Ricorso  della  regione  Veneto,  in  persona  del Presidente della
 Giunta  regionale  e  legale  rappresentante  pro-tempore,  on.   dr.
 Giancarlo Galan, rappresentata e difesa, come da delega a margine del
 presente   atto,   ed   in   virtu'   di  deliberazione  di  g.r.  di
 autorizzazione a stare in giudizio n. 1640 del 18 maggio 1999,  dagli
 avv.ti  proff.  Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani e dall'avv.
 Romano Morra, ed  elettivamente  domiciliata  presso  lo  studio  del
 secondo, in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30;
   Contro   il   Presidente   del   Consiglio   dei  Ministri  per  la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 27  aprile
 1999, n. 118, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, Serie gen. n. 100 del
 30  aprile  1999,  recante  ad  oggetto  "Conversione  in  legge, con
 modificazioni, del d.-l. 1 marzo 1999, n.  43,  recante  disposizioni
 urgenti  per il settore lattiero-caseario", nella sua interezza ed in
 particolare quanto all'art. 1, comma  1,  nella  parte  in  cui  tale
 disposizione  prevede che, per il solo periodo 1995-1996, l'A.I.M.A.,
 nella esecuzione della rettifica di  cui  all'art.  3  del  d.-l.  n.
 411/1997,  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge n. 5/1998, e
 successive modificazioni, non applica le riduzioni della quota  B  in
 ottemperanza alle sentenze concernenti la illegittimita' delle stesse
 riduzioni;
     quanto  all'art. 1, comma 2, nella parte in cui tale disposizione
 prevede  che  l'A.I.M.A.  recepisce  le   correzioni   degli   errori
 intervenuti nelle operazioni di riesame, di cui al d.-l. n. 411/1997,
 motivatamente segnalati dalle regioni e province autonome e da queste
 effettuate,  attraverso  il  sistema informatico, entro trenta giorni
 dall'entrata in vigore  del  decreto  convertito,  sulla  base  delle
 tipologie  individuate  nella  relazione  finale della commissione di
 garanzia quote latte e attribuisce alle regioni e  province  autonome
 l'onere  di  comunicazione delle medesime correzioni mediante lettera
 raccomandata con avviso di ricevimento;
     quanto all'art. 1, comma 3, lett. b), nella  parte  in  cui  tale
 disposizione  prevede  che l'A.I.M.A., ai fini  dell'esecuzione della
 compensazione nazionale per il periodo 1997-1998, entro trenta giorni
 dalla  scadenza  del     termine  fissato  dal  comma   1   ai   fini
 dell'effettuazione   delle  compensazioni  nazionali  per  i  periodi
 1995-1996 e  1996-1997,  effettua  la  comunicazione  individuale  ai
 produttori,  secondo  le  modalita'  di  cui all'art. 2, comma 5, del
 d.-l. n. 411/1997, dei quantitativi individuali di riferimento di cui
 alla lett.  a)  delle  produzioni  commercializzate  per  il  periodo
 1997-1998,  risultanti dai modelli L1 pervenuti all'A.I.M.A., e delle
 anomalie in essi riscontrate, tenuto anche conto delle risultanze dei
 ricorsi relativamente al numero di capi accertato;
     quanto  all'art.  1,  comma  3-bis,  nella  parte  in  cui   tale
 disposizione  prevede  che, entro cinque giorni dal ricevimento della
 comunicazione individuale di  cui  alla  lett.  b)  del  comma  3,  i
 produttori   sono  tenuti  a  trasmettere  copia  della  medesima  al
 rispettivo acquirente, che si avvale delle risultanze della stessa ai
 fini del prelievo supplementare;
     quanto  all'art.  1,  comma  3-ter,  nella  parte  in  cui   tale
 disposizione  prevede  che  le comunicazioni di cui alla lett. b) del
 comma 3 sono trasmesse dall'A.I.M.A. alle  regioni  e  alle  province
 autonome  anche  su supporto magnetico e che le regioni e le province
 autonome   ne   forniscono   copia   agli   acquirenti,   alle   loro
 organizzazioni, nonche' alle  associazioni  di  produttori  di  latte
 riconosciute  ai  sensi del regolamento CE n. 952/1997 del Consiglio,
 del 20 maggio 1997;
     quanto  all'art.  1,  comma  4-bis,  nella  parte  in  cui   tale
 disposizione prevede che, in attesa dell'aggiornamento definitivo, le
 regioni   e  le  province  autonome  sono  autorizzate  a  rilasciare
 certificazioni provvisorie dei trasferimenti di azienda con  quota  o
 di  sola  quota  che  abbiano  efficacia  per il periodo 1999-2000, a
 condizione che  tali  trasferimenti  riguardino  aziende  con  quote,
 ovvero  solo quote, i cui dati siano stati regolarmente verificati ed
 accertati ai sensi della normativa vigente;
     quanto all'art. 1, comma 6, nella parte in cui tale  disposizione
 prevede  che,  ai  fini dell'applicazione dei criteri di priorita' di
 cui al comma 8, le regioni e le province autonome, entro  il  termine
 di  cui  al  comma 1, trasmettono all'A.I.M.A., attraverso il sistema
 informatico, le informazioni relative all'esatta localizzazione delle
 aziende ubicate in comuni parzialmente delimitati ai sensi  dell'art.
 3,  paragrafi  3, 4 e 5 della direttiva  75/268/CEE del Consiglio del
 28 aprile 1975, con effetto a decorrere dal periodo 1998-1999;
     quanto all'art. 1, comma 7, nella parte in cui tale  disposizione
 prevede  che l'A.I.M.A. effettua la  compensazione sulla base di dati
 certi  per  il  periodo   1997-1998   entro   trenta   giorni   dalle
 determinazioni definitive di cui al comma 5, da parte delle regioni e
 delle  province  autonome,  e  comunque  entro  e  non  oltre  il  30
 settembre 1999;
     quanto all'art. 1, comma 8, nella parte in cui tale  disposizione
 fissa i criteri di compensazione nazionale e l'ordine degli stessi in
 riferimento ai periodi 1995-1996, 1996-1997, 1997-1998 e 1998-1999 in
 favore dei produttori titolari di quota delle zone di montagna di cui
 alla direttiva 75/268/CEE del Consiglio del 28 aprile 1975 (lett. a);
 dei  produttori  titolari  di  quota A e di quota B nei confronti dei
 quali e' stata disposta la riduzione della quota B,  nei  limiti  del
 quantitativo  ridotto  (lett.  b);  dei  produttori titolari di quota
 ubicati nelle zone svantaggiate, di cui alla direttiva 75/268/CEE del
 Consiglio del 28 aprile 1975, e nelle zone di cui all'obiettivo 1  ai
 sensi del regolamento (CEE) n. 2081/1993 del Consiglio, del 20 luglio
 1993  (lett. c); dei produttori titolari esclusivamente della quota A
 che hanno superato la propria quota, nei limiti del 5 per cento della
 quota medesima (lett. d); di tutti gli altri produttori  titolari  di
 quota (lett. e); di tutti gli altri produttori (lett.  e-bis);
     quanto all'art. 1, comma 11, nella parte in cui tale disposizione
 prevede  che,  ai  fini delle operazioni di compensazione, l'A.I.M.A.
