ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 2751-bis n.2
 del codice civile in relazione all'art. 11  della  legge  29  gennaio
 1986, n. 21 (Riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza
 a  favore  dei dottori commercialisti), promosso con ordinanza emessa
 il 13 marzo 1998 dal giudice delegato  del  Tribunale  di  Fermo  sul
 ricorso  proposto da Magnalbo' Luciano contro il fallimento Sgariglia
 s.r.l., iscritta al n. 398 del registro ordinanze 1998  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  24,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1998.
   Udito nella camera di  consiglio  del  24  marzo  1999  il  giudice
 relatore Annibale Marini.
   Ritenuto  che,  nel  corso  di  una procedura fallimentare promossa
 dinanzi al Tribunale di  Fermo,  il  giudice  delegato,  in  sede  di
 decisione  su  una  domanda  di  ammissione  tardiva  di  crediti per
 prestazioni professionali di  avvocato  e  per  rivalsa  degli  oneri
 contributivi  obbligatori  e  dell'imposta  sul  valore  aggiunto, ha
 sollevato, con ordinanza del 13 marzo 1998, questione di legittimita'
 costituzionale "dell'art.  2751-bis n. 2, c.c., in relazione all'art.
 11, legge 29 gennaio 1986, n. 21, nella parte in cui non prevede  che
 il  privilegio  mobiliare  generale  ivi  contemplato  si  estenda al
 credito di rivalsa obbligatoria degli oneri contributivi obbligatori,
 di cui all'art. 11, primo comma, ultimo periodo, legge  20  settembre
 1980,  n. 576; ed al credito di rivalsa obbligatoria dell'imposta sul
 valore aggiunto, di cui all'art.  18, primo comma, d.P.R. 26  ottobre
 1972, n. 633; per contrasto con l'art. 3 della Costituzione";
     che,   ad   avviso   del   rimettente,   la  norma  denunciata  -
 correttamente  interpretata  dalla   prevalente   giurisprudenza   di
 legittimita'  nel  senso  che  il  privilegio  da  essa attribuito ai
 crediti riguardanti le retribuzioni dei professionisti non si estende
 ai crediti di rivalsa dell'imposta sul valore aggiunto e  ai  crediti
 di  rivalsa dei contributi previdenziali obbligatori - sarebbe lesiva
 del principio di eguaglianza per il deteriore  trattamento  riservato
 alla  generalita'  dei  professionisti  (ed  in specie agli avvocati)
 rispetto ai dottori commercialisti, il cui credito di  rivalsa  degli
 oneri  contributivi  obbligatori e' assistito da privilegio "di grado
 pari a quello del credito per prestazioni  professionali",  ai  sensi
 dell'art.  11,  primo  comma,  ultimo periodo, della legge 29 gennaio
 1986, n. 21 (Riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza
 a favore dei dottori commercialisti).
   Considerato che, come ritenuto da questa Corte, in sede di giudizio
 di legittimita' costituzionale e' possibile sindacare, all'interno di
 una specifica norma attributiva di un privilegio,  la  ragionevolezza
 della  mancata  inclusione, in essa, di fattispecie omogenee a quella
 cui la causa di prelazione e'  riferita,  mentre  non  e'  consentito
 utilizzare  lo  strumento del giudizio di legittimita' per introdurre
 una causa di prelazione ulteriore (sentenze nn. 1 del 1998 e  84  del
 1992);
     che   la  norma  censurata  dal  rimettente,  come  dallo  stesso
 interpretata, ha riguardo ai crediti per  prestazioni  professionali,
 senza alcuna distinzione fra le diverse categorie di professionisti;
     che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  -  sotto il
 profilo, prospettato dal rimettente, della  mancata  estensione  agli
 avvocati  del privilegio previsto a favore dei dottori commercialisti
 (sia pure con riguardo al solo  credito  di  rivalsa  del  contributo
 integrativo)  dall'art.  11, primo comma, ultimo periodo, della legge
 29 gennaio 1986, n. 21 - avrebbe semmai dovuto essere  sollevata  con
 riferimento  a quest'ultima norma, nella parte in cui (sempre secondo
 la prospettazione del rimettente) avrebbe omesso di includere  tra  i
 crediti  assistiti  dal  privilegio  in  essa  previsto anche quello,
 asseritamente omogeneo, vantato dagli avvocati a  titolo  di  rivalsa
 del contributo integrativo;
     che   pertanto   la   questione   va   dichiarata  manifestamente
 inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.