ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 415 e 416 del
 codice  di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 3 marzo
 1998 dal tribunale di Padova nel  procedimento  civile  vertente  tra
 Cecchetto Pietro e Cecchetto Roberto, iscritta al n. 355 del registro
 ordinanze   1998   e   pubblicata   nella  Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica, prima serie speciale, n. 21 dell'anno 1998.
   Visti l'atto di costituzione di Cecchetto Pietro nonche' l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 13 aprile 1999 il giudice relatore
 Annibale Marini;
   Udito l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri.
   Ritenuto che il tribunale di Padova, sezione specializzata agraria,
 con  ordinanza  emessa  il 3 marzo 1998, ha sollevato, in riferimento
 all'art.   3   della   Costituzione,   questione   di    legittimita'
 costituzionale  degli  artt. 415 e 416 del codice di procedura civile
 nella parte in cui non prevedono - diversamente da  quanto  stabilito
 per  l'ordinario  giudizio  di  cognizione  - l'invito al convenuto a
 costituirsi nei termini di legge con l'espresso avvertimento  che  la
 costituzione  oltre  i  suddetti  termini  importa la decadenza dalle
 eventuali domande riconvenzionali e dalle chiamate di terzo in causa;
     che, a parere del rimettente, la mancata previsione  di  siffatto
 avviso  nelle  norme  che  regolano  il  processo del lavoro e quello
 agrario determinerebbe una irragionevole disparita' di trattamento  -
 con  conseguente  violazione  dell'art. 3 della Costituzione - tra le
 parti convenute  nel  giudizio  ordinario  di  cognizione  e  quelle,
 parimenti convenute, nello speciale rito del lavoro ove, tra l'altro,
 il regime delle preclusioni risulterebbe piu' grave;
     che  nel  giudizio  dinanzi  a  questa  Corte  e'  intervenuto il
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e   difeso
 dall'Avvocatura  generale dello Stato, chiedendo che venga dichiarata
 l'infondatezza della questione, per aver questa Corte gia' escluso la
 possibilita' di  raffronti  tra  rito  speciale  del  lavoro  e  rito
 ordinario (sentenza n. 65 del 1980);
     che,  inoltre,  sempre  ad  avviso  dell'Avvocatura,  esigere che
 l'irrogazione della decadenza posta dall'art. 416 del cod. proc. civ.
 sia   condizionata   all'espressa   riproduzione    della    relativa
 comminatoria  di  legge  nel  ricorso  introduttivo  o nel decreto di
 fissazione  dell'udienza  di  discussione   si   risolverebbe,   come
 affermato  da questa Corte, nella disapplicazione del principio della
 legale conoscenza delle norme legislative che nulla ha da vedere  con
 il principio costituzionale di eguaglianza (sentenze n. 61 del 1980 e
 n. 347 del 1987);
     che si e' costituita la parte privata, attrice nel giudizio a quo
 la   quale,   nel   concludere  anch'essa  per  l'infondatezza  della
 questione, ha sottolineato, oltre la diversita' tra rito ordinario  e
 rito  del  lavoro, come l'avvertimento di cui all'art. 163 del codice
 di  procedura  civile  sia   stato   previsto   dal   legislatore   -
 limitatamente  al processo ordinario di ricognizione - con la novella
 del  1990  a  seguito  dell'introduzione  di  nuovi  termini  per  la
 costituzione  del  convenuto  e,  soprattutto, di nuove decadenze per
 costui;
     che tale avvertimento, ad avviso della stessa parte, giustificato
 dal passaggio dal previgente sistema processuale  a  quello  attuale,
 costituirebbe   una   disapplicazione   del  principio  della  legale
 conoscenza delle norme legislative ed, in quanto tale,  non  potrebbe
 essere assunto a regola generale.
   Considerato   che   questa   Corte   ha   gia'  affermato  come  le
 caratteristiche strutturali e procedimentali che distinguono il  rito
 ordinario  e  quello  speciale del lavoro (applicabile, quest'ultimo,
 alle  controversie   agrarie),   siano   tali   da   non   consentire
 l'istituzione  di  raffronti  nei  quali  sia ragionevole assumere il
 primo    a    modello    di    perfezione    cui    l'altro,     pena
 l'incostituzionalita', sia tenuto ad adeguarsi, e viceversa (sentenza
 n. 65 del 1980, ordinanza n. 104 del 1988);
     che  alla  stregua di tale affermazione, che si ritiene in questa
 sede di ribadire, la  questione,  prospettata  dal  rimettente  sotto
 l'esclusivo  profilo  della  violazione del principio di eguaglianza,
 deve essere dichiarata manifestamente infondata.