IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva di cui al verbale che precede;
                             O s s e r v a
   Il  punto  centrale della presente controversia e' costituito dalla
 legittimita' costituzionale dell'art. 24,  comma  3  della  legge  n.
 223/1991  cosi'  come  novellato  dall'art.  8,  comma 1 del d.-l. n.
 148/1993.
   Detta norma prevede, infatti, che nelle  ipotesi  di  licenziamento
 collettivo  per  riduzione  di  personale,  l'impresa che opera detto
 licenziamento sia obbligata a versare all'I.N.P.S. un contributo pari
 a tre mensilita' del trattamento  iniziale  di  mobilita':  tuttavia,
 nelle ipotesi in cui la procedura di conciliazione, da esperire in un
 primo  tempo in sede sindacale e, successivamente dinanzi all'Ufficio
 provinciale del lavoro, si concluda  negativamente  per  il  dissenso
 opposto  dai sindacati, la misura di detto contributo viene elevata a
 nove mensilita'.
   Cosi' inquadrato il thema decidendum si  deve  sottolineare  quanto
 appresso:  la norma appare di dubbia legittimita' costituzionale, per
 contrasto con l'art. 41  della  Costituzione,  in  quanto  limitativa
 delle  liberta'  di  iniziativa economica: se da un lato questa viene
 riconosciuta, dall'altro non si possono imporre dei vincoli  che  non
 siano   in   linea   con   il   bene   tutelato  dalla  citata  norma
 costituzionale.
   In secondo luogo, si deve sottolineare la violazione dell'art.   23
 della  Costituzione,  in  quanto  tutte  le prestazioni devono essere
 poste a carico di chi le subisce in base alla legge.
   Dispone,  infatti,  l'art.  23  della  Costituzione  che   "nessuna
 prestazione  personale  o  patrimoniale puo' essere imposta se non in
 base alla legge".  In  ultimo  luogo  si  deve  sottolineare  che  la
 normativa  anzidetta,  richiamata  dall'Istituto convenuto, appare in
 contrasto con l'art.  24 della Costituzione, in  quanto  il  soggetto
 obbligato,   di   fronte  al  rifiuto  opposto  dalle  organizzazioni
 sindacali,  rifiuto  che  non  deve  essere  motivato,  non   ha   la
 possibilita'  di agire in giudizio al fine di ottenere l'accertamento
 della illegittimita' o immotivatezza del rifiuto stesso.
   Sulla  base  delle  brevi considerazioni che precedono, il giudizio
 deve  essere  sospeso  con   rimessione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale.