ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 64 del regio
 d.-l. 3 febbraio 1938, n. 744 (Norme sul reclutamento ed  avanzamento
 dei  sottufficiali  e  militari  di  truppa,  nonche' sullo stato dei
 sottufficiali della regia aeronautica),  convertito  nella  legge  16
 febbraio  1939,  n.  468,  e  dell'art. 30 del decreto legislativo 12
 maggio 1995, n.   196 (Attuazione dell'art. 3  della  legge  6  marzo
 1992,  n.  216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme
 di reclutamento, stato ed avanzamento  del  personale  non  direttivo
 delle Forze armate), promosso con ordinanza emessa il 14 ottobre 1997
 dal  Consiglio di Stato, sul ricorso proposto da Elmi Giovanni contro
 il Ministero della difesa, iscritta al n. 151 del registro  ordinanze
 1998  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11,
 prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto l'atto di costituzione di Elmi Giovanni;
   Udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 1999  il  giudice  relatore
 Francesco Guizzi;
   Udito l'avvocato Orazio Lupini per Elmi Giovanni.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Un  aviere,  arruolatosi volontariamente, veniva sorpreso ad
 assumere sostanze stupefacenti, e in conseguenza di  tale  infrazione
 alla  disciplina  militare  era  dapprima  punito  con la consegna di
 rigore per quattro giorni, e quindi "prosciolto dalla leva".
   Detto  provvedimento  veniva   impugnato   dinanzi   al   tribunale
 amministrativo   regionale,  con  la  denuncia,  fra  l'altro,  della
 illegittimita'  del  procedimento  con  cui  era  stata  irrogata  la
 sanzione    del   proscioglimento,   a   causa   dell'omessa   previa
 contestazione dell'addebito. La sentenza  di  rigetto  del  tribunale
 amministrativo  regionale era appellata dinanzi al Consiglio di Stato
 che rilevava, in fatto, non essere mai stato  formalmente  contestato
 all'aviere  l'addebito  nell'ambito del procedimento finalizzato alla
 sanzione  espulsiva,  non  essendo  sufficiente   a   tal   fine   la
 contestazione  orale da parte della Commissione che aveva provveduto,
 contestualmente, a irrogare la consegna di rigore.  In  proposito  il
 Consiglio  di  Stato  osservava,  in diritto, che il "proscioglimento
 dalla leva" costituisce una sanzione, la quale incide sullo status di
 militare,  soggiungendo  che  all'epoca  dei  fatti   (luglio   1990)
 l'ordinamento non prevedeva alcun obbligo di previa contestazione.
   2.  -  Cosi' ricostruita la fattispecie astratta di riferimento, il
 giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale sia  dell'art.
 64 del regio d.-l. 3 febbraio 1938, n. 744 (Norme sul reclutamento ed
 avanzamento  dei sottufficiali militari di truppa nonche' sullo stato
 dei sottufficiali della regia aeronautica), convertito nella legge 16
 febbraio 1939, n.  468,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  la
 cessazione  dalla leva per motivi disciplinari debba essere preceduta
 dalla contestazione degli addebiti,  sia  dell'art.  30  del  decreto
 legislativo  12  maggio  1995,  n.  196 (Attuazione dell'art. 3 della
 legge 6 marzo 1992,  n.  216,  in  materia  di  riordino  dei  ruoli,
 modifica  delle  norme  di  reclutamento,  stato  ed  avanzamento del
 personale non direttivo delle Forze armate), nella parte in  cui  non
 estende ai volontari di truppa dell'Aeronautica in ferma breve l'art.
 64  della  legge  31  luglio  1954,  n.  599 (Stato dei sottufficiali
 dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), il quale a sua volta
 prevede la  previa  contestazione  degli  addebiti  nel  procedimento
 preordinato alla irrogazione di sanzioni disciplinari di stato.