 utilizza   i   dati   quantitativi   contenuti   nei    provvedimenti
 giurisdizionali,  anche  cautelari e non definitivi, notificati entro
 il trentesimo giorno precedente la scadenza del termine  fissato  per
 l'effettuazione  della  compensazione,  ovvero,  in  mancanza di tali
 dati, quelli accertati dalle regioni  e  dalle  province  autonome  o
 rideterminati  dall'A.I.M.A.,  nel  caso  in  cui  siano  intervenute
 ordinanze  giurisdizionali  anche  non  definitive  che  hanno  fatto
 obbligo  agli  acquirenti  di  restituire  ai  produttori gli importi
 trattenuti  a  titolo  di  anticipo  per   gli   eventuali   prelievi
 supplementari dovuti;
     quanto all'art. 1, comma 17, nella parte in cui tale disposizione
 prevede   che,  ove  nei  trenta  giorni  successivi  alla  ricezione
 dell'elaborato di verifica inviato dall'A.I.M.A. delle  dichiarazioni
 di   commercializzazione   per   i  periodi  1995-1996  e  1996-1997,
 l'acquirente confermi le singole posizioni accertate,  opponendo  per
 ognuno   il   timbro   e  la  firma  per  l'accettazione  del  legale
 rappresentante dell'azienda e provveda a restituire all'A.I.M.A., con
 lettera raccomandata con avviso di  ricevimento,  e  alle  regioni  e
 province  autonome  l'elaborato  stesso, che vale a tutti gli effetti
 come rettifica dei modelli L1  a  suo  tempo  inviati,  la  rettifica
 determina   la  non  applicazione  della  revoca  del  riconoscimento
 prevista dall'art. 23 del d.P.R. n. 569/1993, e delle altre  sanzioni
 amministrative previste, a carico dell'acquirente, dall'art. 11 della
 legge  n. 468/1992 e che, in ogni caso, gli accertamenti effettuati e
 le decisioni dei  ricorsi  di  riesame  costituiscono,  a  tutti  gli
 effetti,  modifica  delle  risultanze  dei  modelli  L1  a  suo tempo
 inviati, ferme le procedure sanzionatorie previste dalla legge;
     quanto all'art. 1, comma 21, nella parte in cui tale disposizione
 prevede che le quote affluite nella riserva nazionale sono  ripartite
 tra  le  regioni e le province autonome, ai fini dell'assegnazione ai
 produttori titolari di quota, in misura proporzionale ai quantitativi
 individuali  di  riferimento  allocati  presso  ciascuna  regione   e
 provincia  autonoma  accertati per i periodi 1995-1996 e 1996-1997 ai
 sensi del d.-l. n. 411/1997, convertito, con modificazioni, in  legge
 n.  5/1998,  per  essere  riassegnate  secondo  criteri  oggettivi di
 priorita' deliberati dalle  stesse,  tenendo  prioritariamente  conto
 delle   riduzioni   effettuate  ai  sensi  del  d.-l.-  n.  727/1994,
 convertito, con modificazioni,  in  legge  n.  46/1995,  e  che  tali
 disposizioni si applicano a decorrere dal periodo 1999-2000;
     quanto  all'art.  1,  comma  21-bis,  nella  parte  in  cui  tale
 disposizione prevede che in nessun caso   possono  beneficiare  delle
 riassegnazioni  ai  sensi del comma 21 i produttori che nel corso dei
 periodi 1997-1998 e 1998-1999  hanno  venduto  ovvero  affittato,  in
 tutto o in parte, la quota di cui erano titolari;
     quanto  all'art.  1,  comma  21-ter,  nella  parte  in  cui  tale
 disposizione prevede che, in attesa  della  riforma  del  settore,  i
 criteri  e  l'ordine  di priorita' stabiliti dal comma 8 si applicano
 anche  per  l'effettuazione  della  compensazione  nazionale  per  il
 periodo  1999-2000  e  che  a  tale  periodo  si  applicano  anche le
 disposizioni previste  dal  comma  10,  in  quanto  compatibili,  con
 esclusione dell'ultimo periodo del medesimo comma 10.
                              F a t t o
   1. - Il regime delle quote latte, finalizzato al contenimento della
 produzione nel mercato europeo, e stato introdotto con il regolamento
 CEE del Consiglio n. 856 del 31 marzo 1984.
   In   forza  del  predetto  regolamento,  la  Comunita'  europea  ha
 attribuito un quantitativo massimo di produzione lattiera a  ciascuno
 Stato  membro  -  per  l'Italia  determinato  in  t.  9.212.000  -, e
 sottoposto le eventuali eccedenze al pagamento di  una  penalita'  ad
 esse proporzionale (c.d.  prelievo).
   L'attuazione   del   predetto   regime   presupponeva   il   previo
 accertamento della produzione effettiva sul territorio nazionale e la
 successiva proporzionale attribuzione dei  quantitativi  in  capo  ai
 singoli produttori.
   In  Italia,  i  relativi accertamenti furono inizialmente demandati
 all'Unalat  e  poi,  in  ragione  dei  dubbi  sorti  in  ordine  alla
 correttezza  di  tali  rilevazioni,  che si discostavano marcatamente
 dalle  indicazioni  comunitarie,  al  C.C.I.A.  In  conclusione,   la
 produzione  complessiva  nazionale  risultava  superiore  comunque di
 circa un milione di tonnellate rispetto al quantitativo attribuito.
   Nel frattempo veniva approvata la legge 26 novembre 1992,  n.  468,
 recante  attuazione  del regime delle quote latte istituito a livello
 comunitario.
   Sulla base delle rilevazioni effettuate, veniva quindi diramato  il
 bollettino  per  la  campagna  1994/1995 contenente, nel rispetto del
 quantitativo  complessivamente   assegnato   all'Italia,   i   limiti
 individuali di produzione.
   Ne  discendeva un ampio contenzioso sui quantitativi assegnati, che
 risultavano di gran lunga inferiori allo stesso fabbisogno  nazionale
 complessivo.
   2.  - Ai fini del contenimento della produzione interna complessiva
 entro il limite  quantitativo  imposto  a  livello  comunitario  (nel
 frattempo  aumentato  a 9.900.000 t.), il Governo per mezzo del d.-l.
 n. 727 del 1994,   convertito in legge n. 46  del  1995,  operava  un
 generalizzato  taglio  della  quota  B (che, come noto, e' costituita
 dalla maggior produzione commercializzata dal singolo produttore  nel
 periodo 1991/1992 rispetto al periodo 1988/1989).
   Gia'   tali  provvedimenti  legislativi  introducevano,  in  totale
 assenza di intesa o di qualsivoglia altra forma di coordinamento  con
 le regioni, criteri di riduzione delle quote chiaramente penalizzanti
 nei  confronti  delle  regioni  a  piu'  alta  vocazione  produttiva.
 Pertanto, veniva da molte regioni proposto ricorso in via  principale
 per    l'affermazione    dell'illegittimita'    costituzionale    dei
 provvedimenti legislativi citati, in riferimento alla  grave  lesione
 delle  prerogative  regionali  riconosciute  dalla Costituzione dagli
 stessi perpetrata. Codesta ecc.ma Corte si e' sul  punto  pronunciata
 con  sentenza n. 520 del 1995, dichiarando l'illegittimita' dell'art.
 2, comma 1, della legge n. 46 "nella parte  in  cui  non  prevede  il
 parere  delle regioni interessate nel procedimento di riduzione delle
 quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino".
   3.  -  Il  Governo  e'  poi  reiteratamente  intervenuto   con   la
 decretazione  d'urgenza per mezzo dei dd.-ll. nn. 124, 260, 353, 440,
 463, 542 e 552  del  1996,  nel  dichiarato  intento  di  operare  un
 riordino  del  settore,  ma  di  fatto  aggravando  la  gia'  confusa
 situazione esistente, con  disposizioni  contraddittorie  e  comunque
 sempre lesive delle prerogative regionali.
   In  particolare,  il  sistema  di compensazione a livello nazionale
 introdotto per mezzo delle citate disposizioni, sempre in assenza  di
 qualsivoglia  forma  di coordinamento con le regioni, ha moltiplicato
 gli effetti distorsivi dei tagli di  quota  (peraltro  confermati)  a
 danno delle regioni del nord.
   I  dd.-ll. nn. 542 e 552 del 1996 (reiterativi dei precedenti) sono
 poi stati rispettivamente convertiti in legge nn. 642 e 649 del 1996,
 subito  seguite  dalla  legge  n.  662  del   1996,   sostanzialmente
 ripetitiva delle medesime disposizioni in esse contenute.
   In  ordine  ai  suddetti  provvedimenti legislativi, codesta ecc.ma
 Corte, su ricorso presentato da numerose regioni - tra  le  quali  il
 Veneto  -,  ha  pronunciato la sentenza n. 398 del 1998, con la quale
 ha, da un lato, dichiarato la cessazione della materia del contendere
 in riferimento ad alcune  delle  disposizioni  impugnate,  in  quanto
 sostituite  nel  contenuto  dai  successivi provvedimenti legislativi
 adottati in materia nel corso del 1997 (che piu' oltre ci si  riserva
 di   illustrare),   e,   dall'altro,   dichiarato  costituzionalmente
 illegittime quelle tra le disposizioni impugnate ancora in vigore.
   In particolare, codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto la  fondatezza
 delle  censure  sollevate  in riferimento ai criteri di compensazione
 inizialmente introdotti con il d.-l. n. 124 del 1996 e poi da  ultimo
 recepiti  nell'art.  2,  comma  168,  della  legge  n. 662 del 1996 -
 specifico oggetto della pronuncia de qua -, ed ha  dunque  dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  della  predetta  disposizione nella
 parte in cui "stabilisce i criteri  in  base  ai  quali  deve  essere
 effettuata   la   compensazione   nazionale   senza   che  sia  stato
 preventivamente acquisito il parere delle regioni  e  delle  province
 autonome".
   Sono  stati,  inoltre,  dichiarati costituzionalmente illegittimi i
 commi 4, 5 e 5-bis dell'art. 3 del d.-l. n. 552 del 1996, convertito,
 con modificazioni, dalla legge n. 642 del 1996, nella  parte  in  cui
 prevedono  "adozione di un piano di abbandono totale o parziale della
 produzione lattiera senza  che  su  di  esso  sia  stato  previamente
 acquisito  il  parere  delle  regioni  e  delle  province  autonome",
 attribuiscono "all'A.I.M.A. anziche' alle  regioni  e  alle  province
 autonome  il  compito  di  provvedere  alla riassegnazione, in ambito
 regionale e provinciale, delle quote latte abbandonate", stabiliscono
 "i criteri in base ai quali la riassegnazione  di  dette  quote  deve
 essere  effettuata",  ed infine prevedono "la  riassegnazione su base
 nazionale  delle  quote  abbandonate  e  non  riassegnate  in  ambito
 regionale  e  provinciale, senza previa consultazione delle regioni e
 delle province autonome".   Infine, del  pari  illegittima  e'  stata
 dichiarata  la disposizione di cui all'art. 2, comma 173, della legge
 n. 662 del 1996, nella parte in cui essa "differisce  i  termini  ivi
 previsti   -   ovvero,  il  termine  di  efficacia  della  vendita  o
 dell'affitto di quote, spostato dal 30 novembre  al  31  dicembre  di
 ciascun  anno - senza la previa acquisizione del parere delle regioni
 e delle  province autonome".
