ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto ministeriale 16 giugno 1979, n. 1626 (Nuovo regolamento dei medici fiduciari delle ferrovie dello Stato) e dell'art. 1 del decreto ministeriale 22 giugno 1984, n. 1542 (Regolamento dei medici fiduciari delle Ferrovie dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 26 maggio 1998 dal Tribunale di Catania nel procedimento civile vertente tra le Ferrovie dello Stato S.T.S.A. S.p.A. e Farruggia Emanuele, iscritta al n. 555 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 1999 il giudice relatore Massimo Vari. Ritenuto che il Tribunale di Catania, sezione lavoro, nella causa fra le Ferrovie dello Stato - S.T.S.A. S.p.A. e Farruggia Emanuele, ha sollevato, con ordinanza del 26 maggio 1998, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto ministeriale 16 giugno 1979, n. 1626 (Nuovo regolamento dei medici fiduciari delle ferrovie dello Stato) e dell'art. 1 del decreto ministeriale 22 giugno 1984, n. 1542 (Regolamento dei medici fiduciari delle Ferrovie dello Stato), "nella parte in cui prevedono che i medici fiduciari non hanno qualita' di impiegati, pur in presenza di una disciplina tipica del lavoro subordinato e prescindendo dal concreto atteggiarsi del rapporto"; che il rimettente, assumendo che le disposizioni censurate trovino fonte in "un vero e proprio atto di normazione secondaria con forza di legge", ritiene che esse ledano: gli artt. 3 e 35 della Costituzione, introducendo "una evidente disparita' di trattamento tra cittadini-lavoratori che svolgono una attivita' lavorativa avente le stesse caratteristiche"; l'art. 36 della Costituzione, giacche', "rendendo impossibile l'esercizio del diritto a vedere qualificato come subordinato il proprio rapporto di lavoro", si "preclude al lavoratore il godimento" del diritto ad una "retribuzione equa e sufficiente"; gli artt. 24, 101 e 104 della Costituzione, in quanto la qualificazione "per legge" della natura autonoma del rapporto di lavoro dei medici fiduciari, "a prescindere dalle sue effettive caratteristiche", limita, da un lato, "il diritto del cittadino di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti" e, dall'altro, "sottrae al giudice (con compressione della funzione giurisdizionale) la attivita' qualificatoria ed interpretativa dei fatti e delle circostanze rilevanti ai fini della loro successiva qualificazione giuridica e della disciplina applicabile"; che ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale - nel concludere per una declaratoria di inammissibilita' e comunque di manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale - ha argomentato, essenzialmente, sulla natura di "regolamenti di esecuzione" dei decreti impugnati, come tali privi di forza di legge e, dunque, sottratti al sindacato di costituzionalita'. Considerato che i decreti ministeriali sui quali si appuntano le censure del rimettente (decreti ministeriali 22 giugno 1984, n. 1542 e 16 giugno 1979, n. 1626) non possono reputarsi atti aventi forza di legge; che in tal senso depone non solo la loro intitolazione, ma anche la definizione che ne da' l'art. 1 del regio d.-l. 8 gennaio 1925, n. 34 (sostitutivo dell'art. 82 della legge 7 luglio 1907, n. 429, modificato dall'art. 1 del regio decreto 28 giugno 1912, n. 728), sulla base del quale essi sono stati emanati, come pure la procedura seguita per la loro adozione (tale da prevedere l'acquisizione, tra l'altro, del parere del Consiglio di Amministrazione dell'allora Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato); che, pertanto, le disposizioni contenute nei denunciati decreti ministeriali non sono suscettibili di formare oggetto del sindacato che l'art. 134 della Costituzione riserva a questa Corte, sicche' la sollevata questione va dichiarata manifestamente inammissibile (ex plurimis ordinanze n. 43 del 1998 e n. 208 del 1997). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.