ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 4, comma 1,
 lettera a) nn. 1), 2), 3), 7) della legge  23  ottobre  1992  n.  421
 (Delega  al  Governo  per  la  razionalizzazione e la revisione delle
 discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di  previdenza
 e  di  finanza territoriale), e degli artt. 1, 7, comma 1, lettera i)
 8, comma  4,  del  decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  504
 (Riordino  della finanza degli enti territoriali, a norma dell'art. 4
 della legge 23 ottobre 1992, n. 421); giudizi promossi con  ordinanze
 emesse  il  5  e il 26 giugno, il 29 maggio (quattro ordinanze), il 5
 giugno, il 29 maggio, il 3 luglio (tre ordinanze), il 26 giugno  (due
 ordinanze),  il 12 giugno, il 26 giugno, il 5 giugno (due ordinanze),
 il 26 giugno (due ordinanze) e il 5  giugno  1997  dalla  Commissione
 tributaria   provinciale  di  Perugia,  il  18  febbraio  1997  dalla
 Commissione tributaria provinciale di Milano, il  26  giugno,  il  29
 maggio   (due  ordinanze)  e  il  3  luglio  1997  dalla  Commissione
 tributaria provinciale di Perugia, iscritte  rispettivamente  ai  nn.
 159, 160, 161, 162, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172,
 173,  174,  175, 176, 177, 178, 292, 382, 383, 384 e 385 del registro
 ordinanze  1998  e  pubblicate   nella   Gazzetta   Ufficiale   della
 Repubblica, prima serie speciale, nn. 12, 18 e 23, dell'anno 1998.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  13  gennaio  1999  il  giudice
 relatore Francesco Guizzi.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un giudizio avente a oggetto l'istanza, formulata
 dall'Istituto  autonomo  per  le  case  popolari (d'ora innanzi IACP)
 della provincia di Milano e vo'lta a ottenere la  restituzione  delle
 somme  pagate  a titolo di imposta comunale sugli immobili per l'anno
 1993, la Commissione tributaria provinciale di Milano  ha  sollevato,
 in  riferimento agli artt. 2, 3 e 53 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1),
 2), 3), 7), della legge 23 ottobre 1992, n. 421  (Delega  al  Governo
 per  la  razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia
 di  sanita',  di  pubblico  impiego,  di  previdenza  e  di   finanza
 territoriale),  e  degli  artt.  1  e  7  del  decreto legislativo 30
 dicembre  1992,  n.  504   (Riordino   della   finanza   degli   enti
 territoriali,  a  norma  dell'art.  4 della legge 23 ottobre 1992, n.
 421), nella parte in cui non  prevedono  l'esenzione  degli  immobili
 posseduti  dagli  IACP  dal  pagamento  dell'imposta  comunale  sugli
 immobili.
   Ad avviso del rimettente, le norme censurate sarebbero innanzitutto
 in contrasto con l'art. 53, in quanto  i  predetti  immobili  possono
 essere   concessi   in   locazione  dietro  pagamento  di  un  canone
 predeterminato per legge, inferiore  al  valore  di  mercato,  e  non
 possono  essere  alienati.   Il patrimonio immobiliare degli IACP non
 sarebbe, dunque, indice di alcuna capacita' contributiva, e non  puo'
 essere   equiparato,  dal  punto  di  vista  fiscale,  agli  immobili
 liberamente commerciabili.
   Le norme in esame sarebbero altresi' in  contrasto,  sotto  diversi
 profili, con l'art. 3.
   In  primo  luogo,  perche' lesive del principio di uguaglianza, dal
 momento che l'introduzione dell'ICI,  secondo  quanto  il  rimettente
 ritiene  di  desumere  dagli  atti parlamentari, era giustificata dal
 maggior  reddito  ricavabile  dalla   locazione   di   immobili,   in
 conseguenza  della concomitante abrogazione (parziale) del cosiddetto
 "equo canone".  Tuttavia, nei confronti degli IACP l'art.  66,  comma
 9,  del  decreto  legislativo  30  agosto  1993,  n. 331, consente di
 aumentare il canone soltanto a partire dall'anno 1994; e  per  l'anno
 d'imposta  1993  e' stata discriminata la posizione di tali istituti,
 essendo per essi aumentato il carico tributario, senza che  vi  fosse
 incremento del loro reddito.