   La  summenzionata  pronuncia  ha   peraltro   in   linea   generale
 definitivamente  chiarito  che la produzione lattiera appartiene alla
 materia dell'agricoltura, di competenza delle regioni,  e  non  della
 regolazione  dei  mercati,  di competenza dello Stato e che "il nesso
 strumentale tra  l'agricoltura,  che  e'  l'oggetto  specifico  delle
 misure  in  questione,  e  la  politica del mercato agricolo non puo'
 giustificare l'attrazione  della  prima  nell'ambito  della  seconda,
 poiche'  diversamente  la competenza regionale verrebbe integralmente
 sacrificata in materia  di  agricoltura,  posto  che  ogni  attivita'
 agricola  puo'  sempre  essere  strumentale  al  mercato" (cfr. Corte
 Cost., sent. n. 398 del 1998, punto 2 del Considerato in diritto).
   La regolamentazione  della  produzione  lattiera  rientra,  dunque,
 senza  dubbio  alcuno  nel  piu'  ampio  settore dell'agricoltura, di
 dichiarata competenza regionale ai sensi dell'art.  117  Cost.,  come
 del resto e' confermato da ultimo dal d.lgs. n. 143 del 1997, recante
 "Conferimento  alle  regioni delle funzioni amministrative in materia
 di   agricoltura  e  pesca  e  riorganizzazione  dell'amministrazione
 centrale".
   Ne deriva che, nella determinazione  degli  indirizzi  generali  di
 politica  agricola  -  sia  pure rimessi all'elaborazione statale per
 garantirne la coerenza  con  i  principi  comunitari  -,  le  regioni
 debbono   essere   necessariamente  coinvolte,  in  quanto,  appunto,
 titolari delle relative competenze; tale coinvolgimento richiede - in
 termini generali, ma ancor prima sulla  base  dell'espresso  disposto
 dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 143 citato - il raggiungimento di
 una  vera  e propria intesa tra Stato e regioni in sede di conferenza
 permanente ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 281  del  1997,  e  non
 certo  la  mera  consultazione,  sia  essa  preventiva  o addirittura
 successiva,  delle  regioni,  che  non  puo'   garantire   la   reale
 partecipazione delle stesse al procedimento decisionale.
   4.  - All'inizio del 1997, il Governo e' nuovamente intervenuto nel
 settore de quo per mezzo del d.-l. n. 11 del 1997, poi convertito  in
 legge n. 81 del 1997 (entrambi impugnati avanti codesta ecc.ma Corte,
 tra  le altre, dalla regione Veneto con ricorsi nn.rr.gg. 26 e 37 del
 1997). In sede di conversione, si riconoscevano  finalmente  in  capo
 alle  regioni  competenze  attuative  della  normativa comunitaria in
 materia di quote latte, ma  cio'  solo  a  decorrere  dalla  campagna
 1997/1998,  e  comunque  facendo salve - in attesa di una fantomatica
 riforma organica del settore - tutte le competenze dell'A.I.M.A.
   Veniva inoltre istituita una  Commissione  governativa  d'indagine,
 nell'ambito   della   quale   non   era   peraltro   contemplata   la
 partecipazione di rappresentanti regionali, e si  prevedeva  altresi'
 un  regime  di  incentivi  a  fronte  dell'abbandono della produzione
 lattiera.
   Successivamente, ancora ricorrendo alla decretazione d'urgenza, con
 d.-l. n. 118 del 1997 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra  le
 altre,  dalla  regione  Veneto  con  ricorso n.r.g. 41 del 1997), poi
 convertito in legge n. 204 dello stesso anno, si prevedeva la proroga
 dei lavori  della  Commissione  governativa  piu'  sopra  menzionata,
 nonche',  sulla  base  delle  risultanze dell'indagine condotta dalla
 Commissione stessa,  l'aggiornamento  da  parte  dell'A.I.M.A.  degli
 elenchi  dei  produttori  sottoposti  a prelievo supplementare per il
 periodo 1995/1996. In sede  di conversione si aggiungeva, infine,  la
 sospensione  dei  programmi  di abbandono istituiti con il precedente
 d.-l. n. 11 dello stesso anno.
   Nel frattempo, in esito  all'indagine  effettuata,  la  Commissione
 governativa,  nelle  relazioni dell'aprile e dell'agosto dello stesso
 1997, evidenziava, tra l'altro, il fenomeno dei cosiddetti "contratti
 anomali"  e  rendeva  noti   i   risultati   delle   simulazioni   di
 compensazione  per l'annata 1995/1996 effettuate a livello sia di APL
 che nazionale.
   5. - Malgrado l'invito della Commissione governativa a procedere ad
 una  complessiva  -  nonche'  definitiva  -   riforma   del   settore
 lattiero-caseario,  il  Governo  e' poi nuovamente intervenuto con la
 decretazione d'urgenza per mezzo del decreto-legge n.  411  del  1997
 (impugnato  avanti  codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione
 Veneto con ricorso n.r.g.  3 del 1998).
   In sintesi, il decreto, nel testo coordinato con  le  modificazioni
 introdotte  dalla  legge  di  conversione  n.  5  del  1998 (del pari
 impugnata dalla regione Veneto  con  ricorso  n.r.g.  19  del  1998),
 quanto  al  procedimento  di  accertamento della produzione lattiera,
 prevedeva:
     che  l'A.I.M.A.  accertasse la produzione effettiva per i periodi
 1995/1996 e 1996/1997, avendo particolare riguardo: a) ai modelli  L1
 non   firmati   o   con  firme  apocrife,  b)  ai  modelli  L1  privi
 dell'indicazione dei capi bovini, c) ai modelli L1 con  quantita'  di
 latte  commercializzata incompatibile con la consistenza numerica del
 bestiame, d) ai contratti di  circolazione  di  quote  latte  (quelli
 ritenuti  atipici dalla Commissione) con durata inferiore ai  6 mesi,
 e) ai modelli L1 con codici fiscali errati o partite I.V.A. errate  o
 inesistenti,  o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie dei
 premi accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2,  comma
 1);
     che  i  contratti  di cui al precedente punto d) dovessero essere
 inviati  all'A.I.M.A.  a  cura  degli  acquirenti  entro  15   giorni
 dall'entrata in vigore del decreto-legge medesimo, pena la revoca del
 riconoscimento  previsto dall'art. 23 del d.P.R. n. 569/1993 (art. 2,
 comma 2);
     che l'A.I.M.A. aggiornasse  i  quantitativi  di  riferimento  dei
 singoli  produttori  per  i  periodi 1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998
 tenendo conto: a) delle istanze di riesame  presentate  entro  il  30
 settembre  1997  dalle  regioni  e  dalle province autonome; b) degli
 azzeramenti di doppie quote, delle revoche e riduzioni operate  dalle
 regioni  e province autonome, pervenute all'A.I.M.A. entro la data di
 entrata in vigore del decreto stesso; c) dei trasferimenti di quote e
 cambi di titolarita' per  i  periodi  considerati,  comunicati  dalle
 regioni e province autonome e pervenuti entro il 15 novembre 1997; d)
 della  correzione,  in base alle risultanze del censimento 1993/1994,
 delle assegnazioni di quote a loro tempo effettuate (art.   2,  comma
 3);
     che   l'A.I.M.A.,   compiuto   l'accertamento  de  quo  nei  modi
 sopradescritti, comunicasse  ai  produttori,  entro  sessanta  giorni
 dalla  entrata  in  vigore  del  decreto  medesimo,  mediante lettera
 raccomandata con ricevuta di ritorno, i quantitativi  di  riferimento
 individuali  assegnati  ed  i  quantitativi di latte commercializzato
 (art. 2, comma 5, prima parte);
     che i singoli interessati potessero presentare  alla  regione,  a
 pena  di  decadenza,  ricorso  di riesame entro quindici giorni dalla
 data di ricezione della summenzionata comunicazione (art. 2, comma 5,
 seconda parte e comma 6);
     che le regioni dovessero decidere sui  ricorsi  de  quibus  entro
 sessanta  giorni  a  decorrere  dalla  scadenza  del  termine  per la
 presentazione ed entro lo stesso termine comunicare  all'A.I.M.A.  la
 relativa   decisione,   a   pena   di   irricevibilita'  e  salva  la
 responsabilita' civile, penale e disciplinare (art. 2, comma 8).
   Nelle more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto, il
 Governo disponeva poi in favore dei  produttori  -  limitatamente  al
 periodo 1996/1997 - la restituzione dell'80% degli importi trattenuti
 dagli  acquirenti  a  titolo  di  prelievo supplementare e, quanto al
 periodo 1997/1998, la restituzione dell'intero importo  trattenuto  a
 titolo  di  prelievo  supplementare  relativo  alla  parte di quota B
 ridotta dall'art. 2 del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n.
