  come  lesiva del principio di
 uguaglianza, deve giudicarsi, oltreche' rilevante, non manifestamente
 infondata la questione di  legittimita'  costituzionale  del  secondo
 comma  dell'art.   103 e del primo comma dell'art. 105 della legge n.
 689/1981, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella  parte
 in cui rispettivamente prevedono che la durata complessiva del lavoro
 sostitutivo  non  puo' superare i 60 giorni e che l'applicabilita' ed
 eseguibilita' di  tale  sanzione  sostitutiva  e'  condizionata  alla
 previa stipula di convenzioni con gli enti individuati come possibili
 destinatari delle prestazioni non retribuite.