   In  secondo  luogo,  le norme censurate lederebbero il principio di
 ragionevolezza sotto tre profili:
     perche' accomunano gli IACP a tutti gli altri  contribuenti,  non
 tenendo   conto   della  loro  peculiare  natura  e  delle  finalita'
 perseguite;
     perche' li discriminerebbero rispetto a numerosi altri  soggetti,
 per  i  quali  e'  stata  disposta,  invece,  l'esenzione  totale dal
 pagamento dell'ICI;
     perche', mentre ai fini dell'assolvimento dell'INVIM, la legge ha
 previsto l'imponibilita' delle plusvalenze realizzate e non di quelle
 maturate, con conseguente esenzione di fatto dal pagamento dell'INVIM
 decennale o straordinaria, al contrario non e' stata prevista analoga
 esenzione per l'ICI.
   Infine, il giudice a quo prospetta un vulnus dell'art. 2, in quanto
 fine istituzionale degli IACP e' garantire il  "bene  casa"  ai  meno
 abbienti,  finalita'  che sarebbe in concreto limitata, e ostacolata,
 dal pagamento dell'ICI sugli immobili dell'ente.
   2. - Con ventiquattro ordinanze di analogo contenuto, adottate  nel
 corso  di  vari  giudizi riguardanti la restituzione di somme versate
 dal locale  Istituto  per  l'edilizia  residenziale  pubblica  (d'ora
 innanzi,  IERP) a titolo di ICI, la Commissione tributaria di Perugia
 ha sollevato, in riferimento agli artt. 2  e  3  della  Costituzione,
 questione  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 7, comma 1,
 lettera i), e 8, comma 4, del citato decreto legislativo n.  504  del
 1992,  nella  parte  in cui non prevedono che gli immobili degli IERP
 siano esonerati dal pagamento dell'ICI.
   Il Collegio rimettente non esamina partitamente i  pretesi  profili
 di  contrasto con i due parametri costituzionali invocati, ma propone
 per entrambi  un  sillogismo,  sostenendo  che  la  legge  istitutiva
 dell'ICI   esonererebbe   dal  pagamento  una  serie  di  soggetti  -
 proprietari  di  immobili  destinati  esclusivamente   ad   attivita'
 assistenziali  -  e che gli IERP non eserciterebbero alcuna attivita'
 qualificabile nella sostanza come "commerciale", dal momento  che  ne
 svolgono  una  finalizzata  alla prestazione di un pubblico servizio,
 qual e' fornire il "bene casa" ai  meno  abbienti.  Per  cui  sarebbe
 irragionevole  discriminare  - sotto l'aspetto fiscale - la posizione
 di enti i cui immobili sono destinati alla protezione sociale.
   3. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei  Ministri,  con
 il  patrocinio  dell'Avvocatura dello Stato, eccependo - con riguardo
 alle censure mosse dalla  Commissione  tributaria  di  Milano  -  che
 questa  Corte  ha  dichiarato non fondate, con la sentenza n. 113 del
 1996, analoga questione.
   Sulla  questione sollevata dalla Commissione tributaria di Perugia,
 la difesa erariale ha sottolineato che gli IACP  (e  gli  IERP)  gia'
 godono  di  una riduzione d'imposta del cinquanta per cento, ai sensi
 dell'art. 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del  1992,  come
 modificato  dall'art.  3,  comma 55, della legge 23 dicembre 1996, n.
 662. E ha aggiunto che l'attivita' degli IACP e degli IERP  non  puo'
 definirsi   "assistenziale",   si'   che  -  per  quanto  attiene  al
 trattamento   fiscale   -   sarebbe   pienamente   giustificata    la
 discriminazione  prevista  dalla  legge,  ai  fini  dell'ICI,  tra  i
 predetti Istituti e gli enti assistenziali.