 46 del 1995, nonche' dell'importo relativo agli esuberi conseguiti da
 produttori titolari esclusivamente di quota  A  nei  limiti  del  10%
 della medesima (art. 1).
   Inoltre,   l'art.  3  disponeva  che  l'A.I.M.A.  provvedesse  alla
 rettifica della compensazione nazionale per  i  periodi  1995/1996  e
 1996/1997 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata in
 vigore  del  decreto,  nonche'  degli  accertamenti  compiuti e delle
 decisioni dei ricorsi di riesame di cui  all'art.  2.  Si  prevedeva,
 poi,  che,  limitatamente  al  periodo 1995/1996, l'A.I.M.A. - previo
 raffronto tra i dati della compensazione nazionale e quelli derivanti
 dall'applicazione delle regole di  compensazione  precedentemente  in
 vigore  -  applicasse  in  via  perequativa  l'importo  del  prelievo
 supplementare che risultasse meno oneroso per il produttore.
   L'art. 4, quanto alla campagna 1997/1998, disponeva che  l'A.I.M.A.
 procedesse  all'aggiornamento  dell'elenco dei produttori titolari di
 quota e dei quantitativi ad essi spettanti con  la  comunicazione  di
 cui  al  comma  5  dell'art.  2. Tali aggiornamenti erano destinati a
 sostituire ad ogni effetto i bollettini  pubblicati  precedentemente.
 Ai  fini delle trattenute e del versamento del prelievo supplementare
 - come espressamente recitava il medesimo art.  4  -  gli  acquirenti
 sarebbero   stati   tenuti  a  considerare  esclusivamente  le  quote
 risultanti dal suddetto elenco.
   L'art. 4-bis istituiva una Commissione di  garanzia  -  nell'ambito
 della  quale  non  era  prevista la partecipazione di alcun membro di
 provenienza regionale - con il compito di verificare  la  conformita'
 alla   vigente   legislazione  delle  procedure  e  delle  operazioni
 effettuate per la determinazione della quantita' di latte prodotta  e
 commercializzata   e   per   l'aggiornamento   dei   quantitativi  di
 riferimento  spettanti  ai  produttori  per  i   periodi   1995/1996,
 1996/1997 e 1997/1998.
   Quanto  alla  campagna  1998/1999,  l'art.  5,  in  espressa deroga
 all'art.  01 del  d.-l. n. 11 del 1997, convertito in legge n. 81 del
 1997, attribuiva nuovamente all'A.I.M.A. la competenza in ordine alla
 redazione degli elenchi  dei  produttori  titolari  di  quota  e  dei
 quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999.
   6.  -  Il  17  febbraio 1998 il Ministero per le politiche agricole
 emanava un decreto (impugnato dalla regione Veneto per  conflitto  di
 attribuzione  con  ricorso  pendente  avanti  codesta  ecc.ma  Corte)
 disciplinante, oltre che le modalita' per l'istruttoria  dei  ricorsi
 di  riesame,  anche  le  altre modalita' di applicazione del d.-l. n.
 411, cosi' come convertito dalla legge n. 5, in tal  modo  aggravando
 ulteriormente,   a   discapito   dell'autonomia  organizzativa  delle
 regioni,  la  gia'  manifesta  illegittimita'  costituzionale   delle
 disposizioni legislative che pretendeva di attuare.
   Successivamente,  con  d.-l.  n.  187  del  1998,  convertito,  con
 modificazioni, in legge n. 276 del  1998  (impugnata  avanti  codesta
 ecc.ma  Corte  dalla  regione  Veneto con n.r.g. 38 del 1998), veniva
 prorogato il termine per la decisione  da  parte  delle  regioni  dei
 ricorsi  di  riesame  di  cui  all'art.  2, comma 5, del d.-l. n. 411
 avverso le determinazioni A.I.M.A. e si  confermavano  in  capo  alla
 stessa  A.I.M.A.  le  attribuzioni  in ordine all'aggiornamento degli
 elenchi dei titolari di quota e dei quantitativi  ad  essi  spettanti
 per il periodo 1998/1999.
   7.  - Dopo anni di gestione operata in via straordinaria, e percio'
 sommaria,    la    definitiva    riorganizzazione     del     settore
 lattiero-caseario si rendeva dunque - e si rende tuttora - tanto piu'
 necessaria   in  esito  alle  verifiche  compiute  dalla  Commissione
 governativa  di  indagine  e  dalla  Corte dei conti. Dalle relazioni
 redatte  sul  punto  dagli  organi  citati  emergeva,   infatti,   la
 necessita'  di  approntare un valido e definitivo sistema di gestione
 alternativo a quello che si e' venuto  formando  sotto  l'assillo  di
 fatti  contingenti  e  per  cio'  stesso  privo  di qualsiasi disegno
 programmatico  e  di  adeguata   stabilita'.   In   particolare,   si
 sottolineava  come  tale  sistema  alternativo dovesse essere attuato
 mediante  una  reale  decentralizzazione  regionale  in  materia   di
 agricoltura.
   Di  conseguenza,  il Governo, nella consapevolezza dell'inidoneita'
 dello strumento  del  decreto-legge  ai  fini  di  cui  sopra,  aveva
 finalmente   predisposto   un   disegno  di  legge  preordinato  alla
 definitiva  regolamentazione  del  settore.  Senonche',   di   fronte
 all'opposizione  della  maggioranza  dei  rappresentanti regionali in
 sede di  Conferenza  permanente  del  24  febbraio  1999,  ed  ancora
 ignorando  totalmente  il disposto di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs.
 n. 143 del 1997, che prescrive il raggiungimento di un'intesa, per di
 piu' necessariamente preventiva, tra Stato e regioni, il  Governo  ha
 abbandonato  l'iniziale  intento,  ed  ha  trasfuso  parte  del testo
 originario nel decreto-legge n. 43 del 1999 (impugnato avanti codesta
 ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con  ricorso  n.r.g.
 15  del 1999).
   Il d.-l. n. 43 del 1999 e' stato poi emanato - oltre che in assenza
 di  adeguata intesa con le regioni - in totale assenza di una reale -
 o plausibile - situazione di straordinaria necessita'  od  urgenza  e
 dunque in evidente violazione dell'art. 77 Cost. Infatti, rispetto ai
 fini dichiarati nel preambolo del decreto n. 43 - ovvero, la chiusura
 dei  periodi  di  produzione  lattiera  1995-1999  e l'adeguamento ai
 dettami di cui alla pronuncia di codesta ecc.ma Corte n. 398 del 1998
 -,  il  decreto  stesso   non   presentava   affatto   caratteri   di
 inevitabilita',  poiche'  esso si inscriveva in un contesto normativo
 (quello delineato da ultimo dalla legge n. 5  del  1998  citata)  che
 gia'  consentiva  la  definitiva  chiusura  dei periodi di produzione
 lattiera 1995-1999, ed in ogni caso non assicurava  l'adeguamento  ai
 principi espressi in materia dalla piu' sopra citata sentenza n. 398.
   Quanto ai contenuti, il d.-l., in estrema sintesi, prevede:
     l'obbligo  di comunicazione all'A.I.M.A. da parte delle regioni e
 province autonome, entro il brevissimo termine  di  30  giorni  dalla
 data  di  entrata  in  vigore  del  decreto,  dei  "motivati"  errori
 intervenuti nelle operazioni di riesame di cui al d.-l.  n.  411  del
 1997  e  delle relative correzioni, sulla base delle risultanze della
 relazione finale della Commissione di  garanzia  quote  latte,  e  la
 "recezione"  di tali correzioni da parte dell'A.I.M.A. (art. 1, comma
 2), nonche' la definizione, entro 60 giorni dalla data di entrata  in
 vigore  del  decreto,  con  uno  o  piu'  decreti  del Ministro delle
 politiche agricole, di ogni ulteriore questione relativa alle  stesse
 operazioni  di riesame, non risolta ai sensi del citato comma 2 (art.
