ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 25 della legge
 della  Regione   Trentino-Alto   Adige   17   maggio   1956,   n.   7
 (Espropriazioni  per causa di pubblica utilita' non riguardanti opere
 a carico  dello  Stato,  da  eseguirsi  nella  Regione  Trentino-Alto
 Adige),  promossi  con tre ordinanze emesse il 2 luglio 1996 ed il 28
 gennaio  1997  (due  ordinanze)  dalla  Corte  d'appello  di  Trento,
 rispettivamente  iscritte ai nn. 36, 222 e 223 del registro ordinanze
 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn.  6  e
 18, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti  gli  atti  di  costituzione  di Berna Giuseppe ed altri, del
 comune  di  Bolzano,  nonche'  l'atto  di  intervento  della  Regione
 Trentino-Alto Adige;
   Udito nell'udienza pubblica del 13 ottobre 1998 il giudice relatore
 Riccardo Chieppa;
   Udito  l'avvocato  Ettore  Prosperi  per  il  comune  di  Bolzano e
 l'avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Trentino-Alto Adige.
                           Ritenuto in fatto
   1.1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio  di  opposizione  alla  stima
 dell'indennita'  relativa  ad  un  esproprio,  la  Corte d'appello di
 Trento, con ordinanza emessa il 2 luglio 1996, pervenuta  alla  Corte
 costituzionale  il  20  gennaio  1997  (r.o.  n.  36  del  1997),  ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione e agli
 artt. 4 e 8 dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige,
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 25 della legge
 regionale  del   Trentino-Alto   Adige   17   maggio   1956,   n.   7
 (Espropriazioni  per causa di pubblica utilita' non riguardanti opere
 a carico  dello  Stato,  da  eseguirsi  nella  Regione  Trentino-Alto
 Adige),  che  prevede  che,  nei  casi  di  espropriazione totale, la
 indennita' dovuta consiste nel  giusto  prezzo  che  a  giudizio  del
 perito  avrebbe  avuto  l'immobile  in  una  libera contrattazione di
 compravendita al momento della emissione del  decreto  di  esproprio.
 Alla  stregua  di tale criterio, va effettuato anche il calcolo della
 indennita' dovuta in caso di  esproprio  parziale  (verificatosi  nel
 caso di specie) che, in base all'art. 26 della stessa legge, consiste
 nella differenza tra il valore che l'area avrebbe avuto in una libera
 contrattazione  ed  il  diminuito  valore dell'area residua a seguito
 dell'occupazione.   L'indennita'   di   espropriazione,    risultante
 dall'applicazione  di tale norma, sarebbe ben piu' elevata rispetto a
 quella che si avrebbe applicando i criteri fissati dall'art.    5-bis
 del  d.-l.  11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento
 della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8
 agosto 1992, n. 359.
   Nell'ordinanza di rimessione, si osserva che l'area  in  questione,
 destinata  dal  regolamento edilizio del comune di Castelrotto a zona
 artigianale, ha acquisito valore per effetto degli investimenti,  che
 nella zona sono stati effettuati dalla collettivita' (strada statale,
 infrastrutture    etc.)    indipendentemente    dall'intervento   dei
 proprietari.  Sicche',  l'applicazione  dell'art.   5-bis   oltre   a
 rispettare  le  necessita' economiche della collettivita' dovute alla
 difficile  congiuntura,  conseguirebbe  il  risultato   di   limitare
 locupletazioni     ingiustificate,    altrimenti    gravanti    sulla
 collettivita', la quale, in tal modo,  recupererebbe  la  plusvalenza
 connessa  agli  investimenti  pubblici il cui costo e' sopportato dai
 cittadini.
   Il  citato  art.  5-bis  del  resto,  rientra,  osserva  la   Corte
 rimettente,   nel   novero   delle   norme  fondamentali  di  riforma
 economico-sociale che costituiscono  un  limite  all'esercizio  delle
 competenze   legislative  della  regione  Trentino-Alto  Adige,  alla
 stregua degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale. Ad esso, quindi, ai
 sensi dell'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, si sarebbe dovuta
 adeguare la legislazione regionale.
   1.2. - Nel  giudizio  vi  e'  stata  costituzione,  peraltro  fuori
 termine, della parte privata.
