ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.3, commi 23 e  24
 della  legge  24  dicembre  1993,  n.  537  (Interventi correttivi di
 finanza pubblica) promossi con n. 2 ordinanze depositate il 29 aprile
 1998 dal Tribunale di Catania sui reclami proposti da G.A. e da  L.R.
 contro  l'Azienda  ospedaliera  Garibaldi  -  S.  Luigi - S. Curro' -
 Ascoli - Tomaselli iscritte ai nn. 424 e 425 del  registro  ordinanze
 1998  e  pubblicate  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24
 prima serie speciale dell'anno 1998.
   Udito nella camera di  consiglio  del  24  marzo  1999  il  giudice
 relatore Piero Alberto Capotosti.
   Ritenuto  che  il  Tribunale  di Catania - sezione lavoro, adito in
 distinti giudizi di reclamo cautelare da parte di un'ostetrica  e  di
 un infermiere per il mantenimento, oltre il termine prefissato di tre
 mesi,  della  convenzione  stipulata  ai  fini  dell'espletamento del
 servizio di interruzione della gravidanza con  l'azienda  ospedaliera
 Garibaldi  - S. Luigi - S. Curro' - Ascoli - Tomaselli, ha sollevato,
 con due ordinanze di identico contenuto depositate il 29 aprile 1998,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 23 e  24,
 della  legge  24  dicembre  1993,  n.  537  (Interventi correttivi di
 finanza pubblica), in riferimento agli artt. 32, primo  comma,  e  97
 primo comma della Costituzione;
     che,  secondo  il Tribunale di Catania, il termine massimo di tre
 mesi  della  durata  dei  suddetti  rapporti   e'   stato   stabilito
 direttamente  dalla  legge 24 dicembre 1993, n. 537, in quanto l'art.
 3, al comma 23, pone il divieto per le pubbliche  amministrazioni  di
 "assumere  personale  a  tempo determinato e di stabilire rapporti di
 lavoro autonomo per prestazioni superiori a tre mesi",  e,  al  comma
 24,  prevede  una  serie  di deroghe a tale divieto, fra le quali non
 potrebbero pero' farsi rientrare i rapporti convenzionali dedotti  in
 giudizio;
     che,  ad  avviso dei rimettenti, qualora, come nei casi in esame,
 l'espletamento del servizio di interruzione della gravidanza  dipenda
 integralmente   da   rapporti   convenzionali  con  addetti  esterni,
 eventualmente anche di difficile e gravoso reperimento per  l'Azienda
 ospedaliera, l'obbligo di un loro ricambio trimestrale pone a rischio
 la  stessa  erogazione  del servizio, e quindi viola l'art. 32, primo
 comma, della Costituzione;
     che le norme denunziate, secondo i giudici a quibus si pongono in
 contrasto anche con l'art. 97, primo comma,  della  Costituzione,  in
 quanto   la  reiterata  sostituzione  ogni  tre  mesi  del  personale
 ausiliario addetto al servizio ne impedirebbe lo svolgimento  secondo
 le  forme  ed  i  modi  richiesti  dalla  sua  peculiare natura e, in
 particolare, non permetterebbe la necessaria continuita' del rapporto
 con le pazienti;
     che il Tribunale, nel corso  dei  medesimi  giudizi,  aveva  gia'
 sollevato  la  stessa  questione  di  costituzionalita'  e che questa
 Corte, con ordinanza n. 439 del 16 dicembre 1997, aveva  disposto  la
 restituzione  degli atti affinche' i giudici a quibus ne esaminassero
 la perdurante  rilevanza  alla  luce  della  disciplina  sopravvenuta
 recata  dall'art.  1, commi 45 e 46, della legge 23 dicembre 1996, n.
 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica);
     che le ordinanze  di  rimessione  ripropongono  la  questione  di
 costituzionalita',  sostenendo che tali sopravvenienti disposizioni -
 comunque inapplicabili ai  rapporti  sorti  anteriormente  alla  loro
 entrata  in vigore, quali quelli in esame - non avrebbero innovato il
 quadro normativo di riferimento, in quanto riguardano "esclusivamente
 i rapporti di lavoro subordinato",  "non  anche  quelli  autonomi,  a
 struttura   convenzionata",   e   non  influirebbero  comunque  sugli
 strumenti a disposizione  degli  ospedali  per  l'organizzazione  del
 servizio   di   interruzione   della  gravidanza,  apparendo  difatti
 "verosimile ritenere che in concreto si continuera' a preferire (...)
 il ricorso alle prestazioni di personale autonomo";
     che il Presidente del Consiglio dei Ministri non  e'  intervenuto
 in giudizio, ne' si sono costituite le parti  private.
   Considerato  che  le  due  ordinanze  hanno  ad  oggetto  la stessa
 questione e, pertanto, va disposta la riunione dei  giudizi,  perche'
 siano decisi con un'unica pronuncia;
     che   il   Tribunale   di   Catania   dubita  della  legittimita'
 costituzionale dell'art. 3, commi 23 e 24, della  legge  24  dicembre
 1993,   n.  537,  in  quanto  il  divieto  previsto  per  le  Aziende
 ospedaliere di assumere personale a  tempo  determinato,  nonche'  di
 stipulare  rapporti  di  prestazione d'opera per un tempo superiore a
 tre  mesi,  renderebbe  difficoltoso,  quando  non  pregiudicherebbe,
 l'espletamento del servizio di interruzione della gravidanza;
     che  la  disciplina  recata dalle disposizioni impugnate e' stata
 innovata anteriormente alle due  ordinanze  di  rimessione,  entrambe
 depositate   in   data   29  aprile  1998,  e,  quindi,  prima  della
 proposizione della presente questione di costituzionalita';
     che, infatti, prima di detta data e' entrato in vigore il decreto
 legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni  in  materia  di
 organizzazione   e   di  rapporti  di  lavoro  nelle  amministrazioni
 pubbliche,  di  giurisdizione  nelle  controversie  di  lavoro  e  di
 giurisdizione  amministrativa,  emanate  in  attuazione dell'art. 11,
 comma  4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), il cui art. 43, comma 4,
 ha abrogato espressamente l'art. 3, comma 23, della legge n. 537  del
 1993,  oggetto,  insieme  al  successivo comma 24, della questione di
 costituzionalita',  e  che  detta  abrogazione,  in   ragione   della
 formulazione  delle  due  disposizioni censurate, rende inapplicabile
 anche la norma dello stesso comma 24;
     che, secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  qualora  le
 disposizioni   censurate  siano  state  abrogate  anteriormente  alla
 proposizione  della  questione  di  costituzionalita',   il   giudice
 rimettente  ha l'onere di specificare in modo rigoroso i motivi della
 perdurante rilevanza della questione (da ultimo, ordinanze n. 52 e n.
 53 del 1999);
     che il Tribunale di Catania nel caso di  specie  non  ha  assolto
 siffatto  onere,  in quanto i provvedimenti di rimessione omettono di
 valutare l'incidenza sui giudizi principali dell'abrogazione espressa
 delle disposizioni che sottopongono all'esame di costituzionalita', e
 che pertanto  la  questione  deve  essere  dichiarata  manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.