 1, comma 14);
     l'aggiornamento, ancora ad opera dell'A.I.M.A. (entro  30  giorni
 dal  termine  fissato  al  comma  1 ai fini della effettuazione della
 compensazione per le annate 1995/1996 e 1996/1997,  ovvero  entro  90
 giorni dall'entrata in vigore del decreto impugnato) dei quantitativi
 individuali  per  il  periodo  1997/1998, gia' accertati ai sensi del
 d.-l.  n.  411,  sulla  base  dei  mutamenti  di  titolarita' e delle
 informazioni relative ai contratti ed alle  mobilita'  fornite  dalle
 regioni  e  province  autonome  (art.  1,  comma  3,  lett.  a), e la
 comunicazione individuale ai produttori dei quantitativi  individuali
 sopra   citati  delle  produzioni  commercializzate  per  il  periodo
 1997/1998 risultanti dai modelli L1 pervenuti all'A.I.M.A.,  e  delle
 anomalie  in  essi  riscontrate (art.   1, comma 3, lett. b), nonche'
 l'aggiornamento  definitivo  dei  quantitativi  individuali  per   il
 periodo  1998/1999,  che costituiranno anche attribuzione provvisoria
 per il periodo 1999/2000, per mezzo della stessa comunicazione di cui
 al predetto comma 3, lett. b) (art. 1, comma 4);
     la definizione da parte del Ministro per le  politiche  agricole,
 con  proprio decreto, delle modalita' procedurali per addivenire alle
 determinazioni definitive dei dati di cui ai commi 3 e 4 sopra citati
 da parte delle regioni e province autonome (art. 1, comma 5) e per la
 comunicazione individuale ai produttori dei dati afferenti anche alla
 campagna 1998/1999 (art. 1, comma 10);
     il versamento, a seguito delle operazioni di compensazione di cui
 al comma 10, del  prelievo  dovuto  per  il  periodo  1998/1999  agli
 acquirenti,  entro  il  termine di venti giorni dal ricevimento della
 comunicazione da parte dell'A.I.M.A. (art. 1, comma 19);
     l'attribuzione ancora in capo all'A.I.M.A., delle  competenze  in
 ordine  all'effettuazione  delle  operazioni di compensazione - i cui
 risultati acquistano dichiarato carattere di definitivita'  ai  sensi
 del  comma 12 -, sia in riferimento alle annate 1995/1996 e 1996/1997
 (art. 1, comma  1)  che  con  riferimento  alle  annate  1997/1998  e
 1998/1999  (art.  1,  commi  7  e  9), e la riproduzione degli stessi
 criteri di compensazione di cui al d.-l. n. 552 del 1996, e  relativa
 legge  di  conversione  ed  alla legge n. 662 del 1996, mantenendo il
 medesimo ordine di priorita' (art. 1, comma  8),  salvo  che  per  le
 annate  1997/1998 e 1998/1999, per le quali, in deroga ai suaccennati
 criteri ed al loro ordine, viene istituita una priorita' assoluta  in
 favore delle regioni Marche ed Umbria (art. 1, comma 9);
     l'obbligo  in  capo  al  produttore,  qualora le somme trattenute
 dall'acquirente a titolo  di  prelievo  per  i  periodi  1995/1996  e
 1996/1997    non    siano   sufficienti   a   coprire   il   prelievo
 complessivamente   dovuto,   di   corrispondere   all'acquirente   la
 differenza entro il quinto giorno antecedente la scadenza del termine
 per  il  versamento  degli  importi trattenuti dall'acquirente stesso
 (pari a trenta giorni dal ricevimento della  comunicazione  da  parte
 dell'A.I.M.A.  dei  prelievi  dovuti) e, in difetto, su comunicazione
 dell'acquirente e previa intimazione  al  pagamento,  la  riscossione
 coattiva  del  debito  residuo  mediante ruolo ad opera delle regioni
 (art. 1, comma 15);
     la fissazione, con effetto a decorrere dal periodo 1996/1997, del
 termine per la stipula dei contratti di affitto e  vendita  di  quota
 senza trasferimento di azienda, al 31 dicembre di ciascun anno, fatti
 salvi gli accertamenti eseguiti ai sensi del d.-l. n. 411 del 1997, e
 la  possibilita' che i contratti cosi' stipulati entro il 31 dicembre
 1996, su  concorde  volonta'  delle  parti  comunicata  all'A.I.M.A.,
 possano  avere  effetti  in  riferimento alla stessa annata 1996/1997
 (art. 1, comma 20);
     la  ripartizione delle quote confluite nella riserva nazionale in
 relazione alla produzione media regionale commercializzata  accertata
 per  i  periodi 1995/1996 e 1996/1997 e l'assegnazione da parte delle
 singole regioni ai produttori secondo criteri di priorita' deliberati
 dagli stessi Enti, ma comunque in primis a favore dei produttori  che
 hanno  subito le riduzioni di cui alla legge n. 46 del 1995 (art.  1,
 comma 21);
     la possibilita' in capo all'A.I.M.A., ai fini  dello  svolgimento
 delle  operazioni  di compensazione contemplate dallo stesso decreto,
 di  prendere  in  considerazione   esclusivamente   i   provvedimenti
 giurisdizionali,  anche  cautelari  o non definitivi, contenenti dati
 quantitativi e notificati entro il trentesimo giorno  antecedente  la
 scadenza  del  termine  per l'effettuazione delle compensazioni e, in
 assenza delle predette indicazioni quantitative,  l'obbligo  in  capo
 all'A.I.M.A.    di  utilizzazione  dei dati accertati dalle regioni e
 province autonome sulla base del d.-l. n. 411 del 1997 (art. 1, comma
 11),   nonche'   l'improduttivita'   di   effetti   delle   decisioni
 amministrative  o  giurisdizionali notificate oltre il termine di cui
 al  comma  11  in  riferimento   ai   risultati   complessivi   delle
 compensazioni,   che  restano  fermi  nei  confronti  dei  produttori
 estranei ai procedimenti nei quali le  decisioni  sono  state  emesse
 (art. 1, comma 13);
     l'effettuazione  di un procedimento di verifica (che determina la
 non applicazione delle sanzioni amministrative di cui  all'art.    11
 della  legge  n.  468  del  1992 e la non punibilita' degli eventuali
 reati di falso commessi nella  dichiarazione  di  commercializzazione
 che  risulti difforme da quella accertata, nonche' dei connessi reati
 di cui agli artt. 640-bis c.p. e 2621 c.c. commessi ai  fini  di  cui
 all'art.   61,  n.  2,  c.p.)  rivolto  alla  comparazione  dei  dati
 dichiarati nei modelli L1 con quelli  risultanti  dagli  accertamenti
 effettuati  ai sensi del d.-l. n. 411 ed alla eventuale rettifica dei
 primi sulla scorta dei secondi in riferimento alle annate  1995/1996,
 1996/1997 (comma 17) e 1997/1998 (comma 18).
   Da ultimo, il decreto-legge sopradescritto e' stato convertito, con
 modificazioni,  in  legge  27 aprile 1999, n. 118, che, cosi' come il
 decreto convertito, contiene  disposizioni  gravemente  lesive  delle
 prerogative costituzionalmente garantite alle regioni.
   La  legge  di  conversione impugnata con il presente ricorso, nella
 sua  interezza,  e  con  particolare   riguardo   alle   disposizioni
 specificamente  impugnate  -  il  cui  contenuto  verra'  piu'  oltre
 dettagliatamente esposto -, e' dunque costituzionalmente  illegittima
 per i seguenti motivi:
                          D i r i t t o
   1.  - La legge impugnata reca conversione in legge del d.-l. n.  43
 del 1999, gia' impugnato, come ricordato nella descrizione dei  fatti
 della  presente  controversia,  dalla  regione ricorrente con ricorso
 n.r.g. 15/99. Tutte le censure gia' formulate nel menzionato  ricorso
 nei  confronti  del decreto-legge e delle sue singole disposizioni si
 trasferiscono dunque, secondo i principi  generali,  sulla  impugnata
 legge  di conversione. Nondimeno, tale legge, seppure in alcune parti
 riconosce la palese illegittimita' del decreto  convertito  recependo
 le  censure  formulate  dalla regione ricorrente avverso tale decreto
 (si considerino a titolo esemplificativo le  modifiche  apportate  in
 sede di conversione al comma 15, quarto periodo, con riferimento alla
 riscossione  coattiva  del  prelievo dovuto per le annate 1995-1996 e
 1996-1997),  da  un  lato  conferma  ed  aggrava i vizi gia' rilevati
 avverso il decreto-legge convertito e dall'altro propriamente  arreca
 ulteriori  vulnera  alle  prerogative costituzionalmente riconosciute
 alla ricorrente, per i motivi appresso esposti.
   2. - Quanto alla legge nella sua interezza, violazione degli  artt.
 3,  5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento al
 principio di leale collaborazione tra Stato e regioni e all'art.    2
 del d.lgs. n. 143 del 1997.
   Si  deve  preliminarmente  rilevare che il legislatore nazionale ha
 riconosciuto e garantito il principio  di  leale  collaborazione  tra
 Stato  e  regioni con riferimento alla elaborazione delle linee guida
 in tema di agricoltura; infatti, l'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997,
 nel conferire  alle  regioni  tutte  le  funzioni  amministrative  in
 materia  di  agricoltura  -  in  relazione  alla  quale  materia,  la
 competenza delle regioni e' stata  nettamente  affermata  da  codesta
 ecc.ma  Corte per mezzo della gia' citata sentenza n. 398 del 1998 -,
 prescrive che i compiti di elaborazione e coordinamento  delle  linee
 di  politica agricola in coerenza con la politica comunitaria debbano
 essere esercitati dal Ministero per le politiche agricole  (istituito
 con  il  medesimo d.lgs.) d'intesa con la Conferenza permanente per i
 rapporti tra Stato e regioni.
   In  materia  di  produzione  normativa,   il   suddetto   principio
 costituzionale  di  leale collaborazione tra Stato e regione e' stato
 poi  affermato  dal  d.lgs.  n.  281  del  1997,  che  disciplina  le
 attribuzioni  della  Conferenza permanente nelle materie di interesse
 regionale,  prevedendo,  accanto  a  forme  di  collaborazione   meno
 "intense"  quali  la  mera consultazione, l'intesa, che si perfeziona
 con l'assenso del Governo e di tutti i  presidenti  delle  regioni  e
 province autonome (cfr. art. 3 del d.lgs.  citato).
