ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del d.-l.  28
 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale), con  riferimento
 all'art.  22  della  legge  21  luglio  1965, n. 903 (Avviamento alla
 riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione della  previdenza
 sociale),  come  modificato dalla sentenza della Corte costituzionale
 n. 495 dell'anno 1993 e degli artt. 23, secondo comma,  e  30,  terzo
 comma,  della  legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla Costituzione e
 sul  funzionamento  della  Corte  costituzionale),  promossi  con   3
 ordinanze  emesse  il 1 aprile (2 ordinanze) ed il 23 aprile 1996 dal
 pretore di Brescia, rispettivamente iscritte ai nn. 524,  525  e  720
 del registro
  ordinanze   1996   e   pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica, nn. 25 e 29, prima serie speciale, dell'anno 1996.
   Visti gli atti di costituzione  dell'INPS,  di  Marchesini  Antonia
 nonche'  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  14 aprile 1999 il giudice
 relatore Cesare Ruperto.
   Ritenuto che, nel corso di tre giudizi, instaurati per ottenere  la
 ricostruzione  del trattamento pensionistico in base alla sentenza n.
 495 del 1993 della Corte costituzionale, il pretore di  Brescia,  con
 altrettante  ordinanze di identico contenuto (emesse, le prime due il
 1 aprile e la terza il 23 aprile 1996),  ha  sollevato  questione  di
 costituzionalita'  dell'art. 1 del d.-l. 28 marzo 1996, n. 166 (Norme
 in materia previdenziale);
     che, secondo il rimettente, le norme censurate si  porrebbero  in
 contrasto:  a)  con  gli  artt. 1, secondo comma, 70, 72, 77, secondo
 comma, e 136, secondo comma, Cost., non configurandosi  il  requisito
 della  necessita'  ed  urgenza  dell'intervento  governativo, tale da
 giustificare l'esclusione del normale iter parlamentare; b)  con  gli
 artt.  24,  primo  comma,  e 25, primo comma, Cost., in ragione della
 lesione del diritto di  azione  e  della  giurisdizione  del  giudice
 naturale   precostituito   per   legge,   inferta   dalla  previsione
 dell'estinzione dei  giudizi  e  dell'inefficacia  dei  provvedimenti
 giudiziali  non ancora passati in giudicato; c) con l'art. 81, quarto
 comma, Cost., per violazione dell'obbligo  di  copertura  finanziaria
 relativamente  agli  anni 1999, 2000 e 2001; d) con l'art. 3 Cost., a
 cagione della irragionevolezza della previsione  delle  modalita'  di
 estinzione  del  credito  e  delle  numerose  lacune  ed imprecisioni
 contenute nell'intera normativa de qua; e) con  gli  artt.  1,  primo
 comma, 4, 35 e 36 Cost., in ragione della sancita compensazione delle
 spese di lite nelle cause in corso, che priva i difensori antistatari
 delle   parti   del   corrispettivo   per   la  relativa  prestazione
 professionale;
     che con le due ordinanze emesse il 1 aprile 1996 il pretore a quo
 ha, altresi',  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  22  della  legge  21  luglio 1965, n. 903 (Avviamento alla
 riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione della  previdenza
 sociale),  come  modificato  dalla sentenza n. 495 del 1993 di questa
 Corte (in senso estensivo del diritto di integrazione al minimo), per
 violazione  dell'art.  81  Cost.,  a  causa   dell'omessa   copertura
 finanziaria  degli  oneri  nascenti  da tale decisione, nonche' degli
 artt. 101, 104, primo comma, e 136, primo comma,  Cost.,  potendo  il
 loro  carattere - definito "legislativo" - far considerare il giudice
 privato del suo potere di interpretare la legge;
     che, in relazione alle predette censure, egli ha quindi sollevato
 questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 23 e  30,  terzo
