ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 210, comma  4,
 e 513, comma 2, del codice di procedura penale, come modificato dalla
 legge  7  agosto  1997,  n.  267,  e  dell'art.  6 della stessa legge
 (Modifica delle disposizioni del codice di procedura penale  in  tema
 di  valutazione  delle  prove),  promossi  con  ordinanze emesse il 2
 aprile 1998 dal tribunale di Bergamo nel procedimento penale a carico
 di C. C. ed altri, e il 18 giugno 1998 dal  tribunale  di  Trani  nel
 procedimento   penale   a   carico   di  C.  G.  ed  altri,  iscritte
 rispettivamente ai nn.   853 e 862  del  registro  ordinanze  1998  e
 pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 48, prima
 serie speciale, dell'anno 1998;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  25 maggio 1999 il giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto che il tribunale di Bergamo (r.o. n. 853 del  1998)  e  il
 tribunale  di  Trani  (r.o.  n.  862  del  1998)  hanno sollevato, in
 riferimento agli artt. 3, 24, 25, secondo comma, 97, 101, 102,  primo
 comma,  111  e  112  della  Costituzione,  questione  di legittimita'
 costituzionale degli artt. 210, comma 4, e 513, comma 2,  del  codice
 di  procedura  penale,  come modificato dalla legge 7 agosto 1997, n.
 267 (Modifica delle disposizioni del codice di  procedura  penale  in
 tema  di valutazione delle prove), nonche' dell'art. 6 della medesima
 legge;
     che  i rimettenti censurano l'art. 210, comma 4, cod. proc. pen.,
 nella parte in cui prevede che l'imputato in  procedimento  connesso,
 che   abbia   reso   in   precedenza   dichiarazioni  direttamente  o
 indirettamente indizianti e carico di altri soggetti non presenti nel
 momento  in  cui  tali  dichiarazioni  venivano   rilasciate,   possa
 avvalersi  della facolta' di non rispondere nel dibattimento a carico
 di tali persone, e l'art. 513, comma 2, cod. proc. pen., nella  parte
 in  cui  subordina  all'accordo  delle  parti  la lettura dei verbali
 contenenti le dichiarazioni erga alios precedentemente rese;
     che, a parere dei giudici rimettenti, sarebbe violato l'art.    3
 della  Costituzione  perche'  le  disposizioni censurate disciplinano
 irragionevolmente in modo diverso la  utilizzabilita'  degli  atti  a
 seconda  che  si tratti di testimoni o altri dichiaranti in relazione
 ai quali non e' possibile ottenere la presenza o procedere  all'esame
 per fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni,
 ovvero  di  dichiaranti  che  si  avvalgono  della  facolta'  di  non
 rispondere,  dal   momento   che   l'irripetibilita'   dell'atto   e'
 imprevedibile anche quando dipende da una scelta rimessa all'arbitrio
 del soggetto;
     che  sarebbe  di  conseguenza  violato  anche  l'art.  112 Cost.,
 perche' l'ostacolo  alla  acquisizione  della  prova  renderebbe  non
 effettivo l'esercizio della azione penale;
     che  il  tribunale di Bergamo ritiene, inoltre, che siano violati
 anche gli artt. 24, 25, secondo comma, 101, 102, primo comma,  e  111
 Cost.,  perche'  la ricerca della verita' - cui sarebbe funzionale la
 non  dispersione   degli   elementi   di   prova   legittimamente   e
 doverosamente raccolti durante le indagini - necessaria per pervenire
 ad  una  giusta  decisione  e  alla punizione dei colpevoli, verrebbe
 condizionata   dalla   volonta'   dei   dichiaranti   o   di    parti
 controinteressate:  cosi'  ostacolandosi  l'esercizio  del diritto di
 difesa dell'accusato, la  realizzazione  del  contraddittorio  e  dei
 principi di uguaglianza e legalita', e violandosi, infine, i principi
 del  libero  convincimento  del  giudice,  delle  sua  sottoposizione
 solamente alla legge e delle indefettibilita' della giurisdizione;
     che il tribunale di Trani ritiene che gli artt. 210 e 513,  comma
 2,  cod.  proc.  pen.  siano  in  contrasto anche con l'art. 97 della
 Costituzione  perche'  determinerebbero  un  rilevante  spreco  della
 attivita'   "amministrativa"   finalizzata   all'espletamento   delle
 indagini e all'introduzione del giudizio  dibattimentale,  vanificata
 in  conseguenza  della impossibilita', non prevedibile, di utilizzare
 una fonte di prova;
     che il medesimo rimettente dubita,  inoltre,  della  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  6 della legge 7 agosto 1997, n. 267, nella
 parte in cui non estende il regime transitorio - previsto dai commi 2
 e 5 - ai giudizi in corso anche quando  al  momento  dell'entrata  in
 vigore  della  legge n. 267 del 1997 non sia ancora stata disposta la
 lettura delle dichiarazioni rese  dalle  persone  indicate  dall'art.
