ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  del  combinato  disposto
 degli  artt.  59 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico
 del personale delle unita' sanitarie locali) e 132, terzo comma,  del
 d.P.R.  10  gennaio  1957,  n.  3  (Testo  unico  delle  disposizioni
 concernenti  lo  statuto  degli  impiegati  civili  dello  Stato)   e
 dell'art.  115, terzo comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 (Norme
 sullo  stato  giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo
 della scuola  materna,  elementare,  secondaria  ed  artistica  dello
 Stato),  promosso  con  ordinanza  emessa  il    25  ottobre 1996 dal
 Consiglio di Stato sul  ricorso  proposto  da  D.C.  contro  l'Unita'
 sanitaria locale n. 61 di Carate Brianza ed altri, iscritta al n. 685
 del  registro  ordinanze  1997  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto l'atto di costituzione di D.C. nonche' l'atto  di  intervento
 del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 27 aprile 1999 il giudice relatore
 Piero Alberto Capotosti;
   Uditi l'avv.to Gualtiero Rueca per C.D. e  l'Avvocato  dello  Stato
 Aldo Linguiti per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -   Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 26 maggio 1997, ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con
 gli artt. 3 e 36 della Costituzione, degli artt. 59, terzo comma, del
 d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale  delle
 unita'  sanitarie  locali)  e 132, terzo comma, del d.P.R. 10 gennaio
 1957, n. 3 (Testo unico delle  disposizioni  concernenti  lo  statuto
 degli  impiegati  civili  dello Stato), e dell'art. 115, terzo comma,
 del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 (Norme sullo  stato  giuridico  del
 personale  docente,  direttivo  ed  ispettivo  della  scuola materna,
 elementare, secondaria ed artistica dello Stato).
   Il giudizio principale  era  stato  promosso  da  un  medico,  gia'
 dipendente  di  una  Unita'  sanitaria  locale  con  la  qualifica di
 assistente, cessato dall'impiego per dimissioni nel 1983 e  riammesso
 in   servizio   a  domanda  nell'anno  successivo,  per  ottenere  il
 riconoscimento, a fini economici, dei servizi in precedenza  prestati
 presso la medesima amministrazione.  Il ricorrente aveva impugnato la
 delibera  con  cui  il Comitato di gestione dell'USL, in applicazione
 dell'art. 132, terzo comma, del d.P.R. n. 3 del 1957, richiamato  per
 i  dipendenti delle USL dall'art.  59, terzo comma, del d.P.R. n. 761
 del 1979, gli aveva negato detto riconoscimento.
   2. - Nel sollevare la questione di legittimita' costituzionale,  il
 Consiglio  di  Stato rileva che la disposizione di cui all'art.  132,
 terzo comma, cit. "e' chiara nel  senso  che  l'impiegato  riammesso,
 ancorche'   inquadrato   nella  qualifica  precedentemente  rivestita
 anziche' nella qualifica iniziale di coloro che accedono per la prima
 volta all'impiego, abbia pero' anzianita', nella suddetta  qualifica,
 dalla   data  del  provvedimento  di  riammissione",  e  precisa  che
 "null'altro  disponendo  la  legge,  si  dovrebbe  intendere  che  la
 decorrenza  dell'anzianita'  cosi'  definita  debba  valere  sia agli
 effetti giuridici che a quelli economici".
   Tanto premesso, il giudice a quo  sottolinea  la  diversita'  della
 formulazione  della  norma  citata  rispetto  a quella dell'art. 115,
 terzo comma, del d.P.R. n. 417 del 1974,  il  quale  dispone  che  il
 personale  riammesso  in  servizio  assuma  nel  ruolo  la  posizione
 giuridica ed economica che vi occupava all'atto della cessazione  del
 rapporto  di  servizio, osservando che il trattamento piu' favorevole
 riservato  agli  insegnanti   statali   non   trova   una   razionale
 giustificazione in obiettive circostanze inerenti alla diversita' del
 rapporto di impiego rispetto a quello dei dipendenti delle USL.