 comma,  della  legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla Costituzione e
 sul funzionamento della Corte costituzionale),  in  riferimento  agli
 artt. 101, 104, primo comma, 111, 134, 136, primo comma, e 137, primo
 comma,  Cost.,  in quanto dette norme, nel fissare rispettivamente il
 momento temporale di  efficacia  delle  sentenze  della  Corte  e  le
 condizioni  di  accesso al sindacato di legittimita' costituzionale -
 in particolare imponendo il requisito della rilevanza della questione
 nel  giudizio  a   quo   -,   risulterebbero   lesive   del   dettato
 costituzionale  e  comunque  limitative  della  possibilita'  per  il
 giudice di sollevare  questioni,  "l'oggetto  delle  quali  sia  solo
 concorrente nella decisione della causa";
     che,  in  tutti  i  giudizi,  e'  intervenuto  il  Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale dello Stato, e si e' costituito l'INPS, concludendo entrambi
 per   l'inammissibilita'   o   per   l'infondatezza  delle  sollevate
 questioni;
     che, nel giudizio promosso con  r.o.  n.  525  del  1996,  si  e'
 costituita  anche  la  ricorrente  nel  processo  a  quo  la quale ha
 concluso per l'accoglimento delle questioni relative  alla  normativa
 di  cui  al  d.-l.  n. 166 del 1996, e per l'infondatezza delle altre
 questioni.
   Considerato che per l'analogia delle sollevate questioni i  giudizi
 possono essere riuniti e congiuntamente decisi;
     che  il  contenuto  del  censurato  d.-l.  n.  166  del 1996, non
 convertito, e' stato reiterato con i decreti-legge 27 maggio 1996, n.
 295; 26 luglio 1996, n. 396; 24 settembre 1996, n. 499, tutti recanti
 le stesse disposizioni denunciate e tutti decaduti;
     che gli effetti di tali  decreti-legge  sono  stati  fatti  salvi
 dall'art.  1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608, e che la
 successiva legge 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 1, commi 181,  182  e
 183)  ha  riproposto  il medesimo contenuto della censurata normativa
 decretale;
     che, medio tempore il d.-l. 28 marzo 1997, n. 79,  convertito  in
 legge  28  maggio  1997,  n.  140,  e'  intervenuto  sul  complessivo
 denunciato meccanismo  di  rimborso  dei  relativi  crediti  mediante
 emissione dei titoli di Stato, prevedendone viceversa il pagamento in
 contanti, pur se con le medesime cadenze temporali;
     che,  ancora  successivamente,  la legge 23 dicembre 1998, n. 448
 ha, altresi', previsto l'erogazione di una somma pari al 5% a  titolo
 d'interessi  sugli  arretrati maturati alla data del 31 dicembre 1995
 (art. 36,  comma  1)  e  l'inclusione,  tra  gli  aventi  diritto  al
 pagamento   degli   arretrati,  degli  eredi  dell'interessato  anche
 allorche' il decesso di questi sia avvenuto anteriormente al 30 marzo
 1996 (art.  36, comma 2);
     che, inoltre, l'art. 73, comma 4, della stessa legge ha precisato
 la portata applicativa della  c.d.  clausola  di  salvezza  contenuta
 nell'art.  1,  comma  6,  della  legge  28  novembre  1996,  n.  608,
 interpretandola nel senso che tra gli effetti fatti salvi  da  questa
 norma va inclusa l'inefficacia dei provvedimenti giudiziali emessi in
 materia;
     che,  cosi'  disponendo,  il  legislatore  ha notevolmente inciso
 sulla normativa denunciata, e dunque il giudice a quo deve  procedere
 ad  una  nuova  valutazione della rilevanza delle sollevate questioni
 (cfr. ordinanza  n.  31  del  1999),  a  prescindere  peraltro  dalle
 prospettate  e  del  tutto ininfluenti questioni concernenti le norme
 sul funzionamento  della  Corte  e  sulla  proposizione  dei  giudizi
 davanti ad essa (cfr.  ordinanza n. 130 del 1997);
     che,  pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti al
 giudice stesso.