ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri  dello  Stato
 sorto  a  seguito della delibera della Camera dei Deputati in data 17
 giugno 1998, relativa alla insindacabilita' delle  opinioni  espresse
 dall'on.  Vittorio  Sgarbi nei confronti del dott. Antonio Di Pietro,
 proposto dal  Tribunale  di  Bergamo,  seconda  sezione  penale,  con
 ricorso  depositato  il  14  novembre  1998 ed iscritto al n. 102 del
 registro ammissibilita' conflitti.
   Udito nella camera di  consiglio  del  10  marzo  1999  il  giudice
 relatore Piero Alberto Capotosti.
   Ritenuto  che  nel  corso  di  un procedimento penale, promosso nei
 confronti del deputato Vittorio Sgarbi  per  il  delitto  previsto  e
 punito  dagli  artt. 595, primo secondo e terzo comma, cod. pen., 30,
 commi 4 e 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223,  anche  in  relazione
 all'art.  13  della legge 8 febbraio 1948, n. 47, in quanto egli, nel
 corso di una trasmissione televisiva, avrebbe offeso  la  reputazione
 del  dr.  Antonio Di Pietro, il Tribunale di Bergamo, seconda sezione
 penale, ha proposto, con ordinanza dell'8 ottobre 1998, depositata il
 14 novembre successivo, ricorso per  conflitto  di  attribuzione  tra
 poteri  dello  Stato  in  ordine  alla  deliberazione, adottata il 17
 giugno 1998, con la quale la  Camera  dei  deputati,  accogliendo  la
 proposta   della   Giunta  per  le  autorizzazioni  a  procedere,  ha
 dichiarato che i fatti per i quali e' in corso il procedimento penale
 concernono   opinioni   espresse   nell'esercizio   delle    funzioni
 parlamentari,   ai   sensi   del   primo  comma  dell'art.  68  della
 Costituzione;
     che il Tribunale ricorrente deduce che la Camera dei deputati non
 avrebbe esercitato in modo  corretto  il  potere  di  decidere  sulla
 sussistenza  del presupposto del collegamento delle opinioni espresse
 con la funzione parlamentare e chiede che la Corte dichiari  che  non
 spetta  alla  Camera  dei  deputati  la  valutazione  della  condotta
 dell'on.    Vittorio  Sgarbi,  in  quanto  estranea  alla  previsione
 dell'art.  68,  primo  comma, della Costituzione e, conseguentemente,
 annulli la relativa deliberazione, adottata dalla Camera dei deputati
 il 17 giugno 1998.
   Considerato che la Corte, in questa fase  del  giudizio,  ai  sensi
 dell'art.  37,  terzo  e  quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e' chiamata a deliberare senza contraddittorio se il ricorso  sia
 ammissibile  e,  quindi,  se esista la materia di un conflitto la cui
 risoluzione spetti alla  sua  competenza  e  sussistano  i  requisiti
 soggettivi,  restando  impregiudicata ogni definitiva decisione anche
 in ordine all'ammissibilita';
     che, sotto il profilo dei requisiti soggettivi, il  Tribunale  di
 Bergamo  deve  ritenersi  legittimato  a  sollevare  il conflitto, in
 quanto organo giurisdizionale competente a dichiarare definitivamente
 la  volonta'  del  potere  cui  appartiene,  in  posizione  di  piena
 indipendenza  garantita dalla Costituzione (ex plurimis, ordinanze n.
 60 del 1999 e n. 471 del 1998; sent. n. 289 del 1998);
     che la Camera dei deputati e'  parimenti  legittimata  ad  essere
 parte del presente conflitto, in quanto e' competente a dichiarare in
 modo  definitivo  la propria volonta' in ordine all'applicabilita' ai
 suoi componenti dell'art. 68, primo comma, della Costituzione (fra le
 altre, ordinanze n. 60 del 1999; nn. 469, 407, 261, 254 del 1998);
     che,  sotto  il  profilo  oggettivo,  sussiste  la  materia   del
 conflitto,  poiche'  il  ricorrente  denuncia che la propria sfera di
 attribuzioni, costituzionalmente garantita, e' stata illegittimamente
 menomata dalla suindicata deliberazione della Camera dei deputati;
     che, infine, dal ricorso si ricavano "le ragioni del conflitto" e
 "le norme costituzionali che  regolano  la  materia"  come  richiesto
 dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
 costituzionale.