LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha   emesso   la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  1049/1998,
 depositato il 25 febbraio 1998, avverso  avviso  di  accertamento  n.
 6060001819  - Irpef piu' Ilor, 1991 contro Imposte dirette di Este da
 Finesso Pietro, residente a Monselice (PD) in via San Bellino  n.  7,
 difeso  da  Barbato  avv.  Enrico,  residente  a  Padova in piazzetta
 Garzeria, 1; Sadocco Agnese, residente a Monselice (PD)  in  via  San
 Bellino  n.  7,  difeso da Barbato avv. Enrico, residente a Padova in
 piazzetta Garzeria, 1;
                               F a t t o
   Finesso Pietro e Sadocco Agnese, residenti in Monselice  (PD),  via
 S. Bellino, 7, rappresentati e difesi dall'avv.to Enrico Barbato, con
 studio  in  Padova,  piazzetta Garzeria, 1, giusta procura a margine,
 con ricorso  alla  Commissione  tributaria  di  1  grado  di  Padova,
 presentato   il   25  febbraio  1998,  hanno  impugnato,  chiedendone
 l'annullamento, l'avviso di  accertamento  dell'Ufficio  distrettuale
 delle imposte dirette di Este n. 6060001819, notificato il 2 dicembre
 1997,  ad oggetto la rettifica dell'imponibile ex art. 41-bis, d.P.R.
 n. 600/1973, per redditi provenienti da locazione, per  l'importo  di
 L.  12.600.000,  agli  effetti  dell'Irpef  e  dell'Ilor  per  l'anno
 d'imposta 1991.
   Premettono  i  ricorrenti  di  aver  effettivamente  stipulato   un
 contratto  di locazione commerciale, per la durata di sei anni, con i
 sigg.ri Zodiaco Maurizio e Boscolo Amalia, contitolari della societa'
 "Smile Bar", dalla prima scadenza (aprile 1990),  detta  societa'  si
 rendeva  pero' morosa nel pagamento dei canoni alla proprieta', tanto
 da indurre la proprieta' stessa ad avviare procedimento giudiziale di
 sfratto  per  morosita';  in  data  31  gennaio  1991,   il   pretore
 convalidava  lo  sfratto  e  fissava  per l'esecuzione la data del 30
 settembre 1991; l'immissione nella detenzione dell'immobile  avveniva
 quindi  il  31  ottobre  1991,  come risultante dal relativo verbale;
 nessuna azione di recupero dei canoni insoluti e' stata  mai  portata
 ad   esecuzione  nei  confronti  dei  conduttori,  in  ragione  della
 impossibilita' di un qualche esito.
   Deducono, quindi, i seguenti argomenti difensivi:
     1)  inesigibilita'  della  maggiore  imposta  liquidata  e  della
 sanzione  irrogata  per violazione del combinato disposto degli artt.
 23 della  Costituzione  e  1,  d.P.R.  n.  600/1973:  in  assenza  di
 effettivi   introiti   correlati   alla   locazione,  non  troverebbe
 giustificazione l'imposizione di alcuna prestazione, ne' patrimoniale
 ne' personale.
     2) violazione del principio  dell'onere  della  prova:  gli  atti
 forniti dai ricorrenti a comprova del mancato percepimento dei canoni
 in contestazione sono tali da superare la presunzione derivante dalla
 stipula del predetto contratto di locazione commerciale e, quindi, da
 riversare sull'ufficio l'onere della prova contraria.
   Concludono, pertanto, nel merito, per l'annullamento dell'avviso di
 accertamento e, in via cautelare, per la sospensione dell'esecuzione.
   L'ufficio,  nelle  deduzioni  depositate  il  27 marzo 1998, faceva
 rilevare  che  l'avviso  in  contestazione  si  fonda  sul   disposto
 dell'art.    23, comma 1, d.P.R. n. 917/1986, per il quale "i redditi
 fondiari  concorrono  indipendentemente  dalla  loro  percezione,   a
 formare  il  reddito  complessivo  dei  soggetti  che  possiedono gli
 immobili  ...";  tale  regola,  dettata  per  l'Irpef,  trova  quindi
 applicazione   anche   per   quanto   riguarda  l'Ilor,  per  effetto
 dell'esplicito richiamo operato dall'art. 118 dello stesso d.P.R.  n.
 917.
