IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Il  Giudice  per  le indagini preliminari sciogliendo la riserva di
 cui al verbale di udienza in data 8 aprile 1999,  letti  gli  atti  e
 sentite le parti;
                             O s s e r v a
   Il  pubblico  ministero in sede ha chiesto il rinvio a giudizio nei
 confronti  di  SANGIORGI  Verusca,  imputata  del  delitto  p.  e  p.
 dall'art.    12,  legge 5 luglio 1991, n. 197, per aver indebitamente
 utilizzato la tessera  bancomat  intestata  alla  sorella  convivente
 Sangiorgi  Sandra,  dopo  aver  sottratto detta tessera magnetica dal
 portafogli ove era custodita;
   All'udienza  preliminare  del  giorno  8  aprile  1999  la   difesa
 sollevava  eccezione  di  illegittimita' costituzionale dell'art. 12,
 legge n.  197/1991, per violazione dell'art. 3 Cost., non  avendo  il
 legislatore previsto la applicabilita' della causa di non punibilita'
 di  cui all'art. 649 c.p. rispetto al delitto di indebito utilizzo di
 carte di credito.
   Il  pubblico  ministero  aderiva  alla  eccezione,   rilevando   la
 irragionevolezza della evidenziata disparita' di trattamento, laddove
 si consideri che la causa di non punibilita' di cui all'art. 649 c.p.
 trova  facile  applicazione nelle ipotesi di riciclaggio e di impiego
 di denaro di provenienza  illecita,  cioe'  a  dire  con  riguardo  a
 delitti  contro  il  patrimonio  mediante  frode,  posti, a tutela di
 interessi omologhi a quelli protetti dall'art. 12 citato.
   La questione in oggetto appare rilevante rispetto  al  processo  in
 corso  ed  in  particolare  con  riguardo  alla  fase  della  udienza
 preliminare in cui si versa, anche in  considerazione  dei  possibili
 epiloghi  processuali  ex  art.  425  c.p.p., in astratto discendenti
 dalla applicabilita' dell'art. 649 c.p. al caso di giudizio. Conforta
 l'assunto rilevare che la stessa lettura del capo di imputazione  da'
 contezza del fatto che le condotte in addebito (impossessamento della
 carta  bancomat e successivo indebito utilizzo della tessera in danno
 della sorella convivente)  rientrano  nell'ambito  applicativo  della
 norma di cui all'art. 649 c.p. sulla scorta di tali considerazioni si
 giustifica  infatti  la  mancata  contestazione  alla  Sangiorgi  del
 delitto di furto della tessera bancomat in danno della sorella, visto
 che nel capo di  imputazione  tale  condotta  e'  pure  materialmente
 descritta.
   Tanto  premesso occorre procedere alla verifica della non manifesta
 infondatezza della questione di che  trattasi.
   Ritiene questo giudice che il mancato  inserimento,  tra  le  altre
 ipotesi  delittuose  per le quali l'art. 649 c.p. prevede l'esenzione
 da pena, del delitto p. e p. dall'art. 12, legge n. 197/1991  collida
 con   il   criterio   di   ragionevolezza,   inferibile  dal  dettato
 costituzionale sub artt. 3 e  27  comma  3:  il  diverso  trattamento
 sanzionatorio  previsto  per  chi  realizzi  uno dei delitti previsti
 dagli artt.  624-648 c.p.   in danno del  fratello  o  della  sorella
 conviventi,  rispetto  a colui che indebitamente utilizzi la carta di
 credito di proprieta' del  congiunto  ed  a  quest'ultimo  sottratta,
 appare  irragionevole,  venendosi  a  differenziare il trattamento di
 casi tra loro ontologicamente  identici;  proprio  l'inserimento  nel
 titolo  XIII,  libro secondo del codice penale, delle fattispecie sub
 artt. 648-bis e 648-ter (e percio' rientranti per tabulas nell'ambito
 applicativo dellart. 649 c.p.),  richiamate  le  superiori  notazioni
 circa  la  omogeneita' degli interessi protetti dalle norme contro il
 riciclaggio e dalla norma  di  cui  all'art.  12  cit.,  rafforza  il
 convincimento   che  la  mancata  applicazione  delle  cause  di  non
 punibilita' di cui all'art. 649 c.p. alle condotte previste dall'art.
 12,  determini  una  irragionevole  disparita'  di   trattamento   e,
 conseguentemente,   l'illegittimita'   costituzionale   della   norma
 codicistica.
   Nei superiori termini la questione  di  legittimita'  costituzinale
 dell'art.  649,  comma 1, c.p., laddove non richiama l'ipotesi di cui
 all'art. 12 cit., rispetto agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., non
 sembra manifestamente infondata.
   Viene pertanto, sollevata questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  649,  c.p.,  invocandosi  sentenza  additiva  da parte del
 giudice delle leggi, che inserisca nell'art.  649  c.p.  il  richiamo
 delle  ipotesi  di  cui  all'art. 12, decreto-legge 3 maggio 1991, n.
 143, convertito con modificazioni nella legge 5 luglio 1991, n. 197.
   E' appena il caso di osservare che il dubbio  di  costituzionalita'
 della  norma  denunciata  e'  conseguenza  del divieto di analogia in
 subiecta  materia;  come  noto,  il  disposto  di  cui  all'art.   14
 disposizioni  sulla  legge in generale, infatti fa divieto al giudice
 penale di dare regolamentazione ad un caso  non  disciplinato  (nello
 specifico,
  l'art.  12,  legge n. 197/1991), neppure implicitamente dalla legge,
 confrontandolo con casi simili oggetto di altra disposizione di legge
 (i reati ci'ricompresi nel titolo  XIII,  libro  secondo  del  codice
 penale, richiamati espressamente dall'art. 649 c.p.).