   In   presenza   di  situazioni  analoghe,  l'asimmetria  delle  due
 disposizioni si risolve, ad avviso del Consiglio  di  Stato,  in  una
 violazione   dei   principi   di   eguaglianza   e  di  tutela  della
 retribuzione,  tale  da  indurre  a   dubitare   della   legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  59,  terzo comma, del d.P.R. n. 761 del
 1979 e 132, terzo comma, del d.P.R.  n. 3 del 1957,  nella  parte  in
 cui   negano   la  rilevanza  dei  periodi  lavorativi  pregressi  ai
 dipendenti delle USL riammessi in servizio, e  dell'art.  115,  terzo
 comma,  del  d.P.R. n. 417 del 1974, nella parte in cui impone, nella
 medesima situazione, la valutazione dei periodi pregressi.
   2.1. - Sotto altro profilo, il giudice rimettente rileva l'illogica
 ed ingiustificata disparita' di trattamento tra  il  dipendente  che,
 com'e'  accaduto  al  ricorrente,  venga  riammesso in servizio nella
 qualifica iniziale, e quello che  accede  all'impiego  per  la  prima
 volta,  osservando  che,  a  norma dell'art. 24 del d.P.R. n. 761 del
 1979, il secondo puo' ottenere, ai fini dell'inquadramento economico,
 il riconoscimento dei servizi prestati presso altre amministrazioni.
   Denuncia  pertanto  l'illegittimita' costituzionale degli artt. 59,
 terzo comma, del d.P.R. n. 761 del  1979  e  132,  terzo  comma,  del
 d.P.R.   n. 3 del 1957, nella parte in cui negano ai dipendenti delle
 USL, riammessi in servizio nella qualifica iniziale,  la  valutazione
 dei  servizi  precedentemente  prestati,  ai  fini dell'inquadramento
 economico.
   3. - Nel giudizio dinanzi alla Corte, e' intervenuto il  Presidente
 del   Consiglio  dei  Ministri,  con  il  patrocinio  dell'Avvocatura
 generale dello Stato, ed ha eccepito l'infondatezza  della  questione
 di  legittimita' costituzionale, sotto entrambi i profili prospettati
 dal giudice rimettente.
   La disparita' di  trattamento  rispetto  agli  insegnanti  statali,
 infatti,   troverebbe   spiegazione   nella   diversa  posizione  dei
 dipendenti delle USL, ed in particolare della categoria  dei  medici,
 la  quale,  in  passato,  era  tra  le poche nell'ambito del pubblico
 impiego ad essere esonerata da una dedizione esclusiva della  propria
 attivita'   lavorativa   alla   pubblica   amministrazione,   essendo
 consentiti l'iscrizione nell'albo professionale ed  il  contemporaneo
 esercizio   della   libera  professione  presso  strutture  sanitarie
 private.
   La possibilita' di ottenere la riammissione in servizio  a  seguito
 della  cessazione  del  rapporto  d'impiego  integrerebbe d'altronde,
 secondo la difesa erariale, un trattamento  di  favore,  rispetto  al
 quale l'esclusione di ulteriori privilegi non potrebbe costituire una
 scelta arbitraria o ingiustificata.
   Il principio di eguaglianza, infine, non renderebbe censurabile per
 disparita'  di  trattamento  una  norma  che  tuteli  ragionevolmente
 determinati interessi, per il solo fatto che interessi di pari valore
 non ricevano tutela in eguale misura.
   Quanto poi all'asserita disparita' di trattamento tra il dipendente
 riammesso in servizio e quello che accede all'impiego  per  la  prima
 volta,   essa   sarebbe   esclusa   dalla  disomogeneita'  delle  due
 situazioni,  oltre  che  dall'impossibilita'  di  rilevare  qualsiasi
 differenza relativamente alla valutabilita' dei servizi pregressi.
   4.  -  Si  e'  costituito  il  ricorrente, riportandosi alle difese
 svolte nel giudizio a quo.