 513  cod.  proc. pen. che si avvalgono in dibattimento della facolta'
 di non rispondere;
     che a parere del tribunale di Trani tale disposizione  violerebbe
 l'art.  3  della Costituzione perche' disciplina irragionevolmente in
 maniera diversa l'acquisizione delle dichiarazioni  predibattimentali
 rese  dagli  imputati  di reato connesso, a seconda che tali soggetti
 abbiano  esercitato  la  facolta'  di  non  rispondere  prima  o dopo
 l'entrata  in  vigore  della  legge,  cosi'  facendo   dipendere   da
 circostanze   temporali   meramente   casuali   regole   diverse   di
 utilizzazione probatoria;
     che tutte le questioni sono state sollevate nel corso di  giudizi
 di  primo  grado nei quali la difesa degli imputati non ha consentito
 alla utilizzazione delle dichiarazioni erga  alios  rese  durante  la
 fase  delle  indagini  da  persone  che, citate a dibattimento per la
 prima volta dopo l'entrata in vigore della legge n. 267 del 1997,  si
 erano  avvalse  della  facolta'  di non rispondere ai sensi dell'art.
 210 cod. proc. pen.;
     che nei giudizi e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che le questioni siano  dichiarate  inammissibili  e
 comunque   infondate,   riportandosi   integralmente   agli  atti  di
 intervento relativi ai giudizi di costituzionalita' promossi  con  le
 ordinanze nn. 776 e 787 del r.o. del 1997 e decisi con la sentenza n.
 361 del 1998.
   Considerato  che  tutte  le  ordinanze di rimessione sottopongono a
 censura la facolta', riconosciuta  alle  persone  indicate  dall'art.
 210,  comma 1, cod. prec. pen., di avvalersi, a norma del comma 4 del
 medesimo articolo, della facolta' di non rispondere;
     che l'esercizio di tale facolta' viene denunciato in relazione al
 regime di inutilizzabilita' ai  fini  della  decisione,  in  mancanza
 dell'accordo  delle  parti, delle dichiarazioni rese nella fase delle
 indagini preliminari dell'imputato  in  procedimento  connesso,  alla
 stregua  delle  modifiche  apportate  dalla  legge  n.  267  del 1997
 all'art.   513, comma 2, cod.  proc.  pen.,  anch'esso  sottoposto  a
 scrutinio di legittimita' costituzionale;
     che, attesa la sostanziale identita' delle questioni, deve essere
 disposta la riunione dei relativi giudizi;
     che, successivamente all'emissione delle ordinanze, questa Corte,
 con  sentenza  n.  361  del  1998,  ha  inciso  sul  quadro normativo
 risultante dal disposto degli artt. 210 e 513 cod. proc. pen.;
     che con tale sentenza la  Corte  ha  dichiarato  l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  513, comma 2, cod. proc. pen. "nella parte
 in cui non prevede che, qualora il  dichiarante  rifiuti  o  comunque
 ometta  in  tutto  o  in  parte di rispondere su fatti concernenti la
 responsabilita'  di  altri  gia'   oggetto   delle   sue   precedenti
 dichiarazioni,  in  mancanza dell'accordo delle parti alla lettura si
 applica l'art.   500, commi  2-bis  e  4,  del  codice  di  procedure
 penale";
     che con la medesima sentenza la Corte, respingendo le censure nei
 confronti  dell'art.  210,  comma 4, cod. proc. pen., ha rilevato che
 l'attuale qualificazione come imputati dei soggetti indicati in  tale
 norma  rende coerente la scelta del legislatore di attribuire loro la
 facolta' di non rispondere, ed ha individuato lo strumento per  porre
 rimedio  alle  denunce  di incostituzionalita' rivolte all'art.   210
 cod.  prec.   pen.   nell'estensione   all'esame   dell'imputato   in
 procedimento  connesso  su  fatti  concernenti  le responsabilita' di
 altri della disciplina delle contestazioni  prevista  dall'art.  500,
 commi 2-bis e 4, cod.  proc. pen.;
     che infine, in relazione alle questioni concernenti la disciplina
 transitoria,  nella  citata  sentenze  la Corte aveva rilevato che, a
 seguito  della  modifica  della   disciplina   a   regime   e   della
 possibilita',  cosi'  introdotta,  di "recuperare mediante il sistema
 delle contestazioni i singoli contenuti narrativi delle dichiarazioni
 rese in precedenza", doveva essere  valutato  dai  rimettenti  se  le
 questioni potessero considerarsi superate;
     che  pertanto  occorre  restituire gli atti ai giudici rimettenti
 affinche' verifichino se, alla luce della  disciplina  applicabile  a
 seguito  della sentenza n. 361 del 1998, le questioni sollevate siano
 tuttora rilevanti.