   La  Commissione, con ordinanza n. 90/1998 in data 6 aprile 1998, in
 accoglimento dell'anzidetta  istanza  cautelare,  ha  preliminarmente
 disposto  la  sospensione della riscossione delle maggiori imposte in
 contestazione.
   I ricorrenti, nella memoria difensiva prodotta  l'11  giugno  1998,
 controdeducono  alle  argomentazioni dell'ufficio, propugnando che la
 precitata norma del d.P.R. n. 917 si riferirebbe ai redditi fondiari,
 correlati alla capacita' astratta del  bene  di  produrre  reddito  e
 determinati   sulla   base   delle  tariffe  d'estimo;  ove,  invece,
 l'immobile sia  locato,  l'imponibile  e'  rappresentato  dal  canone
 effettivamente  percepito,  per  il  quale  valgono regole diverse di
 determinazione (Redditi diversi, artt. 81 e 84, d.P.R. n.  917).  Del
 resto,  a  loro  dire,  una  diversa  interpretazione "aprirebbe ampi
 profili di incostituzionalita'".
   All'udienza  in camera di consiglio in data 29 giugno 1998, dopo la
 trattazione veniva emessa la seguente ordinanza.
                        Motivi della decisione
   La Commissione ritiene intanto di non  poter  condividere  la  tesi
 propugnata  dalla  parte ricorrente, secondo cui il reddito correlato
 alla locazione di un  immobile  non  costituisce  reddito  fondiario,
 nella nozione di cui al Capo 2 del d.P.R. n. 917/1986, ma rientra nel
 novero  dei  "Redditi  diversi",  previsti  e disciplinati dal Capo 4
 dello stesso d.P.R. n. 917.
   Invero, per previsione espressa dell'art. 34 del d.P.R. n. 917,  il
 reddito  dei fabbricati corrisponde al "reddito medio ordinario delle
 unita' immobiliari  ...  determinato  mediante  l'applicazione  delle
 tariffe   d'estimo...".   Peraltro,   per  gli  edifici  concessi  in
 locazione, "qualora il canone risultante dal contratto di  locazione,
 ridotto  forfettariamente  del  15%,  sia  superiore al reddito medio
 ordinario..., il reddito e' determinato in misura pari a  quello  del
 canone di locazione al netto di tale riduzione.".
   Il  successivo  art. 35 dello stesso Cap. 2 stabilisce, quindi, che
 "se per  un  triennio  il  reddito  lordo  effettivo  di  una  unita'
 immobiliare  differisce  dalla rendita catastale per almeno il 50% di
 questa, l'ufficio  tecnico  erariale,  su  segnalazione  dell'ufficio
 delle  imposte  o del comune o su domanda del contribuente, procede a
 verifica ai fini del diverso classamento dell'unita' immobiliare...".
   Se ne deduce che, nell'impostazione  del  d.P.R.  n.  917,  rendita
 catastale  e  canone  di  locazione dell'immobile costituiscono i due
 parametri con cui viene determinato il  reddito  dei  fabbricati;  il
 secondo,  tra  l'altro, con validita' limitata nel tempo, considerato
 che, dopo un triennio, rilevanti discrasie tra  reddito  effettivo  e
 rendita catastale dovrebbero essere corrette mediante il procedimento
 di verifica di cui al precitato art. 35 del d.P.R. n. 917.
   Dunque,  rendita  catastale  e  reddito  da  locazione sono termini
 omogenei  per  la  determinazione   del   reddito   dei   fabbricati,
 nell'ambito  della categoria dei "Redditi fondiari", di cui al Cap. 2
 del d.P.R. n.  917.
   Tale  assunto  e',  d'altronde,  confermato,  a   contrariis,   dal
 successivo  art.  81  del  d.P.R.  n.  917  che, nell'elencazione dei
 cespiti ricompresi nei "Redditi diversi", indica  alcuni  particolari
 redditi  immobiliari,  quali:  i  redditi  di  beni  immobili situati
 all'estero; i redditi derivanti  dalla  concessione  in  usufrutto  o
 dalla  sublocazione  di beni immobili.  Pure carattere di specialita'
 va attribuito alla  fattispecie  normativa  dei  "redditi  di  natura
 fondiaria   non  determinabili  catastalmente,  compresi  quelli  dei
 terreni dati in affitto per usi non  agricoli",  facendosi  con  essa
 riferimento  essenzialmente ai redditi di cui agli artt. 24, comma 2,
 e 84 delle stesso d.P.R. n. 917.