                        Considerato in diritto
   1. - Va esaminata  preliminarmente  la  questione  sollevata  dalla
 Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano  che, in riferimento
 all'art.  53   della   Costituzione,   sospetta   di   illegittimita'
 costituzionale  l'art.  4,  comma  1,  lettera a), nn. 1), 2), 3), 7)
 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e gli artt. 1 e  7  del  decreto
 legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
   Secondo  il  rimettente,  gli  immobili  posseduti  dagli  IACP non
 costituirebbero  indice  di  capacita'  contributiva  in  quanto  non
 commerciabili,  mentre  gli  utili  derivanti  dalla  loro gestione -
 detratte le spese - debbono essere versati allo Stato.
   Riproposta solo parzialmente sotto un diverso profilo,  la  censura
 e'   manifestamente  infondata.  Analoga  questione  di  legittimita'
 costituzionale, sollevata sull'art. 7 del decreto legislativo n.  504
 del  1992, e' stata infatti gia' dichiarata non fondata, in relazione
 al medesimo parametro, non risultando l'assoggettamento degli IACP al
 pagamento dell'ICI in contrasto con il disposto di tale norma,  anche
 perche'  rivalutare  le scelte di merito compiute dal legislatore per
 quanto attiene al regime delle esenzioni comporterebbe "una  evidente
 intromissione  nell'ambito  della discrezionalita' politica riservata
 alle Camere", che e' insindacabile ove non se ne deduca la  manifesta
 irragionevolezza  (sentenza  n.  113 del 1996). Irragionevolezza che,
 nel caso  di  specie,  non  si  puo'  far  consistere  nella  pretesa
 insussistenza  in  capo  agli  IACP di capacita' contributiva, avendo
 questa Corte, in tema di  imposte  patrimoniali,  gia'  ritenuto  non
 manifestamente  irrazionale presumere che i fabbricati ricevano, piu'
 di ogni altra fonte di reddito, particolari benefici  dai  servizi  e
 dalle  attivita'  gestionali  del comune (sentenze nn. 111 del 1997 e
 159 del 1985). Si' che non e' arbitrario ancorare il prelievo fiscale
 al possesso dell'immobile.
   2.  -  La  Commissione  tributaria  di  Milano  dubita  anche,   in
 riferimento   all'art.   2  della  Costituzione,  della  legittimita'
 costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2),  3),  7)
 della  legge  n.  421  del  1992  e  degli  artt.  1  e 7 del decreto
 legislativo n. 504  del  1992,  nella  parte  in  cui  non  prevedono
 l'esenzione   degli  immobili  posseduti  dagli  IACP  dal  pagamento
 dell'ICI. Un'imposta che, ad avviso del  rimettente,  limiterebbe  in
 concreto  il conseguimento del fine precipuo dell'Istituto, che e' di
 garantire il "bene casa" ai non  abbienti,  incidendo  di  fatto  sul
 godimento d'un diritto costituzionalmente protetto.
   Analoga   censura   viene   mossa   dalla   Commissione  tributaria
 provinciale di  Perugia,  relativamente  sia  all'art.  7,  comma  1,
 lettera  i),  sia all'art. 8, comma 4, del citato decreto legislativo
 n. 504 del 1992.
   Le due questioni, che possono essere esaminate congiuntamente, sono
 l'una infondata, l'altra inammissibile.
   E'   manifestamente   inammissibile   per  carenza  di  motivazione
 dell'ordinanza  di  rimessione   la   questione   prospettata   dalla
 Commissione  tributaria  di  Perugia, non avendo il Collegio in alcun
 modo argomentato sulla violazione dell'art. 2 della Costituzione.
   E' infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
 4,  comma  1,  lettera  a), nn. 1), 2), 3), 7) della legge n. 421 del
 1992, e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo  n.  504  del  1992
 sollevata,  con  riferimento  all'art.  2  della  Costituzione, dalla
 Commissione tributaria provinciale di Milano.
