ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  60,  secondo
 comma,  del  d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 (Ordinamento del personale
 della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia), promosso con
 ordinanza emessa  il  7  aprile  1998  dal  Tribunale  amministrativo
 regionale  per  la  Sardegna,  sul ricorso proposto da Crisci Antonio
 contro il Ministero dell'interno ed altro, iscritta  al  n.  841  del
 registro  ordinanze  1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  28 aprile 1999 il giudice
 relatore Massimo Vari.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Il Tribunale amministrativo regionale  per  la  Sardegna,  con
 ordinanza  emessa il 7 aprile 1998, ha sollevato, in riferimento agli
 artt. 3, 35  e  97  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  60,  secondo  comma,  del d.P.R. 24 aprile
 1982, n. 335 (Ordinamento del personale della Polizia di  Stato,  che
 espleta funzioni di polizia), che esclude la riammissione in servizio
 del personale dispensato per infermita'.
   Premette  il  giudice  a  quo  che,  nel  caso  al  suo  esame,  il
 ricorrente, ispettore della Polizia di Stato gia' dichiarato inidoneo
 permanentemente  al  servizio  di  istituto  per  infermita',   aveva
 presentato,  a  seguito  dell'intervenuto  "decreto  di  dispensa dal
 servizio per fisica inabilita'", istanza di  riammissione,  motivando
 con l'avvenuto recupero della piena integrita' fisica all'esito di un
 intervento  chirurgico.  Istanza  che,  pero', veniva respinta con il
 provvedimento oggetto di impugnazione.
   2.  -  Il  rimettente  esclude,  anzitutto,  che  la   disposizione
 sospettata  di  incostituzionalita'  possa  reputarsi automaticamente
 travolta dalla sentenza (n.  3  del  1994)  con  la  quale  la  Corte
 costituzionale  ha  dichiarato  l'illegittimita' dell'art. 132, primo
 comma, del d.P.R.  10 gennaio 1957, n. 3,  nella  parte  in  cui  non
 comprendeva, tra le fattispecie di cessazione del rapporto di impiego
 in  ordine  alle  quali era possibile la riammissione in servizio, la
 dispensa dal servizio per motivi di salute.
   Cio', in quanto l'art. 60 del d.P.R. n. 335 del 1982, sebbene,  nel
 primo  comma, richiami l'art. 132 del d.P.R. n. 3 del 1957, reca, nel
 secondo comma, una espressa e specifica norma, la quale, nel ribadire
 "esplicitamente,  ma  anche  autonomamente"  l'impossibilita'   della
 riammissione  in  servizio  del  personale dispensato per infermita',
 denota   l'intenzione   del   legislatore   di   differenziare,    in
 considerazione  del  carattere  di  specialita', la disciplina per il
 personale della Polizia da quella applicabile  in  generale  per  gli
 impiegati civili dello Stato.
   3.  -  Tanto  precisato,  il  giudice  a quo reputa la disposizione
 denunciata in contrasto con  l'art.  3  della  Costituzione  "per  le
 medesime  considerazioni  evidenziate  nella  decisione  della  Corte
 costituzionale n. 3 del  1994",  prospettando,  in  particolare,  "la
 possibile  violazione  del  principio di uguaglianza" da parte di una
 norma che, "in radice, sulla base evidentemente  di  una  presunzione
 assoluta  di irreversibilita' dello stato di infermita'", esclude "la
 possibilita' di riammissione di chi sia stato dispensato dal servizio
 per motivi di salute".
   Secondo l'ordinanza, "l'irragionevolezza" di un siffatto divieto, a
 fronte  della  concreta  possibilita'  di  un   recupero   pieno   ed
 incondizionato  dell'idoneita'  al  servizio,  sussisterebbe  anche a
 voler considerare  "la  specialita'  dell'ordinamento  del  Corpo  di
 Polizia di Stato", come pure la circostanza che al relativo personale
 "il  legislatore  possa  richiedere il possesso e la conservazione di
 requisiti di  idoneita'  psico-fisica  piu'  rigorosi  rispetto  alla
 generalita' degli impiegati civili dello Stato".
   Viene,  al  tempo  stesso,  denunciato  il  contrasto  della  norma
 censurata,  da  un  lato,  con  l'art.   35,   primo   comma,   della
 Costituzione,  sotto  il  profilo  della "violazione della tutela del
 lavoro", che, per essere effettiva, deve farsi carico  di  reinserire
 nell'attivita'  il  soggetto  che,  gia'  infermo,  abbia  recuperato
 pienamente la capacita' lavorativa; dall'altro, con l'art. 97,  primo
 comma,   della   Costituzione,   per   violazione   dei  principi  di
 imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione.