   2.1.  -  Identica questione di legittimita' costituzionale e' stata
 sollevata dalla stessa Corte d'appello con altre due ordinanze emesse
 il 28 gennaio 1997 (r.o. nn. 222  e  223  del  1997),  nel  corso  di
 altrettanti  procedimenti  di opposizione alla stima della indennita'
 di espropriazione (totale) di  aree  inserite  in  zone  urbanizzate,
 fondate su rilievi analoghi.
   2.2.  -  Nei  giudizi introdotti con le ordinanze r.o. n. 222 e 223
 del 1997, si e' costituita  l'amministrazione  comunale  di  Bolzano,
 concludendo  per  la  declaratoria  di  illegittimita' costituzionale
 della norma impugnata.
   2.3.  -  E',  altresi',  intervenuto  il  Presidente  della  Giunta
 regionale del Trentino-Alto Adige, che ha chiesto  il  rigetto  della
 questione.
   Nell'imminenza  dell'udienza,  sono  state  depositate  memorie. In
 particolare,  il  comune  di  Bolzano  ha  insistito  nelle   proprie
 conclusioni,  ponendo l'accento sul mancato adeguamento, da parte del
 legislatore regionale, ai sensi dell'art. 2 del  d.lgs.  n.  266  del
 1992,  alla norma fondamentale di cui all'art. 5-bis del d.-l. n. 333
 del 1992.
   2.4. - Nel giudizio relativo all'ordinanza r.o.  n.  222  e'  stata
 altresi'   presentata   una   memoria  nell'interesse  della  Regione
 Trentino-Alto Adige, con la quale  si  richiede  la  declaratoria  di
 inammissibilita'  o  di  infondatezza della questione. Sotto il primo
 profilo, si osserva che l'area in questione nel giudizio  a  quo  non
 era  un'area  edificabile, essendo al contrario soggetta a vincolo di
 inedificabilita', derivante dalla vicinanza col  cimitero  cittadino.
 Ne'  varrebbe  in  contrario  opporre,  come  fa  il giudice a quo la
 sentenza della Corte costituzionale n. 231  del  1984  -  secondo  la
 quale il carattere edificabile dell'area non puo' negarsi per il solo
 fatto  che essa sia priva di valore edificatorio in forza dei vigenti
 strumenti urbanistici, ove tale carattere sia riconoscibile  in  base
 ad un complesso di elementi certi ed obiettivi relativi, tra l'altro,
 alla  ubicazione  del terreno - in quanto, nel caso di cui si tratta,
 il carattere non edificabile dell'area deriverebbe proprio dalla  sua
 obiettiva  ubicazione  nelle  vicinanze del cimitero.  Nel merito, si
 nega nella memoria la permanente idoneita'  della  norma  statale  in
 questione  a vincolare la potesta' legislativa primaria della Regione
 Trentino-Alto Adige, trattandosi  di  norma  con  valore  temporaneo,
 originata  da  una situazione di indubbia emergenza che aveva indotto
 anche la Corte costituzionale a  qualificare  la  norma  stessa  come
 norma di grande riforma economico-sociale in considerazione della sua
 finalita'  di  risanamento della finanza pubblica. Il mutamento della
 situazione  economico-finanziaria  del  Paese,  la  fine  della  fase
 dell'emergenza  dovrebbero  dunque  permettere, oggi, la riespansione
 della  potesta'  legislativa  costituzionalmente  riconosciuta   alla
 Regione.
   Nella  memoria  si  segnala  altresi' la particolare situazione del
 Trentino-Alto Adige, che renderebbe irragionevole  l'applicazione  in
 tale  Regione  della  norma di cui all'art. 5-bis, tenuto anche conto
 dello specifico oggetto del procedimento espropriativo nella  Regione
 stessa,  il  quale  riguarda  essenzialmente le costruzioni di uffici
 regionali. In relazione ad esse, non avrebbe adeguata giustificazione
 il bilanciamento di interessi operato dall'art. 5-bis, che  potrebbe,
 invece,  trovare  fondamento nell'interesse generale alla costruzione
 di  opere  destinate  ad   essere   direttamente   utilizzate   dalla
 collettivita'.
