ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 113, comma 1,
 del   decreto  legislativo  25  febbraio  1995,  n.  77  (Ordinamento
 finanziario e contabile degli enti locali), e 1-bis comma 4-bis della
 legge 29 ottobre 1984, n. 720 (Istituzione del sistema  di  tesoreria
 unica  per enti ed organismi pubblici), promosso con ordinanza emessa
 il 21 maggio 1998 dal pretore di Reggio Calabria - sezione distaccata
 di Melito Porto Salvo nel procedimento civile  vertente  tra  Marrone
 Carmine  e  il  comune  di  Pozzuoli ed altro, iscritta al n. 545 del
 registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto di costituzione di Marrone Carmine, nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  28  aprile  1999  il  giudice
 relatore Annibale Marini.
   Ritenuto  che  il pretore di Reggio Calabria, sezione distaccata di
 Melito Porto Salvo, con  ordinanza  emessa  il  21  maggio  1998,  ha
 sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 113, comma 1,  del
 decreto  legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario
 e contabile degli enti  locali),  nella  parte  in  cui  non  ammette
 procedure  di  esecuzione  e  di espropriazione forzata nei confronti
 degli enti locali di cui  all'art.1,  comma  2,  della  stessa  legge
 presso  soggetti  diversi dai rispettivi tesorieri, e dell'art. 1-bis
 comma 4-bis della legge 29 ottobre  1984,  n.  720  (Istituzione  del
 sistema  di  tesoreria  unica  per enti ed organismi pubblici), nella
 parte in cui non ammette - nei  confronti  degli  enti  ed  organismi
 pubblici  indicati  nella  tabella  A  della  citata  legge - atti di
 sequestro  e  di  pignoramento  presso  le sezioni di tesoreria dello
 Stato e presso  le  sezioni  decentrate  del  bancoposta  a  pena  di
 nullita' rilevabile anche d'ufficio;
     che,  ad  avviso  del  giudice  rimettente,  le  norme denunciate
 violerebbero i richiamati principi  costituzionali  sotto  molteplici
 aspetti  ed  in  particolare:  a) determinerebbero una ingiustificata
 posizione di privilegio a favore degli enti di  cui  alla  tabella  A
 della  legge  29  ottobre 1984, n. 720; b) introdurrebbero ipotesi di
 nullita' della  procedura  esecutiva  rilevabili  di  ufficio  in  un
 sistema  che  non conosce vizi rilevabili d'ufficio diversi da quelli
 espressamente previsti dal codice di rito; c) impedirebbero di  adire
 il  giudice  naturale  identificato  con  quello  del  luogo  ove  si
 rinvengono beni e crediti degli enti pubblici utilmente pignorabili;
     che nel  giudizio  dinanzi  a  questa  Corte  e'  intervenuto  il
 Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura generale dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione
 venga  dichiarata  inammissibile in quanto l'ordinanza di rimessione,
 risultando priva di una pur sintetica esposizione degli  elementi  di
 fatto  della  controversia,  non consentirebbe un effettivo riscontro
 della rilevanza della questione nel giudizio a quo;
     che nel merito, ad  avviso  della  stessa  difesa,  la  questione
 sarebbe   comunque   infondata  in  quanto  la  disciplina  censurata
 troverebbe una ragionevole giustificazione nella  specificita'  della
 posizione  della  pubblica  amministrazione  e  nella opportunita' di
 assicurare una gestione delle  risorse  funzionale  al  perseguimento
 delle finalita' di interesse pubblico proprie dell'ente esecutato;
     che  si  e'  costituita  la  parte privata nel giudizio a quo con
 memoria depositata fuori termine.
   Considerato che,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di  questa
 Corte,  la  questione  di  legittimita' costituzionale, per risultare
 ammissibile, esige l'indicazione, nell'ordinanza di rimessione, delle
 circostanze di fatto oggetto della controversia, onde consentire alla
 Corte le valutazioni di sua competenza anche in ordine alla rilevanza
 della questione cosi' come  proposta  dal  rimettente  (ex  plurimis:
 ordinanza n. 424 del 1996);
     che,  nel  caso in esame, non avendo il giudice a quo specificato
 presso quale soggetto, diverso dal tesoriere dell'ente, sarebbe stata
 attivata la procedura esecutiva, resta  dubbia  l'applicabilita'  nel
 giudizio  principale  della  norma,  denunciata  dal  rimettente, che
 esclude l'ammissibilita' di  atti  di  sequestro  o  di  pignoramento
 presso  le  sezioni  di  tesoreria  dello  Stato  e presso le sezioni
 decentrate del bancoposta;
     che, pertanto, risultando impossibile  valutare  l'applicabilita'
 nel   giudizio  a  quo  delle  norme  congiuntamente  denunciate  dal
 rimettente,  la  questione  deve  essere  dichiarata   manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.