   Tali  norme  sarebbero in contrasto con l'art. 3 della Costituzione
 per  violazione  del  principio  di  uguaglianza,  essendo   previsto
 l'obbligo della previa contestazione per l'irrogazione di sanzioni di
 status   a   carico   di   sottufficiali   e   militari   di   truppa
 dell'aeronautica in servizio permanente; dei militari di truppa della
 guardia   di   finanza   e   dei   carabinieri;   dei   sottufficiali
 dell'esercito,   della   marina   e   dell'aeronautica;  nonche'  per
 l'irrogazione di sanzioni di corpo a carico dei  militari  di  truppa
 dell'aeronautica  in servizio volontario.  L'esclusione dei volontari
 di  truppa  in  ferma  breve  dalla  garanzia   della   contestazione
 dell'addebito  non  sarebbe,  percio', sorretta da alcuna ragionevole
 giustificazione.
   Le norme sopra indicate sarebbero  altresi'  in  contrasto  con  il
 combinato  disposto  degli  artt.  52,  terzo  comma,  2  e  24 della
 Costituzione, dovendo i procedimenti disciplinari dei militari essere
 circondati  da  garanzie  volte   a   tutelare,   anche   all'interno
 dell'ordinamento  militare, i diritti fondamentali della persona, fra
 i quali rientra quello alla difesa che risulterebbe leso nell'ipotesi
 di omissione della previa contestazione degli addebiti.
   Con  riguardo  alla  rilevanza,  il  rimettente osserva che la mera
 convocazione dell'incolpato dinanzi al consiglio  di  disciplina  non
 poteva,  nel caso di specie, configurarsi quale contestazione formale
 dell'addebito, con cio' mostrando, implicitamente, di ritenere che il
 motivo d'appello  basato  sull'omessa  contestazione  si  paleserebbe
 fondato qualora venissero dichiarate illegittime le norme denunciate.
   Nel  giudizio  innanzi  a  questa  Corte  si e' costituita la parte
 privata, facendo proprie le argomentazioni  contenute  nell'ordinanza
 di rimessione.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Il Consiglio di Stato dubita, in riferimento all'art. 3 e al
 combinato disposto degli artt. 52, 2 e 24 della  Costituzione,  della
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 64 del regio d.-l. 3 febbraio
 1938, n. 744, convertito nella legge 16 febbraio 1939,  n.    468,  e
 dell'art.  30  del  decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196, nella
 parte in cui non prevedono la previa contestazione degli addebiti nel
 procedimento tendente all'irrogazione  di  sanzioni  disciplinari  di
 status  a  carico  di  militari  di  truppa  in  servizio  volontario
 nell'Aeronautica.
   2. - La questione sollevata con riferimento all'art. 30 del decreto
 legislativo n. 196 del 1995 e' inammissibile. Le disposizioni in esso
 contenute sono infatti applicabili a decorrere dal 1  settembre  1995
 (art. 42 di detto decreto legislativo), con la conseguenza che l'art.
 30  in esame non poteva, ne' avrebbe potuto, trovare applicazione nel
 giudizio a quo essendo divenuto efficace successivamente ai fatti che
 diedero origine alla  controversia  sottoposta  alla  cognizione  del
 Collegio  rimettente.  Tale articolo e' inoltre censurato nella parte
 in cui non prevede l'applicazione d'una norma  procedurale,  qual  e'
 quella della previa contestazione degli addebiti, che per definizione
 non e' suscettibile di retroattivita', salvi i casi in cui questa sia
 espressamente  stabilita  dal  legislatore.  In assenza di una simile
 previsione nel decreto legislativo n. 196 del 1995, si deve  ritenere
 che   tutte  le  norme  processuali  ivi  contenute  -  o  richiamate
 attraverso la relatio  alla  legge  n.  599  del  1954  -  non  siano
 suscettibili di applicazione retroattiva, secondo il principio tempus
 regit actum.
   3.  -  La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 64 del
 regio d.-l. n. 744 del 1938 e' invece  infondata  con  riferimento  a
 tutti i parametri invocati.