   In prossimita' dell'udienza pubblica, il ricorrente  ha  depositato
 una   memoria,   nella   quale   insiste   per  la  dichiarazione  di
 illegittimita' costituzionale delle norme censurate sottolineando, in
 riferimento all'art. 36 della Costituzione,  come  la  determinazione
 del  trattamento  economico  in  funzione dell'anzianita' di servizio
 risponda  ad  un  criterio  costantemente  seguito  nell'ambito   del
 pubblico impiego.
   Quanto alla violazione dell'art. 3 della Costituzione, sostiene che
 la  disparita'  di  trattamento  tra  i  dipendenti  delle  USL ed il
 personale docente dello  Stato  non  troverebbe  giustificazione  ne'
 nella   specificita'   del  comparto  scolastico,  ne'  nella  natura
 eccezionale  della  riammissione,  trattandosi  di  un  istituto   di
 carattere  generale, che implica un apprezzamento discrezionale della
 pubblica amministrazione.
                         Considerato in diritto
   1. -   La questione di legittimita'  costituzionale  sollevata  con
 l'ordinanza indicata in epigrafe riguarda l'art. 59, terzo comma, del
 d.P.R.  20  dicembre  1979,  n. 761, nella parte in cui rinvia, per i
 dipendenti delle unita' sanitarie locali, all'art. 132, terzo  comma,
 del  d.P.R.  10  gennaio  1957,  n.  3,  che  prevede che l'impiegato
 riammesso  in  servizio,   ancorche'   inquadrato   nella   qualifica
 precedentemente  rivestita,  anziche'  nella  qualifica  iniziale  di
 coloro che accedono per  la  prima  volta  all'impiego,  abbia  pero'
 un'anzianita',  nella  suddetta  qualifica, decorrente dalla data del
 provvedimento di riammissione.  Tali disposizioni, secondo il giudice
 a quo, violerebbero i principi di eguaglianza e di adeguatezza  della
 retribuzione,  garantiti dagli artt. 3 e 36 della Costituzione. Sotto
 un primo profilo, attuerebbero una ingiustificata disparita' rispetto
 al trattamento riservato al personale docente della scuola  dall'art.
 115 del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 invocato, secondo la Corte, dal
 giudice  a  quo  esclusivamente  come  parametro  di  riferimento dal
 momento che il predetto articolo, nella medesima situazione,  dispone
 la riammissione del dipendente nella posizione giuridica ed economica
 occupata  all'atto  della  cessazione del rapporto di servizio. Sotto
 altro profilo, le stesse  norme  porrebbero  in  essere,  secondo  il
 giudice  rimettente,  un'ingiustificata disparita' di trattamento tra
 chi viene riammesso nella qualifica iniziale e chi accede all'impiego
 per la prima volta, il quale, in  base  all'art.    24  del  medesimo
 d.P.R. n. 761 del 1979, puo' ottenere, ai fini dell'inquadramento, il
 riconoscimento   dell'anzianita'   di  servizio  nel  ruolo  e  nella
 posizione  funzionale   maturate   presso   le   amministrazioni   di
 provenienza.
   2.  -  La  questione  non  e'  fondata  sotto  entrambi  i  profili
 prospettati.
   Premesso che in materia di  inquadramento  ed  articolazione  delle
 carriere  del  pubblico  impiego,  il  legislatore  gode  di un'ampia
 discrezionalita',  censurabile  soltanto  per  arbitrarieta'  o   per
 irragionevolezza,  tali  da  ledere  il  principio del buon andamento
 della pubblica amministrazione o da determinare  discriminazioni  tra
 soggetti  interessati (ex plurimis:  sentenze nn. 217 e 174 del 1997,
 n. 127 del 1996), va rilevato che le  situazioni  disciplinate  dalle
 norme  poste a raffronto non sono comparabili per la loro sostanziale
 disomogeneita', non derivandone  cosi'  alcuna  lesione  neppure  sul
 piano dell'adeguatezza del trattamento.
   Sotto il primo profilo delle censure proposte, va infatti osservato
 che  la  disciplina  degli effetti della riammissione in servizio dei
 dipendenti delle USL e' stabilita  dall'art.  59,  terzo  comma,  del
 d.P.R.   n.   761   del   1979   attraverso  l'espresso  rinvio  alla
 regolamentazione generale in materia, valida per tutti gli  impiegati
 dello  Stato,  contenuta  nell'art. 132, terzo comma, del d.P.R. n. 3
 del 1957, e cioe' senza  riconoscimento  della  pregressa  anzianita'
 nella qualifica.