   Il diritto a una abitazione dignitosa rientra, innegabilmente,  fra
 i  diritti  fondamentali  della  persona  (sentenza n. 404 del 1988).
 Tuttavia, nel caso di specie il giudice a quo mostra, con  apodittica
 motivazione,  di  ritenere  che l'imposizione fiscale (o l'aumento di
 essa)  debba,  per  il  solo  fatto  di  esser   tale,   riverberarsi
 negativamente  sul  godimento  del  diritto  alla casa da parte degli
 assegnatari  di  alloggi  realizzati  dagli  IACP.  In  mancanza   di
 ulteriori  motivazioni,  o  esplicazioni, non si puo' condividere una
 simile presunzione di causalita' fra imposizione fiscale e  nocumento
 al diritto all'abitazione, postulata piu' che dimostrata.
   3. - La Commissione tributaria di Milano dubita poi, in riferimento
 all'art.  3  della  Costituzione,  della  legittimita' costituzionale
 dell'art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7), della legge  n.
 421  del  1992 e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo n. 504 del
 1992,   poiche'   il   legislatore   avrebbe   con   irragionevolezza
 discriminato     la    posizione    degli    IACP,    immotivatamente
 differenziandola  da  quella  degli  altri  soggetti   esentati   dal
 pagamento   dell'ICI   e  indicati  dall'art.    7  (ad  esempio,  le
 istituzioni  sanitarie  pubbliche  e  le  camere  di  commercio,   in
 relazione  agli  immobili destinati allo svolgimento delle rispettive
 attivita' istituzionali).
   Analoga  censura  viene  sollevata  dalla  commissione   tributaria
 provinciale  di  Perugia,  anche  in  questo caso con riferimento sia
 all'art. 7, comma 1, sia all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo
 teste' richiamato.
   Per identita' delle censure mosse, le due questioni vanno esaminate
 congiuntamente. Esse sono entrambe infondate.
   Nel disciplinare la  materia  delle  esenzioni  e  delle  riduzioni
 d'imposta,  il  legislatore  gode  di  ampia discrezionalita', il cui
 esercizio non e' sindacabile da questa Corte  se  non  per  manifesta
 irragionevolezza  o  arbitrarieta'. In particolare, si deve escludere
 che una previsione di  esenzione  dal  pagamento  dell'imposta  debba
 sempre equivalere a un riconoscimento dell'insussistenza di capacita'
 contributiva  (sentenza n. 159 del 1985). E', dunque, in facolta' del
 legislatore esentare dall'imposta anche soggetti forniti di capacita'
 contributiva, purche' tale scelta non presenti,  come  si  e'  detto,
 profili di irrazionalita':  che qui non ricorrono.
   L'art.  7  del decreto legislativo n. 504 del 1992 prevede infatti,
 alle lettere a), e) e, f), l'esenzione di immobili posseduti da  Enti
 pubblici  o  di  proprieta' di soggetti di diritto internazionale; e,
 alle lettere b), c),  d),  g),  h),  i),  di  immobili  destinati  ad
 attivita'  peculiari  che non siano produttive di lucro e di reddito.
 Entrambe  queste  categorie  di  immobili  (e  soggetti)   presentano
 rilevanti  differenze rispetto a quelli di proprieta' degli IACP, che
 (sia  pure a canoni o prezzi predeterminati per legge) sono destinati
 istituzionalmente alla locazione o,  alle  condizioni  predeterminate
 dalla  legge, alla vendita. Attivita', questa, assai diversa rispetto
 a  quelle  cui  sono  verosimilmente  destinati  gli  altri  immobili
 elencati nell'art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992.
   La destinazione degli immobili degli IACP non puo', in particolare,
 essere  assimilata a quella degli immobili di cui alle lettere c), g)
 e h) di tale articolo, dal momento che  l'attivita'  dell'Istituto  -
 per   costante   giurisprudenza   della  Corte  di  cassazione  -  e'
 assimilabile,  ai  fini  per   l'assoggettabilita'   di   tali   enti
 all'imposizione  ILOR,  a  quella  imprenditoriale,  pur  a  fini  di
 pubblico interesse.
