IL PRETORE
   Nel  procedimento n. 56/1998 tra Michele Mimmo, Alessandro Bareggi,
 Antonino   Sgroi,   Luigi   Selvaggi,   Roberto   Bisognini,    tutti
 elettivamente  domiciliati  in  Milano,  via  Spartaco, 19, presso lo
 studio dell'avv.  Irio Milla che li difende e rappresenta per  delega
 a margine del presente atto, ricorrenti e, l'Azienda sanitaria locale
 (A.S.L.)    della  provincia  di  Milano  1, in persona del direttore
 generale dott.  Pacifico Portaluppi, in virtu'  di  deliberazione  n.
 210  del  27 marzo 1998, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe C.
 Salerno con studio in Rho, Galleria Europa, 21, come  da  procura  ad
 litem in calce all'originale del ricorso notificato il 23 marzo 1998,
 resistente;
   Oggetto: illegittimita' della risoluzione del rapporto di lavoro;
   A scioglimento della riserva assunta in data 10 luglio 1998;
                             O s s e r v a
   Con  lettere raccomandate notificate ai ricorrenti, tutti svolgenti
 l'attivita  di  medici  specialisti  ambulatoriali  presso  l'Azienda
 sanitaria  Locale  (A.S.L.)  della provincia di Milano 1, con sede in
 Magenta, in data 19-23 febbraio 1998 l'Azienda  predetta  comunicava,
 richiamato  l'art. 34 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 nonche' la
 circolare regionale del 9 febbraio 1998, prot. 19024/G-6797/S, che il
 rapporto di lavoro instaurato con i ricorrenti, sarebbe  cessato  con
 decorrenza  1  marzo  1998, trovandosi essi nelle condizioni previste
 dalla norma ed in particolare avendo superato l'eta' di  55  anni  ed
 essendo,  al contempo titolari di trattamento di quiescenza in virtu'
 di precedenti rapporti di lavoro.
   L'art.  34  della  legge  n. 449/1997 ha previsto la cessazione dei
 contratti degli specialisti ambulatoriali  a  rapporto  convenzionale
 per  coloro  che,  alla  data  del  31  dicembre  1997, si trovino in
 determinate condizioni.
   Con atto notificato  all'A.S.L.  della  provincia  di  Milano  1  i
 ricorrenti  contestavano  il  provvedimento unilaterale di cessazione
 del  loro  rapporto  di  lavoro  eccependo,   in   via   preliminare,
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 1, della legge n.
 449/1997  dal  quale  la  cessazione degli incarichi traeva origine e
 cio'  per  contrasto  con  gli  artt.  3,  4,  35,  38  e  39   della
 Costituzione,  chiedendo,  comunque l'immediata reintegra ex art. 700
 c.p.c., questione quest'ultima abbandonata nel corso del giudizio  in
 quanto in data 6 aprile 1998 con lettera prot. 6349/M, l'A.S.L. della
 provincia di Milano 1 comunicava che con delibera n. 254 del 6 aprile
 1998   l'Azienda   aveva   disposto  la  sospensione  temporanea  dei
 provvedimenti di cessazione dei rapporti convenzionati  in  atto  nei
 confronti dei ricorrenti.
   Si  costituiva  ritualmente  l'A.S.L.  della  provincia di Milano 1
 sostenendo la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale sul presupposto che l'art. 34, comma 1, della legge n.
 449/1997  recava  una precisa scelta legislativa in materia di spesa,
 ispirata  al  contenimento  ed  alla  razionalizzazione  della  spesa
 pubblica,    oltre   che   al   necessario   riordino   del   settore
 dell'organizzazione amministrativa ed  in  particolare  del  pubblico
 impiego,  e  che  tale scelta doveva ritenersi insindacabile anche in
 sede di Corte costituzionale.  A sostegno dell'assunto  sostenuto  la
 resistente  citava,  e  successivamente produceva, la decisione della
 Corte dei conti, sez. II, 15 settembre 1986, n. 176.