   Questa  Corte  ha gia' affermato, in piu' occasioni, che il diritto
 di difesa e' indefettibile,  anche  nei  procedimenti  finalizzati  a
 irrogare  ai  militari  sanzioni disciplinari sia di status (sentenze
 nn. 240 del 1997, 126 del 1995, 197 del 1994, 17  del  1991)  sia  di
 corpo   (sentenza   n.   32  del  1992).  Tuttavia,  l'illegittimita'
 costituzionale   della   disposizione   censurata   potrebbe   essere
 dichiarata, nel caso di specie, soltanto se mancasse nell'ordinamento
 una  norma che imponga all'amministrazione della difesa di contestare
 previamente gli addebiti al militare di  truppa  dell'Aeronautica  in
 servizio volontario. Ma questa lacuna non esiste.
   Il  giudice  a  quo ha accertato che - al momento della commissione
 dell'illecito da cui e' scaturita  l'irrogazione  della  sanzione  di
 stato - l'incolpato aveva, ai sensi dell'art. 11, quarto comma, della
 legge  n.  212  del 1983, lo status di militare di truppa in servizio
 volontario.  In  proposito  va rilevato come l'art. 35, quinto comma,
 della legge n. 958 del 1986, stabilisca che "per  il  proscioglimento
 della  ferma volontaria contratta si applicano le specifiche norme di
 cui al titolo III della legge 31 luglio 1954, n.  599,  e  successive
 modifiche,  nonche'  quelle  previste  dalla legge 10 maggio 1983, n.
 212, per gli allievi sottufficiali"; e  va  sottolineato  come  nello
 stesso  articolo  siano  disciplinati,  al primo comma, la domanda di
 commutazione della leva  in  ferma  prolungata  e  al  secondo  comma
 l'arruolamento  volontario.  Cio'  induce  a  ritenere  che il quinto
 comma, sopra trascritto, abbia portata generale e si applichi a tutte
 le ipotesi in cui un rapporto di servizio  del  militare  di  truppa,
 volontariamente  iniziato, sia prodromico all'assunzione del grado di
 sottufficiale,  tanto  in  servizio  permanente,  quanto   in   ferma
 prolungata.
   Il  richiamo  al  titolo III della legge n. 599 del 1954, contenuto
 nell'art. 35, quinto comma, della legge n. 958 del 1986, fa  si'  che
 al   militare   di   truppa  -  arruolatosi  volontariamente  con  la
 prospettiva di conseguire il grado di sottufficiale alla scadenza del
 dodicesimo mese di servizio - si applichi l'art. 40  della  legge  n.
 599  del  1954,  il  quale  statuisce  che  la cessazione dalla ferma
 volontaria, o dalla rafferma, se disposta  per  motivi  disciplinari,
 debba  essere  preceduta  da inchiesta formale. E questa "comporta la
 contestazione  degli  addebiti  con  facolta'  al  sottufficiale   di
 presentare le sue discolpe" (art.  64 della legge n. 599 del 1954).
   Ne consegue che, contrariamente all'avviso del Collegio rimettente,
 non  sussiste  nell'ordinamento  la  denunciata  lacuna,  perche'  si
 prevede espressamente, attraverso un rinvio, l'obbligo  della  previa
 contestazione dell'addebito per tutti i casi di proscioglimento dalla
 ferma  volontaria.   Sebbene tale rilievo abbia carattere assorbente,
 mette  conto  ricordare   altresi'   che   l'obbligo   della   previa
 contestazione,  nel  procedimento  finalizzato  all'irrogazione d'una
 sanzione   disciplinare   di    status    e'    principio    generale
 dell'ordinamento,  desumibile  dall'art.  15  della  legge n. 382 del
 1978, su cui si e' gia' espressa  la  giurisprudenza  amministrativa,
 sostenendo   che   la  previa  contestazione  dell'addebito  sottende
 un'esigenza comune a tutti i procedimenti disciplinari  che  (pur  in
 assenza di norme espresse) si ricollega al diritto di difesa.