   E  dunque  - a prescindere dall'evoluzione legislativa in materia e
 dalle vicende che hanno riguardato il citato art. 132, riferendosi la
 questione ad una fattispecie risalente alla meta' degli anni  ottanta
 - appare evidente che la norma dell'art. 115, terzo comma, del d.P.R.
 n.  417  del  1974,  disponendo tra gli effetti della riammissione in
 servizio  del  personale  docente  della  scuola  statale  anche   il
 riconoscimento  della pregressa anzianita' nella qualifica, introduce
 una disciplina speciale  e  derogatoria  rispetto  appunto  a  quella
 contenuta nell'art.  132 cit. Si tratta, peraltro, di una disciplina,
 che  riguarda  unicamente un settore del pubblico impiego, e cioe' il
 personale della scuola, che ha una specifica progressione di carriera
 (sentenza n. 228 del 1976), cosicche' essa non puo' fungere da idoneo
 tertium  comparationis, tanto piu' in riferimento ad una disposizione
 generale applicabile a tutti gli impiegati  civili  dello  Stato.  E'
 infatti  costante  l'indirizzo  della  giurisprudenza costituzionale,
 secondo cui le norme speciali, singolari o  comunque  derogatorie  di
 principi   generali   non   possono   costituire  utile  elemento  di
 comparazione alla stregua del principio di eguaglianza (ex  plurimis:
 sentenze n. 402 del 1996, nn. 295 e 201 del 1995).
   3.  -  La questione non e' fondata neppure sotto il secondo profilo
 prospettato.
   Secondo il giudice rimettente le norme censurate, facendo decorrere
 l'anzianita'  nella  qualifica  dalla  data  del   provvedimento   di
 riammissione,   comporterebbero,   per  l'impiegato  riammesso  nella
 qualifica iniziale, il disconoscimento dell'intero servizio  prestato
 anteriormente  alla cessazione del rapporto di impiego, mentre l'art.
 24 dello stesso d.P.R.  n.  761  del  1979,  disponendo  che  per  il
 personale proveniente da USL di altre regioni o da enti equiparati le
 anzianita'  di  servizio  nel ruolo e nella posizione funzionale gia'
 maturate presso di essi si  considerano  a  tutti  gli  effetti  come
 "anzianita' acquisite presso le unita' sanitarie locali", consente ai
 dipendenti  assunti per la prima volta di ottenere, ai fini del primo
 inquadramento, la  valutazione  dei  servizi  prestati  presso  altre
 amministrazioni.
   Anche  sotto questo profilo, pero', le situazioni poste a raffronto
 non sono omogenee e non sussiste quindi lesione del  principio  della
 parita'  di  trattamento. Ed invero, se si considera la posizione del
 dipendente che, a distanza di tempo  dalla  cessazione  del  rapporto
 d'impiego,  chieda  ed  ottenga,  ai sensi dell'art. 59 del d.P.R. n.
 761  del  1979,  la  riammissione  in  servizio,  essa   non   appare
 comparabile  in alcun modo con quella del dipendente che, proveniente
 da USL o da ente equiparato, transiti senza soluzione di  continuita'
 in  un'altra  USL.  Ed  infatti,  nella seconda ipotesi, non sussiste
 interruzione del rapporto di impiego, ma  anzi  sussiste  continuita'
 del  rapporto  stesso,  cosicche'  il  legislatore  non  e'  tenuto a
 bilanciare l'esigenza di conferire adeguato  rilievo  alla  capacita'
 professionale  ed  all'esperienza  maturate  attraverso  il  servizio
 pregresso con quella opposta  di  tutelare  le  posizioni  giuridiche
 medio  tempore  acquisite  dagli altri impiegati, disponendo, in modo
 non  irragionevole,  la  postergazione  nel  ruolo   del   dipendente
 riammesso in servizio.