   Va premesso che il rapporto tra le Aziende sanitarie  locali  ed  i
 medici operanti in regime di convenzionamento deve ritenersi, secondo
 l'ormai  consolidato  orientamento  giurisprudenziale  della  Suprema
 Corte,  di  natura  sostanzialmente  privatistica,  assimilabile   ai
 rapporti   di   cd.  "parasubordinazione",  previsti  e  disciplinati
 dall'art. 409 c.p.c. e come tali  da  trattarsi  davanti  al  giudice
 ordinario ed in particolare davanti al pretore in funzione di giudice
 del  lavoro,  competente  per  materia in relazione alle controversie
 riferentisi a tali rapporti. Da cio'  discende  che  il  pretore  del
 lavoro  e'  competente  anche  nel  caso  di  specie,  relativo  alla
 risoluzione del rapporto di lavoro, attesa la  posizione  di  diritto
 soggettivo perfetto riconosciuta al professionista dalla costituzione
 di   tale   rapporto,  non  degradabile  ad  interesse  legittimo  in
 conseguenza dell'adozione da parte della pubblica amministrazione, di
 atti o provvedimenti suscettibili  solo  di  disapplicazione  qualora
 riconosciuti   esercizio   di   un  potere-dovere  stabilito  da  una
 disposizione di legge incidente, direttamente,  sul  contenuto,  come
 nel caso sottoposto ad esame, del singolo rapporto convenzionale.
   La   questione   di   legittimita'   costituzionale  sollevata  dai
 ricorrenti appare rilevante per il procedimento in corso, poiche'  e'
 proprio  il  tenore  letterale  dell'art .34, comma 1, della legge n.
 449/1997 che fa venir meno il diritto dei ricorrenti a continuare  il
 loro  rapporto  con  il  Servizio  sanitario  nazionale,  avendo essi
 compiuto il cinquantacinquesimo anno di eta' e  trovandosi,  altresi'
 titolari di un trattamento di quiescenza per pregressi rapporti.
   La  questione,  poi,  a  giudizio  di  questo  pretore,  non appare
 manifestamente infondata per contrasto con gli artt. 3, 4,  35  e  38
 della   Costituzione.    Per  quanto  concerne  l'osservazione  della
 resistente  circa   la   manifesta   infondatezza   della   questione
 prospettata  dai  ricorrenti come in precedenza specificata, essa non
 appare condivisibile laddove pure la richiamata decisione della Corte
 dei  conti  non  appare  essere  in  linea   con   quanto   sostenuto
 dall'Azienda;  infatti la decisione citata riguarda spese processuali
 e la loro ripartizione e la Corte dei conti si limita ad affermare il
 principio, assolutamente ininfluente nella presente questione, che la
 mancanza di una disciplina normativa regolante determinate situazioni
 che  pur  si  assumono  meritevoli  di  tutela,  costituisce   scelta
 legislativa e come tale insindacabile dalla Corte costituzionale.
   L'art.  34,  comma  1, della legge n. 449/1997 recita: "Entro il 31
 marzo 1997 le regioni individuano aree di attivita' specialistica con
 riferimento alle  quali,  a  fini  del  miglioramento  del  servizio,
 inquadrano,  con  decorrenza dal 1 luglio 1998, a domanda ed anche in
 soprannumero, nel primo  livello  dirigenziale,  con  il  trattamento
 giuridico  ed  economico previsto dal contratto collettivo nazionale,
 gli specialisti ambulatoriali  a  rapporto  convenzionale,  medici  e
 delle altre professionalita' sanitarie, che alla data del 31 dicembre
 1997 svolgano esclusivamente attivita' ambulatoriale con incarico non
 inferiore  a  ventinove  ore  settimanali  nell'ambito  del  Servizio
 sanitario nazionale e che a tale data non abbiano superato i 55  anni
 di  eta'. Gli specialisti ambulatoriali che alla data del 31 dicembre
 1997,  abbiano  compiuto  almeno  55  anni  di  eta'  mantengono   il
 precedente incarico di medicina ambulatoriale a condizione che non si
 trovino in trattamento di quiescenza per pregressi rapporti e che, se
 titolari anche di altro tipo di convenzioni con il Servizio sanitario
 nazionale,  vi  rinunzino  entro  il  1  marzo  1998. Gli specialisti
 ambulatoriali a rapporto convenzionale che, alla data del 31 dicembre
 1997, non siano in possesso dei requisiti di cui al  presente  comma,
 mantengono i rapporti di convenzione acquisiti".
   Dalla  disposizione  appena trascritta si evince che viene previsto
 un limite legale  di  eta'  all'esercizio  dell'attivita'  di  medico
 specialista ambulatoriale in presenza di determinate condizioni quali
 la titolarita' di un trattamento pensionistico per rapporti pregressi
 e  non  intervenuta  rinunzia  ad  altro  tipo  di convenzione con il
 Servizio sanitario nazionale.    Tale  previsione  appare  introdurre
 un'ingiustificata  disparita' di trattamento non solo tra gli attuali
 medici  specialisti   convenzionati   ambulatoriali   e   gli   altri
 convenzionati  con  il Servizio sanitario nazionale, ma anche tra gli
 stessi medici specialisti convenzionati ambulatoriali.