   E'  indubbio,  infatti  - come ha statuito di recente anche codesta
 ecc.ma corte  -,  che  il  settore  lattiero-caseario  rientra  nelle
 materie   di   competenza   regionale,   e  comunque,  in  quanto  la
 regolamentazione del sistema delle quote latte necessita di indirizzi
 generali ed uniformi - nonche'  conformi  ai  principi  comunitari  -
 dettati  per  tutto  il  territorio  nazionale, il principio di leale
 collaborazione impone il raccordo tra Stato  e  regioni  nelle  forme
 dell'intesa, cosi' da assicurare la maggiore partecipazione possibile
 di queste ultime nell'elaborazione delle stesse linea guida.
   Viceversa,  il  decreto-legge  n. 43 del 1999, ora convertito dalla
 legge qui impugnata, e' nato come stralcio di un piu'  ampio  disegno
 di legge, in ordine al quale, invocando l'art. 2, comma 5, d.lgs.  n.
 281  del  1997  -  che  consente  in  presenza  di ragioni d'urgenza,
 l'acquisizione di un parere  successivo  da  parte  della  Conferenza
 permanente,  che sara' poi, tenuto in considerazione in sede di esame
 parlamentare dei disegni di legge o delle leggi  di  conversione  dei
 decreti-legge   -,   il   Governo   ha   attivato  un  meccanismo  di
 consultazione successiva delle regioni.
   Pur in sede di consultazione successiva - e dunque non di intesa -,
 la maggioranza  dei  rappresentanti  regionali,  in  occasione  della
 Conferenza  permanente  del  24 febbraio 1999, ha comunque opposto un
 generalizzato parere negativo sul  contenuto  del  disegno  di  legge
 sottoposto,  manifestando assenso solo in riferimento alla operazione
 di trasfusione dell'art. 1 del medesimo disegno in un  decreto-legge,
 ma  non  certo in ordine ai contenuti dello stesso, rispetto ai quali
 rimaneva  ferma  l'opposizione  manifestata  al testo originariamente
 sottoposto.
   Le regioni non sono state quindi attivamente coinvolte a  priori  e
 nelle  forme  adeguate  nel  procedimento di elaborazione della nuova
 disciplina, come  richiederebbero  i  principi  costituzionali  prima
 ancora  che le disposizioni di legge vigenti, in quanto il Governo si
 e' preoccupato di  sollecitare  l'intervento  regionale  solo  in  un
 momento successivo e solo a livello di mera consultazione.
   La  violazione  delle prerogative regionali cosi' perpetrata e' poi
 ulteriormente  aggravata  dal  fatto  che,  pur  avendo  il   Governo
 dichiarato  di  agire ex art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 281 del 1997,
 non e' stata neppure rispettata la prescrizione afferente l'esame del
 parere successivo  della  Conferenza  permanente  in  sede  di  esame
 parlamentare della legge di conversione qui impugnata.
   Infatti,  dai  lavori  preparatori  assolutamente  non  emerge  ne'
 l'esame, ne' tanto meno l'adeguamento al  parere  negativo  reso  dai
 rappresentanti  regionali  in  sede  di  Conferenza permanente del 24
 febbraio 1999 sui contenuti della riforma.
   In conclusione, la legge impugnata, non solo non e' stata preceduta
 dalla prescritta intesa con le regioni, ma neppure  da  una  adeguata
 considerazione  del  parere  successivo  (comunque  gia'  di  per se'
 insufficiente  a  garantire  il  rispetto  del  principio  di   leale
 cooperazione    tra    Stato    e   regioni   e   delle   prerogative
 costituzionalmente garantite a queste ultime dagli artt. 5, 115,  l17
 e  118 Cost., anche per come attuati dal d.lgs. n. 281 del 1997) reso
 dai rappresentanti regionali, e cio' tanto in sede  di  adozione  del
 d.-l., tanto in sede di sua conversione in legge.
   Tutto  cio'  e' particolarmente grave in una materia in riferimento
 alla quale, come gia' piu'  sopra  rilevato,  lo  stesso  legislatore
 nazionale ha avvertito la necessita' di instaurare intensi meccanismi
 collaborativi tra Stato e regioni.
   3.  -  Quanto all'art. 1, comma 2, violazione degli artt. 3, 5, 97,
 115, 117 e 118 Cost.
   La legge di conversione impugnata modifica  il  comma  indicato  in
 epigrafe  imponendo  alle  regioni  e  province autonome di tenere in
 considerazione, in sede di comunicazione  all'A.I.M.A.  dei  motivati
 errori  intervenuti  nelle  operazioni  di riesame di cui al d.-l. n.
 411 del 1997 e delle relative correzioni,  le  tipologie  individuate
 nella relazione finale della Commissione di garanzia quote latte.
    E'  di tutta evidenza come tale limitazione, in un quadro che gia'
 determina la spoliazione di qualsivoglia autonomia decisionale  delle
 regioni  in  operazioni pur meramente materiali, renda, se possibile,
 ancor piu' marginale il ruolo attribuito alle regioni stesse, che  si
 vedono  infatti  costrette ad integrare o correggere le operazioni di
 riesame dalle stesse precedentemente eseguite sulla scorta di precisi
 parametri imposti da un organo - la  Commissione  di  garanzia  -  di
 derivazione  statale  e  privo  della  partecipazione di alcun membro
 rappresentativo degli interessi regionali.
   Tale scelta e' poi chiaramente viziata da  interna  irrazionalita',
 in  violazione  dell'art.  3, e con riferimento all'art. 5, in quanto
 sovrappone le valutazioni di un organo istituito  ai  soli  fini  del
 generico  controllo  di  legalita'  delle  operazioni di riesame alle
 decisioni assunte dalle regioni per le singole fattispecie  esaminate
 a  seguito di  adeguata istruttoria. Tale irragionevolezza ancora una
 volta  finisce  dunque  per ostacolare la doverosa decentralizzazione
 delle   competenze,   e   con   essa   le    prerogative    regionali
 costituzionalmente  garantite  in  materia  dagli artt. 5, 115, l17 e
 118.
   4. - Quanto all'art. l, comma 3, lett. b),  comma  3-bis  e  3-ter,
 violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e  118 Cost.
    Nell'ambito  delle operazioni, ancora di competenza del1'A.I.M.A.,
 di aggiornamento dei quantitativi individuali per le annate l997-1998
 e di comunicazione individuale ai produttori dei  quantitativi  delle
 produzioni commercializzate per lo stesso periodo e delle anomalie in
 essi  riscontrate,  la  legge  impugnata  aggiunge  che  le  suddette
 operazioni dovranno tenere anche conto delle risultanze  dei  ricorsi
 relativamente  al  numero  dei  capi  accertato.  Ancora una volta il
 legislatore interviene a limitare irragionevolmente la portata  delle
 decisioni  assunte  dalle  regioni  sui  ricorsi di riesame di cui al
 d.-l. n. 411 del 1997, in evidente violazione degli artt. 5, 115, 117
 e l18.
   Infatti,  il  richiamo  delle  decisioni  de  quibus  con  espresso
 riferimento   alla  sola  tipologia  del  numero  di  capi  accertati
 introduce  una  illogica  e  fuorviante  discriminazione  tra  queste
 decisioni  e  quelle  assunte  dalle  regioni  in  ordine  a tutte le
 molteplici, fattispecie concrete esaminate ai fini dell'aggiornamento
 "definitivo" dei quantitativi  individuali  ad  opera  dell'A.I.M.A.,
 ancora    una   volta   in   evidente   spregio   delle   prerogative
 costituzionalmente  riconosciute alle regioni.
   La disposizione suesposta va poi  ad  incidere  direttamente  sulla
 determinazione del prelievo dovuto, in quanto, a norma del successivo
 comma  3-bis,  l'acquirente si avvale della comunicazione individuale
 di cui alla  lett. b) del comma 3 ai fini del prelievo supplementare;
 anche il comma 3-bis e' dunque afflitto in via derivata degli  stessi
 vizi eccepiti in riferimento al comma precedente.
    Anche   il  comma  3-ter,  parimenti  introdotto  dalla  legge  di
 conversione, deriva dalla lett. b) del comma 3 i vizi gia'  rilevati,
 ma  contestualmente  li  aggrava imponendo alle regioni l'onere della
 comunicazione dei dati di cui alla piu' volte citata  lett.  b)  agli
 acquirenti,  alle  loro  organizzazioni, nonche' alle associazioni di
 produttori. La riferita comunicazione, infatti, contiene dati viziati
 dalla limitazione (ai soli ricorsi  in  materia  di  numero  di  capi
 accertato)  qui  sopra  contestata,  sicche' le prerogative regionali
 vengono qui lese - per cosi' dire - alla seconda potenza. A  cio'  si
 aggiunga  l'ulteriore  vizio derivante dal fatto che ancora una volta
 le regioni vengono relegate ad  un  ruolo  meramente  esecutivo,  con
 aggravio  di  incombenti  complessi  e  onerosi,  e  cio' in evidente
 violazione degli artt. 5, 115, 117 e l 18 Cost.
   5. - Quanto all'art. l, comma 4-bis, violazione degli artt.  3,  5,
 97, 115, 117 e 118 Cost.
    Il  comma  4-bis, introdotto dalla legge di conversione impugnata,
 prevede che, in attesa dell'aggiornamento definitivo dei quantitativi
 individuali di riferimento per il periodo 1998-1999 (che varra' anche
 ai fini dell'attribuzione provvisoria per il periodo  1999-2000),  le
 regioni   e  le  province  autonome  sono  autorizzate  a  rilasciare
 certificazioni provvisorie dei trasferimenti di azienda con  quota  o
 di  sola  quota  che  abbiano  efficacia  a  partire dal 1999-2000, a
 condizione che  tali  trasferimenti  riguardino  aziende  con  quote,
 ovvero  solo quote, i cui dati siano stati verificati ed accertati ai
 sensi della normativa vigente.
   Alle regioni viene cosi'  attribuita  la  facolta',  in  un  quadro
 normativo di complessita' e contusione tali da impedire anche solo di
 intravedere   il   tanto   invocato  "aggiornamento  definitivo"  dei
 quantitativi  individuali,  di  rilasciare  attestazioni  provvisorie
 sulla  base  di  dati  provvisori,  e  percio' stesso dichiaratamente
 modificabili. Ovviamente, le regioni che intendono attuare una  reale
 e  razionale  programmazione  nel  settore  lattiero-caseario  non si
 avvarranno di tale  facolta',  ma  altre  potrebbero  farlo  e  cosi'
 determinare  l'alterazione del quadro complessivo a pregiudizio delle
 egioni, come il Veneto, piu' attente e scrupolose nella gestione  del
 settore;  tutto  cio'  in  violazione,  oltre  che degli artt. 3 e 97
 Cost., delle prerogative costituzionalmente riconosciute alle regioni
 in materia, e dunque in violazione diretta degli artt.  5, 115, 117 e
 118 Cost.
   6. - Quanto all'art. 1, commi l, 6, 7, 8 e 21-ter, violazione degli
 artt. 3, 5, 77, 97, 115, 117 e 118 Cost.
   Il legislatore, in sede di conversione del  d.-l.  n.  43,  ha,  se
 possibile,  aggravato  i gia' rilevati vizi di incostituzionalita' in
 relazione alle operazioni di  compensazione,  attribuite  ancora  una
 volta all'A.I.M.A. in assenza di adeguata intesa con le regioni.
   Il  comma  l  prevede  che,  limitatamente  al  periodo  l995-1996,
 l'A.I.M.A, nella esecuzione della rettifica di  cui  all'art.  3  del
 d.-l.  n.  411  del  1997,  convertito  in  legge  n.  5  del l998, e
 successive modificazioni, non applichi le riduzioni della quota B  in
 ottemperanza alle sentenze concernenti la illegittimita' delle stesse
 riduzioni.
   Tale  determinazione  e'  in tutta evidenza in contrasto con quanto
 precedentemente stabilito dal d.-l. n. 411   del 1997 e  la  relativa
 legge  di conversione, che, - anche sulla base delle risultanze delle
 indagini compiute dalla Commissione governativa istituita  con  d.-l.
 n.  11  dell  1997  -  imponevano  in  via  generale  di applicare le
 modalita' di compensazione meno onerose per  il  produttore,  fossero
 queste  quelle  introdotte nell 1996 ovvero quelle precedentemente in
 vigore; e  cio'  a  parziale  soddisfazione  delle  note  ragioni  di
 contrasto  con il principio del legittimo affidamento - conosciuto ed
 affermato anche a livello comunitario - dell'applicazione in  termini
 retroattivi del nuovo metodo di compensazione per l'annata 1995/1996.
 Ora,  la  disposizione  impugnata  prevede  la non applicazione delle
 riduzioni della quota B solo nel caso in cui  l'illegittimita'  della
 riduzione  sia  stata giuridicamente accertata con sentenza, e dunque
 disconosce i principi prima riconosciuti, seppure in modo imperfetto,
 in ordine alla generalizzata illegittimita' del taglio e  del  metodo
 di   compensazione   nazionale   introdotto   a  partire  dall'annata
 1995-1996,  a  campagna  gia'  inoltrata,  per  retroattivita'.  Tale
 limitazione  finisce  dunque  ancora  una  volta  per ridondare nella
 violazione delle prerogative regionali in materia per le ragioni gia'
 evidenziate da codesta ecc.ma Corte per mezzo della sentenza  n.  398
 del  1998,  consistenti  nella impossibilita' - indotta appunto dalle
 suddette limitazioni in capo alle regioni di programmare e  governare
 il settore lattiero-caseario.
    Il comma 6 impone alle regioni, ai fini dell'applicazione da parte
 dell'A.I.M.A. dei criteri di priorita' per la compensazione nazionale
 determinati  dall'art.  8,  di  comunicare  le  informazioni relative
 all'esatta   localizzazione   delle   aziende   ubicate   in   comuni
 parzialmente  delimitati  ai  sensi dell'art. 3, par. 3, 4 e 5, della
 direttiva 75/268/CEE, ma solo con effetto  a  decorrere  dal  periodo
 1998-1999,  e dunque ancora in violazione delle prerogative regionali
 non solo in  materia  di  agricoltura,  ma  anche  di  controllo  del
 territorio, di cui agli artt.  5, 115,  117 e 118.
    Il  comma 7 prevede che l'A.I.M.A. effettui la compensazione sulla
 base di dati certi per il periodo l997-1998 entro trenta giorni dalle
 determinazioni definitive di cui al comma 5 e comunque  entro  e  non
 oltre  (non piu' il 15 settembre l999, previsto dal testo originario)
 il 30 settembre 1999.
   Suddetta disposizione, nel prevedere lo slittamento del termine per
 l'effettuazione della  compensazione  per  l'annata  1997-1998,  vale
 implicitamente  a  dimostrare  che  il  legislatore  statale  non  ha
 sviluppato sino alle sue   coerenti conseguenze i  presupposti  della
 necessita'   ed   urgenza  dell'intervento  normativo,  a  suo  tempo
 affermati  dal  Governo  in  sede  di  decretazione  d'urgenza.  Tale
 circostanza  si  riflette in una lesione dell'autonomia regionale, in
 quanto ha irragionevolmente comportato la spoliazione  delle  regioni
 dalle  competenze  che  le  competerebbero  sulla base di inesistenti
 presupposti di necessita' ed urgenza.
    Inoltre, la disposizione in oggetto, nella parte in cui impone che
 la compensazione debba essere effettuata in base a "dati  certi",  e'
 gravemente  lesiva  degli  artt.  5,  115, 117 e 118, oltre che degli
 artt. 3 e 97 Cost., in quanto il legislatore  non  definisce  su  che
 basi  i  dati  de  quibus  debbano intendersi "certi" ne' assicura il
 coinvolgimento delle regioni nella elaborazione dei suddetti  dati  e
 nella  stessa  definizione  dei  parametri  sulla scorta dei quali ne
 dovrebbe essere assicurata la certezza.
   La legge impugnata ha  poi  parzialmente  modificato  il  comma  8,
 introducendo   un   ulteriore   criterio   di   priorita'   ai   fini
 dell'effettuazione della compensazione nazionale, ovvero  "in  favore
 di  tutti  gli  altri  produttori  titolari  di  quota".  Al  di  la'
 dell'assorbente considerazione che suddetti criteri - come  ha  anche
 recentemente  affermato  da  codesta  ecc.ma Corte - avrebbero dovuto
 essere  determinati  d'intesa  con   le   regioni   (eccezione   gia'
 esaurientemente  esposta  in  sede  di  impugnazione  del  d.-l.  ora
 convertito),  va  rilevata  l'evidente  illogicita'  della   suddetta
 disposizione, che viola pertanto l'art. 3 Cost., con riferimento agli
 artt.  5,  115,  117  e  118; non si vede, infatti, come i produttori
 sprovvisti di quota possano risentire  di  effetto  alcuno  o  essere
 coinvolti dalle operazioni di compensazione. Tale illogicita' finisce
 dunque ancora una volta per frustrare conseguentemente le prerogative
 regionali in materia.
   Il  comma 21-ter, introdotto dalla legge impugnata, nello stabilire
 che, in attesa della riforma  settore  (ormai  divenuta  clausola  di
 stile),  i  criteri  e l'ordine di priorita' stabiliti dal comma 8 si
 applicano anche per l'effettuazione della compensazione nazionale per
 il periodo 1999-2000 e che a  tale  periodo  si  applicano  anche  le
 disposizioni   previste   dal   comma   10,  mutua  dalle  precedenti
 disposizioni ivi richiamate i vizi di  illegittimita'  costituzionale
 gia'  rilevati  e contestualmente conferma l'originaria insussistenza
 delle  ragioni  di necessita' ed urgenza sottese alla riforma, ancora
 in ulteriore violazione  degli  artt.  117  e  il  118  Cost.  e  del
 principio di leale cooperazione tra Stato e regioni.