   4. - E' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  concludendo   per   l'inammissibilita'   o,   comunque,   per
 l'infondatezza della sollevata questione.
   Quanto  all'asserita  disparita'  di  trattamento,  l'Avvocatura ne
 esclude  la  sussistenza  alla  luce  del  carattere  di  specialita'
 dell'ordinamento  del  personale  della  Polizia  di  Stato, il quale
 richiederebbe, in ragione della particolare  posizione  funzionale  e
 della  delicatezza  dei  compiti  da  svolgere,  "il  possesso  e  la
 conservazione  di requisiti di idoneita' psico-fisica piu' stringenti
 rispetto alla generalita' degli impiegati civili dello Stato".
   E cio' a tacer del fatto che, anche per  questi  ultimi,  non  c'e'
 l'assoluta  garanzia  di  riacquistare  il  posto di lavoro, non solo
 perche' l'accoglimento dell'istanza presentata dal pubblico impiegato
 e' comunque subordinata alla vacanza del  posto  in  pianta  organica
 (art.  132,  ultimo  comma,  del  d.P.R.  n. 3 del 1957), ma, anche e
 soprattutto,  perche',  nell'apprezzamento  della   sussistenza   del
 pubblico   interesse  alla  riammissione  in  servizio,  la  pubblica
 amministrazione dispone di un ampio potere discrezionale.
   Per le stesse ragioni, la difesa erariale ritiene  infondata  anche
 la censura relativa al presunto contrasto con gli artt. 35 e 97 della
 Costituzione.
   5.  -  Con memoria illustrativa in data 4 marzo 1999, l'Avvocatura,
 oltre a ribadire le argomentazioni svolte  nell'atto  di  intervento,
 evidenzia,  altresi',  che  "il  personale della Polizia di Stato, in
 base ai dd.PP.RR. n. 339 del 1982 e n. 335 del 1982, se inidoneo  per
 motivi  di  salute  puo'  comunque  essere  riutilizzato presso altre
 Amministrazioni dello Stato".
                         Considerato in diritto
   1. - Il Tribunale amministrativo regionale per la  Sardegna  dubita
 della  legittimita'  costituzionale  dell'art. 60, secondo comma, del
 d.P.R. 24 aprile  1982,  n.  335  (Ordinamento  del  personale  della
 Polizia  di  Stato che espleta funzioni di polizia), il quale esclude
 che possa essere riammesso in servizio il personale della Polizia  di
 Stato dispensato per infermita'.
   Il  rimettente,  nel reputare la disposizione in contrasto, "per le
 medesime considerazioni evidenziate nella decisione" di questa  Corte
 n.  3 del 1994, con il principio di eguaglianza previsto dall'art.  3
 della Costituzione, rileva come, pur  a  considerare  la  specialita'
 dell'ordinamento  del  personale della Polizia di Stato, sia comunque
 irragionevole un divieto che,  sul  presupposto  di  una  presunzione
 assoluta  di  irreversibilita'  dello stato di infermita', esclude in
 radice la possibilita' di riassunzione in servizio. Ritiene, al tempo
 stesso, violato l'art.  35,  primo  comma,  della  Costituzione,  dal
 momento che la tutela del lavoro, per essere effettiva, esigerebbe il
 reinserimento  nell'attivita' lavorativa del soggetto che sia cessato
 dallo stato di malattia e che abbia recuperato piena capacita';  come
 pure  l'art.    97,  primo  comma,  della  Costituzione,  per mancato
 rispetto dei criteri di imparzialita' e buon andamento della pubblica
 amministrazione.
   2. - La questione e' fondata.
   L'art. 60 del d.P.R. 24 aprile 1982, n.  335,  nel  richiamare,  al
 primo  comma,  la  disciplina  contenuta  nell'art. 132 del d.P.R. 10
 gennaio 1957, n.  3,  in  tema  di  riammissione  in  servizio  degli
 impiegati  civili  dello  Stato,  espressamente  prevede,  al secondo
 comma, che "non puo' essere riammesso  il  personale  dispensato  dal
 servizio per infermita'".
   Questa  Corte,  con la sentenza n. 3 del 1994, portata dallo stesso
 rimettente  a  conforto  del  suo   assunto,   ha   gia'   dichiarato
 incostituzionale il primo comma del predetto art. 132, nella parte in
 cui non comprendeva, tra le fattispecie di cessazione del rapporto di
 impiego  in  ordine  alle  quali  era  possibile  la  riammissione in
 servizio, la dispensa per motivi di salute. Con detta pronunzia si e'
 ritenuto   che   l'impedimento   in   radice  della  possibilita'  di
 riammissione in servizio, sulla base di una presunzione  assoluta  di
 irreversibilita'  dello stato di infermita', integrasse la violazione
 del principio di uguaglianza, a causa del deteriore  trattamento  cui
 andavano  incontro i destinatari di una siffatta preclusione rispetto
 a coloro  che,  gia'  cessati  dal  servizio  per  le  altre  causali
 contemplate  dalla  medesima  norma,  non risultavano privati di tale
 possibilita'.