                         Considerato in diritto
   1.   -  Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  sottoposte
 all'esame della Corte riguardano l'art. 25 della legge regionale  del
 Trentino-Alto Adige 17 maggio 1956, n. 7 (Espropriazioni per causa di
 pubblica  utilita'  non  riguardanti  opere  a carico dello Stato, da
 eseguirsi nella Regione Trentino-Alto Adige), che fissa  l'indennita'
 di  esproprio  nel  giusto  prezzo, che a giudizio del perito avrebbe
 avuto l'immobile in una libera  contrattazione  di  compravendita  al
 momento della emissione del decreto di esproprio (ed in base al quale
 va effettuato, alla stregua dell'art. 26 della stessa legge, anche il
 calcolo  della  indennita' in caso di esproprio parziale, fissata dal
 predetto art. 26 nella differenza tra il  valore  che  l'intera  area
 avrebbe  avuto  in  una  libera  contrattazione e il diminuito valore
 dell'area  residua  dopo  l'occupazione).     Viene   denunciata   la
 violazione  degli  artt.  3 e 42 della Costituzione, sotto il profilo
 che l'indennita'  sarebbe  commisurata  a  valori  notevolmente  piu'
 elevati  rispetto  ai  criteri  fissati dall'art. 5-bis del d.-l.  11
 luglio 1992, n. 333, convertito, con  modificazioni,  nella  legge  8
 agosto 1992, n. 359, nonche' degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale
 del  Trentino-Alto  Adige,  che  pongono  al legislatore regionale il
 limite   del   rispetto   delle   norme   fondamentali   di   riforma
 economico-sociale,  tra le quali si colloca il predetto art. 5-bis ed
 alle quali, ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, il
 legislatore regionale e' tenuto ad adeguarsi (ordinanze r.o. nn.  36,
 222, e 223 del 1997).
   2.   -   Preliminarmente,  deve  essere  esaminata  l'eccezione  di
 inammissibilita', sollevata dalla  Regione  Trentino-Alto  Adige  con
 riferimento  alla ordinanza r.o. n. 222 del 1997, in quanto l'area di
 cui si tratta nel giudizio a quo non sarebbe edificabile, essendo, al
 contrario, soggetta a vincolo  di  inedificabilita'  derivante  dalla
 vicinanza col cimitero cittadino.
   L'eccezione  non  puo' essere accolta poiche' la predetta ordinanza
 (r.o. n. 222 del 1997), che  ha  rimesso  alla  Corte  la  questione,
 contiene  una  plausibile motivazione sulla rilevanza della sollevata
 questione di legittimita' in relazione alla vocazione edificabile del
 terreno, per cui la questione deve ritenersi ammissibile.
   3. - E' necessario inoltre rilevare preliminarmente che i giudici a
 quibus, nelle tre ordinanze di rimessione, hanno, con una motivazione
 plausibile,  individuato  nell'art.  25  della  legge  regionale  del
 Trentino-Alto  Adige 17 maggio 1956, n. 7 la norma applicabile per la
 determinazione della indennita' di espropriazione (del resto elemento
 pacifico tra le parti), per cui e' irrilevante  in  questa  sede  che
 siano  intervenute  modificazioni  al  calcolo  delle  indennita'  di
 esproprio  da  effettuarsi  sulla   base   delle   differenti   norme
 provinciali  (l'art 8, comma 1, della legge provinciale di Bolzano 15
 aprile 1991, n. 10 - dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  con
 sentenza n. 80 del 1996 - e' stato nel frattempo sostituito dall'art.
 18 della legge provinciale di Bolzano 30 gennaio 1997, n. 1).
   4.  - Come la Corte ha avuto occasione di sottolineare (sentenza n.
 80  del  1996),   sono   prospettabili   questioni   incidentali   di
 legittimita'  costituzionale  nei riguardi di una legge regionale del
 Trentino-Alto Adige o provinciale di Trento o  Bolzano  che  non  sia
 "adeguata",  ai  sensi  dell'art.  2  delle norme di attuazione dello
 statuto speciale (d.lgs. 16 marzo  1992,  n.  266),  "ai  principi  e
 limiti  indicati dagli artt. 4 e 5 dello statuto speciale e recati da
 atto  legislativo  dello  Stato  entro  sei  mesi   successivi   alla
 pubblicazione  dell'atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale". Infatti,
 la  espressa  previsione  della  facolta'  di  impugnazione  in   via
 principale,  ai  sensi  dell'art. 97 dello statuto, per violazione di
 esso, entro il termine di  novanta  giorni,  comporta  una  ulteriore
 valorizzazione  della  autonomia  speciale,  escludendo un'automatica
 sostituzione normativa ed  introducendo  un  nuovo  tipo  di  ricorso
 principale  (riconducibile  sempre  alla  previsione statutaria delle
 garanzie).