   7. - Quanto all'art. 1, comma 11 violazione degli artt. 3, 97, 115,
 117 e 118 Cost.
   La  legge impugnata modifica il comma 11, relativo agli effetti dei
 provvedimenti giurisdizionali sulle operazioni di compensazione,  nel
 senso   della   rideterminazione  ad  opera  dell'A.I.M.A.  dei  dati
 quantitativi che debbono essere posti  a  base  delle  operazioni  in
 questione  in  caso di ordinanze giurisdizionali anche non definitive
 che hanno fatto obbligo agli acquirenti di restituire  ai  produttori
 gli  importi  trattenuti  a  titolo  di  anticipo  per  gli eventuali
 prelievi supplementari dovuti.
   La suddetta disposizione introduce dunque  una  ulteriore  e  grave
 lesione  delle  prerogative costituzionalmente garantite alle regioni
 in quanto, invece che richiamare i  dati  contenuti  nelle  decisioni
 delle regioni stesse sui ricorsi di riesame, rimette all'A.I.M.A.  la
 radicale  rideterminazione  di tali dati quantitativi, cosi' non solo
 introducendo  una   surrettizia   limitazione   degli   effetti   dei
 provvedimenti  giurisdizionali  ottenuti  dai  produttori  in tema di
 quote latte, ma scavalcando le pur limitate  prerogative  decisionali
 prima riconosciute alle regioni e dunque privandole di ogni potere di
 programmazione  e  controllo  del  settore.  La  rideterminazione del
 quantitativo ad  opera  dell'A.l.M.A.,  oltre  che  irragionevole  ed
 arbitraria  (in  quanto  la  mancata indicazione di dati quantitativi
 assolutamente  non  esclude  il  riconoscimento  giurisdizionale  del
 diritto   alla  produzione,  ne'  la  possibilita'  di  quantificarne
 l'oggetto)   incide    dunque    direttamente    sulle    prerogative
 costituzionalmente   riconosciute   alle   regioni   in  materia,  in
 violazione degli artt. 5, 115, 117 e 118 Cost.
   8. - Quanto all'art. 1 comma 17, violazione  e  falsa  applicazione
 degli artt. 3, 115, 117 e 118.
   Il  comma 17, nella parte modificata dalla legge impugnata, prevede
 che, ove nei trenta giorni successivi alla  ricezione  dell'elaborato
 di    verifica   inviato   dall'A.I.M.A.   delle   dichiarazioni   di
 commercializzazione per i periodi 1995-1996 e 1996-1997, l'acquirente
 confermi le singole posizioni  accertate,  apponendo  per  ognuno  il
 timbro  e  la  firma  per  l'accettazione  del  legale rappresentante
 dell'azienda  e  provveda  a  restituire  all'A.I.M.A.,  con  lettera
 raccomandata  con  avviso  di  ricevimento, e alle regioni e province
 autonome l'elaborato stesso,  che  vale  a  tutti  gli  effetti  come
 rettifica  dei modelli L1 a suo tempo inviati, la rettifica determina
 la  non  applicazione  della  revoca  del   riconoscimento   prevista
 dall'art.   23  del  d.P.R.  n.  569/1993,  e  delle  altre  sanzioni
 amministrative previste, a carico dell'acquirente, dall'art. 11 della
 legge n. 468/1992 e che, in ogni caso, gli accertamenti effettuati  e
 le  decisioni  dei  ricorsi  di  riesame  costituiscono,  a tutti gli
 effetti, modifica  delle  risultanze  dei  modelli  L1  a  suo  tempo
 inviati, ferme le procedure sanzionatorie previste dalla legge.
   Le  parziali  e marginali modifiche apportate dalla legge impugnata
 ai tempi e formalita' della verifica prevista dal comma 17 non  hanno
 saputo   ovviare   alle   illegittimita'   gia'  rilevate  per  mezzo
 dell'impugnazione del d.-l.  convertito,  in  riferimento  al  totale
 disinteresse  nei  confronti  dei  produttori  che non hanno proposto
 ricorso  di  riesame, ovvero hanno proposto ricorsi irricevibili, con
 cio' escludendoli in toto dalla possibilita'  di  "sanare"  eventuali
 pregresse  irregolarita' delle dichiarazioni di commercializzazione e
 dunque imponendo una limitazione discriminatoria ed irragionevole, in
 violazione dell'art.   3 della Costituzione  e  in  evidente  spregio
 delle  competenza  legislative  ed  amministrative costituzionalmente
 riconosciute alle regioni.
   Le  regioni  si  vedono  poi  costrette  a   recepire   "sanatorie"
 irragionevoli  e per lo piu' compiute a livello statale dall'A.I.M.A.
 - sulla base, peraltro, degli accertamenti dalle stesse effettuati -,
 cosi' risultando  arbitrariamente  spogliate  di  qualsivoglia  reale
 forma  di  controllo effettivo nel settore de quo. Risultano pertanto
 violati gli artt.   117 e  118  Cost.,  in  ragione  dell'illegittima
 vanificazione  delle  prerogative regionali in materia, sia a livello
 programmatorio che di controllo.
   9. - Quanto all'art. 1 commi 21 e 21-bis  violazione,  degli  artt.
 3, 5, 97, 115, 117 e 118 Cost.
   Il   comma   21,  cosi'  come  modificato  dalla  legge  impugnata,
 stabilisce che  le  quote  confluite  nella  riserva  nazionale  sono
 ripartite   tra   le   regioni   e  le  province  autonome,  ai  fini
 dell'assegnazione  ai  produttori  titolari  di  quota,   in   misura
 proporzionale  ai  quantitativi  individuali  di riferimento allocati
 presso ciascuna regione e provincia autonoma accertati per i  periodi
 1995/1996  e 1996/1997 e che tale principio vale anche per il periodo
 1999-2000.
   Inoltre, pur prevedendo il comma 21 - nell'originaria  formulazione
 mantenuta  dalla  legge impugnata - che l'assegnazione da parte delle
 singole regioni ai produttori segua criteri di  priorita'  deliberati
 dagli  stessi  enti  (ma  che comunque in primis avvenga a favore dei
 produttori che hanno subito le riduzioni di cui alla legge n. 46  del
 1995),  il successivo comma 21-bis, introdotto dalla legge impugnata,
 stabilisce   che   in   nessun   caso   possono   beneficiare   delle
 riassegnazioni  i  produttori  che  nel corso dei periodi 1997-1998 e
 1998-1999 hanno venduto ovvero affittato, in tutto  o  in  parte,  le
 quote di cui erano titolari.
   Le  innovazioni  introdotte  dalla  legge  impugnata  hanno  dunque
 decisamente aggravato le illegittimita' gia' contenute nel  d.-l.  n.
 43,  in  evidente  ed  ulteriore  spregio  dei  principi recentemente
 affermati da codesta ecc.ma Corte proprio  in  riferimento  a  questo
 particolare aspetto del settore.
   Il  criterio di ripartizione tra le regioni della riserva nazionale
 da parte dello Stato, di cui alla prima parte del comma  considerato,
 sulla   base,  non  piu'  della  produzione  media,  ma  delle  quote
 individuali "allocate" in  ciascuna  regione,  risulta  ulteriormente
 irragionevole   rispetto   al   precedente,   e  percio'  viziato  in
 riferimento agli artt.  3 e 97 Cost., in riferimento  agli  artt.  5,
 115,  117 e 118 Cost., in quanto ancora non tiene conto del fatto che
 le regioni a maggiore vocazione produttiva (e tra di  esse  anche  la
 ricorrente)  hanno  subito  nelle  annate  considerate - ovvero nelle
 annate 1995/1996 e 1996/1997 - drastiche riduzioni di  produzione  in
 conseguenza   ed  in  ragione  dei  tagli  operati  sui  quantitativi
 individuali "allocati" nelle regioni stesse a partire dal  1994,  sia
 dei criteri di priorita' seguiti nelle operazioni di compensazione.
   Inoltre,  quanto  alla ripartizione interna delle quote nell'ambito
 di ogni singola regione,  il  legislatore  continua  ad  ignorare  la
 pronuncia  di  codesta  ecc.ma  Corte,  che  ha  statuito l'esclusiva
 competenza  regionale  in  ordine  alla   scelta   dei   criteri   di
 assegnazione  ai  singoli  produttori (cfr. Corte cost., sent. n. 398
 del 1998, punto 15 del considerato  in  diritto).  Gia'  l'originario
 comma  21,  pur  rimettendo  in  via di principio tale determinazione
 all'autonomia   regionale,   imponeva   un   criterio    prioritario,
 contravvenendo   al   disposto  della  pronuncia  citata  e  comunque
 limitando  fortemente  i  poteri   programmatori   costituzionalmente
 riconosciuti  alle  regioni;  tale limitazione e' ora aggravata dalla
 limitazione introdotta con il comma 21-bis, che  esclude  una  intera
 categoria  di  produttori dalla riassegnazione, in evidente contrasto
 degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione e degli  stessi  principi
 costituzionali recentemente affermati da codesta ecc.ma Corte.