   Alle stesse conclusioni occorre pervenire anche per la disposizione
 qui  denunciata,  senza  che  a  cio'  osti  il  suo   carattere   di
 specialita',  che se porta ad escluderne, come giustamente avverte il
 giudice a quo, l'implicito travolgimento ad  opera  della  precedente
 decisione,  non  vale  ad  impedirne  la caducazione, per le medesime
 ragioni allora addotte.
   La circostanza che la disciplina organizzativa del personale  della
 Polizia  di  Stato  esiga  il rigoroso controllo del possesso e della
 conservazione dei necessari requisiti di idoneita' psico-fisica,  non
 solo  ai  fini dell'assunzione, ma anche della permanenza in servizio
 (art. 46 e seguenti della legge 1 aprile  1981,  n.  121;  d.P.R.  23
 dicembre  1983,  n. 904; d.P.R. 24 aprile 1983, n. 903), non puo' far
 ignorare  che,  anche  in   un   siffatto   contesto   ordinamentale,
 l'interessato  ben  puo'  recuperare  nel tempo i predetti requisiti.
 Sicche' non puo' certo essere l'esigenza  di  un  particolare  rigore
 nella  scelta  del  personale  a  giustificare il divieto assoluto di
 riammissione del dipendente, cosi' come previsto  dalla  disposizione
 censurata,  prescindendo  da  qualsivoglia  esame  di merito circa le
 attuali condizioni di salute dell'interessato.
   3. - A sostegno delle conclusioni di infondatezza della  questione,
 la difesa erariale rileva, da un lato, che il personale della Polizia
 di  Stato,  giudicato  non  idoneo  per motivi di salute, puo' essere
 riutilizzato presso altre amministrazioni dello Stato, e, dall'altro,
 che l'eventuale possibilita' di riassunzione non realizza un'assoluta
 garanzia del posto di lavoro,  essendo  la  riassunzione  stessa  pur
 sempre   subordinata,   oltre   che  alla  vacanza  del  posto,  alla
 discrezionalita' dell'amministrazione.
   Quanto  al  primo  argomento,  e'  sufficiente  osservare  che   la
 disciplina del passaggio ad altro impiego, segnatamente contenuta nel
 d.P.R.   n. 339 del 1982, attiene a situazioni non identificabili con
 quella qui all'esame e comporta effetti non equivalenti a quelli  cui
 si mira con la sollecitata pronunzia di incostituzionalita'.
   Non  maggiore  peso puo' attribuirsi, poi, al secondo argomento, il
 quale fa leva su principi che non solo non  ostano  alla  caducazione
 della disposizione, ma appaiono anzi perfettamente compatibili con un
 siffatto  esito.  Al  riguardo  e' sufficiente ricordare come proprio
 questa Corte, con notazioni da ritenere valide anche per il caso  qui
 in esame, abbia avuto cura di precisare, nella precedente sentenza n.
 3  del  1994,  che,  nel  nuovo  assetto  normativo  conseguente alla
 caducazione della disposizione censurata, l'accoglimento dell'istanza
 del  pubblico  impiegato  resta  comunque  subordinato  non  solo  al
 rigoroso  accertamento  dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti
 dalla  legge,  ma  anche  all'apprezzamento  della  sussistenza   del
 pubblico interesse alla riammissione stessa, per il quale la pubblica
 amministrazione  dispone  di  un ampio potere discrezionale. Tuttavia
 altro  e'  prevedere,  sia  pure  nei  termini  ora   precisati,   la
 possibilita'  di reinserimento nel posto di lavoro, altro e', invece,
 porre una preclusione in  radice  ispirata  ad  un  automatismo  che,
 fondandosi su un'assoluta presunzione di irreversibilita' dello stato
 di  infermita',  appare manifestamente privo di ragionevolezza, tanto
 piu' alla luce delle odierne cognizioni della scienza medica.
   4. -  A  seguito  dell'acclarata  contrarieta'  della  disposizione
 denunciata  all'art.  3  della Costituzione nei termini anzidetti, la
 stessa va dichiarata incostituzionale con l'effetto di ricondurre  la
 fattispecie  oggetto  del  giudizio  a quo nella disciplina di cui al
 primo comma dell'art. 60 del d.P.R. 24 aprile 1982, n.  335.  Restano
 assorbiti   gli   ulteriori   profili   di  censura  prospettati  dal
 rimettente.