   La strutturale diversita' fra la  destinazione  degli  immobili  di
 proprieta'  degli  IACP,  e  quella  degli  altri  immobili  previsti
 dall'art.  7 piu' volte richiamato, non e'  elisa  dalla  circostanza
 che  gli  IACP  siano  obbligati  ad affidare l'eventuale utile a una
 gestione autonoma della Cassa depositi e prestiti.  Siffatto  obbligo
 costituisce,  invero,  una forma di restituzione allo Stato dei fondi
 ricevuti,  e  non  muta  la  natura  dell'attivita'  degli  IACP   da
 imprenditoriale  (o  a  questa  assimilabile,  ai  fini  fiscali)  in
 assistenziale. Essendo  presupposto  del  prelievo  fiscale  il  mero
 possesso  dell'immobile,  e  non  la destinazione a fini di lucro (in
 quanto l'imposizione ICI tende a colpire non solo i  proprietari,  ma
 anche  "coloro  che,  avendo il godimento del bene, si avvantaggiano,
 con immediatezza,  dei  servizi  e  delle  attivita'  gestionali  dei
 comuni": sentenza n. 111 del 1997), non si puo' evocare, con riguardo
 al  profilo  in  esame,  il fine di pubblico interesse perseguito dal
 soggetto passivo (sentenza n. 301 del 1987).
   Si deve pertanto concludere che il legislatore, non  inserendo  gli
 IACP nell'elenco di cui all'art. 7 del decreto legislativo n. 504 del
 1992, abbia fatto uso non irrazionale della propria discrezionalita'.
   Ne'   puo'   ritenersi,   al  contrario  di  quanto  dedotto  dalla
 Commissione  tributaria  di  Milano,  che  l'articolo  7  sia   norma
 violatrice  del  principio  di uguaglianza, per avere discriminato la
 posizione degli IACP (ai quali non e' dato  aumentare  il  canone  di
 locazione)  rispetto a quella degli altri proprietari di immobili, ai
 quali l'art. 11 del d.-l.  11 luglio 1992, n.  333,  convertito,  con
 modificazioni,  nella  legge  8 agosto 1992, n. 359, ha consentito di
 derogare, nella fissazione del canone, al regime vincolistico di  cui
 alla  legge  27  luglio  1978,  n.  392.  Il d.-l. n. 333 del 1992 ha
 infatti previsto un  regime  di  graduale  passaggio  da  un  sistema
 totalmente vincolato ad altro rimesso alla contrattazione delle parti
 (art.  11,  comma 2-bis), e ha percio' creato, non irragionevolmente,
 una distinzione anche all'interno  della  categoria  dei  proprietari
 privati  fra contratti "prorogati" ai sensi del citato art. 11, comma
 2-bis e contratti "rinegoziati".
   4.  -  Infondata  e'  infine,  con  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione,  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 8, comma 4, del decreto legislativo n.  504  del  1992.  Tale  norma,
 prevedendo  una riduzione del cinquanta per cento dell'imposta dovuta
 dagli  IACP,  si  sottrae  alle  censure  del   giudice   rimettente;
 attraverso  di  essa  il  legislatore ha infatti conferito uno status
 privilegiato - per quanto attiene al pagamento dell'ICI - agli  IACP.
 Ne'  ha rilievo la circostanza che la riduzione prevista dall'art. 8,
 comma  4,  trovi applicazione a decorrere del 1 gennaio 1997, perche'
 il  legislatore,  come  si  e'   gia'   rilevato,   gode   di   ampia
 discrezionalita' nel disciplinare le esenzioni d'imposta, non essendo
 peraltro necessario che queste siano sottese da una effettiva assenza
 di capacita' contributiva (sentenze nn. 111 del 1997 e 159 del 1985).