   Non  puo'  infatti  sfuggire  dall'esame  della  norma  che  mentre
 avrebbero  diritto a conservare l'incarico convenzionale sia i medici
 specialisti ambulatoriali con cinquantacinque anni di eta' alla  data
 del  31 dicembre 1997 che non beneficino di trattamento di quiescenza
 per  pregressi  rapporti  o  che,  se  titolari  di  altro  tipo   di
 convenzione  con  il Servizio sanitario nazionale, vi rinunzino entro
 il 1 marzo 1998, sia i medici specialisti  ambulatoriali  sempre  con
 cinquantacinque  anni  di eta' che, qualunque sia il numero delle ore
 loro  assegnate  dalla  convenzione,  non   godano   di   trattamenti
 pensionistici  e  non siano titolari di altro tipo di convenzione con
 il  Servizio  sanitario   nazionale,   sia   i   medici   specialisti
 ambulatoriali  che  non abbiano raggiunto il cinquantacinquesimo anno
 di  eta'  titolari  di  un  incarico  del  tipo  di  cui  si discute,
 indipendentemente  dal  fatto  che  il  predetto  sia  superiore   od
 inferiore alle ventinove ore settimanali (con la possibilita' in tale
 ultimo  caso di presentare domanda per inquadramento al primo livello
 dirigenziale), diversamente i medici  specialisti  ambulatoriali  con
 cinquantacinque  anni  di  eta'  alla  data  del 31 dicembre 1997 che
 godano di trattamento di quiescenza per pregressi rapporti e che,  se
 titolari  di  altro  rapporto convenzionale con il Servizio sanitario
 nazionale, non vi abbiano rinunziato entro il 1 marzo 1998,  i  quali
 si troverebbero, e di fatto si sono trovati, risolto il loro rapporto
 dal  1 marzo 1998 con tutte le conseguenze di natura professionale ed
 economica che sono di tutta evidenza  qualora  la  pensione  da  loro
 goduta  o l'altra convenzione con il Servizio sanitario nazionale non
 fossero in grado di assicurare loro un adeguato reddito.
   La  norma  in  esame,  quindi,   appare   presentare   profili   di
 illegittimita'   costituzionale,   innanzitutto  per  violazione  del
 principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della  Costituzione,  ma
 anche  per  violazione  degli artt. 4 e 35 della stessa Costituzione.
 Infatti privare, alle condizione piu' volte enunciate in  precedenza,
 il   medico  specialista  convenzionato  ambulatoriale  dell'incarico
 significa in sostanza se non negargli quantomeno  compromettergli  il
 diritto al lavoro.
   La  legge  non  pone  alcuna  distinzione tra natura ed entita' del
 trattamento pensionistico goduto da medico ne' tra natura ed  entita'
 delle  altre  convenzioni,  imponendo  la  decadenza  del rapporto di
 lavoro in capo al titolare dell'incarico indipendentemente dal  fatto
 che  il  reddito  sia,  in concreto, sufficiente a garantire una vita
 libera e  dignitosa  come  del  resto  previsto  dall'art.  36  della
 Costituzione.
   La  norma  in  esame  inoltre e di fatto lede il diritto dei medici
 interessati a percepire un  adeguato  trattamento  pensionistico  per
 l'attivita'   professione   svolta   ed  infatti  al  compimento  del
 cinquantacinquesimo    anno    di    eta'    questi    si     trovano
 nell'impossibilita'  di  andare  in  pensione  dal Servizio sanitario
 nazionale, quantomeno fino al raggiungimento  del  sessantacinquesimo
 anno  di  eta',  oppure  si  trovano nell'impossibilita' di percepire
 qualunque pensione  E.M.P.A.M.  in  quanto  cessando  il  rapporto  a
 cinquantacinque  anni  non  hanno  raggiunto  il minimo di contributi
 previdenziali  previsti  o  non   hanno   ancora   raggiunto   l'eta'
 pensionabile.
   Per  le  considerazioni  esposte  in  precedenza  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell' art. 34, comma 1,  della  legge  n.
 449/1997  non  appare  manifestamente infondata e poiche' il presente
 giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione
 di tale questione,  gli  atti  devono  essere  trasmessi  alla  Corte
 costituzionale.
   La  questione  di  illegittimita'  costituzionale, riconosciuta non
 manifestamente infondata impone la sospensione del presente giudizio.