ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 309, commi 5  e
 10,  del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il
 26 ottobre 1998 dalla Corte di cassazione, iscritta  al  n.  140  del
 registro  ordinanze  1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1999.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  25  maggio  1999  il  giudice
 relatore Valerio Onida.
   Ritenuto  che  la  Corte  di  cassazione, sesta sezione penale, con
 ordinanza emessa il 26 ottobre 1998, pervenuta a questa Corte  il  24
 febbraio 1999, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale,
 in  riferimento  agli  articoli 13 e 24 della Costituzione, dell'art.
 309, commi 5 e 10, cod.  proc.  pen.  (Riesame  delle  ordinanze  che
 dispongono  una misura coercitiva), nella parte in cui non prevede un
 termine perentorio per l'inoltro all'autorita' giudiziaria procedente
 dell'avviso relativo alla presentata richiesta di riesame;
     che  la  Corte  remittente  premette  di  non  poter  condividere
 l'interpretazione  dell'art. 309, comma 5, cod. proc. pen. offerta da
 questa Corte nella sentenza n. 232 del  1998,  secondo  la  quale  il
 termine  di cinque giorni stabilito per la trasmissione degli atti al
 tribunale del riesame decorre dal momento  in  cui  la  richiesta  di
 riesame  perviene  alla cancelleria del medesimo tribunale, e non dal
 momento in  cui  all'autorita'  procedente  perviene  l'avviso  della
 avvenuta presentazione di tale richiesta;
     che  il  giudice  a  quo  ritiene  che  l'esistenza  di una fase,
 nell'ambito del procedimento di riesame - quella cioe'  intercorrente
 fra  la  presentazione  della  richiesta di riesame e la ricezione da
 parte dell'autorita' procedente dell'avviso relativo - non assistita,
 quanto ai tempi di adempimento, da sanzione  processuale,  appaia  in
 contrasto  con  gli  articoli  13  e  24  della Costituzione, perche'
 pregiudicherebbe il diritto ad una difesa efficace  e  tempestiva  in
 materia di liberta' personale;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 riportandosi all'atto di intervento  gia'  depositato  nel  giudizio,
 avente  lo  stesso  oggetto,  promosso  con la ordinanza della stessa
 Corte di cassazione emessa in data 9 giugno 1997, iscritta al n.  674
 del registro ordinanze del 1997 -  e  definito  con  la  sentenza  di
 questa  Corte  n.  232  del  1998  - in cui si chiedeva di dichiarare
 infondata la questione.
   Considerato che questa Corte, investita di identica  questione,  la
 ha  dichiarata,  con  la  sentenza n. 232 del 1998, non fondata sulla
 base di una ricostruzione del sistema normativo in esame,  alla  luce
 dei principi costituzionali relativi alla garanzia giurisdizionale in
 materia di liberta' personale, nel senso che il termine perentorio di
 cinque giorni per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame
 decorre  dal  momento in cui perviene, alla cancelleria del medesimo,
 la richiesta di riesame, e che dunque  entro  tale  termine  si  deve
 collocare   anche   l'"immediato   avviso"   che  deve  esserne  dato
 all'autorita' procedente  affinche'  essa  provveda  alla  tempestiva
 trasmissione degli atti;
     che  il  collegio  remittente  dichiara  di non condividere detta
 interpretazione, riproponendo pertanto la questione sulla base di una
 diversa ricostruzione del sistema, che condurrebbe tuttavia,  secondo
 lo  stesso giudice a quo a ritenere violati i principi costituzionali
 evocati, per la mancanza di una sanzione processuale che  assista  la
 fase  della  trasmissione  all'autorita' procedente dell'avviso della
 avvenuta presentazione della richiesta di riesame;
     che  peraltro,  successivamente  alla pronuncia dell'ordinanza di
 rimessione, le sezioni unite della stessa Corte di cassazione, cui la
 questione interpretativa era stata rimessa da un'altra sezione, hanno
 invece  accolto,  con  la  sentenza   18   gennaio   1999,   n.   25,
 l'interpretazione  adottata da questa Corte nella sentenza n. 232 del
 1998, rilevando come essa sia stata esplicitamente dichiarata l'unica
 compatibile con i principi costituzionali, e sia stata adottata sulla
 base  della  consolidata  premessa  per  cui,  tra   piu'   possibili
 interpretazioni  della  norma,  occorre  dare  la preferenza a quella
 conforme a Costituzione;
     che pertanto, dopo la  predetta  pronuncia  delle  sezioni  unite
 della  Corte di cassazione, la controversia interpretativa sul dies a
 quo della decorrenza del termine per la trasmissione  degli  atti  al
 tribunale  del  riesame puo' ritenersi, allo stato, risolta nel senso
 dell'accoglimento dell'interpretazione adottata da questa Corte, alla
 cui luce la questione ora nuovamente sollevata risulta manifestamente
 non fondata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.