ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 316 del codice
 di procedura civile, promosso con ordinanza emessa  il  23  settembre
 1997  dal  giudice  di  pace di Civitavecchia nel procedimento civile
 vertente tra Carafa Maria  Carmela  e  il  comune  di  S.  Marinella,
 iscritta  al  n.  754  del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella
 Gazzetta
  Ufficiale della Repubblica n. 42, prima  serie  speciale,  dell'anno
 1998.
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  23 giugno 1999 il giudice
 relatore Fernanda Contri.
   Ritenuto che nel corso di un procedimento civile il giudice di pace
 di Civitavecchia, con ordinanza  emessa  il  23  settembre  1997,  ha
 sollevato  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 316 del
 codice di procedura civile;
     che il rimettente censura genericamente l'istituto della  domanda
 verbale,    il   quale,   a   suo   avviso,   potrebbe   pregiudicare
 l'imparzialita' del giudice, soprattutto  nei  casi  in  cui  vi  sia
 identita'  tra  il  giudice che riceve la domanda ed assiste la parte
 nella redazione di essa e quello che decide la causa;
     che  un  ulteriore  profilo  di   illegittimita'   costituzionale
 deriverebbe, ad avviso del giudice a quo dalla circostanza che mentre
 la  domanda  verbale  puo'  proporsi per qualunque causa compresa nei
 limiti di valore della competenza del  giudice  di  pace,  la  difesa
 personale  delle  parti  e'  invece consentita, ex art. 82 cod. proc.
 civ., solo nelle cause il cui valore non eccede lire un milione;
     che, in relazione alle cause  di  importo  superiore  a  lire  un
 milione,  la parte non potrebbe proporre  personalmente la domanda in
 forma verbale ma dovrebbe essere assistita da un difensore,  si'  che
 la  parziale  coincidenza  dell'ambito di operativita' delle indicate
 norme determinerebbe la illegittimita' costituzionale prospettata dal
 rimettente.
   Considerato che il rimettente ha omesso di specificare quali  siano
 i termini della fattispecie concreta sottoposta al suo esame;
     che inoltre non risulta offerta alcuna motivazione in ordine alla
 rilevanza della questione ai fini della decisione del giudizio a quo;
     che  non  sono  stati nemmeno indicati i parametri costituzionali
 che si assumono lesi;
     che  l'assoluto  difetto  di  motivazione  relativo  ai  predetti
 elementi rende la questione manifestamente inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.