   Ne consegue che il caso in esame non  si  sottrae  all'applicazione
 del principio, derivante dall'art. 23 del d.P.R. n. 917, per il quale
 i  redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a
 formare il  reddito  complessivo  dei  soggetti  che  possiedono  gli
 immobili a titolo di proprieta', enfiteusi, usufrutto o altro diritto
 reale...".
   La  regola  e'  poi valida anche agli effetti dell'Ilor, in ragione
 dell'esplicito richiamo ad opera del successivo art. 118  ai  criteri
 stabiliti dal Titolo 1 per la determinazione dell'imponibile Irpef.
   Su tali presupposti, si rileva quindi la non manifesta infondatezza
 della  questione  di legittimita' costituzionale delle predette norme
 del d.P.R.  n.  917,  per  contrasto  con  gli  art.  3  e  53  della
 Costituzione.
   Segnatamente,  non  pare  coerente con il principio della capacita'
 contributiva, di cui al citato art. 53, comma 1,  un  sistema,  quale
 quello  sancito  per  i redditi fondiari dal combinato disposto degli
 artt. 23, comma 1 e 34, comma 4-bis, del d.P.R.  n.  917,  e  per  il
 quale  si  prescinde  dall'effettiva  percezione,  anche  in  caso di
 reddito imponibile dei fabbricati determinato  in  corrispondenza  al
 canone di locazione.
   Da  rilevare  che,  in  tal modo, non si e' costituita una sorta di
 presunzione semplice, con il conseguente onere per il contribuente di
 fornire la prova contraria  (c.f.r.  art.  2729  c.c.).  In  effetti,
 l'espressione  "indipendentemente dalla percezione" sta a significare
 che la percezione non e' in ogni caso rilevante per l'imputazione del
 reddito fondiario, ai tini dell'Irpef e dell'Ilor.
   Il contrasto con il principio di ugualianza ex art. 3, primo  comma
 della   Costituzione,  si  riscontra  poi  nella  singolarita'  della
 disciplina dei redditi fondiari dei fabbricati, correlati  al  canone
 di  locazione,  rispetto agli altri tipi di reddito, per i quali vale
 invece indefettibilmente  il  presupposto  dell'effettiva  percezione
 (vedi,  in particolare, l'art.  42, per i redditi di capitale, l'art.
 48, per i redditi di lavoro dipendente ed assimilati, l'art. 50,  per
 i  redditi di lavoro autonomo, l'art. 52, per il reddito d'impresa, e
 l'art. 81 del d.P.R. n. 917/1986, per i redditi  diversi).  Non  meno
 singolare  e' pero' anche l'assimilazione, nel regime, dei redditi da
 locazione  di  immobili  con  i  redditi  correlati   alla   semplice
 titolarita'  degli  stessi  immobili,  per  i  quali evidentemente la
 rendita catastale costituisce l'unico parametro e non si pone nemmeno
 il problema dell'effettiva percezione.
   Infine, il contrasto con  il  secondo  comma    dell'art.  3  della
 Costituzione   si   rileva   nella  illogicita'  e  contradditorieta'
 intrinseca di un sistema che, da un lato, individua nel  possesso  di
 redditi,  in denaro o in natura, il generale presupposto dell'imposta
 (c.f.r. art. 1) e, quindi, la base imponibile nel reddito complessivo
 del soggetto, formato, per i residenti, da tutti i redditi  posseduti
 e,  per  i  non residenti, soltanto da quelli prodotti nel territorio
 dello Stato  (c.f.r.  art.  3),  e,  dall'altro,  per  i  redditi  di
 fabbricati   in   locazione,   con  la  norma  in  esame,  stabilisce
 l'imputazione del reddito, indipendentemente dalla percezione.
   La questione di  legittimita'  costituzionale  involge,  dunque  il
 disposto degli artt. 23, comma 1 e 34, comma 4-bis, nonche' dell'art.
 118  del  d.P.R.  n.  917/1986,  per  contrasto  con  l'art. 53 della
 Costituzione, sulla capacita' contributiva,  nonche'  con  l'art.  3,
 primo   e  secondo  comma  della  Costituzione,  rispettivamente  per
 disparita' di trattamento (discriminazione dei redditi di  fabbricati
 in   locazione   rispetto   agli   altri  redditi)  e  per  manifesta
 illogicita'.