   In   altri   termini,   si   e'  prevista  una  incostituzionalita'
 sopravvenuta - si noti - solo dopo il decorso di un termine (sei mesi
 o altro piu' ampio, fissato dalla stessa norma statale) di tolleranza
 per consentire all'ente interessato  (Regione  Trentino-Alto-Adige  o
 Provincia   autonoma)   di   adeguare   spontaneamente   la   propria
 legislazione,  continuando   nel   frattempo   l'applicazione   delle
 disposizioni previgenti.
   La  mancata  impugnazione in via principale da parte del Presidente
 del Consiglio dei Ministri non puo' precludere,  in  alcun  modo,  la
 prospettabilita'  di  questioni in via incidentale nei riguardi della
 legge previgente, poiche' una esclusivita' di  tutela  costituzionale
 attraverso il ricorso in via principale si risolverebbe in abolizione
 del  controllo  diffuso  dei  giudici comuni e in soppressione di una
 garanzia costituzionalmente prevista,  con  una  interpretazione  che
 sarebbe chiaramente in contrasto con il dettato costituzionale e come
 tale  da  rifiutarsi  dall'interprete.  Del  resto,  la  disposizione
 dell'art. 2 delle citate norme di  attuazione  contiene  un  espresso
 riferimento  alla  applicazione altresi' della legge costituzionale 9
 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n.  87,
 cioe'  alle  norme  che  prevedono  e  disciplinano  l'incidente   di
 costituzionalita'  (sentenza  n.  80 del 1996). Pertanto la questione
 deve considerarsi ritualmente sollevata.
   5. - La questione e' fondata. L'art. 5-bis rientra nel novero delle
 norme fondamentali di riforma economico-sociale, che costituiscono un
 limite  all'esercizio  delle  competenze  legislative  della  Regione
 Trentino-Alto  Adige,  alla  stregua  degli artt. 4 e 8 dello statuto
 speciale. Ad esso, quindi, ai sensi dell'art. 2 del d.lgs.  16  marzo
 1992,  n.  266,  si sarebbe dovuta adeguare la legislazione regionale
 entro il termine di sei mesi successivi alla pubblicazione  dell'atto
 dello Stato (in mancanza di piu' ampio termine stabilito dalla stessa
 legge statale).
   Infatti,  il  criterio  di  determinazione  dell'indennizzo  dovuto
 all'espropriato fissato dall'art. 5-bis del d.-l. 11 luglio 1992,  n.
 333,  convertito,  con  modificazioni,  nella legge 8 agosto 1992, n.
 359,  e'  notevolmente  difforme  (pur  dopo  l'intervento   additivo
 compiuto  con  la  sentenza  n.  283  del  1993),  anche  in  termini
 economici, da quello previsto dalla norma denunciata, comportante  un
 importo   decisamente   superiore,  per  cui  sorgeva  un  dovere  di
 adeguamento da parte del legislatore regionale.
   Ne' puo' ostare alla qualifica di norma fondamentale delle  riforme
 economiche  sociali  la  circostanza  che  la  previsione  statale di
 criterio  dell'indennizzo,  applicabile  a  tutte  le  espropriazioni
 preordinate  alla  realizzazione di opere o interventi da parte o per
 conto dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e  degli
 altri  enti  pubblici  o di diritto pubblico, anche non territoriali,
 sia contenuta in una norma temporanea in  attesa  di  una  disciplina
 organica  della  materia.  Infatti, la natura di norma temporanea non
 puo'  ritenersi  preclusiva  del   riconoscimento   della   anzidetta
 qualifica  (v.  per  tutte  la sentenza n. 153 del 1995). Trattasi di
 norma,  sia  destinata  a  necessitata  applicazione  generale,   sia
 rientrante  (sentenza  n.  283  del  1993,  confermata  sul  punto da
 sentenza n. 153 del 1995) nell'ambito di provvedimenti urgenti volti,
 non soltanto al perseguimento di scopo economico-sociale legato  alla
 ripresa  di  un  settore  fondamentale  quale  e'  quello delle opere
 pubbliche, "ma anche e  soprattutto,  al  risanamento  della  finanza
 pubblica,  attraverso  la decurtazione degli oneri addossati a carico
 dei  bilanci  pubblici  in  una  situazione  caratterizzata   da   un
 gravissimo debito pubblico" (sentenza n. 153 del 1995).
   Del  resto, nel caso in esame non puo' che essere confermato quanto
 gia' affermato a proposito di analoga  legge  di  regione  a  statuto
 speciale (sentenza n. 153 del 1995) e di legge provinciale di Bolzano
 (sentenza  n.  80  del  1996),  che  cioe'  nel  citato art. 5-bis si
 riscontrano i  criteri  propri  dell'anzidetto  limite  all'esercizio
 delle  competenze  legislative  delle  regioni  a  statuto  speciale.
 Sussistono  infatti  sia  l'incisiva  innovativita'   del   contenuto
 normativo,   tenuto   anche  conto  delle  finalita'  perseguite  dal
 legislatore in ordine ad un fenomeno  vasto  di  primaria  importanza
 nazionale,  sia la rilevanza della disciplina per la definizione (sia
 pure  temporanea)  del  rapporto  tra  proprieta'  privata  e  potere
 pubblico  e  quindi  per  la vita economica e sociale della comunita'
 intera, con la conseguente connotazione della norma  come  contenente
 principi  che  esigono una attuazione uniforme su tutto il territorio
 nazionale (sentenza n. 153 del 1995).
   6. - Dalle ultime considerazioni risulta l'infondatezza della  tesi
 della Regione secondo cui la particolare situazione del Trentino-Alto
 Adige  renderebbe  irragionevole  l'applicazione  nella Regione della
 norma  di  cui  all'art.  5-bis  in  quanto  le  anzidette   esigenze
 economico-sociali non possono essere distinte a seconda delle Regioni
 o   delle   finalita'   dell'opera,   pur  sempre  pubblica,  essendo
 necessariamente  unitari  per  l'intero  territorio   nazionale   gli
 obiettivi  della anzidetta disposizione e della relativa qualifica di
 grande riforma.
   Infatti, il profilo economico-finanziario  attiene  al  complessivo
 settore  pubblico,  ed  il  principio  di  contenimento  della  spesa
 pubblica ha un aspetto globale indissolubile e di interdipendenza.
   Cio' non puo' non verificarsi anche nei confronti delle  regioni  a
 statuto speciale, che abbiano peculiari situazioni di privilegio o di
 stabilita'   finanziaria,   anche   per   la   particolarita'   della
 legislazione e dell'andamento amministrativo.  Anche  queste  regioni
 sono  coinvolte  e  devono  partecipare  al  processo di riequilibrio
 unitario  della  finanza  pubblica  e  non  possono   sfuggire   alle
 conseguenze  di  perduranti  situazioni  di squilibrio per l'unicita'
 degli effetti su economia e bilancio nazionali e regionali.  Vi  sono
 certamente  in  questo  settore  ripercussioni  ed  effetti  riflessi
 vicendevoli sulla economia  nazionale  e  regionale  e  sulle  stesse
 entrate  della  regione  e delle provincie autonome, quantomeno sulle
 quote variabili, a loro volta  influenzate  dalla  partecipazione  al
 processo di riequilibrio della finanza pubblica (v. i due decreti del
 Presidente  della  Repubblica  in data 30 luglio 1998 rispettivamente
 per il 1992-95 e per il 1996).
   Infine, non e' fondato neppure il profilo sviluppato nella  memoria
 della    Regione    relativo    al    mutamento    della   situazione
 economico-finanziaria del Paese, con conseguente  riespansione  della
 potesta'  legislativa regionale: non e', infatti, intervenuta ne' una
 nuova determinazione, con abrogazione espressa o implicita  da  parte
 del  legislatore  statale,  ne' una diversa valutazione in merito, da
 parte  degli  organi  istituzionalmente  responsabili,  sul  completo
 superamento delle esigenze di risanamento della finanza pubblica.
   7.  - Il denunciato art. 25 della legge regionale del Trentino-Alto
 Adige  17  maggio  1956,  n.  7,  in  quanto  recante   un   criterio
 indennitario  molto  piu'  oneroso  per  l'amministrazione e comunque
 notevolmente difforme da quello introdotto dall'art.  5-bis  inserito
 dalla  sopravvenuta legge n. 539 del 1992, contenente un principio di
 grande riforma economico-sociale, risulta in contrasto con gli  artt.
 4  e  8  dello  statuto speciale di autonomia e, pertanto - assorbito
 rimanendo ogni altro profilo denunciato -,  deve  essere  dichiarato,
 per questa parte, costituzionalmente illegittimo.